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    PIER LUIGI GUIDUCCI: QUESTIONI ATTORNO AL 16 OTTOBRE 1943

    PIER LUIGI GUIDUCCI: QUESTIONI ATTORNO AL 16 OTTOBRE 1943 – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 8 febbraio 2023

     

    E’ fresca di stampa una nuova indagine (pubblicata da EDUCatt, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano) su aspetti ancora non chiariti oppure sottovalutati o taciuti riguardanti la razzia nazista del 16 ottobre 1943 nel Ghetto di Roma. Un centinaio di pagine dense di nomi, date, fatti, tutti documentati dall’autore, lo storico Pier Luigi Guiducci, che nella ricerca ha usufruito anche dell’apporto prezioso di padre Gumpel e delle sue carte

     

    Pier Luigi Guiducci è uno storico e un giurista settantaduenne, autore di un’opera monumentale, “La Chiesa nella storia – Duemila anni di cristianesimo” - un testo comunque agile alla lettura - scritto insieme con il barnabita Andrea Maria Erba (1930-2016), che ce lo regalò da vescovo di Velletri-Segni. Guiducci però si è occupato e si occupa anche di temi più specifici, riguardanti ad esempio i martiri cristiani dei primi secoli, la Chiesa nel Medioevo, Don Bosco, il cardinale Stepinac. Anche delle reazioni dell’Università Cattolica del Sacro Cuore alla Shoah, di Vaticano e fuga dei criminali nazisti.

    E ora, per i tipi dell’EDUCatt. ecco un saggio che propone alcune riflessioni documentate su aspetti fin qui poco trattati intorno alla razzia nazista del Ghetto di Roma: “Shoah a Roma, 16 ottobre 1943. Salvare gli Ebrei”. Il sottotitolo è significativo: “20 anni di ricerche, evidenze, Pio XII, P. Peter Gumpel, S.I. . L’apertura degli Archivi”.

    Di questa pagina tragica di storia Rossoporpora.org si è occupata più volte (vedi ad esempio https://www.rossoporpora.org/rubriche/vaticano/904-cattolici-e-shoah-parole-sferzanti-in-piazza-san-pietro.html o, più recentemente, https://www.rossoporpora.org/rubriche/cultura/1110-andrea-riccardi-e-i-silenzi-di-pio-xii-anche-di-altri-non-solo-sugli-ebrei.html ), ma il libro di Guiducci (che si avvale della prefazione della storica Anna Maria Casavola, da anni collaboratrice tra l’altro del Museo storico della liberazione di Roma) costringe a nuove riflessioni su questioni attinenti al tema, talvolta sottovalutate se non volutamente taciute oppure affrontate nel solco di pregiudizi pervicaci.    

    Nel suo saggio di un centinaio di pagine dense di dati (tutti fondati su documenti) l’A. concentra l’attenzione su due momenti: quello della decisione sul rastrellamento e quello della rottura definitiva tra Vaticano e Hitler con le iniziative conseguenti per salvare i perseguitati. Il testo, in cui abbonda la riproduzione di documenti, registra senza orpelli i risultati delle indagini, in cui Guiducci ha potuto godere dell’apporto dello storico tedesco e gesuita padre Peter Gumpel (1923-2022), che con indubbio rigore scientifico si è occupato del pontificato di Pio XII (oltre a essere postulatore nel processo di canonizzazione dello stesso, insieme con un altro gesuita, padre Paolo Molinari).

    Scrive nell’introduzione Guiducci che gli è stato possibile consultare con calma l’archivio personale di Gumpel (non accessibile al pubblico). Nel libro, in sintesi, “sono riassunti i percorsi di approfondimento che hanno caratterizzato i colloqui romani con Gumpel (all’inizio nel suo studio, in seguito nell’infermeria ‘San Pietro Canisio’) unitamente a una serie di aggiornamenti”.

    Diamo ora voce a Guiducci su qualcuno degli aspetti attinenti alla razzia del 16 ottobre 1943. Che incominciò in verità nella tarda serata del 15, con l’arresto. per la ‘soffiata’ di un delatore - di due ebrei triestini (che ufficialmente non risultavano tali), i coniugi Sternberg Monteldi, presso l’Hotel Victoria di via Campania, di proprietà della famiglia di albergatori svizzeri Wirth, il cui figlio Alberto, oltre a fondare nel 1946 la Scuola Svizzera di Roma, ebbe parte rilevante nel convogliare gli aiuti svizzeri postbellici all’Italia (in particolare a beneficio dell’ospedale ‘Dono svizzero’ di Formia). In questo caso tutto si risolse positivamente per l’intervento immediato dalla Legazione svizzera, dato che i due erano cittadini della Confederazione elvetica.

    C’è poi da rilevare che fin dalla mezzanotte del 16 ottobre erano stati piantonati i portoni di chi sarebbe stato arrestato dopo poche ore.

    La razzia (che – annota Guiducci - in un primo tempo era stato previsto fosse effettuata a Napoli, ma la decisione cambiò per il timore di resistenze locali, anche dei carabinieri) si compì a Roma, città del Papa. Rileva l’A. che alcuni studiosi continuano a credere che papa Pacelli avrebbe potuto intervenire per fermarla, ma non lo fece avendo scelto il ‘silenzio’ sulla questione, un po’ per ‘proteggere’ la Chiesa cattolica, un po’ per una certa scarsa sensibilità all’argomento.

    Per Guiducci i tedeschi erano consci che la presenza papale a Roma non avrebbe creato alcun problema: “Si sapeva infatti che il Papa non aveva i mezzi per imporre una propria volontà”.

     

    L’ISOLAMENTO DI PIO XII

    In effetti Pio XII era isolato. L’A. qui elenca una serie di asserzioni documentate a conforto della sua tesi. Eventuali proteste di Pio XII potevano essere bloccate immediatamente. C’erano spie fasciste e naziste anche dentro il Vaticano (il capitano delle SS Erich Priebke disse a padre Pancrazio Pfeiffer, intermediario tra il Vaticano e gli occupanti tedeschi il 4 novembre 1943: “Sappiamo che in Vaticano sono nascosti anche gli ebrei. Lo dica al Papa”).

    Poi: i media vaticani erano seguiti con attenzione. Se del caso la ricezione di Radio Vaticana poteva essere disturbata. Gli accessi al Vaticano erano presidiati. Ogni spostamento di ecclesiastici vaticani in zone occupate era sottoposto al rilascio di un permesso.

    Quando Pio XII ebbe notizia dell’inizio della razzia, osserva Guiducci, valutò che cosa avrebbe potuto fare in tali condizioni. Ne parlò con l’avvocato Carlo Pacelli (suo nipote), con il gesuita padre Robert Leiber (suo consigliere), con padre Pancrazio Pfeiffer. Essendo oggettivamente impossibile ottenere il rilascio di tutti gli arrestati, occorreva cercare di salvare più ebrei possibili utilizzando cavilli giuridici e riuscire anche almeno a far dirigere il convoglio ferroviario pronto alla stazione Tiburtina verso un campo di lavoro e non verso un lager di sterminio.

    Qui Guiducci evidenzia che in ogni caso, per questi suoi possibili tentativi, Pio XII non avrebbe potuto contare sull’aiuto di una lunga serie di personaggi o enti. A partire da Benito Mussolini (“che non si attivò mai per evitare razzie di ebrei”).

    A seguire:

    . Federazione fascista romana, in mano a Gino Bardi e Guglielmo Pollastrini (“soggetti particolarmente venali e oppressivi”).

    . Arma dei carabinieri:  “Il 7 ottobre 1943, su ordine del maresciallo d’Italia Rodolfo Graziani, 2000/2500 carabinieri furono deportati – da Roma – in Germania, su espressa richiesta di Herbert Kappler”.

    . Popolazione romana: “Non ci fu nessuna sollevazione”.

    . Organismi sanitari: “Alla Croce Rossa italiana (generale Giuseppe Boriani) venne impedito ogni intervento umanitario”.

    . Sacerdoti, religiosi: il 16 ottobre 1943 solo don Iginio Quadraroli (Segreteria di Stato) riuscì ad avvicinarsi al Collegio militare in cui erano ammassati gli ebrei portando pacchi dono, ma fu subito bloccato.

    . Forze d’ordine vaticane: “Armate di spada, alabarda e qualche fucile. In quel momenti accoglievano renitenti alla leva”.

    . Forze politiche: rimasero “afone”. Nel pomeriggio del 16 ottobre 1943 si tenne una riunione del Comitato centrale di Liberazione nazionale, ma nella risoluzione approvata “non si trova neanche un cenno” alla razzia antiebraica.

    . Movimento della Resistenza: “Non ci furono interventi a favore degli ebrei romani il 16 ottobre 1943” (vedi memorie di Adriano Ossicini).

    Opposizione ebraica romana: “A Roma il 16 ottobre 1943 non emergono figure o nuclei di ebrei decisi a difendere anche con le armi le sopraffazioni in corso”.

     

    ALCUNI ALTRI ASPETTI DELLA VICENDA TRATTATI DA GUIDUCCI

    Nel libro di Pier Luigi Guiducci si pone attenzione tra l’altro:

    . alla drammatica udienza a Berchtesgaden (giugno 1943) di Hitler al nunzio Cesare Orsenigo che chiedeva a nome di Pio XII un mutamento nella politica antiebraica;

    . al cinismo del barone Ernst Heinrich von Weizsäcker, ambasciatore della Germania nazista in Vaticano;

    . all’ordine di fermare la razzia giunto a metà giornata del 16 ottobre 1943. E’ presumibile che il generale Reinhard Stahel, comandante militare di Roma, supplicato da Pio XII attraverso padre Pancrazio Pfeiffer, abbia convinto Heinrich Himmler a bloccarla, fingendo che esistesse la possibilità di un’insurrezione generale. Himmler dopo qualche giorno si accorse di essere stato beffato e a fine mese Stahel pagò con la destituzione e l’invio sul fronte orientale;  

    . alla triste pagina di delatori e collaborazionisti italiani (con un elenco nominativo);

    . al rilascio di circa 250 dei 1265 arrestati, rinchiusi nel Collegio militare (pure con un elenco, anche se incompleto);

    . all’accoglienza dei perseguitati in sedi religiose (l’A. cita alcuni istituti e conventi e chiarisce anche la questione del pagamento di denaro per l’ospitalità);

    . anche alla vicenda del treno con 28 vagoni merci pronto alla stazione Tiburtina (da ricordare qui le azioni eroiche messe in atto dal ferroviere Michele Bolgia, che da ottobre 1943 a marzo 1944 riuscì ad aprire in più occasioni vagoni piombati consentendo di fuggire ad diversi deportati). In un primo momento il treno era destinato al campo di concentramento di Mauthausen (Alta Baviera). Il treno si fermò per motivi misteriosi per tre giorni a Padova (lì vi furono cittadini che offrirono cibo e acqua ai deportati) e poi ripartì non più verso il Brennero, ma verso Tarvisio dunque verso il campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau. Pare probabile che la sosta sia stata originata dai contrasti tra i capi nazisti (alla fine si impose la volontà del tenente colonnello Herbert Kappler, comandante della Gestapo a Roma).

     

    IL CASO DEI PRESIDENTI UGO FOA’ E DIEGO ALMANSI

    Tra gli altri aspetti legati al 16 ottobre 1943 che Guiducci considera ce n’è ancora uno particolarmente delicato e doloroso: riguarda il comportamento tenuto prima della razzia dall’avvocato Ugo Foà e dal prefetto Dante Almansi, rispettivamente presidente della Comunità ebraica di Roma e presidente dell’Unione delle Comunità ebraiche italiana (Ucei). Il primo nel 1932 “ricevette la tessera fascista” e nel 1934 fu scelto come “sostituto procuratore generale del Re presso la Corte d’Appello di Roma”. Il secondo era stato negli Anni Venti responsabile dell’Ufficio Affari riservati della Direzione generale di Pubblica Sicurezza, poi negli Anni Trenta magistrato presso la Corte dei Conti (messo a riposo il 30 gennaio 1939 dopo la promulgazione delle leggi razziali, fu tra i fondatori della DELASEM, Delegazione per l’assistenza degli emigranti ebrei).

    Foà e Almansi - nota Guiducci – “si rifiutarono di seguire gli avvertimenti e i consigli pratici del Rabbino Capo Israel Anton Zoller (e di altri membri della Comunità). E non tennero conto di fatti che avvertivano del pericolo imminente”.

    In effetti già dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, il rabbino Zoller (che il 13 febbraio 1945 ricevette il battesimo cattolico e prese il nome di Eugenio Pio in segno di riconoscenza per quanto papa Pacelli aveva fatto per l’ebraismo) aveva chiesto tra l’altro di bloccare le funzioni religiose e di distruggere gli elenchi degli iscritti alla Comunità e dei contribuenti. E a tutti gli ebrei di nascondersi.

    Foà e Almansi considerarono allarmistiche le richieste di Zoller - condivise come detto da altri membri della Comunità (Guiducci cita Ruggero Di Segni, Mosè Di Segni, Alina Cavalieri, Giacomo Di Segni, Luigi Tagliacozzo, Elena Di Porto) - non le concretizzarono e anzi invitarono tutti a restare a casa (non pochi però si nascosero in città o fuggirono fuori Roma). Riguardo ai motivi di tale tragica ostinazione, Guiducci osserva che i due presidenti furono accusati poi “di aver fatto un orgoglioso affidamento sul proprio ruolo pubblico (senza considerare le leggi razziali del 1938) e sulle ‘conoscenze personali’ ad alto livello”. Si può anche pensare che non si fossero resi conto sia del doppiogiochismo di alcuni funzionari fascisti di riferimento che di un fatto nuovo: l’occupazione tedesca della città, che per gli ebrei avrebbe di certo comportato un drammatico peggioramento esistenziale.

    Nel libro di Guiducci (EDUCatt, Milano 2023) c’è molto altro di interessante. Non resta che procurarselo. Non ci sarà di che pentirsi.

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