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    LUIS BADILLA E GIUSEPPE RUSCONI AL SETTIMANALE POLACCO NIEDZIELA

    LUIS BADILLA E GIUSEPPE RUSCONI AL SETTIMANALE POLACCO NIEDZIELA – di WLODZIMIERZ REDZIOCH – www. rossoporpora.org – 27 febbraio 2014

     

    In questi giorni appare nel settimanale cattolico polacco ‘Niedziela’ la tavola rotonda  sull’ ‘anno straordinario nella storia della Chiesa’ condotta da Wlodzimierz Redzioch che ha discusso dell’argomento con il cileno Luis Badilla Morales (Radio Vaticana, ‘Il Sismografo’) e Giuseppe Rusconi. La tavola rotonda è stata registrata il 5 febbraio, dunque prima del Concistoro e di alcune decisioni papali importanti in materia economico-amministrativa. Ecco qui il testo originale italiano.  

     

    I vaticanisti riflettono sull’anno straordinario nella storia della Chiesa

    Un anno fa stavamo nei bar intorno al Vaticano per discutere di un fatto straordinario nella storia recente della Chiesa: la rinuncia del Papa. Tentavamo di capire perché è successo e quale conseguenze avrebbe avuto per il futuro della Chiesa, per poi raccontarlo ai nostri lettori. Dopo sono arrivati i momenti eccitanti del Conclave con i pronostici sui possibili papabili (ovviamente smentiti dall’elezione di Jorge Maria Bergoglio). E’ passato un anno da quei giorni incredibili. E oggi sto con un gruppo di vaticanisti in un bar di piazza Leonina da dove si vede il Palazzo Apostolico lasciato vuoto da Benedetto XVI e mai abitato da Francesco. E’ il posto adatto per rifletter su quei momenti drammatici ma anche pieni di speranza nella storia della Chiesa.

    Parlo con due vaticanisti di lungo corso: lo svizzero di lingua italiana Giuseppe Rusconi, corrispondente da Roma per il giornale ‘Corriere del Ticino’, che ha creato il seguitissimo sito www.rossoporpora.org e il cileno Luis Badilla Morales, giornalista della Radio Vaticana che cura anche il prestigioso sito riguardante il Vaticano “Il Sismografo”.

    Włodzimierz Rędzioch

    L’11 febbraio 2013 Benedetto XVI pronunciava, nel solenne contesto del Concistoro, le parole della sua rinuncia al Papato. Che cosa, secondo voi, significava per la Chiesa questo gesto storico, ma anche drammatico, del Pontefice?

    Giuseppe Rusconi

    Ho provato una forte emozione nell’apprendere la notizia da alcuni colleghi della Stampa estera, ho sentito un groppo in gola. Tuttavia quasi subito ho pensato che le ragioni addotte da Benedetto XVI per la rinuncia fossero più che comprensibili. Joseph Ratzinger si era convinto razionalmente che di lì a qualche tempo non avrebbe più avuto le forze fisiche e psichiche necessarie per guidare la Chiesa da Papa nella pienezza delle sue facoltà. Per lui una cosa inaccettabile, perché avrebbe potuto danneggiare seriamente la già difficile navigazione la Barca di Pietro in un mare in tempesta, quello dell’aggressione relativista e nichilista contro uno degli ultimi baluardi dei diritti umani. Del resto già aveva prefigurato tale possibilità teorica della rinuncia in scritti e dichiarazioni.   

    Włodzimierz Rędzioch

    Qualcuno ha paragonato il Papa emerito a Mosé che prega sul monte mentre gli israeliti combattono i loro nemici. Ma questo poteva significare anche che Benedetto XVI non si sentiva di guidare la Chiesa sotto attacco (il filosofo britannico Roger Scruton diceva che la Chiesa negli ultimi anni del pontificato di Papa Ratzinger era “sotto assedio”).

    Luis Badilla Morales

    Quando ho visto la notizia sulla rinuncia del Papa ho pensato che i colleghi della RAI News24 erano impazziti. Ma quando ho capito che la sorprendente notizia era vera, ho provato un sentimento di grande amore e tenerezza verso Benedetto. Non pensavo che alla sua età avrebbe avuto il coraggio di prendere tale decisione. La terza riflessione che ho fatto, o meglio, che ho percepito molto forte è stata questa: si tratta di una rottura nella storia della Chiesa. Tutte le discussioni successive sull’argomento “il pontificato di Francesco significa continuità o rottura”, secondo me, sono retoriche poiché nell’elezione di Francesco c’è già la rottura, preceduta da un primo e fondamentale gesto di rottura, quello di Benedetto XVI. Nella ‘Declaratio’ ci sono due elementi fondamentali: uno, si riferisce alle sue condizioni fisiche e l’altro riguarda il compito del nuovo papa che deve guidare la Chiesa nel mondo sottoposto ai “vertiginosi cambiamenti”. Papa Ratzinger non dice, “sono vecchio e stanco”, quindi lascio. No! Lui guarda la Chiesa, e le sfide, e decide che è meglio lasciare il campo a un successore. E’ questo è una rottura di portata storica.

    Włodzimierz Rędzioch

    Stiamo parlando con persone che seguivano il pontificato ratzingeriano da vicino, al contrario del grande pubblico che non leggeva i suoi testi e lo guardava attraverso “il filtro” dei grandi media poco teneri con Benedetto XVI. Non vi mancano i suoi discorsi e scritti caratterizzati da sorprendente chiarezza, da grandi contenuti intellettuali e allo stesso tempo “semplici”, accessibili a tutti, perché razionali?

    Giuseppe Rusconi

    Secondo me Benedetto XVI sapeva usare molto bene i diversi registri in funzione del luogo e di coloro cui si doveva rivolgere. Papa Ratzinger è tedesco ed è figlio, come in varia misura tutti gli europei, dell’illuminismo: per tutti noi dunque  1 + 1 fa 2, senza se e senza ma. Anche se veniva definito il Papa teologo, si faceva capire da tutti perché c’era in lui quella razionalità. Papa Bergoglio culturalmente non è un europeo, non è figlio dell’illuminismo; perciò i messaggi che lancia si pongono su un piano molto diverso da quelli di Papa Ratzinger.    

    Luis Badilla Morales

    Sono d’accordo con Giuseppe. Francesco è latinoamericano e ciò significa cose specifiche e concrete. So bene di cosa si tratta poiché anch’io sono latinoamericano. Ma prima di tutto vorrei sottolineare che l’elezione di Bergoglio rende giustizia alla Chiesa latinoamericana della quale si è scritto di tutto e di più e non sempre in modo positivo. La teologia della liberazione è stata vista in modo riduttivo e spesso sbagliato: la vera teologia della liberazione è la pastorale di Bergoglio. Papa Bergoglio è un uomo che della vita sa molte cose perché ha “vissuto” molto, o in prima persona o nel rapporto ravvicinato di amore e fratellanza con tante persone, in particolare segnate dalla sofferenza con quelli che alcuni considerano “sconfitti”. La biografia di Bergoglio è molto importante per capire il magistero di Francesco. Pablo Neruda, poeta cileno, scrisse le sue memorie con un titolo che si potrebbe applicare alla vita di Francesco: “Confesso che ho vissuto”. Se oggi il Papa è in grado di capire la gente è perché ha vissuto tanto. La vita di ogni giorno per lui non è una cosa sconosciuta. La sua è, per così dire, una condizione esistenziale di allerta permanente e dunque non si tratta soltanto di un fattore anagrafico o geografico.

    Włodzimierz Rędzioch

    Non si può dire che Papa Ratzinger non abbia vissuto..

    Luis Badilla Morales

    No, ma ha avuto una vita diversa. Ratzinger è europeo e questo è fondamentale per capire le cose che ha detto e ha fatto. Per capire Bergoglio bisogna tener presente quindi che è un latinoamericano. Bergoglio diceva, con il suo linguaggio colorito, che si tratta del “modo diverso che ciascuno ha per scendere dal cavallo”: i problemi sono gli stessi, ma ognuno ha il suo modo di affrontarli e risolverli.         

    Giuseppe Rusconi

    Papa Ratzinger sapeva parlare ai credenti e anche ai non credenti: lo faceva fondandosi sulla ragione naturale, che è di tutti. Ci sono tante testimonianze di non credenti affascinati dal rigore intellettuale di Benedetto XVI. Papa Francesco tende prima di tutto a parlare all’uomo, al suo cuore, alle sue emozioni, senza curarsi se credente o non credente; solo successivamente parla ai credenti.

    Włodzimierz Rędzioch

    Non vi sembra che Ratzinger riusciva ad affascinare i non credenti perché usava il rigoroso metro della ragione mentre Bergoglio usa invece il registro dell’emozione?

    Luis Badilla Morales

    Parlando di Benedetto e Francesco bisogna tener presente che si tratta di sacerdoti e pastori. Però ognuno ha il modo di fare la pastorale in modo diverso. La pastorale di Benedetto era molto direi europea, segnata dall’illuminismo come dice Giuseppe. Un amico mi diceva che gli sembrava che Papa Ratzinger facesse il magistero pensando alla biblioteca, cioè pensando all’eredità scritta che anni dopo altri avrebbero trovato tra i grandi volumi delle buone biblioteche. La pastorale di Bergoglio è molto diversa. E qui c‘è “la rottura”: io non ho paura di questa parola. C’è ovviamente la continuità nella dottrina, ma c’è un  cambiamento nei modi e nelle approssimazioni pastorali. Per esempio, la “fisicità” del suo modo di mostrarsi come pastore e di esternare la sua pastorale. Lui ha bisogno di toccare i bambini, di abbracciare gli ammalati, di offrire una carezza, da trasmettere speranza e consolazione, ecc. Tanti pellegrini che frequentano piazza san Pietro non capiscono nulla quando il Papa parla in italiano, eppure sono ugualmente coinvolti perché si crea una sorta di osmosi religiosa e affettiva. A mio avviso è uno dei fenomeni più sorprendenti.

    Włodzimierz Rędzioch

    Ma qui si parla delle emozioni che sfuggono alla razionalità…

    Luis Badilla Morales

    Secondo me, non esiste la contraddizione tra sentimenti e ragione. Sono modi diversi di agire di fronte alla realtà. Non ci sono uomini puramente razionali, o puramente sentimentali. Tutti siamo una bella miscela delle due dimensioni.         

    Włodzimierz Rędzioch

    Qualcuno ha definito Benedetto XVI “profeta incompreso”. Siete d’accordo che questo grande pontefice non è stato compreso, nemmeno da tanti cattolici?             

    Giuseppe Rusconi

    Direi che non era profeta incompreso, ma osteggiato. Perché si è trovato ad essere Papa in una situazione culturale che era profondamente ostile a quello che lui diceva. Suscitava le reazioni negative e veniva contrastato proprio perché si capiva benissimo cosa diceva.

    Luis Badilla Morales

    Vorrei aggiungere, da giornalista, che Benedetto XVI ha avuto una “cattiva stampa” che per molti appare come un qualcosa di incomprensibile. Papa Ratzinger ha avuto contro un grosso handicap storico: essere papa quando non c’era più la Guerra fredda, lo scontro tra l’Occidente e il Comunismo. Questa circostanza quando c’era invece, ha “favorito” per così dire, papa Wojtyla poiché in quel contesto lui e il suo magistero erano percepiti come “alleati” contro il Comunismo, in particolare quello sovietico. A Giovanni Paolo II si facevano poche critiche o erano molto sfumate e “soft”. Papa Ratzinger non essendo più percepito come “alleato” in uno scontro che ormai era finito, è stato vittima di critiche feroci, spesso gratuite, amplificate a volte in modo odioso. Una dimostrazione visibile di questo gioco sono le durissime critiche che oggi, alcuni, in verità pochi, lanciano contro Giovanni Paolo II alla vigilia della sua canonizzazione e che in passato furono risparmiate al papa polacco. Dall’altra parte basta leggere ciò che si è scritto su Benedetto XVI in occasione del primo anniversario della sua rinuncia. Sembra un'altra stampa e Joseph Ratzinger sembra un altro Papa.

    Włodzimierz Rędzioch

    Quale era il ruolo dei media in tutto ciò?

    Luis Badilla Morales

    I giornalisti e i media in generale hanno giocato un ruolo importante: si sono comportati in modo meschino e strumentale con Benedetto XVI (specialmente la grande stampa internazionale). Ma il Papa aveva una sola preoccupazione: trasmettere i concetti in modo chiaro, preciso. Poi non si preoccupava se lo applaudivano o lo criticavano.      

    Włodzimierz Rędzioch

    Si è già parlato tanto dell’elezione di Francesco. Come papa è stato scelto l’arcivescovo di Buenos Aires perché era un non-europeo, un latinoamericano con consistente numero di porporati di quel continente alle spalle, o semplicemente perché era Jorge Mario Bergoglio, con le sue idee, il suo carisma e la sua storia sulle spalle? 

    Giuseppe Rusconi

    Secondo me è stato scelto perché era Jorge Mario Bergoglio, per quello che aveva vissuto, che aveva scritto e aveva detto, anche durante le Congregazioni pre-conclave.

     Luis Badilla Morales

    Sono d’accordo, ma volevo rendere giustizia anche a Papa Benedetto. Dopo la sua rinuncia si doveva fare il nuovo conclave in pochissimi giorni, così volevano molti fuori e dentro della Curia. E qui c’è stato un nuovo intervento del Papa, che oggi in tanti non ricordano: bisogna aspettare per far arrivare tutti i cardinali e occorre dare tempo per farli discutere tra loro. Se non ci fosse stato quell’intervento di Benedetto XVI, oggi avremmo avuto forse un altro papa.  Una seconda considerazione: l’elezione di Bergoglio è il risultato della stanchezza degli episcopati e dei cardinali del resto del mondo con il Vaticano “italianizzato”, con la Chiesa italianizzata. Nella mia carriera giornalistica, in oltre 30 anni, ho intervistato centinaia di vescovi e cardinali, soprattutto dal continente americano, e nel 90% dei casi si finiva per parlare del Vaticano sottolineando che per troppi secoli il Vaticano, la Chiesa cattolica, era il sinonimo di italianità. E questo dava ormai un po’ di fastidio. C’era stanchezza.     

    Włodzimierz Rędzioch

    Come avete detto, in un certo senso l’agenda del Papa è stata “condizionata” dai lavori delle Congregazioni prima del Conclave. In un anno Papa Francesco che cosa è riuscito a realizzare da questi suggerimenti preconclave?

    Giuseppe Rusconi

    Direi che più che realizzare Papa Bergoglio sta dando – certo attraverso una serie di atti concreti - una spinta che potrebbe essere decisiva per i cambiamenti prefigurati.

     Luis Badilla Morales

    Io ho l’impressione che il primo anno di pontificato di Francesco è stata una lunga, continua, ininterrotta catechesi cominciata il 13 marzo 2013. Si potrebbero elencare anche molte cose concrete: vorrei rilevare due. La prima: il Papa sta già governando con una sorta di “Curia riformata” strada facendo e ciò accade da un bel po’ di tempo. Penso al Consiglio degli 8 cardinali, alle due Commissioni referenti per lo IOR e per i problemi amministrativi ed organizzativi, a diversi Motu proprio e alla scelta di mons. Parolin come Segretario papale anche se conserva il titolo di Segretario di Stato. Tutto questo ci dice che è in atto già una  grande riforma. Adesso dobbiamo aspettare come questi cambiamenti saranno codificati nella nuova Costituzione che sostituirà la “Pastor Bonus”.

    Włodzimierz Rędzioch

    Parlando dei cambiamenti strutturali non bisogna dimenticare che Francesco sta combattendo anche due fenomeni che possono “minare” la migliore struttura: il centralismo burocratico e il carrierismo ecclesiastico. 

    Giuseppe Rusconi

    Direi che un certo tipo di carrierismo è insito nella struttura mondana dell’istituzione e difficile da eliminare completamente. Per quanto riguarda il centralismo burocratico penso che combattere la burocrazia sia buona cosa, ma nella Chiesa cattolica sarebbe un errore eliminare il centralismo. 

    Luis Badilla Morales

    Bergoglio non è su posizioni fanatiche o rigide contro il carrierismo e la burocrazia. Da arcivescovo di Buenos Aires sapeva amministrare bene la diocesi e si faceva aiutare dalla burocrazia ecclesiale, ma sapeva – e lo ha detto a più riprese - che la cosa più pericolosa si verifica quando i bisogni dell’apparato burocratico (compreso la selezione del personale, cioè le carriere). si mettono al primo posto e ciò oscura la centralità del messaggio evangelico..  

    Włodzimierz Rędzioch

    A proposito della riforma della Curia: mons. Ganswein che serve Francesco dall’inizio ha detto in una intervista alla TV bavarese che il Papa è più interessato alla “riforma” dei fedeli che delle strutture. Le strutture contano ma la struttura migliore in teoria non funzionerà con le persone sbagliate.

    Giuseppe Rusconi

    Ma per effettuare questo cambiamento di cuori servono anche le strutture giuste. Al Papa interessa convertire i cuori di pietra della gente in cuori di carne, ma le strutture rimangono sempre indispensabili per facilitare questo processo.                   

    Luis Badilla Morales

    Il Papa ci tiene a sottolineare che la Chiesa è dei cristiani e dunque dipende da ogni singolo cristiano. Per questo la stragrande maggioranza dell’argomento principale delle circa 200 omelie a Santa Marta riguarda la questione del come essere buon cristiano, come diffondere il messaggio cristiano attraverso la testimonianza di un buon cristiano. Questa sembrerebbe la sua ossessione perciò si ha impressione che lui stia sempre rimproverando e criticando qualcuno. Secondo lui se il cristiano non è credibile davanti agli altri, tutto il  resto, compreso il Papa, la Curia, le Conferenze episcopali, la teologia, diventano inutile e non convincente.

    Włodzimierz Rędzioch

    Dall’inizio del pontificato si sono verificati due fenomeni: il grande entusiasmo della gente (vedi le folle alle cerimonie, udienze e Angelus) e il radicale cambiamento dell’atteggiamento dei mainstream media verso il papato. Allora vorrei chiedervi: che cosa in Francesco (che non di rado viene accusato di populismo)  attira la gente?

    Giuseppe Rusconi

    Siamo in un mondo in cui c’è molto disorientamento per vari motivi: la crisi economica, la disoccupazione, la crisi della famiglia, la perdita di valori. L’uomo ha perso molti punti di riferimento e in un modo di smarriti ci si appiglia a chi ti è vicino. E Papa Francesco è percepito come una persona vicina alla gente, e la gente ricambia questo sentimento.   

    Luis Badilla Morales

    Uno dei “segreti” di questo fascino di Francesco è la sensazione che la gente lo vede, e lo sente, “raggiungibile”. Quando tu hai davanti un personaggio che ti sembra irraggiungibile non fai nessun passo per avvicinarlo. Nella psicologia umana questo fatto che il Papa può essere avvicinato; puoi essere toccato e puoi parlare con lui, spalanca un tipo di rapporto molto diverso a quando davanti a te hai una figura ieratica intoccabile. Un altro elemento di vicinanza è il suo linguaggio. Una volta da arcivescovo di Buenos Aires ha scritto: “Non si amano le parole, i concetti, le idee, si amano le persone”. Allora Francesco usa le parole, i concetti e idee per far capire che ama le persone. E la gente lo ho capito.

    Io ho un esempio molto concreto, mia sorella. Non è mai venuta a piazza San Pietro per vedere altri Papi. “Il Papa si vede meglio in televisione”, diceva. Invece è andata a vedere Papa Francesco un giorno di Udienza generale perché era convinta che lo poteva toccare. Ed è andata proprio così: il Papa l’ha toccata, l’ha baciata e l’ha benedetta.

    Włodzimierz Rędzioch

    Ci sono tanti cattolici entusiasti di Francesco, ma ci sono gli altri preoccupati. Mi hanno contattato tanti amici americani impegnati nei movimenti pro-life che negli ultimi mesi vengono attaccati dai media con le parole di Francesco. Recentemente anche il presidente dell’episcopato polacco ha denunciato il tentativo di colpire i vescovi e la Chiesa polacca “servendosi” delle parole del Papa; lo stesso avviene negli Stati Uniti. Come mai le parole di Francesco si possono così facilmente strumentalizzare?

    Giuseppe Rusconi

    Noi viviamo in una società massmediatica. Sono i media che filtrano le parole del Papa, ma spesso tradurre vuol dire tradire. Al bar, quando parlo con la gente, vedo gli effetti di questo tipo di strumentalizzazione: mi chiedono se il matrimonio è ancora indissolubile o se ancora bisogna andare a Messa. Il messaggio che certi media – fondandosi su estrapolazioni dei discorsi di Francesco, spesso isolate dal contesto - vogliono trasmettere alla gente è che tutti si possono salvare senza fatica, la misericordia copre tutto: allora le norme, le regole, i precetti diventano secondari, conta il cuore. E questo tipo di strumentalizzazione spiazza tanti cattolici che rimangono sconcertati.   

    Luis Badilla Morales

    Ma c’è un problema: spesso alcuni cattolici praticanti che patiscono il complesso del “figlio maggiore” e si sentono abbandonati dal Papa che cerca le pecorelle smarrite, non si rendevano conto dello stato preoccupante che la Chiesa ha attraversato e vissuto questi ultimi anni. Vivevano in una sorte del limbo che non gli permetteva di capire né motivi della rinuncia di Benedetto né i gesti di Francesco. 

    Włodzimierz Redzioch

    Ma io vedo anche un altro problema: i discorsi e i gesti di Papa vengono interpretati e “spiegati”, spesso in modo distorto, non soltanto dai media ma anche da tante persone che gli stanno vicino. Il caso più eclatante sono le ultime interviste del card. Maradiaga in Germania. In una di esse il cardinale honduregno, uomo di fiducia di Francesco, parlando del futuro cardinale Müller, Prefetto della Congregazione della Fede, ha detto: “E’ un tedesco, si deve dirlo, è anzitutto un professore tedesco, nella sua mentalità c’è solo il vero e il falso”. Insomma il card. Maradiaga rinfaccia al “guardiano della fede” di avere la mentalità tedesca, invitandolo di essere “più flessibile”. Questo tipo di esternazioni e strumentalizzazioni non creano la confusione?

    Luis Badilla Morales

    Le strumentalizzazioni riguardano tutte le personalità pubbliche, anche il Papa. Il problema della Chiesa è che troppi parlano a nome del Papa. Non è più il padre Federico Lombardi che offre le spiegazioni, girano troppi “portavoce” di Francesco. C’è questa pessima abitudine di tanti sacerdoti, vescovi ma anche qualche cardinale di parlare troppo a nome del Papa. A volte c’è poca prudenza e questo dovrebbe cambiare.

    Giuseppe Rusconi          

    Vorrei aggiungere una battuta. In tutto ciò che facciamo – e questo ci coinvolge in prima linea come giornalisti -  dovrebbe valere la regola della “caritas in veritate”: carità sì, ma nella verità.    

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