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    MINARETI: IL NO DEI CANTONI CATTOLICI

    MINARETI: IL NO DEI CANTONI CATTOLICI - di GIUSEPPE RUSCONI - www.rossoporpora - "IL CONSULENTE RE ONLINE' DI DICEMBRE 2009

     

    Hanno avuto torto o ragione gli svizzeri approvando il 29 novembre 2009 l’iniziativa popolare contro i minareti? Che cosa sarebbe successo se l’iniziativa fosse stata respinta?In questa sede ci proponiamo di rispondere in modo argomentato alle due domande ricostruendo dapprima il contesto in cui si è votato.

     

    Musulmani in Svizzera

    56mila nel 1980, tra 350 e 400mila oggi (su circa 7,5 milioni di abitanti), i musulmani residenti in Svizzera provengono in maggioranza dai Balcani. Hanno a disposizione circa 150 luoghi di preghiera e centri culturali. Quattro le moschee con minareto (ma senza muezzin); l’ultima aperta a Wangen presso Olten (dopo quattro ricorsi). A Langenthal (Berna) il comune ha autorizzato a luglio l’edificazione di un minareto, ma contro la decisione è pendente un ricorso.

    L’iniziativa popolare

    Nel luglio 2007 è stata lanciata da ambienti dell’Unione democratica di centro (partito di maggioranza relativa in Svizzera, circa il 30% dei voti, centro-destra con accemti nazionalistici) e dell’Unione democratica federale (piccolo partito conservatore della destra protestante) un’iniziativa popolare per l’inserimento nella costituzione federale di un nuovo capoverso dell’articolo 72, del tenore seguente: L’edificazione di minareti è vietata. L’iniziativa, corredata di circa 115mila firme, è stata inoltrata l’8 luglio 2008. Bocciata sia dal Consiglio nazionale (Camera dei deputati) con 132 voti contro 51 e 11 astenuti che dal Consiglio degli Stati (Senato) con 39 voti contro 3 e 2 astenuti, è stata contrastata anche dal Consiglio federale (Governo), dalla grande maggioranza dei partiti (salvo l’Udc, l’Udf e la Lega dei Ticinesi), dalle Chiese (vedi la presa di posizione dei vescovi svizzeri a inizio settembre), da organizzazioni padronali, sindacali, economiche, associazioni di ogni genere, da un fronte compatto di massmedia (radio, televisioni, giornali). Fissato il voto per il 29 novembre, la campagna è stata particolarmente accesa, con manifesti dei fautori proibiti in alcune città (riproducevano una donna con burqua e minareti che spuntavano dalla croce svizzera), scambi violenti di accuse, prefigurazione di rischi vari (prospettate gravi reazioni estere, perdita di posti di lavoro, crollo del turismo, possibilità di attentati di ritorsione in Svizzera o contro svizzeri).

    “Il Consulente RE” online si è occupato dell’iniziativa già nell’intervista di settembre al professor Roberto de Mattei (sulla possibile adesione della Turchia all’UE) e nelle interviste di ottobre al vescovo di Lugano Pier Giacomo Grampa (per il NO all’iniziativa) e al parlamentare cattolico, ciellino e leghista Giorgio Salvadè (per il SI all’iniziativa).

    Il voto del 29 novembre: la partecipazione

    La partecipazione è risultata del 53,4%. Per valutarla, dobbiamo tener conto del fatto che, nell’ottantina di domeniche elettorali dal 1990 a oggi, si situa al settimo posto dopo i voti sull’adesione allo Spazio economico europeo, sull’adesione all’ONU, sull’adesione agli accordi di Schengen, sull’iniziativa Sì all’Europa, sull’iniziativa antimilitarista 40 piazze d’armi sono sufficienti, sulla proposta di naturalizzazione agevolata. Tutti temi, come si noterà, che toccavano in qualche modo l’identità nazionale. Il 53,4% di partecipazione è dunque una percentuale elevata rispetto alla media che si situa attorno al 40%.

    Il voto del 29 novembre: i risultati, il NO ai minareti (e dunque SI all’iniziativa) di tutti i cantoni cattolici

    Sono stati 1.534.054 i SI (57,5%), 1.135.108 i NO (42,5%). Essendo necessaria per il successo dell’iniziativa anche la maggioranza dei cantoni, constatiamo che 17 cantoni e 5 semi-cantoni hanno espresso il loro SI, 3 cantoni e un semicantone il loro NO. Tra i favorevoli in testa Appenzello interno con il 71,4%, poi Glarona (68,8%), Ticino (68,1%), Svitto (66,3%), San Gallo (65,9%). Tra i contrari chiaro solo il voto di Ginevra (59,7% di NO); seguono Vaud (53,1% di NO), Basilea-città (51,6% di NO), Neuchatel (50,8% di NO).

    La Svizzera tedesca ha appoggiato l’iniziativa senza eccezioni (Berna ha dato un 60,7% di SI, anche Zurigo un 51,8% di SI). La Svizzera francese si è divisa: se Ginevra, Vaud e Neuchatel hanno rifiutato l’iniziativa, il Giura, Friburgo e Vallese (gli ultimi due bilingui) l’hanno appoggiata. La Svizzera italiana (canton Ticino e valli del Grigioni italiano) ha votato massicciamente per l’iniziativa, anche nei maggiori comuni come Lugano, Bellinzona, Locarno, Mendrisio, Giubiasco, Chiasso. Pure dal Grigioni trilingue è venuto un chiaro SI all’iniziativa (58,6%).

    Tutti i cantoni storicamente cattolici hanno detto SI all’iniziativa: basti pensare al voto nel Ticino, a San Gallo, a Lucerna, nel Vallese. Anche la maggioranza dei cantoni storicamente protestanti ha votato nello stesso modo: in ogni caso si noterà che i pochi cantoni contrari sono tutti di radice protestante. Da ricordare che i cattolici in Svizzera sono attorno al 41%, i protestanti al 35%.

    Da segnalare anche il SI all’iniziativa di tutti i cantoni turistici maggiori: Grigioni, Vallese, Ticino, Lucerna.

    Le reazioni

    Occupiamoci di alcune reazioni negative giunte dall’estero (utilizziamo le notizie del sito Swisscom), non senza aver segnalato il rammarico dei vescovi svizzeri e l’opinione singolare del ‘ministro degli esteri’, la socialista ginevrina Micheline Calmy-Rey che ad Atene, a una riunione ministeriale dell’OSCE, ha definito il voto degli svizzeri una “provocazione”. Da notare le dichiarazioni del teologo Hans Küng: “Sono costernato – ha detto al Tages Anzeiger di Zurigo, parlando di “incomprensibile approvazione di un’iniziativa che non cozza solo contro la libertà di religione, ma anche contro l’apprezzata tolleranza svizzera”.

    Per Navi Pillay, alto commissario dell’Onu per i diritti umani, “si tratta di una decisione assolutamente sventurata per la Svizzera”. Comune denominatore di tutte le reazioni sono le accuse di lesione della libertà religiosa e di intolleranza verso i musulmani. In tal senso si sono espressi ad esempio la Commissione europea contro il razzismo e l’intolleranza, la presidenza dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, la presidenza svedese dell’UE, Hillel Neuer (direttore dell’Ong Un Watch, ha parlato di “decisione xenofoba svizzera”), il ministro degli esteri francese, un ministro spagnolo, il presidente della Camera dei deputati italiana, il Consiglio superiore degli ulema marocchini, la Conferenza episcopale tedesca, l’emittente Al Jazeera (“Nubi nere sulla Svizzera”).

    Il presidente turco Abdullah Gül ha detto: “Vergogna per la Svizzera. Questa questione deve essere tenuta seriamente sotto controllo”. Il primo ministro turco Tayyip Erdogan (che da sindaco di Istambul aveva definito le moschee “le nostre caserme” e i minareti “le nostre baionette”): “E’ nostro dovere ricordare agli svizzeri di fare marcia indietro senza il minimo indugio sull’errore che hanno fatto”. 

    Dal Vaticano una sostanziale cautela, pur con il giudizio negativo  dell’arcivescovo Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio per i Migranti e gli itineranti (“Sono sulla stessa linea dei vescovi svizzeri”). Ad esempio il cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso ha dichiarato sibillinamente: “Quando si costruisce una chiesa in un Paese a maggioranza islamica o una moschea in un Paese a maggioranza cristiana, la preoccupazione di chi costruisce l’edificio di culto deve essere di armonizzare la costruzione nel paesaggio urbanistico e nel contesto culturale della società”. Il 9 dicembre, in un’intervista Al Jazeera, il cardinale Tarcisio Bertone ha parlato di un voto svizzero “che nasce dalla paura”.

    Sarà così? Intanto da Asia News, che ospita un interessante commento di Samir Khalil Samir, apprendiamo che inchieste empiriche fatte dopo il voto svizzero in vari Paesi europei hanno dato lo stesso risultato: in Francia, Olanda, Belgio, Italia, Spagna, Germania, Austria il popolo avrebbe appoggiato massicciamente l’iniziativa anti-minareti. Ma non accadrà poiché i governi, spaventatissimi dal voto svizzero, faranno di tutto per impedire (laddove sarebbe teoricamente possibile) un pronunciamento dell’elettorato su una questione tanto spinosa e altrettanto importante per l’identità nazionale. Così funziona a volte la democrazia, ove si inneggia sì alla sovranità popolare, ma a corrente alternata; se il popolo decide in modo da disturbare il manovratore, allora diventa sempre una massa di illetterati, al massimo da licenza elementare, residente in paesini in fondo a valli sperdute, facile preda degli istinti più biechi...  

    Una valutazione

     

    L’accusa ricorrente in tante sedi e da tanti scranni è stata quella di ‘lesione della libertà religiosa’. Dall’agenzia Zenit (che riprendeva la francese I.Media) leggiamo il parere di un indubbiamente fine giurista, l’arcivescovo Agostino Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio per i Migranti e gli itineranti. Rileva il non certo sconosciuto presule che il voto svizzero “esprime una preoccupazione che riguarda la fisionomia del Paese, la questione della visibilità, ma che non intacca la libertà religiosa che non è stata messa in discussione”. Ancora: “Bisogna tener conto della sensibilità dei musulmani, ma questa decisione non infrange la libertà di culto”, dato che “sarà sempre possibile costruire moschee”.

    Condividiamo l’opinione di monsignor Marchetto. Minareti e moschee (checché ne dicano politici disinformati) non sono la stessa cosa. All’inizio dell’espansione araba nelle province bizantine, lì si costruirono solo moschee (trasformando le chiese cristiane). Il minareto in sé non aveva un significato religioso, ma era un faro (manar) che indicava la strada ai viandanti. Solo dopo qualche tempo i muezzin salirono sul faro, sulla torre (spesso un campanile adattato) per chiamare i fedeli alla preghiera cinque volte al giorno. In Europa occidentale il minareto diventa un simbolo eminentemente politico di visibilità islamica: vietarne la costruzione significa opporsi a un’espansione che porta con sé tutta una serie di conseguenze negative per la società europea. Osserva il cappuccino monsignor Paul Hinder, vicario apostolico di Arabia, peraltro critico nei confronti del voto dei suoi concittadini: “E’ un dato di fatto che oggi l’islam sta guadagnando sempre più terreno”. Ammoniva il gesuita padre Giuseppe De Rosa su La Civiltà cattolica del 18 ottobre 2003: “Possiamo storicamente constatare che in tutti i luoghi in cui si è imposto l’islam con la sua azione militare, che per la sua rapidità e la sua estensione ha pochi esempi nella storia, il cristianesimo, che vi era straordinariamente fiorente e radicato da secoli, è praticamente scomparso oppure si è ridotto a piccole isole in uno sterminato mare islamico”. E’ evidente che nel nostro caso non siamo confrontati con un’azione militare contro l’Europa occidentale. Tuttavia è ugualmente impressionante la capacità islamica di espandersi passo dopo passo. Per rendersene conto basterebbe parlare ad esempio con l’arcivescovo di Sarajevo, cardinale Vinko Puljic a proposito di islamizzazione della città e dell’intera Bosnia.Erzegovina (grazie agli aiuti fraterni di Arabia Saudita, Iran e Turchia). Il porporato percepisce di non essere troppo ascoltato: ci permettiamo perciò di suggerire a chi di dovere di invitarlo anche solo per una chiacchierata, onde tornare con i piedi per terra nel valutare la situazione dei nostri anni.

    Ci ponevamo all’inizio una domanda: che cosa sarebbe successo se l’iniziativa fosse stata respinta? Ragionevolmente ci si sarebbero potute attendere le conseguenze seguenti: gioia (smodata o camuffata) da parte del mondo musulmano per la sconfitta del fronte ‘cristiano’ (anche privo di ufficiali), sensazione confermata di una debolezza complessiva di tale fronte nell’odierna società europea, inoltro in Svizzera di nuove domande per la costruzione di minareti. A quest’ultimo proposito un’osservazione non minore, anzi molto importante: il SI all’iniziativa ha sicuramente evitato  lo sviluppo di una serie di tensioni a livello locale sul suolo elvetico. Perché alla domanda di nuove costruzioni si sarebbero certo opposti gruppi di cittadini. E sarebbero cresciute le occasioni di scontro con le comunità musulmane o parti di esse.   

    Conclusione: il voto svizzero del 29 novembre è stato un voto ‘politico’ e non contro la libertà religiosa di chicchessia. Ha evitato il sorgere di tanti focolai pericolosi anche per i rapporti interreligiosi. E’ stato un voto coraggioso, perché gli svizzeri hanno saputo assumersi una responsabilità storica di indubbio rilievo, contro le indicazioni di quasi tutto l’arco politico-economico-ecclesiale e le minacce di catastrofi. E’ stato un voto lungimirante, poiché gli svizzeri hanno saputo pensare al futuro e a un dialogo vero con l’islam, portato avanti con la schiena diritta e non da possibili dhimmi, già pronti al cedimento in nome di un pernicioso buonismo.   

     

        

     

     

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