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    SINODO: SASSOLINI NEGLI INGRANAGGI DELLA GIOIOSA MACCHINA

     

    SINODO: SASSOLINI NEGLI INGRANAGGI DELLA GIOIOSA MACCHINA - di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 14 ottobre 2014

     

    Dopo la ‘Relatio post-disceptationem’ si sono registrati 41 interventi, diversi dei quali molto critici  nei confronti di punti particolari del documento. In conferenza-stampa il relatore generale card. Peter Erdoe ammette l’emergere delle critiche, misconosce almeno in parte la paternità della ‘Relatio’ e chiede all’arcivescovo Bruno Forte di rispondere a una domanda sulle convivenze omosessuali, poiché il paragrafo l’aveva redatto lui.

     

    Può darsi che ieri abbiamo assistito e compartecipato a una conferenza-stampa vaticana immaginaria. Difatti di quello che è emerso di significativo del clima sinodale non abbiamo trovato fin qui che scarsa eco nei resoconti prodotti in lingua italiana per i maggiori quotidiani e agenzie. Che si occupano in gran parte dei contenuti innovativi della Relatio post disceptationem, insistendo nell’evidenziare che essa è opera del cardinale Peter Erdoe, relatore generale del Sinodo ( conosciuto a giusta ragione come giurista esperto, moderato e saggio). Per chi ha seguito la conferenza-stampa con orecchie e occhi ben aperti, l’affermazione appare invero assai discutibile. Perché diciamo questo?

    Il cardinale Erdoe ha tenuto ieri mattina nell’Aula sinodale la Relatio post disceptationem, che contiene tra l’altro aperture non da poco sia sul tema dell’accesso alla comunione per i divorziati risposati che su quello dell’accoglienza per le persone omosessuali, il che comporta logicamente un’attenzione ‘misericordiosa’ verso le ‘unioni omosessuali’ (che anch’esse contengono, è stato detto più volte in questo Sinodo, “elementi di santificazione”).

    Alla relazione sono seguite quasi due ore di interventi liberi, in cui si sono espressi dapprima una serie di padri sinodali favorevoli ai contenuti più delicati della relazione. E’ però seguito, molto critico della relazione, un fuoco di fila di numerosi padri anche europei (non solo dell’Europa centro-orientale, ma anche occidentale… e di gran nome) che hanno avanzato valutazioni severe, osservazioni pungenti, domande incisive. “Una vera bomba”, ha osservato qualcuno che ha ascoltato in aula gli interventi. E qualcun altro: “Un clima di battaglia, altro che da volemose bene”.

    ERDOE: "LA COSIDDETTA MIA RELAZIONE"

    Rispondendo a una nostra domanda sullo svolgimento del dibattito libero, il cardinale Erdoe ha esordito rilevando molto onestamente, che “sempre, e non solo oggi, ci sono state critiche”. Critiche alla “cosiddetta mia relazione” (Ndr: notare quel ‘cosiddetta’ che fa capire molto), che in realtà “è una relazione comune” (presumiamo con la segreteria del Sinodo, in particolare con il card. Baldisseri e l’arcivescovo Forte). “Sono emersi altri punti di vista – ha detto Erdoe – osservazioni circa la chiarezza del testo, che deve essere tale da non creare confusione, domande di approfondimento sopra questo o quest’altro aspetto”. Ha rilevato qui il presidente del Consiglio delle conferenze episcopali europee: “Spero proprio che durante i prossimi giorni si migliori molto il testo”. Che, si evince, così com’è non soddisfa proprio chi ufficialmente ne è l’estensore… Esempio di linguaggio fumoso al punto 51 (prima parte): “La questione omosessuale ci interpella in una seria riflessione su come elaborare cammini realistici di crescita affettiva e di maturità umana ed evangelica integrando la dimensione sessuale”. Chi ci capisce qualcosa è bravo: può anche essere che il linguaggio sia volutamente fumoso come era quello di certi politici democristiani italiani e campani degli Anni Ottanta.

    Ancora: si sa che sempre i relatori generali del Sinodo ricevono testi già preparati da integrare, ma suscettibili ancora di essere modificati dalla stessa Segreteria. Se il relatore non è d’accordo, deve faticosamente mercanteggiare il testo che appare con il proprio nome.

    ERDOE A FORTE: "L'HAI REDATTO TU, RISPONDI TU!"

    Non solo. Pure in occasione dell’ultima domanda sul riconoscimento delle convivenze omosessuali, il relatore generale ha ribadito che nei fatti la relazione era anche di altri (diremmo, conoscendo un poco  il cardinale Erdoe: sui punti delicati fondamentali, soprattutto di altri). Infatti l’arcivescovo di Esztergom-Budapest ha invitato a rispondere alla domanda citata il segretario generale aggiunto del Sinodo, l’arcivescovo Bruno Forte, dicendogli: “Il brano (paragrafo) l’hai redatto tu, rispondi tu”. Non è finita. Dopo la risposta di mons. Forte (“Non si può escludere la codificazione di diritti per le coppie omosessuali, è un discorso di civiltà!”), ancora il card. Erdoe si è sentito in dovere di aggiungere, per “integrare” la risposta: “Il tema è emerso anche negli interventi liberi. Infatti nella relazione manca un accenno al disordine di tali convivenze. Perciò l’affermazione citata va integrata con l’accenno al disordine del comportamento”.

    Scarsa camerateria da parte del Relatore generale? dicono alcuni. Ma il Sinodo non è una squadra di calcio in cui tutti assimilano gli stessi schemi per buttare la palla nella porta avversaria. Qui non siamo a Lazio-Roma. Il Sinodo è qualcosa di diverso, comporta anche una grande responsabilità dei padri sinodali verso la Chiesa e il mondo. E il senso di responsabilità non sempre coincide con la camerateria. Ma è più importante per il futuro dell’umanità.

    Come chi ci legge avrà notato, il cammino della gioiosa macchina sinodale procede dunque con una  fatica non del tutto prevista. La resistenza è forte. E anche i sassolini creano disturbi terribilmente seccanti. Come raccomandava Massimo D’Alema, affacciato al balcone del Bottegone di via delle Botteghe oscure alle tre della notte dei risultati delle elezioni dell’aprile 1996, davanti a una folla già esultante: “Compagni, andate a dormire, che lo spoglio ancora non è finito!” Ciò vale anche per il Sinodo sulla famiglia: le bocce non sono ancora ferme e il risultato, pur prevedibile, non è ancora del tutto scontato. Perciò, almeno per alcuni giorni, i fiati ripongano nelle custodie le loro trombe.

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