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    SESSANT'ANNI DI CARITAS INTERNATIONALIS

    ROSSOPORPORA DI GIUGNO 2011  - 'IL CONSULENTE RE ONLINE'

     

    I cardinali Rodriguez Maradiaga (presidente) e Bertone sul sessantesimo di 'Caritas Internationalis''. Il card. Martini rievoca i giorni della nomina ad arcivescovo di Milano. Il card. Tettamanzi e il dialogo interreligioso. Angelo Scola, nuovo arcivescovo di Milano, sulla 'primavera araba'. Il card. Vingt-Trois sulla bioetica e sulla 'teoria del genere' nelle scuole.Il card. Patabendige Don sullo Sri Lanka, Il card. Vallini e i problemi di Roma. Il card. Erdoe e il celibato sacerdotale

    Sessant’anni fa nasceva Caritas Internationalis, “su impulso – come ha detto venerdì 27 maggio nel saluto in apertura dell’udienza papale il suo attuale presidente, il cardinale Oscar Andrès Rodriguez Maradiaga – del venerabile papa Pio XII e del suo collaboratore, l’allora monsignore Giovanni Battista Montini”. A quel tempo Caritas Internationalis “era un piccolo treno con 134 vagoni”; oggi – ha evidenziato il porporato honduregno - “l’espresso della carità è un treno ad alta velocità formato da 165 Paesi “.

    Proprio per festeggiare il genetliaco e per dibattere sul tema Una famiglia umana, zero povertà (oltre che per discutere di statuti) oltre 300 delegati da tutto il mondo si sono ritrovati alla Domus Mariae di Roma dal 22 al 27 maggio. Il tema è stato così sintetizzato in apertura dal sessantaseienne arcivescovo di Tegucigalpa: “In questo secondo decennio del ventunesimo secolo ci troviamo di fronte a una serie di sfide che minacciano di fermare o addirittura invertire i progressi fatti: la fame e le emergenze umanitarie sono in aumento, il cambiamento climatico provocherà maggiori danni”.

    Il cardinale Rodriguez Maradiaga, ancora nel saluto in apertura dell’udienza papale, ha voluto così descrivere il servizio dell’organizzazione di cui è presidente : “In un mondo che rinuncia a sognare e che non crede all’utopia nel suo significato più autentico, Caritas Internationalis ricorda l’episodio di Giuseppe venduto dai suoi fratelli a dei mercanti. La motivazione di questo crimine fu: Ecco, il sognatore arriva… Uccidiamolo. Un mondo anche quello di oggi che vive intrappolato nell’idolatria del materialismo e dell’iniquità che vuole uccidere gli ideali e i sogni. Seguendo le Sue indicazioni, Santo Padre, abbiamo sognato e continuiamo a sognare una sola famiglia umana nella quale non esista povertà”.

    Ha continuato il presule salesiano: “Santo Padre, Lei conosce le sofferenze del mondo. Conosce le sofferenze tra le persone. Conosce le sofferenze nella Chiesa. La Caritas è una risposta piena di fede data quotidianamente a tali sofferenze. Attraverso il volto del personale e dei volontari della Caritas, l’amore di Gesù va ben oltre ogni confine e frontiera”.

    Presiedendo domenica 22 maggio la Santa Messa di apertura, un altro presule salesiano, il cardinale Tarcisio Bertone, aveva evidenziato nell’omelia che Caritas Internationalis “si colloca all’interno della dimensione fondamentale della carità strutturata della Chiesa”. E dunque, aveva sottolineato il Segretario di Stato vaticano rivolgendosi ai congressisti, “la vostra attività è una manifestazione pubblica della Chiesa come Corpo di Cristo e come Popolo di Dio”. Non solo: “Il vostro contributo si pone nell’ordine della diaconia ecclesiale”. E ancora: “Nella piena comunione con Cristo e con la Chiesa, manifestata anche nella vita dei suoi membri e nella ricerca personale di Gesù Cristo (precisazioni non casuali), Caritas Internationalis sarò capace di collaborare veramente a che il mondo sia una famiglia, perché solo in Cristo Gesù si rivela pienamente all’uomo la sua vera identità e dignità”. Tanta insistenza del cardinale Bertone sulla necessità che Caritas Internationalis agisca come parte integrante della Chiesa trova le sue radici in un certo disagio che si era manifestato in Vaticano per un’organizzazione che, a detta di alcuni, in alcuni momenti del suo servizio sembrava considerare la Chiesa cattolica più come un partner privilegiato che come madre. Tale malessere aveva portato all’inizio dell’anno a interventi della Segreteria di Stato richiedenti la non riconferma della direttrice generale Lesley-Ann Knight (il che è avvenuto).

    In tale contesto si comprende anche meglio quanto, sempre nell’omelia d’apertura della XIX Assemblea generale, il cardinale Bertone ha voluto evidenziare sui modi di partecipazione di Caritas Internationalis (440mila salariati, 600mila volontari) alla vita della Chiesa: “Caritas Internationalis, di fronte ai bisogni e alle miserie umane con cui ha a che fare ogni giorno, sente l’urgenza di difendete e promuovere i diritti dei più poveri, anche presso le autorità internazionali. All’interno dei termini propri del suo peculiare modo di partecipare alla missione della Chiesa e dello specifico mandato come persona pubblica canonica, e se svolta in comunione con i legittimi Pastori, questa azione di advocacy è una ricchezza della Chiesa. Tuttavia, esiste un altro livello di servizio che precede e supera per importanza quella presso le autorità pubbliche. E’ quello di raggiungere, in modo convincente e rispettoso, la mente e il cuore dei credenti e di tutte le persone di buona volontà affinché riconoscano nei poveri i loro fratelli”.

    A margine dell’Assemblea generale di Caritas Internationalis vogliamo anche ricordare che sabato 21 maggio un treno speciale, con locomotive e vagoni d’epoca, è partito dalla stazione del Vaticano per raggiungere Orvieto. Sul Caritas Express dei sessant’anni ha viaggiato anche il cardinale Rodriguez Maradiaga, felice di tornare a Orvieto, città molto apprezzata durante i suoi studi universitari. Da notare l’apporto dato dall’ambasciatore d’Australia presso la Santa Sede, Tim Fischer (esperto e collezionista di treni) all’allestimento del convoglio.

    Nella sua rubrica mensile sul Corriere della Sera, domenica 26 giugno (certo non a caso, dato l’imminente avvicendamento ambrosiano) il cardinale Carlo Maria Martini rievoca – per la prima volta pubblicamente – i giorni della sua nomina ad arcivescovo di Milano. Scrive l’ottantaquattrenne porporato. “Era la seconda metà del mese di dicembre 1979. Io ero allora Rettore della Pontificia Università Gregoriana, che papa Giovanni Paolo II aveva visitato poco tempo prima (era stato anche a cena con noi) senza farmi parola delle sue intenzioni su di me”. Così prosegue l’eminente gesuita: “Perciò fui molto stupito della nomina a Milano, che mi presentò in gran segreto, alcuni giorni dopo, un inviato della Congregazione dei Vescovi. Chiesi qualche giorno di tempo per riflettere”.  In effetti “in realtà non avevo mai pensato a una simile eventualità. Neppure sapevo che si cercasse un vescovo per Milano”. C’è di più, continua il presule torinese: “Non sapevo nulla della città, dove ero stato solo qualche volta di passaggio e neppure sapevo come funziona una Curia e che cosa significasse un Vicario generale”. Tuttavia “non mi prese mai la paura o l’affanno. Solo sapevo che, se il Papa avesse insistito sulla sua nomina, avrei affrontato difficoltà che non potevo immaginare, mentre quelle che ero capace di immaginare non le avrei probabilmente avute. In ogni caso ero certo che la Parola di Dio mi avrebbe aiutato”. Che cosa fece in quei giorni di dubbio l’allora rettore? “Mi consultai subito con il mio padre spirituale, che contrariamente al previsto fu molto favorevole, e con il mio Superiore generale, che mi spiegò la sua posizione previa. Egli infatti conosceva la cosa già dai mesi precedenti e ci teneva che in tutto fossimo obbedienti al Pontefice”. Il futuro successore di sant’Ambrogio non era ancora convinto: “Ma restavano ancora dubbi e difficoltà e chiesi di essere ascoltato dal Papa. Mi ricevette molto presto, mi pare nell’antivigilia di Natale. Io uscii da quella udienza particolarmente consolato e, messo da parte ogni pensiero sul futuro, mi diedi con grande impegno a vivere la liturgia del Natale”. Così “il 28 dicembre mi arrivò la nomina definitiva, che fu pubblicata il giorno dopo”. E io “mi rimisi completamente al Signore e alla sua Parola”.

    In una intervista a tutta pagina apparsa su Avvenire sempre di domenica 26 giugno (anche questa certo non casuale) il cardinale Dionigi Tettamanzi riflette dapprima sui valori incarnati dalle tre persone beatificate in quel giorno (il sacerdote diocesano don Serafino Morazzone, suor Enrichetta Alfieri e padre Clemente Vismara), poi parla del VII Incontro mondiale delle Famiglie del 2012 e delle celebrazioni per il 1700.mo anniversario dell’Editto di Costantino del 2013. Rileva a quest’ultimo proposito: “ Milano è famosa in tutto il mondo per la data del 313: così mi disse a Mosca il compianto patriarca Alessio II.”. Perciò “è la città stessa, con le sue istituzioni e la società civile, a doversi coinvolgere direttamente nella celebrazione di una data così significativa”.  L’anniversario del 2013 “sarà una straordinaria occasione per mettere a tema e approfondire il rapporto tra religioni e società. E’ infatti il doveroso riconoscimento dello spazio pubblico della religione che conduce a difendere e a promuovere la libertà religiosa, quale fondamento di ogni altra libertà”. Dove? “Dappertutto e in specifico riferimento alle variegate situazioni esistenti nel nostro mondo: lontano e vicino a noi”. Anche a Milano dunque… Osserva qui il settantasettenne porporato: “La sfida a Milano si pone in modo originale: occorre far dialogare, nel reciproco rispetto, la bimillenaria e vivissima presenza cattolica con le altre confessioni cristiane presenti da tempo e con le altre religioni giunte in città con i fenomeni migratori di questi decenni”. Per nove anni sulla cattedra di sant’Ambrogio, il cardinale Tettamanzi così conclude una risposta sull’ascolto trovato in questi anni nella società milanese: “Non spetta a me fare bilanci dei nove anni del mio episcopato ambrosiano. Posso confessare con umile franchezza che ho sempre cercato di pensare, giudicare e agire avendo come criteri il santo Vangelo e le esigenze più profonde e vere del cuore di ogni uomo e donna”.

    Restando sempre al cardinale Tettamanzi, nel libro Dialogare oggi (ed. Ancora) appare un’ampia intervista rilasciata a mo’ di bilancio al giornalista Gad Lerner. Tra le risposte del porporato quelle sul tema dei rapporti con l’islam. Sulla tesi che nell’islam prevalgono le tendenze integraliste osserva il presule: “Mi è sempre parsa culturalmente asfittica e storicamente discutibile la prospettiva di chi intendeva fare del 2001 una data che avrebbe cambiato il corso della storia. Quando si criminalizza tutto l’islam, invece di valorizzarne correnti e movimenti che rifiutano ogni forma di fondamentalismo, si ottiene solo l’effetto di inimicarsi persino coloro che, in quel mondo, potrebbero essere alleati nella lotta all’integralismo. E persino amici in una comune ricerca della giustizia e della pace tra i popoli e le loro tradizioni religiose. Non rendersene conto è proprio la sconfitta della ragione. Non solo. E’ il prodotto di un integralismo uguale e contrario”. Sull’accusa rivoltagli di essere un imam, ha osservato il cardinale Tettamanzi: “Chiunque abbia un minimo di buonsenso non può che aver preso con umorismo affermazioni così ridicole. Per quanto mi riguarda, ero sorpreso e indifferente nello stesso tempo. E’ infatti della masima evidenza che quelle boutades erano prive di fondamento. A ciò che è del tutto inconsistente non si dà alcun peso. Tuttavia è giusto chiedersi come è possibile che qualcuno arrivi a livelli così infimi. E’ questo che sorprende.”

    E’ il cardinale Angelo Scola il nuovo arcivescovo di Milano: una notizia non inattesa dato che papa Benedetto XVI lo conosce e lo apprezza da tanti anni, fin dai tempi di Communio. Laureato in filosofia alla Cattolica di Milano, Angelo Scola incontra don Luigi Giussani, diventa ciellino, sceglie la via del sacerdozio, entra nel seminario diocesano. L’allora rettore (e oggi cardinale) Attilio Nicora lo ‘blocca’ prima dell’ordinazione nel contesto delle forti polemiche sorte per l’asserita pretesa ciellina di ‘fare da sé’, obbedendo solo a don Giussani: Angelo Scola sarà ordinato sacerdote dal vescovo di Teramo monsignor Abele Conigli nel 1970 (anche Massimo Camisasca, Luigi Negri e altri incontreranno le loro difficoltà date dall’appartenenza a quel tempo non gradita dall’arcidiocesi ambrosiana). Don Angelo continua gli studi in teologia a Friburgo (dove troverà un altro protagonista della primavera ciellina, don Eugenio Corecco, poi vescovo di Lugano, morto prematuramente nel 1995), diventa professore assistente in Teologia morale sempre a Friburgo, poi nel 1982 incomincia a insegnare alla Lateranense. Vescovo di Grosseto nel 1991, Rettore della Lateranense nel 1995, viene eletto Patriarca di Venezia nel 2002 e l’anno seguente creato cardinale da Giovanni Paolo II. Molto dinamico istituisce subito lo Studium Generale Marcianum e promuove la rivista Oasis, che si propone come ponte tra le culture mediterranee. Il 7 e l’8 maggio Aquileia e Venezia hanno poi accolto con grande calore e con mille colori papa Benedetto XVI. Ora il lecchese Angelo Scola torna nell’arcidiocesi d’origine, ma entrando dalla porta principale del Duomo. Curiosamente vi torna quasi in contemporanea con l’elezione – favorita da una parte consistente di clero e di fedeli cattolici - del neosindaco radical-chic di Milano: non mancheranno probabilmente, pur nel reciproco rispetto, i momenti di forte confronto su tanti temi ‘eticamente sensibili’.   

    Del cardinale Scola riportiamo alcuni stralci dell’intervento inaugurale, il 20 giugno, dei lavori (svoltisi a Venezia) del Comitato scientifico di Oasis, posti quest’anno sotto il titolo Medio Oriente verso dove?Nuova laicità ed imprevisto nordafricano. Presente il cardinale patriarca copto Antonios Naguib, il porporato lombardo ha affrontato il tema delle rivolte in atto: “Da osservatore non specialista – ha detto Angelo Scola – sono rimasto colpito dalla grande rilevanza assunta fin da subito dal tema economico e dei diritti sociali”. Del resto “le rivolte sono scoppiate in contesti di deprivazione, in ambito giovanile, e una delle richieste ricorrenti è stata quella del lavoro”. Prime conseguenze? “Il riflesso sulle società europee, travagliate anch’esse dalla crisi, è stato quasi immediato, con un riacutizzarsi dei flussi migratori, accompagnati da tensioni. Molti analisti sono però dell’opinione che l’onda d’urto debba ancora venire. Dietro il Maghreb infatti premono le popolazioni dell’Africa sub-sahariana, che non di rado versano in condizioni di vita insopportabili”. E allora? “Un giro d’orizzonte minimamente onesto e realistico esclude così l’idea che si possa continuare senza intervenire radicalmente sull’attuale sistema economico”. Inoltre “non va neppure sottovalutato come lo spostamento fisico dei migranti renda sempre più inevitabile – ha continuato il cardinale Scola ribadendo un suo cavallo di battaglia – parlare in Europa di un vero e proprio meticciato. (…) La demografia ci suggerisce che il fenomeno potrebbe assumere anche tratti molto concreti e, come la storia ci ricorda, non poco dolorosi”.

    Il neo-arcivescovo di Milano ha poi trattato del tema della “forte richiesta”, emersa durante le rivolte, “di maggiori libertà individuali e di un controllo più efficace degli apparati dello Stato”. In sintesi “è stata avanzata da alcuni settori della società una richiesta di riorganizzazione dello spazio pubblico in senso maggiormente pluralista e liberale, capace di accogliere un più alto grado di differenziazione interna”. A tale proposito si osserva che “alcune rivendicazioni sembrano ricordare il percorso storico europeo, ma vi sono anche notevoli differenze: la questione dei rapporti tra Stato

    e Chiesa, che è propria della ‘laicità’ classica, si pone ad esempio in modi del tutto nuovi”, poiché “l’accento sembra cadere primo di tutto sullo spazio pubblico come luogo di un confronto maggiormente libero tra diverse posizioni (…), mentre la critica alle concezioni religiose in sé (…) non sembra trovare una grande eco”.

    Ha detto ancora il cardinale Scola: “In Medio Oriente è risuonata forte la domanda su che tipo d’uomo vuol essere l’uomo del Terzo Millennio (…). In realtà però, se la domanda è chiara, non ancora ben definita è la risposta. Pensiamo ad esempio a che cosa succederebbe se la situazione economica di Tunisia ed Egitto persistesse ad essere molto negativa: la necessità di ordine e stabilità passerebbe in assoluto primo piano, a scapito del discorso sulle libertà, e i movimenti islamisti radicali, che in questa prima fase hanno più che altro subito gli avvenimenti, potrebbero candidarsi a guidarli”. Ancora: “Se già in Egitto si vede il ri-emergere delle contrapposizioni comunitarie, Paesi con una varietà interna molto più marcata, come la Siria, sembrano essere pericolosamente sull’orlo di una guerra civile.” Insomma “i movimenti di protesta non vanno esenti dal rischio di strumentalizzazioni e probabilmente non tutto nasce così innocentemente come alcuni media vorrebbero farci credere”. Inoltre: “Non possiamo dimenticare che in altre parti del mondo a maggioranza musulmana (penso ad esempio al Pakistan, ma anche al martoriato Iraq); le cose sembrano muovere in tutt’altra direzione”. Perché  “gli spazi di libertà, come si aprono, si possono anche chiudere”. 

    Lunedì 23 giugno si è concluso il lungo iter parlamentare francese riguardante la revisione della legge sulla bioetica del 2004. Infatti il Senato ha confermato con 170 voti contro 157 la decisione presa dall’Assemblea nazionale il 31 maggio con 280 voti contro 217. La legge rinnovata ristabilisce il divieto (pur con inquietanti ‘deroghe’) della ricerca con le cellule staminali prelevate da embrioni umani: tale divieto era stato abrogato nel corso della discussione in Parlamento. La sinistra e la Loggia del Grande Oriente di Francia hanno attaccato violentemente la Chiesa cattolica portavoce di una “visione oscurantista” della vita. Nell’acceso dibattito il mondo cattolico è intervenuto più volte con decisione per difendere il diritto alla vita. Come riferisce L’Osservatore Romano del 25 maggio l’arcivescovo di Parigi, cardinale André Vingt-Trois, in una conferenza-stampa del 23 maggio (immediatamente prima della discussione in seconda lettura nell’Assemblée nationale) aveva detto tra l’altro: “Togliere il divieto di ricerca provocando la distruzione di embrioni aprirebbe il campo a una strumentalizzazione dell’essere umano, proprio nel momento in cui la Commissione europea lavora alla protezione dell’embrione degli animali, cosa che costituisce un sinistro paradosso”. Che si deve arguire ai tale coincidenza? Si chiedeva il presidente della Conferenza episcopale francese: “Bisogna pensare che le lobbies economiche valutino la ricerca sull’essere umano più rapida e meno costosa degli esperimenti animali”? Anche su un altro punto controverso, la ‘liberalizzazione’ della diagnosi prenatale, il cardinale Vingt-Trois aveva avuto parole chiare, prefigurando l’ “eugenetica di Stato” e aggiungendo: “Che messaggio daremmo alle persone disabili e alle loro famiglie? Diremo loro che la soluzione ideale sarebbe stata che i loro figli non fossero nati?”. Come detto all’inizio, il cardinale (e con lui tanti cattolici che si sono molto impegnati nel mettere in guardia deputati e senatori dal cedere alle pressioni della lobby dell’industria farmaceutica) è stato infine ascoltato dal Parlamento. E la Francia ha rifiutato la deriva eugenetica. Ma c’è da prevedere che non mancheranno presto altri tentativi. Le lobbies economiche premono e, come è successo il 25 giugno per il voto sulle cosiddette “nozze gay” nel parlamento dello Stato di New York, con gli assegni a sei zeri sono in grado di far cambiare opinione a deputati di schieramenti sulla carta contrari.

    Sempre il cardinale André Vingt-Trois, come riporta L’Osservatore Romano del 20-21 giugno, in un’intervista a Radio Notre –Dame ha duramente criticato la presenza della ‘teoria del genere’ nei manuali scolastici di scienze per i sedicenni a partire dal 2011/2012. Rileva l’arcivescovo di Parigi che la ‘teoria del genere’ (che afferma come la differenza tra uomo e donna sia più un fatto sociale che biologico, con tutte le conseguenze connesse) “è un modo di affrontare l’esperienza umana della sessualità in maniera interamente sistematica, con la pretesa che l’orientamento sessuale sia una costruzione puramente culturale”. Introdurre nelle scuole pubbliche tale teoria, annota ancora il porporato sessantottenne, equivale a “proporre una sessualità che si riduce a una relazione sessuale, senza considerare come questa sia articolata con la costruzione di una persona”. L’insegnamento previsto è “centrato esclusivamente sulle malattie sessualmente trasmissibili, per dare consigli su come evitarle, e sull’interruzione di gravidanza, che rappresenta il passe-partout”. Purtroppo, conclude il presidente della Conferenza episcopale francese, “quando gli educatori non riescono a predisporre una vera introduzione alla vita affettiva, sono ridotti a farne un tema di scienze naturali”.

    A due anni dalla fine della guerra civile che ha opposto per un quarto di secolo nello Sri Lanka cingalesi e “tigri” tamil, il cardinale Albert Malcolm Ranjith Patabendige Don ha parlato della situazione odierna sull’isola, come riferisce il 15 giugno una nota dell’ Aiuto alla Chiesa che soffre. Dopo aver ringraziato la meritoria opera di diritto pontificio per l’aiuto dato (ricostruzione di edifici religiosi distrutti dalla guerra, fornitura di veicoli ad uso pastorale, fondi per l’acquisto di materiale didattico), l’arcivescovo di Colombo – rilevato un miglioramento lento nei rapporti tra cingalesi e tamil – ha chiesto con forza che “i leader religiosi e politici, come i cittadini, abbiano il coraggio di superare le proprie posizioni, aprendosi al dialogo”. Annotando un po’ curiosamente: “Dopo tutto la vita sulla terra è temporanea: e allora perché combattere per un pezzo di terra se non ci vivremo per sempre”?. I cattolici da parte loro operano per una completa pacificazione nazionale. E’ vero che nel Paese sono piccola minoranza e tuttavia possono dare il buon esempio: “Noi siamo innanzitutto cristiani e poi cingalesi o tamil; e se noi possiamo superare i problemi di razza e di lingua, tutti possono farlo”. Il cardinale Patabendige Don ha anche salutato il ritorno nella sede storica della ‘Madonna di Madhu’, venerata sia dai cingalesi che dai tamil. La statua durante la guerra era stata portata in un luogo segreto: “Ora che finalmente è tornata a Madhu, questa città del distretto di Mannar è luogo di riconciliazione, in cui ogni festa è celebrata congiuntamente dai due gruyppi in entrambi i loro idiomi”.

    In un colloquio riportato ne L’Osservatore Romano dell’11 giugno, il cardinale Agostino Vallini, cogliendo l’occasione del tradizionale Convegno diocesano di metà giugno, ha parlato dei problemi di Roma. In relazione a quelli attinenti al mercato del lavoro, ha detto il porporato settantunenne: “Attendiamo da anni politiche famigliari che sostengano le famiglie, soprattutto le nuove famiglie, e aprano ai giovani il mondo del lavoro. Chi non ha lavoro o ha un lavoro precario difficilmente rischia un passo così impegnativo come il metter su famiglia. Pagare un affitto è oggi diventata quasi un’impresa impossibile”. Grave la situazione anche nell’ambito della natalità, che in realtà è denatalità: “Tutto questo avviene – annota il cardinale vicario – perché le persone hanno sempre meno fiducia nel futuro. Mancano i figli perché non si perseguono politiche adeguate che, per esempio, consentano alla madre di poter seguire la famiglia, di dedicarsi con serenità alla costruzione della propria famiglia. Visitando le parrocchie incontro giovani che me lo dicono chiaramente”.

    In questo numero de Il Consulente RE online (sezione Arte e cultura) compare una recensione del libro ‘Preti sposati? 30 domande scottanti sul celibato sacerdotale’ (a cura di don Arturo Cattaneo, ed. Elledici). Lo stesso libro è commentato ne L’Osservatore Romano del 16 aprile anche dal cardinale Peter Erdö, arcivescovo di Esztergom-Budapest, che rileva inizialmente: “Il tema del celibato sacerdotale è stato ed è tuttora spesso dibattuto (…) Negli ultimi tempi sembrano moltiplicarsi gli argomenti a favore di un’apertura ai preti sposati. Si obietta che il celibato non è un dogma, ma solo una disciplina sorta nel Medioevo; che è contro natura e quindi dannoso per l’equilibrio psicofisico della persona. Si sottolineano inoltre la crescente penuria di preti in quasi tutto l’Occidente, l’abbandono del ministero da parte di preti che si sposano o che non vogliono sposarsi neppure civilmente e lo scandalo degli abusi sessuali”. Perciò “non sorprende che molti fedeli si sentano confusi e fatichino a comprendere le ragioni per cui la Chiesa continua a ribadire l’importanza del celibato sacerdotale”. Il libro curato da don Cattaneo “è quindi mai opportuno: scritto in modo semplice, conciso e documentato, rende comprensibile al grande pubblico il motivo per cui il celibato sacerdotale sta tanto a cuore alla Chiesa, dando risposta alle obiezioni più frequenti e più critiche nei suoi confronti”. Osserva il cinquantanovenne primate d’Ungheria: “Le domande cui si risponde in questo libro sono eterogenee e, di conseguenza, anche le risposte propongono considerazioni molto diverse. Se si volesse tuttavia individuare un filo rosso fra le ragioni che hanno portato la Chiesa – guidata dallo Spirito Santo – ad acquisire la consapevolezza delle molteplici e importanti ragioni a favore del celibato, va certamente ricordato l’esempio della vita di Cristo. Esso ha illuminato la vita della Chiesa sin dai primi secoli, come testimonia la ricerca storica: dai primi secoli cristiani abbiamo diversi documenti che indicano una disciplina che, a partire dall’ordinazione, richiedeva l’impegno della continenza – o astinenza – poi ci si è orientati a richiedere quello del celibato”.

    In ambito cattolico si continua a discutere accesamente, traendo spunto in particolare dalla Storia di Roberto de Mattei (edita da Lindau), dei contenuti del Concilio ecumenico vaticano II. Sull’argomento è intervenuto anche il cardinale Carlo Maria Martini nelle sua già citata rubrica mensile sul Corriere della Sera (in questo caso apparsa il 27 marzo). Scrive il porporato, a quel tempo “nella comunità del Pontificio Istituto Biblico”: “Il Concilio, con il documento Dei Verbum, rispose in pieno alle nostre attese. Fu uno degli effetti positivi di questo Concilio. Di qui provenne anche una sete dei fedeli per la lettura delle Sacre Scritture”. Altri benefici del Concilio? “Si va da una migliore comprensione dei testi della liturgia, grazie all’uso delle lingue proprie di ogni Paese, fino all’incoraggiamento del dialogo con i cristiani non cattolici (…) e anche con le religioni non cristiane, in particolare il dialogo con l’ebraismo. Ancora vorrei ricordare lo slancio dato alla riforma degli ordini religiosi e l’approfondimento del mistero della Chiesa, realtà visibile e spirituale, al cui centro sta l’Eucaristia. Importante fu anche il decreto sulla libertà religiosa e la costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo”. Conclusione del cardinal Martini: “Mi pare che non ci fu nulla di particolarmente storto nei documenti del Vaticano II. Storte furono alcune delle interpretazioni o applicazioni date di esso”.

    A proposito di polemiche sul rito ordinario e straordinario: in una risposta data a un lettore dell’Allgemeine Zeitung (vedi la notizia dell’agenzia cattolica tedescofona Kath.net il 26 maggio), il cardinale Karl Lehmann ha detto che non celebrerebbe mai una cresima nel rito antico: “Non lo farò, Lei deve andare da un’altra parte”, aggiungendo: “Che oggi ci sia gente che vorrebbe una Cresima secondo il vecchio rito, lo ritengo una vera scemenza”. In ogni caso, ha concluso – presumiamo sarcasticamente – il vescovo di Magonza, “in fin dei conti anche nella nostra diocesi ci sono da cinque a sei posti che offrono la possibilità di una celebrazione secondo il rito antico”.

    Ritorniamo a parlare del cardinale Dionigi Tettamanzi per la prefazione scritta ad un libro intitolato “Don Mauro Bonzi. Un prete nell’inferno di Dachau” (autore Saverio Clementi, editrice Monti di Saronno). Scrive l’arcivescovo ormai emerito di Milano: “Don Mauro Bonzi è stato l’unico sacerdote ambrosiano deportato in un campo di sterminio durante la Seconda guerra mondiale. Possiamo considerarlo a tutti gli effetti una vittima del nazismo in quanto, anche se tornò in Italia nel maggio del 1945, morì due anni dopo stroncato da una grave forma di tubercolosi contratta durante la prigionia”. Don Bonzi era rettore del Seminario arcivescovile di Desio: “E’ qui che fu arrestato nell’aprile del 1944 per aver nascosto armi all’interno del collegio e operato a favore dei partigiani”. Rileva il cardinale Tettamanzi: “Non sappiamo quanto di vero ci sia in queste accuse. E’ certo che don Bonzi si assunse responsabilità non sue al fine di proteggere i suoi confratelli. Il sacerdote occupa perciò, a pieno titolo, un posto nella schiera di quei ribelli per amore che sacrificarono la loro vita per aver privilegiato la solidarietà in un momento storico dominato dalla sopraffazione e dal disprezzo verso ogni valore umano”. Annota poi il porporato: “Possiamo affermare che per don Bonzi il tempo vissuto nel lager è stato un tempo di Dio e la deportazione una drammatica esperienza religiosa. Don Roberto Angeli, sacerdote livornese e suo compagno di sventura, ha giustamente sottolineato che la presenza di sacerdoti nei campi di sterminio è stata provvidenziale, soprattutto per quello che essi rappresentavano come contrapposizione di valori agli pseudo valori del nazismo. Non celebravamo la Messa. Ma la mattina, all’appello, quando sul piazzale ventimila uomini doloranti iniziavano la loro giornata di pene inenarrabili, noi stavamo lì per compiere il nostro ufficio di mediatori tra Dio e l’umanità: quel campo brulicante era come una grande patena più preziosa di quella dorata delle nostre chiese, una patena carica di tutte le atroci sofferenze del mondo, e noi la innalzavamo al cielo implorando pietà e perdono di pace. Conclude il cardinale Tettamanzi: “Mentre il nostro Paese celebra quest’anno il 150.mo anniversario dell’Unità nazionale, è commovente rileggere il racconto di quando, durante il trasferimento a Dachau, i deportati, arrivati al Brennero, salutarono l’Italia intonando tra le lacrime O mia patria sì bella e perduta. E’ grazie anche a questi martiri della carità se l’Italia ha saputo risollevarsi dalla disfatta della Seconda guerra mondiale e rinascere su nuove basi morali. Don Bonzi era uno di loro”.

    Il 6 giugno il cardinale Andrea Cordero Lanza di Montezemolo ha benedetto la nuova stazione di servizio e il nuovo centro di manutenzione elicotteri realizzato a Roma, all’interno dell’Aeroporto dell’Urbe sulla via Salaria. L’ottantaseienne porporato, già arciprete della Basilica di San Paolo fuori le Mura, architetto di formazione, ha anche incontrato per la cerimonia inaugurale (promossa da Esperia Aviation Services e Agusta Wieland) i dirigenti della Castelli RE Roma che ha eseguito i lavori durati quindici mesi e riguardanti uno spazio di circa 3600 mq.

    Il Primo Maggio, proprio poco prima della cerimonia di beatificazione di papa Giovanni Paolo II, è morto per un infarto il cardinale spagnolo Agustin Garcia-Gasco Vicente. L’ottantenne arcivescovo emerito di Valencia aveva partecipato il sabato sera alla Veglia promossa dalla diocesi di Roma, insieme con duecentomila giovani. Creato cardinale nel 2007, il combattivo porporato aveva rinunciato alla guida dell’arcidiocesi per ragioni di età nel 2009. 

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