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    TERRASANTA/PAPA, MORLACCHI - SILVESTRINI/ PAROLIN, RICCARDI - VENDITTI

    TERRASANTA/PAPA, MORLACCHI – SILVESTRINI/PAROLIN, RICCARDI – VENDITTI – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org - 31 ottobre 2023

     

    Dalla Terrasanta continuano a giungere notizie drammatiche: nuovo appello del Papa e terza lettera di don Morlacchi da Gerusalemme. In un convegno rievocato il cardinale Achille Silvestrini, nato cent’anni fa e morto nel 2019: tra i relatori il card. Parolin e Andrea Riccardi. Conclusi i festeggiamenti ufficiali per il Novantesimo del liceo Giulio Cesare di Roma: tante iniziative interessanti e anche la visita dell’ex-alunno Antonello Venditti., di cui pubblichiamo l’intervento.

    VOCI SU QUANTO STA ACCADENDO IN TERRASANTA 

    . Papa Francesco (dal dopo-Angelus di domenica 29 ottobre 2023):

    Cari fratelli e sorelle! (…) Non desistiamo. Continuiamo a pregare per l’Ucraina e anche per la grave situazione in Palestina e in Israele e per le altre regioni in guerra. A Gaza, in particolare, si lascino spazi per garantire gli aiuti umanitari e siano liberati subito gli ostaggi. Che nessuno abbandoni la possibilità di fermare le armi. Cessi il fuoco! Padre Ibrahim Faltas – l’ho ascoltato poco fa nel programma “A Sua Immagine” – padre Ibrahim diceva: “Cessate il fuoco! Cessate il fuoco!”. Lui è il vicario di Terra Santa. Anche noi, con padre Ibrahim, diciamo: cessate il fuoco! Fermatevi, fratelli e sorelle! La guerra sempre è una sconfitta, sempre!

    . Don Filippo Morlacchi (dalla terza lettera da Gerusalemme, scritta il 23 ottobre 2023 ( per la seconda vedi https://www.rossoporpora.org/rubriche/vaticano/1159-terrasanta-papa-parolin-morlacchi-armenia-artsakh-papa-polonia.html ):

    . Venerdì scorso il salmo responsoriale ha fatto pregare tutta la Chiesa cattolica con queste parole: “Sei tu il mio rifugio, Signore”. Mi è stato facile immedesimarmi nei fratelli ebrei che, quando sentono il sibilo angosciante delle sirene di allarme, hanno pochi secondi per correre nello shelter (NdR: rifugio) in cui trovare riparo dalla pioggia di missili. Ma mi sono immedesimato anche nei fratelli palestinesi, che a Gaza lo shelter non ce l’hanno, e sotto i bombardamenti possono soltanto sperare e pregare: “Il mio rifugio sei tu, o Signore”. In questi giorni tremendi, la gente a Gerusalemme sta cercando di tornare alla normalità. Ma non è facile. Soprattutto perché si ha la sensazione di qualcosa di tremendo che può ancora peggiorare. I telegiornali vi informano, quindi non mi soffermo sui racconti. Tuttavia rimane difficile capire come stanno effettivamente le cose, quando i mezzi di comunicazione presentano due narrazioni degli eventi completamente diverse, anzi opposte e inconciliabili. Uno dei rischi più gravi di quel che sta accadendo, soprattutto nel medio e lungo termine, credo che sia proprio lo sbriciolamento della fiducia sociale. In una società già totalmente polarizzata in schieramenti contrapposti, ogni gruppo cerca di autolegittimare la propria posizione ribadendo la propria verità, e accusando sistematicamente di menzogna la controparte. Questo rende la tensione sociale più elevata che mai. Sforzarsi di essere equilibrati suscita insoddisfazione, malumore, contestazioni; talora perfino la rottura dei rapporti. (…)

    . I cristiani di Gaza sono una comunità molto viva ed ecumenica: i diciotto cristiani ortodossi – anziani, adulti, giovani e bambini – morti sotto le macerie dei locali della parrocchia ortodossa il 20 ottobre erano ben conosciuti da tutti i cattolici, e considerati membri della stessa comunità. Ho ricevuto le loro foto, scattate in momenti felici: sono davvero commoventi. I cattolici sono solo 135, e si rifugiano in Chiesa sperando che almeno quella possa essere risparmiata dai missili. Ma il parroco mi ha detto che il loro pensiero è anche un altro: se devono morire, accanto al tabernacolo è il posto migliore.

     

    A CENTO ANNI DALLA NASCITA DEL CARD. ACHILLE SILVESTRINI UN CONVEGNO IN CAMPIDOGLIO

    Nato a Brisighella (provincia di Ravenna, a 12 chilometri da Faenza) il 25 ottobre 1923 e morto a Roma il 29 agosto 2019, Achille Silvestrini ha servito la Chiesa cattolica romana dapprima come diplomatico – fu stretto collaboratore del segretario di Stato card. Agostino Casaroli, di cui condivise la Ostpolitik – e come prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura apostolico e poi della Congregazione delle Chiese orientali. Tra i protagonisti vaticani della conferenza sulla sicurezza e cooperazione in Europa (Helsinki), fu creato cardinale nel 1988.

    Porporato di rilievo nella storia soprattutto diplomatica della Santa Sede negli ultimi decenni del secolo scorso, era conosciuto anche perché animava la Comunità di Villa Nazareth (sorta su iniziativa del card. Domenico Tardini nel 1945), oggi presieduta dal card. Pietro Parolin. In questo stesso sito un’intervista al card. Silvestrini che gli avevamo fatto per la rivista Il Consulente RE il 13 marzo 2001. Argomenti non certo obsoleti: ortodossia ucraina, russa, greca e situazione in Terrasanta (vedi https://www.rossoporpora.org/rubriche/vaticano/973-silvestrini-intervista-su-ortodossi-ucraini-russi-greci-terrasanta.html ).

    Il Convegno del 27 ottobre 2023 ha inteso ricordare Silvestrini come ‘uomo del dialogo’. Tra i presenti il card. Parolin e lo storico Andrea Riccardi, delle cui relazioni riproponiamo alcuni passi.

    Card. Pietro Parolin: attualità di Silvestrini, al servizio della diplomazia vaticana – la sua Ostpolitik


    . Consentitemi di sottolineare che non si tratta solo di un evento commemorativo, ma di un modo per scoprire come ancora oggi le sue doti di uomo e pastore, il suo senso ecclesiale, lo spirito che animava il suo servizio oltre ad essere un esempio, rimangono un percorso offerto a noi tutti, nelle diverse funzioni ed esperienze.

    . Don Achille è stata una figura che ha svolto un ruolo di rilievo nella Chiesa e per la Chiesa, accanto a ben sette Pontefici, vivendo momenti particolarmente densi di significato per la vita ecclesiale e per le stagioni della storia, anche quelle che hanno coinvolto e visto protagonista la Santa Sede sulla scena internazionale. Il suo operare partiva dal riconoscere che l’attività diplomatica è per sua natura attenta ad ogni aspetto e pertanto richiede ai suoi protagonisti capacità di lettura dei fatti e non solo la conoscenza degli avvenimenti; domanda discrezione, ma anche decisioni chiare e abilità nel prevederne conseguenze ed effetti. Questo il terreno sul quale questa singolare personalità ecclesiastica ha potuto offrire il suo apporto, mostrare il suo intuito e agire per il bene, con ferma volontà, anche di fronte alle difficoltà e ai travagli sempre presenti quando nell’operare si è chiamati a decidere. E questo anche di fronte a quelle mete che apparivano irraggiungibili ai più o che non trovavano condivisione e apprezzamento.

    . A differenza di altre tipologie di dialogo, quello diplomatico, se autorevolmente condotto, è capace di costruire soluzioni in assenza di ogni elemento comune, come pure di distinguere i diversi ambiti del contendere e, ancora, di mostrare una perspicace lungimiranza, sapendo che talora è necessario accettare intralci e limiti di fronte ai quali è dato di reagire solo con diplomatica fermezza.

    . Questo atteggiamento si manifestava ancora di più in un contesto che vide la Santa Sede alla ricerca di una strategia diplomatica per garantire la vita della Chiesa nei Paesi della persecuzione, dell’annientamento del senso religioso, della proibizione ai credenti di manifestare la loro fede e il loro sentimento. Una situazione che, ieri come oggi, richiede agli uomini di Chiesa di avere ferme radici in Dio, fiducia nelle proprie capacità di azione e speranza di poter ristabilire condizioni in grado di garantire la libertà di religione. Ambito fortemente dibattuto o piuttosto che si incrocia con la visione che dell’elemento religioso aveva l’ateismo di Stato o ha la secolarizzazione che configurano il diritto alla libertà di religione o di credo quale base di una contrapposizione tra il cittadino e il credente. Una posizione seguita da una strategia di esclusione, se non di annientamento, del cittadino che è allo stesso tempo un credente.

    . L’orientamento che, a partire dal 1969, affida al multilateralismo le sorti della costruzione di una nuova Europa, vede pronto monsignor Silvestrini a prendere parte ad un processo epocale che pone la Santa Sede tra i protagonisti di un’azione diplomatica senza precedenti, capace di abbracciare tutto l’antico continente e il Nord America per porre definitivamente fine agli assetti successivi al secondo conflitto mondiale. Un processo culminato con la firma dell’atto finale della Conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa (Csce) che non è stato un semplice avvenimento, ma un’accelerazione della storia in grado di modificare il corso delle relazioni internazionali, e che Silvestrini ha così sintetizzato: ‘Helsinki è stata un’intuizione di grande significato’ (Libertà di coscienza: una vera bomba, in L’Osservatore Romano, 24 luglio 2010.

    . Silvestrini fu uno dei pochi a percepire che per la prima volta, dopo gli anni immediatamente successivi alla seconda guerra mondiale, i Paesi europei dell’est come dell’ovest avrebbero iniziato un dialogo e così strutturato un cammino comune che poteva positivamente ripercuotersi sulla presenza della Chiesa in tante regioni.

    . In tale contesto, monsignor Silvestrini è protagonista delle consultazioni iniziate il 22 novembre 1972 e concluse soltanto 1’8 giugno 1973, durante le quali la Santa Sede auspicava la formulazione di alcuni principi fondamentali capaci di concorrere a stabilire un clima diverso nelle relazioni internazionali e nella vita interna di ciascuno Stato. Si puntava ad un esplicito inserimento di temi quali il rispetto dei diritti dell’uomo, la promozione e tutela delle libertà fondamentali nelle diverse articolazioni.

    , Concretamente la delegazione pontificia il 6 marzo 1973 presentava la proposta di inserire tra i ‘dieci principi alla base delle relazioni tra gli Stati’ — meglio noti come i ‘principi di Helsinki’ — il rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo tra cui quello alla libertà religiosa ritenuto un’esigenza basilare della dignità della persona umana. Riguardo invece alla ‘cooperazione nell’ambito della cultura e dei contatti umani’, una seconda proposta tendeva ad includervi gli scambi di informazioni religiose e i contatti tra le persone e le organizzazioni confessionali per motivi inerenti al positivo esercizio del diritto alla libertà religiosa. (…)

    . La prima delle due proposte fu inserita tra i ‘principi che reggono le relazioni tra gli Stati’ dopo essere stata favorevolmente accolta da tutti i partecipanti — ad iniziare dall’Unione sovietica — che ne avevano riconosciuto la validità. La seconda proposta invece, venne inclusa attraverso una dichiarazione interpretativa fatta dalla Santa Sede e appoggiata dalle delegazioni partecipanti nella parte relativa ai ‘contatti umani e informazioni’ nei quali era quindi compresa anche lo scambio di informazioni religiose, i contatti tra i credenti e quelli tra le confessioni religiose.

    Andrea Riccardi, storico: Silvestrini, il ripudio della guerra, il gusto per la storia

    . Achille Silvestrini, nato nel 1923, appartiene a una generazione segnata dalla seconda guerra mondiale, che ha svolto un gran ruolo nella seconda metà del Novecento. (…) Wojtyła era del 1920 ed aveva vissuto la terribile esperienza dell’occupazione nazista in Polonia. Silvestrini, di tre anni più giovane, non aveva un’esperienza così dura, ma aveva maturato un’avversione alla guerra. L’esperienza della guerra mondiale segna una generazione, che crede nel ripudio — come dice la Costituzione — della guerra, e ha sostenuto una politica di pace negli anni della guerra fredda. Resta da riflettere come la scomparsa di questa generazione (e dei testimoni della Shoah) non influisca sul fenomeno che caratterizza l’oggi, ossia l’accettazione della guerra come strumento di soluzione dei conflitti.

    . In don Achille, la meditazione sulla guerra si univa fin da giovane al gusto della storia. Aveva il gusto delle letture storiche: la collezione della storia della Chiesa, il Fliche Martin, troneggiava nel modesto salotto di casa. Ma anche delle discussioni storiche e coltivava l’amicizia con varie generazioni di storici, coetanei o più giovani. (…) La sua posizione sulla lentezza dell’apertura degli archivi vaticani era critica (ottenne da Giovanni Paolo II il permesso di aprire quello della congregazione orientale). Ne parlava ed insisteva con il Papa. Familiare con tanti storici, il cardinale credeva che non fosse nell’interesse della Santa Sede che la ricerca storica procedesse senza lo studio della fonte principale.

    . Del resto era laureato in Lettere all’Università di Bologna con una tesi sullo statuto di Pio IX, in cui valorizzava la figura di Pellegrino Rossi, personalità complessa e mediatrice tra il nuovo e la Santa Sede, ucciso sulle scale della cancelleria nel 1948. Il suo amore per la storia non è quello dell’erudito, ma fa parte del gusto per la realtà, la storia del tempo presente, convinto che dell’oggi non si potesse parlare senza prospettiva storica. Anche nelle questioni trattate nelle sue responsabilità, alla pratica vaticana dell’attenzione ai precedenti aggiungeva il senso della storia.

    ANTONELLO VENDITTI AL NOVANTESIMO DEL LICEO CLASSICO ‘GIULIO CESARE’ DI ROMA: LA SCUOLA E’ IMPORTANTE!

    Nel Rossoporpora  di mercoledì 25 ottobre 2023 abbiamo annunciato i festeggiamenti per il Novantesimo del Liceo classico Giulio Cesare di Roma (vedi https://www.rossoporpora.org/rubriche/italia/1161-il-liceo-giulio-cesare-di-roma-ha-90-anni-i-ricordi-di-carlo-trezzini.html ).

    Sono stati tre giorni ricchi di incontri e iniziative, onorati dalla presenza di rappresentanti del Governo, della Regione Lazio, della Città metropolitana, del  Comune di Roma, del II Municipio e di tanti relatori su temi come la vitalità del classico, opportunità e rischi dell’intelligenza artificiale (e sua connessione con il mercato del lavoro), la digitalizzazione del libro antico, memoria e territorio, le leggi razziali e le deportazioni. Inaugurati anche il Museo diffuso e interattivo (cimeli storici e scientifici) e una mostra temporanea di Xilo giapponesi. Grande il contributo di docenti e studenti con laboratori e iniziative sui temi più disparati: dalla traduzione creativa al viaggio nella sfera celeste, dalla rievocazione di vicende e persone alle mostre artistiche, dalla stesura del giornalino Le idi di… alle simulazioni dell’assemblea dell’ONU, dalle esibizioni di musica e danza alla scoperta dei luoghi d’arte (anche attraverso una Caccia al tesoro a Villa Torlonia), dalle gare sportive al Simposio teatral-ludico-gastronomico del Gineceo. Donati alla scuola una panchina dell’Associazione nazionale fra mutilati e invalidi del lavoro e lo stendardo dello storico coro polifonico Giovanni De Antiquis; lanciate la terza edizione della corsa podistica Iulia Run e la prima del Certamen Caesarianum Urbis.

    Tanti gli ex-allievi, ex-docenti e anche ex-dirigenti presenti (rappresentati dall’omonima Associazione del Liceo), che in diversi casi si sono proposti come testimoni della loro epoca di studio. Tra loro non poteva mancare il cantautore Antonello Venditti, che quando è possibile torna volentieri al ‘Giulio Cesare’, cui ha dedicato anche l’omonima canzone. E’ così che verso le 19.30 di venerdì 27 ottobre Venditti ha varcato il cancello monumentale e, divincolandosi con non poca ma  compiaciuta fatica dal grande abbraccio di centinaia di studenti, ha raggiunto la base della scalinata, dove lo attendeva la preside Paola Senesi. Che -  dopo un saluto corposo - gli ha donato a nome dell’intera comunità scolastica una preziosa acquaforte con un Giulio Cesare ringiovanito, creata per l’occasione dall’artista Pasquale Basile.  

    E’ seguito – prima dell'allegro brindisi comunitario di rito -  il ringraziamento a braccio di Venditti che trascriviamo:  “Questa è una giornata bellissima, di meravigliosa amicizia perché le generazioni sembrano toccarsi… sembra che il tempo si sia fermato qui nel senso che tante canzoni si rincorrono e sono rievocate in questo momento. Che dire? Siam venuti perché è un giorno di festa. Questo istituto ne ha viste di belle, di belle e di brutte, di drammatiche, di estremamente esaltanti. Alla fine però l’istituto è rimasto. E già è tanto che sia rimasta questa casa meravigliosa dietro di me e …noi facevamo le fotografie su questa bellissima scalinata. E’ estremamente difficile fare una festa di questi tempi, ma è proprio in tempi difficili che bisogna trovare il coraggio di essere umani, quindi di avere anche la gioia dentro di noi… non solo l’orrore, l’angoscia e il terrore. Quindi che sia una festa, una festa per noi che possa allargarsi a livello di amicizia a tutti i popoli, a tutte le religioni, a tutte le razze, a tutti gli uomini, le donne e anche gli animali di questo meraviglioso pianeta. La scuola è fatta per resistere, per farsi delle domande e per rispondere a delle domande. Fino a quando noi ci proviamo, facciamo le domande e cerchiamo di rispondere, ci sarà la scuola. La scuola è la cosa più importante di una civiltà, di uno Stato, di un Paese. Per questo sono qui, per questo sono orgoglioso di essere qui, in questo istituto che ha dato tanto e che darà ancora tanto a tutti noi, all’Italia, a Roma, ai nostri sogni.

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