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    DICHIARAZIONE FRANCESCO-KIRILL: PRECISAZIONI CATTOLICHE E ORTODOSSE

     

    DICHIARAZIONE FRANCESCO-KIRILL: PRECISAZIONI CATTOLICHE E ORTODOSSE – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 24 settembre 2016

     

    Sabato 24 settembre si è tenuta a Roma l’assemblea plenaria dell’Accademia italo-russa ‘Sapientia et Scientia’ – Sulla‘Dichiarazione’ comune  di Francesco e Kirill del 12 febbraio a L’Avana sono intervenuti padre Destivelle (Vaticano), padre Dikarev (Patriarcato di Mosca), gli ambasciatori italiano e russo presso la Santa Sede, Mancini e Avdeev.

    Il bellissimo palazzo Santacroce a piazza Cairoli a Roma, progettato da Carlo Maderno a fine Cinquecento, ha ospitato sabato 24 settembre l’assemblea plenaria dell’ Accademia italo-russa ‘Sapientia et Scientia’, presieduta da Giuseppina Cardillo Azzaro. Di notevole interesse soprattutto uno dei temi dell’incontro, svoltosi nella magnificenza della sala barocca e riguardante la ‘Dichiarazione’ comune di papa Francesco e il patriarca Kirill del 12 febbraio scorso a L’Avana. Una lettura non scontata del testo è stata data in particolare da due religiosi che hanno contributo non poco alla sua stesura: padre Hyacinthe Destivelle (Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani) e padre Aleksej Dikarev (Patriarcato di Mosca). Nel loro ampio e puntuale intervento sono stati preceduti, sempre sullo stesso argomento, da due diplomatici: Daniele Mancini, ambasciatore d’Italia presso la Santa Sede e Alexander Avdeev, parigrado della Federazione Russa sempre presso la Santa Sede.

    Alla giornata erano presenti anche il cardinale Raffaele Farina (bibliotecario e archivista emerito di Santa Romana Chiesa), che ha definito le relazioni di Destivelle e Dikarev “concrete e coraggiose” e numerosi accademici e ospiti come il rettore dell’Università ‘La Sapienza’ Eugenio Gaudio, quello della Lumsa Francesco Bonini e il Decano della Rota Romana mons. Serrano Ruiz.  Nel corso dei lavori, aperti dalla presidente Cardillo Azzaro e da una preghiera in latino del cardinal Farina, è stato  presentato un saggio di Gelian Mihajlovic Prokhorov (De Corpus Dionysiacum – Unità vivente dei due emisferi d’Europa, a cura di Giuseppina Cardillo Azzao e Pierluca Azzaro, Quaderni dell’Accademia Sapientia et Scientia), che determina in Dionigi l’Areopagita (discepolo ateniese di Paolo) la paternità dei testi sin qui attribuiti a uno Pseudo Dionigi.

     

    L'AMBASCIATORE DANIELE MANCINI: FRANCESCO HA TROVATO L'ORIENTE DIKIRILL NELL'ESTREMO OCCIDENTE DI CUBA

     

    Non pochi gli aspetti di rilievo contenuti nei quattro interventi introduttivi sulla ‘Dichiarazione’ del 12 febbraio. Lo si è riscontrato già nella relazione di Daniele Mancini. Per l’ambasciatore italiano la ‘Dichiarazione’ non è venuta a sorpresa, ma è “il frutto maturo del dialogo nel contesto geopolitico di Cuba, terra d’ateismo e di rivoluzioni”. Perché la scelta di Cuba? L’isola caraibica “è distante dal Vecchio Mondo” in cui per lungo tempo cattolici e ortodossi “si sono incontrati e scontrati”. Inoltre papa Francesco “guarda all’Europa con lo sguardo di Magellano”, dall’altro capo del mondo e “ha trovato l’oriente di Kirill (che da parte sua ha pure molto viaggiato) nell’estremo occidente di Cuba”. Insomma Cuba “è l’epitome (il compendio) di un’epoca di cambiamenti strutturali”. Meglio: “di un cambiamento d’epoca”, come ha detto Francesco. Sulla direzione del cambio è prematuro pronunciarsi. Il Papa argentino “è in continuità con i predecessori e nel contempo li supera”, così che “la Chiesa di Francesco sa confrontarsi con coraggio e determinazione con le sfide della modernità”. Francesco “parla, impegna, inizia un confronto politico”, portando “il suo mattone alla costruzione dell’edificio” della pace. La ‘Dichiarazione’ congiunta de L’Avana “probabilmente darà i suoi frutti nei prossimi anni e decenni”: Il Pontefice “conosce bene l’importanza straordinaria della Chiesa di Russia, sa che l’incontro con Kirill è l’incontro con l’intero mondo russo, parla alla Russia anche sullo sfondo di un rapporto complesso con la Cina, che incomincia a dare i suoi frutti”.

    Francesco e Kirill sono uniti dalla convinzione che “le Chiese sono portatrici di pace”; nella lotta al secolarismo e al materialismo; nell’idea che il mondo dia un futuro ai giovani sotto il segno della collaborazione intergenerazionale, proprio come i costruttori delle cattedrali medievali consegnavano il testimone ai loro figli.

     

    L'AMBASCIATORE ALEXANDER AVDEEV: All'ORIGINE DELLA DICHIARAZIONE COMUNE IL TEMA DEI CRISTIANI PERSEGUITATI

     

    L’ambasciatore russo Alexander Avdeev nel suo intervento ha evidenziato inizialmente la generale “rinascita dell’interesse per le radici religiose”, anche come reazione al pensiero contemporaneo dominante. E’ una rinascita tanto più importante dato che mira tra l’altro “al consolidamento delle fondamenta morali della politica mondiale”. La Russia – ha rilevato il diplomatico – “ha accolto molto positivamente la proposta di papa Francesco di rafforzare le basi morali della diplomazia mondiale”, convinta com’è che le Chiese cristiane possano dare un contributo importante perché questo accada.

    Per l’ambasciatore Avdeev la spinta decisiva all’incontro di Cuba è stata data dal “genocidio dei cristiani in Medio Oriente”. Dall’inizio dei conflitto in Siria i cristiani sono calati da 2 milioni a uno solo; in Iraq si è passati – dopo l’intervento americano contro Saddam – da 1,5 milioni di cristiani a 150mila. Secondo i dati delle organizzazioni internazionali ogni cinque minuti nel mondo viene ucciso un cristiano. Diventava allora ineludibile e urgente l’incontro il Patriarca e il Papa per “contrastare le forze del male”, “mettendo da parte le divergenze teologiche”. Del resto la collaborazione in materia tra Santa Sede e Federazione Russa si è concretizzata già nel marzo 2015 a Ginevra, nel corso della XXVIII sessione del Consiglio per i diritti umani dell’Onu: in quella sede 65 Paesi hanno sottoscritto una dichiarazione in favore dei diritti dei cristiani perseguitati, redatta dai rappresentanti libanese, vaticano e russo. Avdeev ha ancora evidenziato in particolare l’importanza nella ‘Dichiarazione’ attribuita al tema della difesa della famiglia – minacciata da correnti culturali negative - per uno sviluppo sano della società.

     

    PADRE HYACINTHE DESTIVELLE (VATICANO): L'UNICITA' DELLA DICHIARAZIONE

     

    Molto dettagliata la relazione di padre Hyacinthe Destivelle, che ha da subito sottolineato l’unicità della ‘Dichiarazione’: è stata la prima di un Papa e di Patriarca di Mosca, è molto lunga, è molto varia, è molto importante nei contenuti. Tuttavia la ‘Dichiarazione’ “non sempre ha ricevuto l’accoglienza desiderata”, poiché da una parte l’incontro stesso tra le due personalità ha avuto il massimo risalto, dall’altra la sua ricezione è stata non poco “alterata” dalla persistenza di situazioni di tensione in Ucraina e in Medio Oriente. “Non è stato neanche ben capito il genere del documento”. Alcuni gli hanno dato un significato teologico, altri sociologico e geopolitico.

    Qual è allora la lettura del testo da parte di padre Destivelle? Primo: c’è un testo comune, non un testo in cui ognuno ribadisce le sue posizioni. Secondo: il testo “esprime ciò che in un dato contesto e momento è possibile dire insieme”. Terzo: il documento “è pastorale”, non teologico né politico (come del resto ha detto il Papa).

    Per padre Destivelle la prima parte, molto trascurata nei commenti, è la più importante, tratta dell’unità ed è “molto innovativa”: si ringrazia pubblicamente (“grande novità dopo secoli in cui è stata data evidenza alle differenze”) per ciò che unisce cattolici e ortodossi; si esprime “il desiderio pubblico di ristabilire l’unità”; si esprime “la volontà di unire gli sforzi per testimoniare Cristo”.

    Quanto ai temi successivi, padre Destivelle ha notato l’importanza data al tema della persecuzione dei cristiani, “che ha la priorità nell’agenda delle due Chiese”; la sottolineatura della necessità della libertà religiosa, anche nell’Europa occidentale (dove “i cristiani sono emarginati”); l’ammonimento a che l’Europa “resti fedele alle sue radici cristiane”. Nel testo si evocano poi la questione dei migranti e dei rifugiati, quella dello spreco consumista e si chiama alla testimonianza comune sul tema della famiglia, fondata sul matrimonio tra uomo e donna, oltre che per la difesa della vita dal concepimento alla morte naturale. “Scelta molto opportuna” quella di dedicare due paragrafi ai giovani, invitati ad “andare controcorrente” senza paura.

     

    I PARAGRAFI PIU' COMMENTATI, NON SEMPRE BENE: QUELLI SU PROSELITISMO E UNIATISMO

     

    I paragrafi dal 24 al 29 (sulla “Missione”) “sono stati i più commentati”, dato che in essi si ritrovano i temi del “proselitismo” – non accettato e inteso come “’uso di mezzi sleali per incitare i credenti a passare da una Chiesa ad un’altra, negando la loro libertà religiosa o le loro tradizioni” – e dell’ “uniatismo” – inteso come “unione di una comunità all’altra, staccandola dalla sua Chiesa”. Nel contempo nella ‘Dichiarazione’ si ribadisce però che le comunità greco-cattoliche “hanno il diritto di esistere e di intraprendere tutto ciò che è necessario per soddisfare le esigenze spirituali dei loro fedeli, cercando nello stesso tempo di vivere in pace con i loro vicini”.

    Un paragrafo breve, di tre frasi “e non sempre ben capito”, è dedicato alla situazione ucraina: è costruito attentamente con l’uso di termini che non feriscano nessuno (“scontro, conflitto, tutte le parti del conflitto”).

     

    QUALCHE RISERVA DI PADRE DESTIVELLE

     

    La ‘Dichiarazione’ – ha concluso padre Destivelle, “non intendeva essere perfetta”. Personalmente il relatore rimpiange che non si sia evidenziata meglio l’unità già esistente e riguardante i sacramenti del Battesimo e dell’Eucarestia; e ritiene anche che dal documento traspaia “una visione un po’ troppo morale dell’ecumenismo”. “I cristiani – ha annotato - “sono uniti in primo luogo non dalla morale, ma da una Persona”.  Da quanto detto da Destivelle si può arguire che i paragrafi sulla famiglia e sulla vita siano stati voluti fortemente dal Patriarcato di Mosca, con piena ragione.

     

    PADRE ALEKSEJ DIKAREV (PATRIARCATO DI MOSCA): LA DIVISIONE NON PUO' ESISTERE IN ETERNO

     

    Quarto e ultimo ampio intervento sulla ‘Dichiarazione’ è stato quello di padre Aleksej Dikarev, del Dipartimento per le Relazioni esterne del Patriarcato di Mosca (retto dal metropolita Hilarion). Dikarev ha ribadito che quello de L’Avana è stato il primo incontro tra un Papa e un Patriarca di Mosca: infatti, nel 1439, quando Isidoro, metropolita di Kiev e della Rus’, si recò a Firenze per ricucire lo scisma del 1054 in cambio dell’aiuto militare a Costantinopoli minacciata dagli Ottomani, la Chiesa ortodossa russa era soggetta proprio al Patriarcato di Costantinopoli e non era a sé stante. Il relatore ha poi ricordato l’incontro programmato per il giugno 1997 a Vienna tra Giovanni Paolo II e Alessio II, sfumato una settimana prima su iniziativa di Mosca per alcuni persistenti motivi di dissenso.

    Anche stavolta l’incontro del 12 febbraio è stato oggetto di aspre critiche all’interno della Chiesa ortodossa russa da parte dei “conservatori più intransigenti”. Tuttavia nella ‘Dichiarazione’ “questioni dogmatiche importanti” non ne sono state toccate e l’incontro si è rivelato “un passo estremamente importante, che non si può ignorare”, dato che ha mostrato come “cattolici e ortodossi russi possano collaborare” nel nome di “un’unità fondamentale”. Che si basa in primo luogo sulla “comune tradizione del Primo Millennio, che include anche la venerazione per la Vergine Maria e i Santi”. La divisione, ha affermato Dikarev, è stata originata da “debolezze umane e dal peccato”; e contrasta con la volontà divina espressa da Gesù: “Non può dunque esistere in eterno”.

     

    MARTIRI: PIETRA ANGOLARE DI UNITA' TRA LE CHIESE

     

    I martiri cristiani dei primi secoli sono venerati sia dai cattolici che dagli ortodossi. In questi nostri anni tanti altri martiri cristiani sono la base di un dialogo rinnovato tra le Chiese, sono “pietre angolari dell’unità”. Se in Medio Oriente i cristiani vengono uccisi, in Europa occidentale “sono discriminati, emarginati dalla vita pubblica, come dimostrano purtroppo tanti esempi degli ultimi tempi”. Eppure i valori cristiani “sono costitutivi della cultura europea”, per cui bisogna difendere con la testimonianza le radici cristiane del Continente. Che è travagliato da una “grave crisi della famiglia, centro della vita della società umana”. Nelle rispettive dottrine le due Chiese qui sono unite nel considerare “inammissibili altre forme di convivenza oltre il matrimonio tra uomo e donna e il desiderio di maternità tramutato in diritto da realizzare a ogni costo”. L’Europa (Russia compresa) è caratterizzata da due tendenze molto nocive: il calo delle nascite, l’alta percentuale di aborti (la Russia ha introdotto l’aborto già subito dopo la Rivoluzione sovietica, nel 1921).

    Per quanto riguarda l’uniatismo padre Dikarev ha evidenziato il suo “ruolo nefando, che ha creato un abisso di sfiducia tra la Chìese”. La negatività dell’uniatismo per la prima volta è stata riconosciuta al massimo livello nella ‘Dichiarazione’ del 12 febbraio. In realtà non c’è nulla di nuovo rispetto al documento della commissione mista di Balamand (Libano, 1993) e in tal senso risultano “molto sorprendenti le reazioni della Chiesa greco-cattolica ucraina”.

    Padre Dikarev ha concluso su una nota di speranza, richiamando il documento approvato a Chieti a conclusione dei lavori della commissione mista teologica cattolico-ortodossa. Nel documento (accolto con il solo voto contrario della Chiesa ortodossa georgiana) si evidenzia in particolare il comune patrimonio ecclesiale e di fede tra cattolici e ortodossi nel Primo Millennio. E’ stato approvato il 21 settembre, che – ha rilevato il relatore – è nel calendario giuliano la festa della Natività di Maria: un buon augurio per ulteriori, concreti passi avanti nel dialogo tra le due Chiese.

     

     

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