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    MATRIMONIO UOMO-DONNA: CROAZIA, LUCE PER L'EUROPA

    MATRIMONIO UOMO-DONNA: CROAZIA, LUCE PER L’EUROPA – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 2 dicembre 2013

     

    Domenica primo dicembre 2013 quasi due terzi degli elettori croati recatisi alle urne hanno deciso di precisare la definizione costituzionale di matrimonio, aggiungendo che con ciò si intende unicamente "un'unione tra uomo e donna". I promotori, il cartello di associazioni "In nome della famiglia": “Non volevamo finire come in Francia”. Le reazioni irate della nota lobby nei suoi rami politico, massmediatico, delle cosiddette organizzazioni per i diritti civili. Anche parte degli elettori di sinistra in favore del referendum.

     

     

    La richiesta di referendum era stata formulata da un cartello di organizzazioni non governative vicine alla Chiesa cattolica e riunite sotto il motto “In nome della famiglia”. Lo scorso maggio, in appena due settimane, erano state raccolte oltre 700mila firme (il doppio di quanto prescritto come soglia minima fissata perché il popolo possa votare su un emendamento costituzionale).  Lo svolgimento del referendum - a dispetto delle manovre del governo di centro-sinistra, delle pressioni della maggior parte della stampa, dei pronunciamenti di diversi intellettuali e di cosiddette organizzazioni per i diritti civili – è stato consentito dalla Corte costituzionale; il Parlamento lo ha indetto con il voto dell’8 novembre (104 i voti a favore, 13 i contrari, 5 gli astenuti, 29 gli assenti).

    In favore dell’inserimento nella Costituzione della precisazione sul matrimonio inteso esclusivamente come unione tra uomo e donna si erano pronunciati il centro-destra, la Chiesa cattolica, ortodossi, protestanti ed ebrei. Per il Comitato promotore si trattava di “non finire come in Francia”. Contro si ritrovavano il presidente della Repubblica Ivo Josipovic, che aveva cercato di minimizzare (“La questione è di ordine etico e il risultato non cambierà le cose più di quel tanto”); il primo ministro Zoran Milanovic (“E’ un referendum triste e insensato” – “Spero che sia l’ultima volta che dovremo organizzare un voto in questo modo e su questi argomenti”), il ministro degli esteri Vesna Pusic (“Il rischio è che in Croazia si introduca una discriminazione nella propria Costituzione e si permetta agli Stati di interferire nella vita privata di ciascun cittadino”). Non si può non evidenziare la parentela stretta, ma molto stretta, di queste illustri e democratiche ‘anime belle’ con altri campioni di democrazia come il presidente francese Hollande e la sua Guardasigilli Taubira, che hanno partorito la famigerata legge del Mariage pour tous, infischiandosene bellamente (e sempre molto democraticamente) della volontà espressa da una parte molto consistente della società francese. Se la loro Costituzione non li avesse costretti ad accettare l’organizzazione del referendum, i tre illustri politici del centro-sinistra croato avrebbero di certo fatto finta di nulla davanti alle oltre 700mila firme raccolte da “In nome della famiglia”.

    Domenica primo dicembre ha votato circa il 38% degli iscritti in catalogo (per l’adesione all’UE si era recato alle urne il  43%). Tutti i sondaggi davano un ampio vantaggio ai ‘sì’, che appariva scontato, il che ha probabilmente influito sulla partecipazione dei favorevoli al voto. Del resto tale partecipazione non si discosta particolarmente da quella di tanti voti svizzeri, notoriamente considerati un esempio di democrazia diretta.

    Circa il 66% dei votanti ha approvato il referendum, che è passato in tutto il Paese (Zagabria compresa) salvo che nelle zone costiere dell’Istria e di Fiume. Da notare che, già secondo i sondaggi, circa il 40% degli elettori di sinistra aveva espresso il suo consenso per il referendum. Si può quindi presumere che tra il 66% di sì ci sia una parte minoritaria ma non irrilevante di voti di sinistra. Ne tengano conto ad esempio coloro che in Italia vorrebbero spingere sull’acceleratore in materia di cosiddetti nuovi diritti civili. Per loro i rischi sono tanti, nonostante la potenza massmediatica della gioiosa macchina da guerra. 

    Alcune considerazioni   

     

    Qualche riflessione sul voto croato.

    1. Il risultato assume la valenza di un messaggio molto chiaro all’Europa comunitaria: quando si è costretti su certe materie delicate a interpellare direttamente i popoli, non sempre – nonostante le pressioni dei governi e della maggioranza dei massmedia – le cose vanno per il verso sperato. Ne sa qualcosa – e lo richiamiamo ancora una volta anche se la Svizzera non è membro dell’Unione europea – il governo elvetico.
    2. Il messaggio è chiarissimo anche per quanto riguarda la materia in votazione. Malgrado i mezzi superiori di cui dispone la nota lobby con le sue ramificazioni politiche, massmediatiche, culturali, nei popoli permane forte l’attaccamento a un istituto sentito come naturale: la famiglia formata da un uomo e una donna e tesa alla procreazione dei figli.
    3. Il risultato del voto, pur se atteso, provoca due reazioni diverse. La prima, quella dei governanti cosiddetti progressisti (anche se nominalmente conservatori come Cameron): in loro si accresce la paura di un eventuale voto popolare in materia. Finirà che anche gli incerti  seguiranno i loro prototipi Hollande e Taubira. La seconda, quella di chi vuol testimoniare la bontà dell’istituto della famiglia come cellula fondamentale della società: il voto croato incoraggia a raddoppiare gli sforzi per impedire che la cosiddetta rivoluzione antropologica tocchi anche plaghe fin qui risparmiate da tale iattura. Lo avranno ben capito gli italiani?
    4. Ora sono saliti a sei gli Stati dell’Unione europea che nella loro Costituzione definiscono il matrimonio come un’unione esclusivamente eterosessuale: Croazia, Polonia, Ungheria, Bulgaria, Lettonia e Lituania. Recente è la nuova Costituzione ungherese (che promuove e protegge anche il diritto alla vita nascente), quella cioè di uno Stato a religione mista. Di domenica è il voto croato, e la Croazia è in grande maggioranza cattolica. Di qualche giorno fa è la decisione del governo russo di concedere l’adozione di bambini russi solo a chi costituzionalmente non riconosce i cosiddetti ‘matrimoni gay’, ad esempio l’Italia: e la Russia è in gran parte ortodossa. Si ricorderà anche che Vladimir Putin è stato ricevuto in Vaticano lunedì 25 novembre. Si prefigura così concretamente, e sempre più, un asse slavo-mitteleuropeo, sostenuto dal mondo cattolico e da quello ortodosso, per impedire il dilagare della cosiddetta rivoluzione antropologica. Quanta differenza con Stati come il Belgio il cui parlamento (con la p minuscola) sta per approvare una legge mostruosa, inaudita dai tempi del Terzo Reich, che prevede la possibilità dell’eutanasia per i bambini sofferenti, ‘incurabili’ e addirittura su loro richiesta! E ci si può chiedere: ma dove sono – se ancora qualcuno sopravvive dopo i disastri combinati negli scorsi anni per comportamenti vomitevoli e per un’interpretazione lassista del Concilio – i cattolici belgi? Guardino alla Croazia e trovino la forza di scuotersi, di farsi sentire nei confronti di una classe politica degna degli anni più bui dell’Europa moderna.
    5. Un’ultima considerazione. La vittoria dei referendari è anche una vittoria della Chiesa cattolica, che molto si è esposta sul tema. Un’esposizione che ha pagato, anche perché è stata chiara, netta, massiccia e ha saputo ben interpretare l’anima profonda del Paese, ancora presente nonostante la secolarizzazione. Ne prendano nota gli altri episcopati nazionali europei e, qualora fossero presi da un pessimismo magari comprensibile, per risollevarsi guardino anche loro a quanto successo in Croazia.

    P.S. Siamo a mezzogiorno di lunedì 2 dicembre. Pensiamo che la notizia dei risultati - già noti ieri sera - del voto in Croazia sia riuscita a oltrepassare la frontiera verso l'Italia. Eppure ci deve essere stato qualche intoppo nel cammino.  Guardando le prime pagine online dei maggiori quotidiani, notiamo che la notizia è stata giudicata sconveniente da quasi tutti. Solo 'Avvenire' le attribuisce un buon posto (e del resto l'aveva già 'preparata' con un lungo e dettagliato articolo apparso domenica 2 dicembre). Per il resto: nel 'Corriere della Sera', undicesimo posto con un articolo critico e una bandiera arcobaleno (come se avessero vinto i favorevoli al 'matrimonio gay'); in 'Repubblica', diciassettesima posizione, poche righe (senza foto); ne 'LaStampa' niente (salvo che in un articolo, peraltro oggettivo, nascosto in 'Vatican Insider'); per "Il Messaggero", ventunesimo posto, con foto di due lesbiche che si baciano (come se avessero vinto), articolo assai fazioso. Niente in prima pagina online su "Il fatto quotidiano", "Il Giornale", "Libero", "Il Tempo", Il Sole 24ore", Il Secolo XIX", "la Nazione", "Il Mattino", "L'Unità", ecc... . E poi dicono che la nota lobby non esiste!!! Immaginiamoci se invece i croati avessero votato contro l'inserimento nella Costituzione dell'aggiunta "tra uomo e donna" alla parola 'matrimonio'... Forse è il caso di ricordare che anche in Croazia la maggior parte dei massmedia era contraria al referendum e la campagna dei 'sì' si è svolta tra insulti e minacce avversarie: com'è poi finita? Come sappiamo, con una scoppola per la nota lobby e per le sue appendici massmediatiche...

     

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