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    INTERVISTA A JACQUES ATTALI SU SAN PATRIGNANO

    INTERVISTA ALL'ECONOMISTA JACQUES ATTALI SU SAN PATRIGNANO - 'IL CONSULENTE RE ONLINE' DI LUGLIO 2011

     

    San Patrignano? Luogo straordinario


    Jacques Attali è un nome ben conosciuto nel panorama internazionale. Nato nel 1943, figlio di un commerciante francese di religione ebraica, lascia con la famiglia l’Algeria nel 1956 trasferendosi a Parigi. Consigliere di Mitterrand a partire dal 1973 (’consigliere speciale’ dal 1981, quando Mitterrand diventa presidente della Repubblica), presidente dal 1991 al 1994 della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (in aiuto degli ex-Paesi comunisti), presidente della Commissione che portava il suo nome nel 2007-08 (istituita da Sarkozy per “la liberazione del futuro della crescita”), molto attivo nell’ambito dell’economia sociale e della micro finanza, scrittore prolifico (anche di libri per bambini), Attali è venuto a Roma il 22 giugno per partecipare alla presentazione di un film-documentario su San Patrignano, il cui regista è suo figlio Jérémie. Abbiamo colto l’occasione per porgli alcune domande sia sul contestato ‘Rapporto’ della cosiddetta Commmissione globale sulle politiche della droga presentato il 2 giugno a New York che su San Patrignano.

     

    Professor Attali, anche per Lei come ad Andrea Muccioli, la prima domanda è sul Rapporto presentato il 2 giugno a New York da una autodefinita Commissione globale sulle politiche della droga, di cui fanno parte tra l’altro Kofi Annan, Paul Volcker, George Shultz, Richard Branson, Javier Solana… Nel Rapporto si rileva il ‘fallimento del ‘proibizionismo’ degli ultimi decenni e si preconizza la legalizzazione degli stupefacenti, incominciando dalla cannabis: occorre, si dice, sottrarre la droga al mercato illegale…

     

    Penso che dire questo è altrettanto insensato che preconizzare la legalizzazione di stupri e omicidi, visto che non si riesce a farli scomparire. Non è perché è difficile interrompere una catena negativa che bisogna rinunciare a farlo. La soluzione della legalizzazione è una scelta semplicista, facile, che permette di ‘dimenticare’ il problema; ma non si può ignorare il problema della criminalità e nel contempo accrescere quello della degenerazione della vita di coloro che dipendono dalla droga. Io non ho esitazioni in materia: non posso accettare la legalizzazione.

     

    Nel Rapporto si scrive tra l’altro che non bisogna emarginare “quanti fanno uso di droghe senza procurare danno ad altri”. Monsieur Attali, la seconda parte della frase suscita sconcerto…

     

    L’affermazione è assurda. Chi si droga danneggia tutta la società, diventando un carico sociale oneroso. Non solo, ma non può collaborare al progresso della stessa. Ancora: non è un buon esempio e diventa un modello negativo per molti.

     

    La Francia è conosciuta per aver perseguito negli Anni Ottanta e Novanta una politica rigorosa in materia di tossicodipendenza e non aver ceduto alle sirene liberalizzatrici. Oggi?

     

    La Francia continua a non legalizzare, il n’est pas question de légaliser en France

     

    Ma non ci sono lobbies liberalizzatrici?

     

    Sì, ci sono anche in Francia. Ma la Francia resiste.

     

    Suo figlio ha girato un film su San Patrignano, “Vivo”, il cui trailer vedremo tra poco. Come ha conosciuto Lei San Patrignano?

     

    Qualche anno fa ho scritto un libro il cui titolo in italiano suona Breve storia del futuro, in cui prefiguravo ciò che sarebbe probabilmente successo nel prossimo mezzo secolo...

     

    Immaginiamo che Orwell è appena dietro l’angolo…

     

    Saranno anni duri, tanti gli ostacoli da superare, dovremo riuscire a resistere alle sfide della globalizzazione, che non potrà essere omologazione imposta dall’economia. Io insisto molto sulla valorizzazione della creatività individuale da mettere a beneficio di tutti. Questo libro è piaciuto a molti amici, che in San Patrignano hanno visto tradotta l’utopia descritta. Letizia Moratti mi ha portato a San Patrignano. Ho visto quel che si faceva lì e ho avuto un colpo di fulmine per quella comunità.

     

    In qual senso l’utopia del libro si concretizza a San Patrignano?

     

    San Patrignano dimostra ad esempio che la gratuità è possibile e sostenibile, che l’eccellenza del lavoro è raggiungibile, che esistono risposte positive all’attuale condizione umana: il lavoro ben fatto, la creatività…

     

    Lei è molto critico con questa nostra società occidentale…

     

    In effetti il modello di crescita della civiltà occidentale crea molte difficoltà all’uomo e rende la gente più sola e meno felice. C’è chi cerca la risposta a tale condizione nella droga. Invece la droga è il disastro dell’occidentalizzazione. San Patrignano dimostra che l’esperienza sulle colline di Rimini può avere un ruolo molto importante per l’evoluzione positiva del modello di vita occidentale. Presenta un modello eccezionale di recupero del tossicodipendente grazie alla riscoperta di un percorso educativo e di formazione professionale che valorizzano di nuovo (oppure per la prima volta) le qualità di chi era caduto nella schiavitù della droga. Per questo il film “Vivo”, che ripercorre cinque storie di ragazzi a San Patrignano, merita di essere visto da un pubblico il più possibile largo. So che si sta trattando per immetterlo nei circuiti cinematografici italiani. Il film mostra chiaramente che, in base all’esperienza concreta di San Patrignano, una soluzione senza legalizzazione e senza sostanze sostitutive è possibile.

     

    Si può dire che San Patrignano sia una speranza per tutti i tossicodipendenti?

     

    Certamente. San Patrignano è una speranza, una speranza che si è già concretizzata positivamente per migliaia di giovani. E che vale la conoscere molto di più nel mondo e di replicare dappertutto dove dilaga il flagello della droga.  

     

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