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    PARLA DON FILIPPO MORLACCHI: DA ROMA A GERUSALEMME

    PARLA DON FILIPPO MORLACCHI: DA ROMA A GERUSALEMME – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 12 settembre 2018

     

    Per la prima volta la diocesi di Roma avrà una ‘sua’ casa di formazione a Gerusalemme: il 20 settembre il direttore designato, don Filippo Morlacchi (un nome ben conosciuto anche nel nostro sito) raggiungerà la Città Santa. Ce ne parla nell’ampia intervista che segue, in cui si tratta anche dei rapporti con il mondo ebraico (riconfermando tra l’altro le considerazioni fatte il 16 ottobre del 2017). A sorpresa (piacevole) don Morlacchi ‘aiuterà’ anche come organista nella Basilica del Santo Sepolcro... Il 20 settembre alle 17.00 inizio della terza stagione dei confronti Accattoli-Rusconi su papa Francesco (Biblioteca comunale Valle Aurelia, viale di Valle Aurelia 129)

    I suoi fedeli-tifosi della messa domenicale delle diciannove a Sant’Ippolito martire (e l’intera comunità) gli hanno regalato un’icona della Vergine in trono con Bambino e una busta contenente i soldi necessari per una… bicicletta elettrica. Naturalmente al fine di “affrontare le salite e il cammino di Gerusalemme”…eh sì, perché don Filippo Morlacchi (da quindici anni collaboratore della parrocchia di piazza Bologna) giovedì 20 settembre partirà per la Città Santa. Non per qualche giorno, ma (almeno) per qualche anno, come sacerdote fidei donum della diocesi di Roma presso il Patriarcato latino e direttore della casa di formazione Mater Misericordiae, una ‘prima’ per la diocesi del Papa.

    Di don Morlacchi si trovano ampie tracce in www.rossoporpora.org (ad esempio in https://www.rossoporpora.org/rubriche/italia/731-roma-16-ottobre-43-dovevamo-esserci-e-non-ci-siamo-stati.html oppure in https://www.rossoporpora.org/rubriche/italia/695-scuola-vallini-e-de-angelis-su-un-importante-accordo-chiesa-stato.html oppure in https://www.rossoporpora.org/rubriche/italia/443-diocesi-di-roma-genitori-reagite-all-imposizione-dell-ideologia-gender.html). Perché il sacerdote oggi cinquantunenne è stato (molto) attivo per 14 anni (dal 2004) presso l’Ufficio della Pastorale scolastica e Insegnanti di Religione (come direttore dal 2009), oltre ad essere l’Incaricato dell’Ufficio Scuola cattolica del Vicariato e anche a livello regionale. Non solo: in questo stesso sito abbiamo anche evidenziato alcune sue pubbliche considerazioni che hanno suscitata una larga eco, espresse nell’autunno scorso in occasione della memoria della razzia del 16 ottobre 1943 e della successiva deportazione degli ebrei romani.

    Di questo e altro ancora si tratta nell’ampia intervista che don Morlacchi ci ha rilasciato a pochi giorni dalla partenza per Gerusalemme…

    Caro don Filippo, partiamo ab ovo: perché una struttura della diocesi di Roma  a Gerusalemme… una novità!

    Il rapporto tra Roma e Gerusalemme non è secondario, è fondato storicamente e più ancora teologicamente. Però fin qui la diocesi di Roma non aveva una sua casa a Gerusalemme, come accade invece per altre diocesi. Credo che tale assenza fosse dovuta in buona parte al fatto che la Santa Sede ha ritenuto comprensibilmente di assumere la gestione sostanziale dei rapporti con una terra così ‘delicata’ dal punto di vista diplomatico e politico che ha Gerusalemme come suo centro.

    Quando e come è nata l’idea di una casa ‘dei romani’ a Gerusalemme?

    L’idea mi è nata una decina di anni fa o forse più. Tante volte, andando a Gerusalemme da solo o con un amico come don Enrico Feroci, si era prospettata l’opportunità di una struttura della nostra diocesi che fungesse un po’ da ‘casa’ dei romani. Col passare degli anni avevamo identificato diverse realtà che sarebbero potute tornar utili alla concretizzazione dell’idea, ma esse richiedevano un investimento economico e in risorse umane per noi insostenibile. Ho ritrovato recentemente una lettera del 2010 di padre Pierbattista Pizzaballa, in cui l’allora Custode di Terrasanta considerava l’idea di una casa della diocesi di Roma a Gerusalemme molto bella e da perseguire, ma a quel momento senza possibilità reali di concretizzarsi.

    … fino a quando non è spuntata la possibilità della Mater Misericordiae sul Monte degli Ulivi…

    Nell’estate dell’anno scorso sono venuto a sapere di questa casa gestita dall’Associazione internazionale religiosa e laica dei Silenziosi Operai della Croce, fondata dall’odierno beato monsignor Luigi Novarese nel 1950. Ne ho parlato con don Enrico, mi sono recato a Gerusalemme a parlare con le suore e, ai primi di settembre, ho presentato il progetto al nuovo Cardinale Vicario Angelo De Donatis, cui la notizia era già giunta dal superiore generale della citata Associazione. Era una possibilità che non comportava un grande investimento. Sempre nel settembre del 2017 il Cardinale Vicario mi ha chiesto la disponibilità a partire per Gerusalemme; pur non immaginando al momento della presentazione del progetto di trasferirmi stabilmente nella Città Santa, ma solo di dare un contributo da Roma, ho riflettuto un po’ (intanto, con la morte di mia mamma non avevo più quei vincoli di famiglia che  mi trattenevano imperativamente) e a novembre ho accettato.

     

    LA PASSIONE PER LE SCRITTURE

    Nelle tue omelie della domenica sera a Sant’Ippolito si ritrovavano spesso (o forse sempre) richiami biblici: un dovere o anche una passione?

    Per me il riferimento alla Scrittura è molto più una passione che un dovere. Tanti anni fa, quand’ero giovane sacerdote collaboratore a San Cirillo e Metodio, una coppia – al termine di una celebrazione eucaristica domenicale - ci tenne a ringraziarmi perché nelle omelie parlavo sempre delle Scritture. Io allora rimasi quasi interdetto, perché di che cosa si deve parlare in un’omelia? Era già evidente per me che l’omelia dovesse fondarsi sul commento delle Scritture per illuminare il presente. Per me la Scrittura è un faro, una guida… non vedo come si possa stimolare la vita cristiana se non a partire dalla Rivelazione. In fondo uno dei frutti maggiori del Vaticano II è stato quello di rimettere proprio la Parola di Dio al centro della vita cristiana.

    Del resto hai da sempre coltivato i rapporti con la Terrasanta…

    Sono stato spesso in Terrasanta, con grande passione per la terra, la geografia, i tanti luoghi della vita di Gesù, accompagnando talvolta dei gruppi in circostanze diverse. I miei legami con la Terrasanta sono solidi e del resto conoscere i luoghi dove Gesù è vissuto cambia il modo di rapportarsi con Lui e dunque anche di pregare.

    Quanto conosci le realtà cattoliche là esistenti?

    Certamente ne conosco molte. Diverse mi hanno contattato, so che c’è attesa per il mio arrivo. E’ un segnale positivo in controtendenza, in tempi in cui diversi cristiani scelgono di abbandonare la Terrasanta. Sapere che c’è un sacerdote che da Roma va ad abitare a Gerusalemme riempie di speranza i cristiani, per l’attenzione e il conforto verso di loro che tale trasferimento porta con sé. Sicuramente coltiveremo con grande impegno i rapporti di comunione con tutte le realtà e in ogni caso chiederemo la loro collaborazione nell’ambito dei corsi di formazione.

     

    GERUSALEMME, CAPITALE MORALE DI ISRAELE

    Come consideri Gerusalemme, città come sai al centro di annose e aspre controversie internazionali?

    Gerusalemme è la Città santa, tutti sono nati là come dice il salmo. Gerusalemme è certamente un crocevia, l’ombelico del mondo, dove i credenti si abbeverano alle fonti della fede. Che sia la capitale morale dello Stato di Israele è un dato di realtà. Certo si può discutere sull’opportunità o meno di dichiarare questo in sede ufficiale, diplomatica, ma la realtà resta. Per me poter andare a vivere a Gerusalemme è un privilegio. Un privilegio e un dono.

    L’altra sera siamo stati al Museo di Roma in Trastevere (piazza Sant’Egidio) per l’inaugurazione di una mostra molto particolare (aperta fino al 4 novembre), a 70 anni dalla fondazione dello Stato di Israele: l’esposizione di una settantina di foto di David Rubinger, che è stato anche per decenni il fotografo ufficiale della Knesset. Foto che scavano profondamente nell’animo della Nazione, cogliendo anche momenti privati di alcuni dei suoi leader (da Ben Gurion a Golda Meir fino ai più recenti… intensissima anche la foto di Giovanni Paolo II al Muro del Pianto nel 2000). Che rapporti hai avuto con il mondo ebraico romano?

    Con quel mondo ho avuto numerosi e proficui rapporti, a partire dall’amicizia nella mia infanzia con coetanei ebrei. E poi sempre di più. Negli anni della mia formazione teologica ho posto un’attenzione particolare alla teologia del dialogo ebraico-cristiano. Così è stato anche nel periodo della direzione dell’Ufficio Scuola Cattolica del Vicariato: infatti l’insegnamento della religione cattolica è lo strumento attraverso cui molti italiani vengono in contatto con l’ebraismo vivente e la sua fede. Una delle mie cure l’ho dedicata a come l’ebraismo e la vita ebraica di oggi fossero presentati nelle ore di religione. Ciò mi ha portato a contattare molti rabbini e personalità del mondo ebraico proprio in uno spirito di collaborazione fraterna. Spero anche a Gerusalemme di poter avere rapporti di grande amicizia con la comunità degli ebrei italiani colà residenti. A proposito… devo assolutamente vedere la mostra…se ce la farò!

     

    RICONFERMO QUANTO HO DETTO IN PIAZZA SAN PIETRO IL 16 OTTOBRE DEl 2017

    Il 16 ottobre del 2017, nell’ambito delle manifestazioni promosse da ‘Ricordiamo insieme’ per commemorare la razzia e la deportazione degli ebrei romani nel 1943, hai letto inizialmente a piazza san Pietro un breve testo in cui rilevavi ( da cattolico) che in quei giorni di settantacinque anni fa “potevamo esserci, dovevamo esserci e non ci siamo stati, quantomeno non ci siamo stati abbastanza”. L’eco delle tue parole non è stata minima…. Le riconfermi oggi?

    Sì, riconfermo queste parole, spiegando la logica che me le ha suggerite per il breve testo di introduzione al momento celebrativo a piazza san Pietro del 16 ottobre dell’anno scorso. Ho cercato di mettermi nei panni, nei sentimenti, nel vissuto di quegli ebrei che, a pochi passi dalla Piazza, dentro il Collegio militare, attendevano il proprio destino. Ammassati per essere deportati. La speranza che qualcuno intervenisse era corale e la percezione invece fu che nessuno era intervenuto. Al di là delle motivazioni politiche e diplomatiche che hanno spinto la Santa Sede ad agire come di fatto ha agito (chiarire questo è compito degli storici), sicuramente il vissuto di abbandono di quelle persone meritava a mio giudizio una vicinanza, una solidarietà, l’espressione di una prossimità maggiori di quello che è stato. Quelle persone si sono sentite abbandonate e non hanno potuto usufruire di un intervento di salvezza come talvolta si invoca nei salmi. Questo era il senso del mio intervento.

    Per chiudere la parte storico-politica, che cos’è per te lo Stato di Israele?

    Lo Stato di Israele è riconosciuto dai trattati internazionali e ha tutto il diritto di esistere, anzi dev’essere tutelato e custodito nei suoi confini. Il problema è esattamente quello della definizione di questi confini, che sono costantemente contesi. Io sono convinto che gli ebrei abbiano pienamente diritto di vivere in Israele sentendola terra loro; certo sarebbe bello se anche altre fedi e altri popoli potessero convivervi serenamente. E’ vero purtroppo che il futuro si presenta difficile, poiché il passato grava in modo significativo sul presente, ma occorre continuare a perseguire con forza e con fede quella che oggi sembra ancora un’utopia, l’utopia della pace in Terrasanta. 

     

    UNA CASA PER LA FORMAZIONE

    Passiamo alla Casa Mater Misericordiae’ : come si configura il tuo incarico e qual è l’obiettivo principale perseguito dalla diocesi di Roma a tale proposito?

    Io andrò lì come sacerdote fidei donum della diocesi di Roma presso il Patriarcato latino, di cui è amministratore apostolico padre Pierbattista Pizzaballa (già Custode di Terrasanta dal 2004 al 2016). Ciò è importante, poiché testimonia della volontà della diocesi di rafforzare i legami con il Patriarcato. Le finalità originarie della Casa, indicate dallo statuto e condivise dallo stesso Patriarcato e dai Silenziosi Operai della Croce, erano l’accoglienza di sacerdoti malati o anziani del Patriarcato. Successivamente la Casa ha accolto anche sacerdoti-studenti più o meno giovani. Attualmente ancora accoglie sacerdoti e gruppi di pellegrini. Il progetto è di intensificare in questa Casa le attività di formazione per la diocesi di Roma e quindi coltivare un rapporto sistematico con i seminari romani, con settimane o periodi di studio per la formazione permanente del clero o dei diaconi, per gli insegnanti di religione o per gli operatori della Caritas, per religiosi e sacerdoti di Terrasanta che possano passare qualche giorno in un ambiente tranquillo e raccolto. Sostanzialmente una Casa non tanto per turisti o pellegrini occasionali quanto per la formazione di persone che svolgono un ministero per la diocesi, anche di discernimento vocazionale.  Le quattro suore presenti restano per la gestione della Casa, che ha complessivamente 45 posti-letto in una trentina di camere. Il numero ottimale di ospiti è sui 30-35.  

    Dove è situata esattamente la Mater Misericordiae e quanto dista dal Santo Sepolcro?  

    E’ sul versante orientale del Monte degli Ulivi, a 45 minuti a piedi dal Santo Sepolcro. La via più breve per raggiungerla passa dalla salita al Monte degli Ulivi, proseguendo verso Betfage e poi ridiscendendo verso Betania. Siamo ancora a Gerusalemme, anche se non vicinissimi alla Città Vecchia.

     

    LA SCUOLA CATTOLICA E I FEDELI DI SANT’IPPOLITO MARTIRE A PIAZZA BOLOGNA

    Per tanti anni ti sei occupato (negli ultimi nove al massimo livello) dei docenti di religione e della scuola cattolica romana… che cosa ti ha insegnato l’esperienza fatta?  

    E’ molto positivo il servizio che gli insegnanti di religione insieme con i colleghi di altre materie svolgono a beneficio delle nuove generazioni. La scuola è il luogo dove si prepara il futuro, e lo dico anche pensando a ciò che accade in Terrasanta, in Israele. Il futuro di pace si costruisce attraverso l’educazione delle nuove generazioni… il futuro si fa nella scuola. Al di là delle imperfezioni, gli insegnanti svolgono questo servizio prezioso, direi quasi miracoloso, per educare le nuove generazioni. Sono felice di quello che abbiamo fatto insieme in questi anni e sono sicuro che si proseguirà in modo altrettanto positivo.

    E che vuoi dire alla tua ‘curva’ dei fedeli-tifosi della Messa domenicale delle sette di sera a Sant’Ippolito?

    La celebrazione eucaristica è sempre stata la spina dorsale della mia spiritualità, per cui certamente mi dispiace lasciare persone con le quali per tanti anni ho condiviso la mensa eucaristica: le porterò nel cuore, confido nella loro preghiera e resteremo in comunione spirituale anche a Gerusalemme.

     

    SARO’ ANCHE TRA GLI ORGANISTI DELLA BASILICA DEL SANTO SEPOLCRO

    E’ vero che porterai a Gerusalemme anche la sua passione per la musica, come testimonia la collaborazione per diversi anni– certificata anche in alcuni cd - con il maestro Marco Frisina e il suo coro diocesano, da organista?

    Non avrei mai pensato a tale piacevole scherzo della Provvidenza: darò il mio contributo come organista anche nella Basilica del Santo Sepolcro. Lì c’è bisogno di organisti, perché l’impegno è costante e giornalmente prevede due presenze, alla messa mattutina del capitolo e alla processione del pomeriggio. Di organisti ce ne sono, ma non riescono a ‘coprire’ tutto il servizio richiesto. Farò volentieri questo servizio, che è fondamentale nella liturgia latina di cui è anche segno di identità. Dice il proverbio: impara l’arte e mettila da parte. E a me è proprio capitato così!

    Per congedarsi in bellezza don Filippo ha voluto regalarci un saggio delle sue capacità pianistica, offrendoci una ‘Fantasia’ di Mozart, l’ Ave Maria di Fatima e “Tu dirigi ogni mio passo/ Sei mia roccia e mio baluardo….”

     

    RITORNANO I CONFRONTI ACCATTOLI-RUSCONI SU PAPA FRANCESCO: GIOVEDI' 20 SETTEMBRE 2018, ORE 17.00, A ROMA, PRESSO LA BIBLIOTECA VALLE AURELIA

    Siamo ormai giunti alla terza stagione dei confronti tra Luigi Accattoli e Giuseppe Rusconi su forme e contenuti del Pontificato di papa Francesco. Il primo appuntamento della nuova serie sarà giovedì 20 settembre 2018 presso la Biblioteca comunale 'Valle Aurelia' in viale di Valle Aurelia 129 (tra le stazioni della metropolitana di Valle Aurelia e Baldo degli Ubaldi), con inizio alle ore 17.00. Non è chi non veda come la carne al fuoco sia molto sostanziosa... Modererà Ciro Fusco. L'ingresso è libero.

     

     

     

     

     

     

     

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