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    CORRIDOI UMANITARI: BUONA PRATICA (CON PREMESSA UNGHERESE)

    CORRIDOI UMANITARI: BUONA PRATICA (CON PREMESSA UNGHERESE) – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 17 giugno 2021

     

    Quella dei corridoi umanitari è una pratica immigratoria da replicare e incrementare: questo il succo dell’incontro che si è tenuto mercoledì 16 giugno all’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede con Marco Impagliazzo, il cardinal Bassetti, il ministro Lamorgese, Paolo Naso. Nella premessa la gioia maligna dell’Avvenire a proposito della sconfitta dell’ Ungheria contro il Portogallo. E anche qualcosa sulla figura barbina della Svizzera contro l’Italia…

     

    PREMESSA SU AVVENIRE E NAZIONALE DI UNGHERIA… CON UNA CODA SULLA NAZIONALE SVIZZERA, SEMPRE DI CALCIO

     

    Per gli europei di calcio martedì 15 giugno 2021 a Budapest – con stadio al completo – il Portogallo ha battuto l’Ungheria per 3-0. Una vittoria non certo inaspettata, ma molto più faticosa di quanto non indichi il risultato, maturato solo nel finale (dall’84’, con un tiro deviato, un rigore e un bel gol su azione). Come è noto, quando si parla di Ungheria l’Avvenire si eccita. E l’eccitazione dilaga inarrestabile in ogni settore del quotidiano catto-fluido. Anche nella pagina sportiva. Infatti ecco un box, un fototesto ben visibile, in neretto, a pagina 24. Titolo su due righe: “Portogallo più forte dei 60mila ungheresi. Rigore causato da Orban, Cristiano da record”. Già il titolo la dice lunga sull’eccitazione avveniristica: Orban (Willy) affossa Orban (Viktor). Nel testo si legge con malcelata soddisfazione: “Ironia della sorte, anzi del calcio, a ‘tradire’ la nazionale magiara è stato un Orban”. E: “A causare il fallo che ha portato alla massima punizione in favore dei lusitani è stato l’omonimo del dittatoriale presidente dell’Ungheria, Orban. In questo caso trattasi di Willi Orban, calciatore tedesco naturalizzato ungherese”. Che godimento nelle stanze avveniristiche! Sarebbe potuto essere addirittura maggiore, protraendosi per l’intera notte, se ai solerti galoppini sportivi non fosse sfuggito che all’origine del primo gol lusitano c’è stata una deviazione sfortunata ancora del povero Orban (Willi). In ogni caso il “dittatoriale” Orban (che, solerti galoppini, è primo ministro e non presidente dell’Ungheria, carica ricoperta da Janos Ader) è stato sistemato. Ed è quello che conta di più per Avvenire. Il quale le ‘dittature’ le vede solo in Ungheria e in Polonia… le altre – vere - molto meno (compreso quella, de facto sprezzante e liberticida, della nota lobby lgbt, anche italiana)

    Alla fine della partita, nonostante la sconfitta, la nazionale magiara è corsa verso gli spalti per intonare con gli spettatori l’inno nazionale (“Benedici, Iddio, l’ungherese”). Un momento di grande intensità identitaria e dunque emotiva, che naturalmente non è stato minimamente notato dagli avveniristi impegnati a brindare al Portogallo considerato più o meno come un vendicatore dei maltrattamenti subiti dal povero George Soros dalle parti di Budapest.

    A proposito di inno nazionale. Il ‘derby’ calcistico Italia-Svizzera di ieri sera (mercoledì 16 giugno 2021) a Roma si è aperto con una figuraccia elvetica al momento dell’esecuzione degli inni nazionali. Se gli azzurri hanno cantato “Fratelli d’Italia” con una convinzione, una passione e un vigore esemplari, tra i rossocrociati due o tre (gli autoctoni) hanno cantato il Salmo svizzero, un paio l’hanno biascicato, gli altri sono restati muti (forse erano concentrati sull’ossigenazione dei loro capelli). Un vero scempio cui è corrisposta una prova elvetica miserevole sul campo: senza nerbo, senza orgoglio, da damerini mercenari. E sì che la squadra ha già dimostrato di appassionarsi per il noto e penoso movimento politicamente corretto Black lives matter , inginocchiandosi a Baku prima della partita con il Galles;  del resto di avere un’anima l’hanno attestato pubblicamente le cosiddette star Granit Xhaka e Xherdan Shaqiri (kosovari di etnia albanese), quando il 22 giugno 2018 ai mondiali di Kazan – dopo la vittoria in rimonta contro la Serbia – hanno mimato con palese ed enorme gioia l’aquila bicefala albanese all’indirizzo dei tifosi avversari (insieme con lo  sprovveduto Stephan Lichtsteiner). Ma metà squadra l’inno della nazione di cui indossa la maglia… proprio no, che noia, che fatica…non lo vuole cantare. E’ una questione di testa e di cuore, non di incapacità. A questo punto, allora, dai, risparmiamo ai dandy neghittosi la possibilità di cantarlo…

     

    A PALAZZO BORROMEO SI E’ PARLATO DI ‘CORRIDOI UMANITARI’ CON LAMORGESE; IMPAGLIAZZO, NASO, BASSETTI

     

    Non è certo nuovo in questo blog il tema dei ‘corridoi umanitari’ come strumento (pur numericamente modesto) di governo dell’immigrazione. Se n’è trattato più volte, ad esempio nell’intervista a Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio, pubblicata il 27 febbraio del 2019, a tre anni dai primi arrivi di profughi siriani dei ‘corridoi’ in Italia ( vedi https://www.rossoporpora.org/rubriche/interviste-a-personalita/848-marco-impagliazzo-immigrazione-abu-dhabi-dialogo-anziani.html ).

    Ieri, mercoledì 16 giugno 2021, l’argomento è stato al centro di un interessante incontro, posto sotto il titolo “Governare le migrazioni. La buona pratica dei corridoi umanitari”, presso l’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede. L’hanno animato, oltre naturalmente alla Comunità di Sant’Egidio con Marco Impagliazzo, il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese, il coordinatore di Mediterranean Hope Paolo Naso (Federazione Chiese evangeliche in Italia) e – in conclusione – il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei.

    L’incontro – cui erano presenti tra gli altri il Luogotenente di Gran Maestro (carica vacante) del Sovrano Militare Ordine di Malta fra’ Marco Luzzago, l’arcivescovo Vincenzo Paglia e diversi ambasciatori - è servito soprattutto per ribadire che lo strumento dei ‘corridoi umanitari’ è una pratica da incrementare, da replicare auspicabilmente a livello europeo promovendolo al rango di vera e propria politica integrata dell’immigrazione. Durante la serata il ministro Lamorgese ha anche annunciato la firma – per la prima volta - di un protocollo con l’Unhcr riguardante la Libia perché 500 profughi (300 a carico dell’Italia, 200 di Sant’Egidio e delle Chiese evangeliche) possano raggiungere legalmente la Penisola.

    Qualche spunto tratto dall’incontro.  

    Nel breve saluto il padrone di casa, l’ambasciatore Pietro Sebastiani - ricordato come Palazzo Borromeo abbia ospitato più volte convegni sull’argomento ‘Immigrazione’- ha richiamato le dimensioni del fenomeno, anche in chiave futura: “ Siamo (…) consci che il fenomeno migratorio coinvolge oggi tra 70 e 75 milioni di persone ogni anno, numeri destinati a salire viste le proiezioni demografiche ad esempio per l’Africa che in poco più di vent’anni avrà circa un miliardo di abitanti in più”. E, a pochi giorni dal vertice europeo in materia, il diplomatico ha evidenziato la necessità  di “un urgente cambio di passo nelle strategie dell’Unione, perché non si può attendere oltre il superamento di una situazione di stallo nei negoziati del Patto su Migrazione ed asilo”.

    Il ministro Lamorgese ha annotato che “riguardo al dossier migrazioni-asilo l’Europa non è ancora pienamente allineata alle nostre ragioni”, quelle di un Paese di primo approdo, così come anche Malta, Cipro, Grecia, Spagna. Stati ai quali l’Unione europea “non può consegnare la gestione dell’immigrazione”. Occorre un coinvolgimento dell’intera Unione: “L’anno scorso sono arrivate in Italia 34mila persone di cui 29mila dalla Tunisia, Paese dichiarato sicuro, e quindi non aventi titolo alla protezione umanitaria. È difficile pensare che quando abbiamo numeri così grandi l’Europa si tiri fuori dai principi di solidarietà e responsabilità, che non possono viaggiare disgiunti. La linea che sto portando avanti in Europa è quella di fare dei partenariati robusti con i Paesi terzi”.

    Definiti i ‘corridoi’ come ‘buona pratica’ da incrementare, la Lamorgese ha insistito anche su un punto assai sensibile e trascurato: “Diritti e doveri viaggiano di pari passo: spesso, invece, in materia di immigrazione si parla solo di diritti e non di doveri”. A tale proposito ha rievocato un incontro con alcune decine di ragazzi di seconda generazione che “si sentivano quasi offesi quando parlavo di ‘integrazione’… preferivano ‘interazione’, ritenendo che “i loro diritti non vengano pienamente rispettati, il che non corrisponde però a verità”.

    Altro aspetto evidenziato dal ministro dell’Interno quello dell’importanza “di informare in modo corretto”: per fare questo, ha detto, “è necessario superare i pregiudizi e comprendere il fenomeno delle migrazioni”, veicolando “messaggi più corretti, che corrispondono all’effettiva realtà”. Par di capire che per Luciana Lamorgese una parte dell’informazione italiana in materia sia una spina molto fastidiosa.

    Marco Impagliazzo ha dapprima rievocato la genesi dello strumento dei ‘corridoi umanitari’, nati più di cinque anni fa “come risposta alle tragedie nel Mediterraneo”, a ciò che il cardinale Parolin la sera di martedì 14 giugno - nella veglia a Santa Maria in Trastevere per commemorare gli oltre 43mila profughi e migranti morti in mare dal 1990 a oggi - ha definito “tragedia che potrebbe ancora più tristemente degenerare in un vero e proprio naufragio di civiltà”, tanto che il “mare nostrum” potrebbe diventare “mare mortuum”.

    Sono circa 3700 i profughi che hanno usufruito fin qui dei ‘corridoi umanitari’, di cui oltre 3000 in Italia (altri in Belgio e in Francia): “Sono questi ormai numeri significativi per un modello di integrazione” che ha riscontrato un oggettivo successo (vedi anche le 29 storie raccontate da Mario Marazziti in “Porte aperte”, edizioni Piemme, ottobre 2019 e vedi anche il fatto che oggi l’offerta supera la domanda). I ‘corridoi’ sono ‘sicuri’, anche perché si fondano su “un’accoglienza diffusa a livello locale”, in sedici Regioni italiane, e sono frutto della “collaborazione tra sfera pubblica e privata”. Nei ‘corridoi’ si sente l’afflato ecumenico; e con gli anni hanno coinvolto altre regioni del mondo, come il Corno d’Africa, simbolo delle grandi migrazioni continentali lungo la direttrice sud-nord.

    Sempre più inoltre si sente la necessità di permettere “sponsorship private”, nominative, da parte di singoli soggetti che possiedono garanzie economiche adeguate; e di ripristinare flussi regolari per un ingresso mirato in settori del mondo lavoro che soffrono di carenza di manodopera. Impagliazzo ha anche rilevato l’importanza della spinta di papa Bergoglio, che tra l’altro nel 2016 portò con sé dal campo profughi di Lesbo 12 siriani, ora aumentati fino a 33, tutti presi a carico della Comunità di Sant’Egidio.

    Per Paolo Naso, coordinatore di Mediterranean Hope, la pandemia ha costretto a limitare anche i movimenti, salvo che quelli delle grandi migrazioni: per i loro protagonisti “il Covid-19 è stata solo un’altra piaga da aggiungere a quelle già esistenti nel proprio corpo”. Naso ha detto di non riuscire a comprendere come mai i ‘corridoi’ (“che godono oggi di un consenso trasversale”) non siano ancora stati accolti dall’Unione europea come un valido strumento di una vera e propria politica migratoria. Non sarà che la politica europea “ha smarrito la sua dimensione etica, ha smarrito l’anima?”. Davanti al fenomeno migratorio e ai possibili modi di confrontarsi con esso, ha concluso il coordinatore evangelico, chi ha paura si pone la domanda sulla sicurezza; chi privilegia la tattica, sulla sua ‘compatibilità politica”; chi è vanitoso sulla ‘popolarità’; chi è coscienzioso invece si chiede: “E’ giusto o non è giusto ciò che accade e ciò che prospetto di fare?”. Come diceva Martin Luther King, “alcune cose non vanno fatte né perché vantaggiose né perché ci portano consenso, ma semplicemente perché sono giuste”.

    A concludere l’incontro il cardinale Gualtiero Bassetti, cui piace molto l’espressione ‘corridoio umanitario’, poiché evoca quello di casa: “Anche se sei affaticato, se hai avuto una giornata dura, quando arrivi nel corridoio di casa ti senti bene”. Evocando la domanda di Dio a Caino (“Dov’è tuo fratello? Io te lo avevo messo accanto”), il presidente della Cei ha evidenziato che noi tutti “siamo fratelli indipendentemente dal fatto di essere di una o di un’altra religione. Tutti partecipiamo della stessa natura umana”. Perciò “accogliamo il fratello” e i ‘corridoi’ ne sono una testimonianza profetica, “espressione di accoglienza, solidarietà, fraternità, integrazione, legate alla legalità e all’accompagnamento”. Accoglienza contrasta con indifferenza: dove vince quest’ultima  - ha osservato il cardinale - regna la logica della cultura dello scarto. Gualtiero Bassetti ha infine  richiamato il Convegno dei vescovi del Mediterraneo che verrà ripetuto nel 2022 a Firenze (invece che a Bari): parteciperanno i sessanta vescovi della regione, ma l’invito verrà esteso dal sindaco di Firenze ai suoi colleghi delle città corrispondenti.

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