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    COVID/INQUIETANTE DISAGIO ADOLESCENTI-PIETRO SEBASTIANI MAGISTER

    COVID/INQUIETANTE DISAGIO ADOLESCENTI – PIETRO SEBASTIANI MAGISTER - di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 16 dicembre 2021

     

    Pubblicizzati i risultati di un’indagine della Fondazione Soleterre in collaborazione con l’Università Cattolica del Sacro Cuore sulle conseguenze psicologiche degli ormai quasi due anni di restrizioni motivate dalla diffusione del Covid-19. Il 30 novembre l’ambasciatore d’Italia presso la Santa Sede Pietro Sebastiani (vicino al congedo) è stato proclamato Magister in Cooperazione internazionale presso la Pontificia Università Lateranense: stralci dalla sua prolusione.

    UN’INDAGINE SULLE CONSEGUENZE PSICOLOGICHE NEGLI ADOLESCENTI DELLE RESTRIZIONI ORIGINATE DALLA DIFFUSIONE DEL CORONAVIRUS

     

    In sé nulla di sorprendente e tuttavia è una conferma inquietante che dovrebbe turbare i sonni di genitori, docenti, amministratori e politici. Tuttavia temiamo che l’interesse preminente della stragrande maggioranza di questi ultimi e delle loro propaggini mediatiche sia in questo periodo rivolto alla lotteria del Quirinale con la ricerca di un successore di Mattarella. Sono giochini di casta cui si dedicano con voluttà i pochi di sempre, nell’abissale indifferenza di gran parte dell’elettorato.

    Dei giovani e della scuola invece, al di là di qualche dichiarazione di captatio benevolentiae, non si interessa concretamente nessuno tra quelli che potrebbero incidere veramente sulla loro quotidianità.

    Da parte loro, poi, non è che diversi studenti - almeno qui a Roma - si comportino in modo più responsabile, visto che si esercitano nel giochino dell’occupazione dei loro istituti. Occupazione che resta un reato, dato che interrompe un pubblico servizio, nega il diritto allo studio degli studenti non occupanti, complica la vita scolastica degli studenti ‘fragili’ (che ne è della tanto reclamizzata ‘inclusione’?), rende impossibili le pratiche amministrative e a volte causa danni materiali ingenti, oltre che promuovere o tollerare consumo di droga e abuso di alcoolici. Purtroppo – è questa la triste realtà – per quieto vivere le forze dell’ordine rinunciano in tanti casi a intervenire. Niente di cui stupirsi, considerato come sia lo stesso Ministero dell’Interno a tollerare irresponsabilmente per giorni e giorni rave party scandalosi (come recentemente è accaduto a Valentano, a Torino, perfino per una festa studentesca nel palazzo occupato di Santa Croce in Gerusalemme a Roma, quello del distacco della luce, riattaccata da una porpora).

    E’ così che nella capitale sono stati occupati una sessantina di istituti superiori su istigazione di organizzazioni di estrema sinistra e di estrema destra, estranee in sé alla vita scolastica quotidiana: in tanti casi, oltre a motivi generali, sono state addotte anche ragioni legate a situazioni locali, in altri addirittura si è occupato solo e soltanto per soddisfare gli ordini dei mandanti con una prestazione ‘maschia’ da apprendisti rivoluzionari. Come abbiamo scritto più volte: ragione smarrita, follia trionfante.

    Se accadono tali follie (di cui si compiacciono – oltre a non pochi genitori irresponsabili - noti turiferari, che siano presunti intellettuali o direttori di giornale), la colpa è anche della situazione che molti giovani stanno vivendo da quasi due anni a questa parte, a causa delle misure restrittive che sono state giustificate in funzione anti-Covid-19.

    Non stupisce che le conseguenze psichiche di tali restrizioni siano pesanti per una larga fascia di popolazione e particolarmente per gli adolescenti, come testimoniano i dati di un’indagine pubblicizzata il 16 dicembre 2021. Promossa dalla Fondazione Soleterre e dall’Unità di ricerca sul trauma dell’Università Cattolica di Milano, è stata condotta da EMG Different ai primi di dicembre 2021 su un campione rappresentativo nazionale di 150 adolescenti tra i 14 e i 19 anni. I risultati sono stati raccolti in una cinquantina di pagine, in cui si ripropongono le risposte date dagli interpellati a una serie di domande esistenziali riguardanti il periodo marzo 2020-dicembre 2021.

    Prima di passare a qualche dettaglio dell’indagine, è utile riprodurre una dichiarazione certo preoccupata di Damiano Rizzi, presidente di Soleterre e psicoteapeuta dell’età evolutiva: “Credo vi sia nel nostro Paese un’urgenza che viene prima di tutte le altre: prenderci cura della salute mentale dei bambini e degli adolescenti sviluppando linee guida cliniche per alleviare gli effetti della pandemia Covid-19 attraverso strategie di salute pubblica. Non possiamo ritenere il dolore psichico un problema legato solo a una specifica fascia di età, ma è il problema di un Paese intero: se il 17,3% dei giovani dai 14 ai 19 anni ha pensato “quasi ogni giorno” e “più della metà dei giorni” che, in relazione al proprio stato d’animo contingente, sarebbe meglio morire o farsi del male a causa del dolore che la vita provoca, stiamo parlando – in valori assoluti – di oltre 490mila individui in potenziale pericolo e che necessitano di assistenza psicologica immediata per scongiurare esiti peggiori”.

    Altro che immergersi giorno e notte nei giochini per il Quirinale! Altro che occupare  ossessivamente  le prime pagine dei giornali con la successione a Mattarella! Le emergenze in Italia sono ben altre.

    Qualche dettaglio emerso dall’indagine. Riguardo al campione, l’84% ha dichiarato di avere fratelli e o sorelle e il 77,3% di frequentare una scuola media superiore.

    Per il 46,7% durante l’ “emergenza sanitaria” il rapporto con gli amici si è modificato, in genere si è rarefatto (salvo che per il 2,7%). L’esperienza (in chiaroscuro) della didattica online è valutata negativamente rispetto alle lezioni in presenza dal 50% degli interpellati; migliore solo dal 16%. Il 70,7% degli adolescenti ha utilizzato l’online per tempi più lunghi (tra le risposte: Era l’unico modo per restare in contatto con amici, Non c’era nulla da fare, mi annoiavo, Per passare il tempo); il 24% invece ha dichiarato di non essere restato online più a lungo del solito.

    L’83,3% ha dichiarato di non avere trascurato lo studio, il 12,7% invece sì. Solo il 26% è stato rimproverato dai genitori per il tempo passato online. Il 16,7% ha perso il sonno. Il 37,4% non si è sentito se non raramente di buonumore; il 34% si è sentito – sommando “spesso o molto spesso o sempre” - assai triste, il 29,3% solo, il 29,4% apatico.

    Il 54% si è trovato a pensare (sommando circa la metà delle volte, molte volte, quasi sempre) che il periodo di restrizioni gli “ha cambiato in modo permanente la vita” e il 64% che, se non ci fosse stata l’ emergenza, oggi sarebbe “una persona diversa”; per il 69,3% quanto è accaduto “è diventato parte dell’identità” e per il 64% “avrà un effetto sul proprio futuro”. Come conseguenza del periodo di restrizioni il 32,7% (sommando circa la metà delle volte, molte volte, quasi sempre) rileva di avere “problemi di concentrazione”, 35,3% di essere “nervoso e di spaventarsi facilmente”, il 34,7% di “far fatica ad addormentarsi”.

    Infine il dato più inquietante: il 29,3% ha detto (sommando alcuni giorni, più della metà dei giorni, quasi ogni giorno) di aver pensato che “sarebbe meglio morire” o di “volersi fare del male”.

    Signori politici, riuscite a distrarvi un momento dai giochini quirinalizi?

     

    PIETRO SEBASTIANI ONORATO ALLA LATERANENSE

     

    Da oltre quattro anni ambasciatore d’Italia presso la Santa Sede, Pietro Sebastiani lascerà la prestigiosa sede a gennaio 2022 rientrando per un breve periodo alla Farnesina prima di congedarsi dal servizio diplomatico. Sessantaquattrenne (essendo nato nella lucchese Capannori il 28 marzo 1957), in carriera è stato tra l’altro ambasciatore in Spagna (2013-16) e Direttore generale per la Cooperazione allo sviluppo (2016-17), un tema che l’ha sempre molto interessato. Non a caso il 30 novembre scorso, alla presenza del cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin, è stato proclamato Magister in Cooperazione internazionale. Da chi? Dall’ateneo per eccellenza del Papa, la Pontificia Università Lateranense. Il che non è senza significato.

    Coniugato con l’artista Maria Cristina Finucci e padre di 4 figli, Pietro Sebastiani ha ulteriormente vivacizzato Palazzo Borromeo (già per tradizione teatro di eventi di grande interesse). E anche negli ultimi venti mesi (pur contrassegnati dalle note restrizioni di origine sanitaria) non si è rassegnato a una sede ridotta a comunicare online, ma ha promosso una serie vulcanica di eventi in  presenza riguardanti gli ambiti più diversi. Di alcuni, particolarmente appetitosi, abbiamo dato puntuale riscontro (vedi ad esempio https://www.rossoporpora.org/rubriche/cultura/1046-la-chiesa-e-l-italiano-la-bibbia-e-la-lingua-corrente.html oppure https://www.rossoporpora.org/rubriche/vaticano/972-il-cardinale-silvestrini-diplomatico-e-pastore.html ).

    Torniamo al 30 novembre. Per l’occasione erano presenti nell’Aula Magna della Lateranense numerosi colleghi del neo-Magister (di ogni colore… dall’ambasciatore di Cuba a quello d’Ungheria…) e membri del corpo accademico. Hanno espresso parole pubbliche di apprezzamento verso Pietro Sebastiani il decano del Corpo diplomatico Georgos F. Poulides (Cipro) e il cardinale Pietro Parolin: l’ambasciatore festeggiato – ha detto il Segretario di Stato -  è connotato da “una vita e un curriculum professionale che ben si ispirano all’arte diplomatica, la quale crede nell’uomo. Il diplomatico è come un artista che dipinge la sua tela, ma la cui opera va ben oltre le strettoie del contingente”. E’ stato il rettore della Lateranense professor Vincenzo Buonomo a proclamare Sebastiani magister in Cooperazione internazionale.

    Nella prolusione il festeggiato ha approfondito due temi a lui particolarmente cari e con cui è confrontato oggi l’ambito della cooperazione internazionale: il “cambiamento climatico” e le crescenti “disuguaglianze sociali”. Riproduciamo alcuni dei passi più interessanti della prolusione riferiti a quest’ultimo argomento.

    . Accentuarsi delle disuguaglianze e indebolimento della democrazia: Vengo (…) alla seconda grande sfida che abbiamo davanti. Mi riferisco appunto all’accentuarsi delle disuguaglianze che sta generando come sappiamo inquietudini, paura e scontento. Che poi certo si declinano socialmente e politicamente in forme diverse a seconda delle latitudini e delle longitudini, ma che facilmente possiamo riconoscere in ognuno dei nostri Paesi.
    Ma attenzione! Questa forbice di disuguaglianza che si allarga continuamente sta niente di meno che intaccando e minacciando seriamente il sistema democratico
    come lo conosciamo, compresi i suoi contrappesi istituzionali, i checks and balances. Un sistema indebolito anche dalla desertificazione dei corpi sociali intermedi e
    infiacchito dalla progressiva perdita di peso dello Stato centrale. Sappiamo bene, non nascondiamocelo, cos’è andato storto negli ultimi quarant’anni. Semplicemente la mano invisibile del mercato di Adam Smith, uno dei tre fondatori della dismail science, della lugubre scienza economica, come venne ribattezzata a fine ‘700 per scherno, non esiste.

    . Un’economia ossessionata dai numeri: Diciamocelo chiaro: abbiamo cresciuto i nostri figli cercando di inculcare loro l’onesta, l’altruismo, la generosità, ma abbiamo cresciuto al contempo la nostra società su di un modello esattamente opposto: egoista, predatore, incurante degli scarti, poco solidale ed iniquo sul piano interno e, come abbiamo visto, tra Paesi. Se prendiamo bene coscienza di questa contraddizione, ci rendiamo conto allora che le disuguaglianze non sono frutto di leggi economiche immodificabili o men che mai di una legge naturale, ma esse sono in realtà le conseguenze di una nostra precisa scelta politica, una delle tante cose che però tendiamo a rimuovere... Un’economia questa, distorta e iperfinanziarizzata, preoccupata più dell’inflazione, dei fantasmi di Weimar, che della disoccupazione e della fragilità finanziaria, più delle città che delle campagne più del centro di queste città, del popolo delle ztl . (…) Un’economia ossessionata dai numeri, col PIL come unica metrica, insomma, per dirla con una lungimirante frase del 1981 di Federico Caffè, “Al posto degli uomini abbiamo sostituito i numeri e alla compassione nei confronti delle sofferenze umane abbiamo sostituito l’assillo dei riequilibri contabili”.  

    . Crisi del sistema multilaterale post-bellico: Questo accade, l’ho detto oggi più volte, in un contesto internazionale purtroppo indebolito e sfrangiato dal progressivo indebolimento del sistema multilaterale e della cooperazione internazionale quando invece è proprio da qui da cui possono arrivare ed affermarsi le uniche risposte possibili alle grandi sfide che abbiamo davanti. E’ una faglia profonda nel sistema che si è aperta nel 1989 quando l’auspicata fine della divisione del mondo in due blocchi contrapposti e del cosiddetto equilibrio del terrore ha ridotto per esempio alle Nazioni Unite il loro ruolo di stanza di compensazione privilegiata per comporre i contrasti e favorire il dialogo. Si è allora affermata l’idea illusoria che il negoziato bilaterale sia sempre e comunque più agevole e veloce della complessa ricerca del consenso tra quasi duecento Paesi. Una ricerca del consenso, che assimila il metodo multilaterale al gioco degli scacchi, e che certo affascina noi diplomatici, perché esige regole ferree, dialogo, pazienza, riconoscimento e rispetto reciproco, con una molteplicità di mosse. Un esercizio che parte da una regola aurea del multilateralismo e, se posso aggiungere, del cristianesimo: l’umiltà. La consapevolezza cioè da un lato di essere parte di un tutto inscindibile, egalitario
    (principio uno Stato un voto) e dall’altro dell’impossibilità di raggiungere obiettivi ambiziosi e di risolvere sfide complesse da soli.

    . Creazione di un  nuovo sistema multilaterale: Dobbiamo allora avere subito il coraggio di restaurare se possibile, oppure più probabilmente di costruire ex novo dopo quasi ottanta anni, una nuova architettura multilaterale con lo stesso afflato, slancio e ottimismo tipici delle reazioni positive ai tempi più bui quali furono quelli in cui sul finire della seconda guerra mondiale e nell’immediato drammatico dopoguerra, si gettarono le fondamenta e si scrissero le regole di quella attuale. Un’architettura che ha fatto il suo tempo e nella quale trovano difficoltà a muoversi e ad operare efficacemente sia il sistema onusiano, sia altri
    organismi sovranazionali, globali e regionali (come l’Unione Europea) a struttura variabile o esercizi come il G-7 e il G-20.
    Serve un nuovo sistema di regole da scrivere assieme
    (…) Serve certamente molto una nuova Bretton Woods, (la revisione di Fondo Monetario, Banca Mondiale, Org. mondiale del Commercio), che con una nuova ossatura semplice ma chiara induca e favorisca un nuovo modello economico finanziario di crescita e sviluppo che come ci ha indicato Papa Francesco con la sua Economy of Francis rimetta le persone ed i valori al centro, perché come disse La Pira ai tempi della crisi occupazionale della Nuovo Pignone “Cambiate le leggi, io non posso cambiare il Vangelo”.  Non illudiamoci tuttavia, il cambiamento non sarà né facile né rapido né indolore, e serviranno sacrifici di tutti, così come un complesso e delicato riequilibrio di poteri nelle nostre società e nell’arena internazionale. Ma da qui sono convinto passi l’unica strada per un altro mondo possibile, quello che vogliamo. 

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