PAPA/INTELLIGENZA ARTIFICIALE, PACE IN TERRASANTA - PAROLIN/UCRAINA – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 18 giugno 2024
Tra i molti interventi recenti di papa Francesco – che talvolta hanno suscitato inevitabili polemiche – piace proporre a chi ci legge qualche spunto tratto da quanto detto riguardo all’intelligenza artificiale a Borgo Egnazia (per il G7 del 13 e 14 giugno) e qualche altro estrapolato dal discorso per il decennale dell’invocazione di pace per la Terrasanta nei Giardini Vaticani. Spunti anche dall’intervento del card. Parolin alla conferenza del Bürgenstock sull’Ucraina.
PAPA FRANCESCO E L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE
Nell’ambito dei lavori del G7 pugliese a Borgo Egnazia (vertice con i capi di Stato dei Paesi più industrializzati del mondo…con aggiunte), il presidente del Consiglio Giorgia Meloni e l’intero Governo hanno voluto invitare per la prima volta un Papa. Francesco ha così potuto sviluppare un’ampia riflessione su opportunità e rischi per l’umanità del tema assegnato, quello dello sviluppo dell’intelligenza artificiale. Due i discorsi del Papa, ambedue validi: la versione integrale e quella breve, pronunciata quest’ultima davanti ai capi di Stato presenti al vertice. Qualche spunto dalle due versioni.
DAL DISCORSO PRONUNCIATO DAL PAPA
. La Sacra Scrittura attesta che Dio ha donato agli uomini il suo Spirito affinché abbiano ‘saggezza, intelligenza e scienza in ogni genere di lavoro’. La scienza e la tecnologia sono dunque prodotti straordinari del potenziale creativo di noi esseri umani. Ebbene, è proprio dall’utilizzo di questo potenziale creativo che Dio ci ha donato che viene alla luce l’intelligenza artificiale.
Quest’ultima, come è noto, è uno strumento estremamente potente, impiegato in tantissime aree dell’agire umano: dalla medicina al mondo del lavoro, dalla cultura all’ambito della comunicazione, dall’educazione alla politica. Ed è ora lecito ipotizzare che il suo uso influenzerà sempre di più il nostro modo di vivere, le nostre relazioni sociali e nel futuro persino la maniera in cui concepiamo la nostra identità di essere umani. Il tema dell’intelligenza artificiale è, tuttavia, spesso percepito come ambivalente: da un lato, entusiasma per le possibilità che offre, dall’altro genera timore per le conseguenze che lascia presagire.
. La portata di queste complesse trasformazioni è ovviamente legata al rapido sviluppo tecnologico dell’intelligenza artificiale stessa. Proprio questo vigoroso avanzamento tecnologico rende l’intelligenza artificiale uno strumento affascinante e tremendo al tempo stesso ed impone una riflessione all’altezza della situazione.
In tale direzione forse si potrebbe partire dalla costatazione che l’intelligenza artificiale è innanzitutto uno strumento. E viene spontaneo affermare che i benefici o i danni che essa porterà dipenderanno dal suo impiego.
Questo è sicuramente vero, poiché così è stato per ogni utensile costruito dall’essere umano sin dalla notte dei tempi. Questa nostra capacità di costruire utensili, in una quantità e complessità che non ha pari tra i viventi, fa parlare di una condizione tecno-umana: l’essere umano ha da sempre mantenuto una relazione con l’ambiente mediata dagli strumenti che via via produceva. Noi esseri umani, infatti, viviamo una condizione di ulteriorità rispetto al nostro essere biologico; siamo esseri sbilanciati verso il fuori-di-noi, anzi radicalmente aperti all’oltre. Da qui prende origine la nostra apertura agli altri e a Dio; da qui nasce il potenziale creativo della nostra intelligenza in termini di cultura e di bellezza; da qui, da ultimo, si origina la nostra capacità tecnica. La tecnologia è così una traccia di questa nostra ulteriorità.
. Tuttavia, l’uso dei nostri utensili non sempre è univocamente rivolto al bene. Anche se l’essere umano sente dentro di sé una vocazione all’oltre e alla conoscenza vissuta come strumento di bene al servizio dei fratelli e delle sorelle e della casa comune, non sempre questo accade. Anzi, non di rado, proprio grazie alla sua radicale libertà, l’umanità ha pervertito i fini del suo essere trasformandosi in nemica di sé stessa e del pianeta. Stessa sorte possono avere gli strumenti tecnologici. Solo se sarà garantita la loro vocazione al servizio dell’umano, gli strumenti tecnologici riveleranno non solo la grandezza e la dignità unica dell’essere umano, ma anche il mandato che quest’ultimo ha ricevuto di ‘coltivare e custodire’ il pianeta e tutti i suoi abitanti. Parlare di tecnologia è parlare di cosa significhi essere umani e quindi di quella nostra unica condizione tra libertà e responsabilità, cioè vuol dire parlare di etica. Non si può scartare una cosa dall’altra.
E questo è vero in misura maggiore per l’intelligenza artificiale, la quale è uno strumento ancora più complesso. Direi quasi che si tratta di uno strumento sui generis. Conviene sempre ricordare che la macchina può, in alcune forme e con questi nuovi mezzi, produrre delle scelte algoritmiche. Ciò che la macchina fa è una scelta tecnica tra più possibilità e si basa o su criteri ben definiti o su inferenze statistiche. L’essere umano, invece, non solo sceglie, ma in cuor suo è capace di decidere. Per questa ragione, di fronte ai prodigi delle macchine, che sembrano saper scegliere in maniera indipendente, dobbiamo aver ben chiaro che all’essere umano deve sempre rimanere la decisione, anche con i toni drammatici e urgenti con cui a volte questa si presenta nella nostra vita.
Proprio su questo tema permettetemi di insistere: in un dramma come quello dei conflitti armati è urgente ripensare lo sviluppo e l’utilizzo di dispositivi come le cosiddette ‘armi letali autonome’ per bandirne l’uso, cominciando già da un impegno fattivo e concreto per introdurre un sempre maggiore e significativo controllo umano. Nessuna macchina dovrebbe mai scegliere se togliere la vita ad un essere umano.
. A quanto già detto va ora aggiunta un’osservazione più generale. La stagione di innovazione tecnologica che stiamo attraversando, infatti, si accompagna a una particolare e inedita congiuntura sociale. Si registra come uno smarrimento o quantomeno un’eclissi del senso dell’umano e un’apparente insignificanza del concetto di dignità umana. Ed è così che in questa stagione in cui i programmi di intelligenza artificiale interrogano l’essere umano e il suo agire, proprio la debolezza dell’ethos connesso alla percezione del valore e della dignità della persona umana rischia di essere il più grande vulnus nell’implementazione e nello sviluppo di questi sistemi. Non dobbiamo dimenticare infatti che nessuna innovazione è neutrale: nessuna innovazione è neutrale. La tecnologia nasce per uno scopo e, nel suo impatto con la società umana, rappresenta sempre una forma di ordine nelle relazioni sociali e una disposizione di potere, che abilita qualcuno a compiere azioni e impedisce ad altri di compierne altre. Questa costitutiva dimensione di potere della tecnologia include sempre, in una maniera più o meno esplicita, la visione del mondo di chi l’ha realizzata e sviluppata.
. Non possiamo nascondere il rischio concreto, poiché insito nel suo meccanismo fondamentale, che l’intelligenza artificiale limiti la visione del mondo a realtà esprimibili in numeri e racchiuse in categorie preconfezionate, estromettendo il rapporto e l’apporto di altre forme di verità e imponendo modelli antropologici, socio-economici e culturali uniformi. Il paradigma tecnologico incarnato dall’intelligenza artificiale rischia allora di fare spazio a un paradigma ben più pericoloso, che ho già identificato con il nome di ‘paradigma tecnocratico [si sbaglia, dice democratico]’.
Ed è proprio qui che è urgente l’azione vostra, l’azione politica, come ricorda l’Enciclica Fratelli tutti.
DALLA VERSIONE INTEGRALE DEL DISCORSO DI PAPA FRANCESCO UNO SPUNTO CHE RIGUARDA INTELLIGENZA ARTIFICIALE E STUDENTI
Mi permetto di segnalare, infine, un ultimo ambito in cui emerge chiaramente la complessità del meccanismo della cosiddetta intelligenza artificiale generativa (Generative Artificial Intelligence). Nessuno dubita che oggi sono a disposizione magnifici strumenti di accesso alla conoscenza che permettono persino il self-learning e il self-tutoring in una miriade di campi. Molti di noi sono rimasti colpiti dalle applicazioni facilmente disponibili on-line per comporre un testo o produrre un’immagine su qualsiasi tema o soggetto. Particolarmente attratti da questa prospettiva sono gli studenti che, quando devono preparare degli elaborati, ne fanno un uso sproporzionato.
Questi alunni, che spesso sono molto più preparati e abituati all’uso dell’intelligenza artificiale dei loro professori, dimenticano, tuttavia, che la cosiddetta intelligenza artificiale generativa, in senso stretto, non è propriamente ‘generativa’. Quest’ultima, in verità, cerca nei big data delle informazioni e le confeziona nello stile che le è stato richiesto. Non sviluppa concetti o analisi nuove. Ripete quelle che trova, dando loro una forma accattivante. E più trova ripetuta una nozione o una ipotesi, più la considera legittima e valida. Più che ‘generativa’, essa è quindi ‘rafforzativa’, nel senso che riordina i contenuti esistenti, contribuendo a consolidarli, spesso senza controllare se contengano errori o preconcetti.
In questo modo, non solo si corre il rischio di legittimare delle fake news e di irrobustire il vantaggio di una cultura dominante, ma di minare altresì il processo educativo in nuce. L’educazione che dovrebbe fornire agli studenti la possibilità di una riflessione autentica rischia di ridursi a una ripetizione di nozioni, che verranno sempre di più valutate come inoppugnabili, semplicemente in ragione della loro continua riproposizione
DAL DISCORSO DEL PAPA NEL DECENNALE DELL’ “INVOCAZIONE PER LA PACE IN TERRASANTA” (8 giugno 2014-7 giugno 2024)
Sono trascorsi dieci anni da quell’invocazione per la pace in Terrasanta che vide, promossa da papa Francesco con l’aiuto fondamentale dell’allora Custode padre Pierbattista Pizzaballa, una preghiera interreligiosa comune nei Giardini vaticani, protagonisti Bergoglio, Simon Peres, Abu Mazen (all’anagrafe Mahmud Abbas) e il patriarca Bartolomeo (vedi https://www.rossoporpora.org/rubriche/papa-francesco/386-invocazione-riuscita-ma-c-e-chi-ha-pregato-piu-per-la-vittoria.html ). Non possiamo fare a meno di ricordare che, salendo verso il luogo dell’incontro (in cui fu piantato un ulivo), fummo testimoni dell’attacco di un gabbiano a due piccioni, i cui corpi, straziati, caddero sulla radura adiacente.
Qualche passo del discorso del Papa per il decennale.
. Oggi, fare memoria di quell’evento è importante, specialmente alla luce di quanto purtroppo sta accadendo in Palestina e in Israele. Da mesi ormai assistiamo a una crescente scia di ostilità e vediamo morire sotto i nostri occhi tanta gente, anche tanti innocenti. Tutta questa sofferenza, la brutalità della guerra, le violenze che essa scatena, l’odio che semina anche nelle generazioni future dovrebbero convincerci che ‘ogni guerra lascia il mondo peggiore di come lo ha trovato. La guerra è un fallimento della politica e dell’umanità, una resa vergognosa, una sconfitta di fronte alle forze del male’
. Per questo motivo, invece che illuderci che la guerra possa risolvere i problemi e portare alla pace, dobbiamo essere critici e vigilanti verso un’ideologia oggi purtroppo dominante, secondo cui ‘il conflitto, la violenza e le fratture fanno parte del funzionamento normale di una società’ In gioco ci sono sempre le lotte di potere tra i diversi gruppi sociali, gli interessi economici di parte, gli equilibrismi politici internazionali che mirano a una pace apparente, fuggendo dai problemi reali.
. Ogni giorno prego perché questa guerra volga finalmente al termine. Penso a tutti coloro che soffrono, in Israele e in Palestina: ai cristiani, agli ebrei, ai musulmani. Penso a quanto sia urgente che dalle macerie di Gaza si levi finalmente la decisione di fermare le armi e, perciò, chiedo che ci sia un cessate-il-fuoco; penso ai familiari e agli ostaggi israeliani e chiedo che siano liberati il prima possibile; penso alla popolazione palestinese e chiedo che sia protetta e riceva tutti gli aiuti umanitari necessari; penso ai tanti sfollati a causa dei combattimenti, e chiedo che presto le loro case vengano ricostruite perché possano ritornarvi in pace. Penso anche a quei palestinesi e israeliani di buona volontà che, tra le lacrime e le sofferenze, non smettono di attendere nella speranza l’arrivo di un giorno nuovo e si adoperano ad anticipare l’alba di un mondo pacifico in cui tutti i popoli ‘spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci; una nazione non alzerà più la spada contro un’altra, non impareranno più l’arte della guerra’
Tutti dobbiamo lavorare e impegnarci affinché si raggiunga una pace duratura, dove lo Stato di Palestina e lo Stato d’Israele possano vivere l’uno accanto all’altro, abbattendo i muri dell’inimicizia e dell’odio; e tutti dobbiamo avere a cuore Gerusalemme, affinché diventi la città dell’incontro fraterno tra cristiani, ebrei e musulmani, tutelata da uno statuto speciale garantito a livello internazionale.
Non smettiamo di sognare la pace, che ci regala la gioia inattesa di sentirci parte di un’unica famiglia umana. Questa gioia l’ho vista qualche giorno fa a Verona, sul volto di quei due papà, un israeliano e un palestinese, che si sono abbracciati davanti a tutti. Di questo hanno bisogno Israele e Palestina: di un abbraccio di pace!
IL CARDINALE PAROLIN ALLA CONFERENZA PER LA PACE IN UCRAINA (BUERGENSTOCK, SVIZZERA, 15-16 giugno 2024)
Il 15 e 16 giugno in Svizzera si è tenuta una conferenza per la pace in Ucraina, voluta da Kiev e ospitata/co-organizzata da Berna. La Russia era assente, così come la Cina. Una novantina le delegazioni accolte nelle lussuose strutture turistiche (fondi qatarioti) del Bürgenstock, (canton Nidvaldo) a mille metri di altitudine e con vista spettacolare sul lago dei Quattro Cantoni (o di Lucerna). Alla fine della duegiorni è stato approvato un documento in cui si rivendica l’integralità territoriale dell’Ucraina: dodici Stati (tra i quali Brasile, India, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti) non l’hanno firmato. Una conferenza insomma - in concreto e al di là delle buone intenzioni - assai velleitaria, dai risultati prevedibilmente scarsi e che alimenta nuove domande sull’attuale concetto elvetico di neutralità (in uno stato di fluidità che in patria desta non poche preoccupazioni….si teme tra l’altro un appiattimento su posizioni filo-Nato).
La Santa Sede era presente in qualità di osservatore e come consuetudine non ha sottoscritto il documento congiunto finale. Era rappresentata dal cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin, del cui intervento in inglese proponiamo qualche passo da noi tradotto.
. La Santa Sede saluta il vertice ad alto livello per la pace in Ucraina, co-organizzato da Svizzera e Ucraina (….) preparato accuratamente dall’Ucraina che, mentre sta facendo sforzi enormi per difendersi dall’aggressione, continuamente lavora sul fronte diplomatico, mirando a raggiungere una pace giusta e duratura.
Di fronte alla guerra e alle sue tragiche conseguenze, è importante mai darsi per vinti, ma continuare a cercare strade per la fine del conflitto con buone intenzioni, fiducia e creatività. E’ questo il messaggio che costantemente dà papa Francesco, rivolto in particolare ai reggitori delle nazioni. E’ importante ribadire che il solo mezzo suscettibile di produrre una pace vera, stabile e giusta è il dialogo tra tutte le parti coinvolte (…).
In accordo con la sua natura, la Santa Sede sta partecipando alla Conferenza in qualità di Osservatore, portando un’attenzione particolare al rispetto della legge internazionale e delle questioni umanitarie. Riguardo al primo aspetto, desidera riaffermare la validità del principio fondamentale del rispetto della sovranità di ogni Paese e dell’integrità del suo territorio.
. La Santa Sede esprime grande interesse per le conseguenze tragiche umanitarie ed è specialmente impegnata a facilitare il rimpatrio di bambini, incoraggiando nel contempo il rilascio dei prigionieri, in modo particolare di coloro – militari e civili – che sono gravemente feriti.
Il ricongiungimento di minori con le loro famiglie o tutori legali deve essere di supremo interesse per tutte le parti, e ogni sfruttamento di tale situazione è inaccettabile. E’ quindi imperativo che tutti gli sforzi siano mirati rigorosamente a facilitare tale processo. Inoltre la Santa Sede partecipa da osservatore all’attività della coalizione internazionale per il rientro di bambini ucraini dalla Russia (NdR: fin qui 388). La Santa Sede mantiene contatti diretti con entrambe le autorità ucraine e russe, con l’intenzione di accrescere l’incisività del meccanismo creato a seguito della visita del cardinale Matteo Zuppi a Kiev e a Mosca, con lo scopo di risolvere casi concreti. (…)
. La Santa Sede incoraggia Paesi e altri membri della comunità internazionale a esplorare vie di concreta assistenza e di mediazione facilitata, che siamo di natura umanitaria o politica. (…)
. Per conto di papa Francesco, desidero confermare la sua personale vicinanza al tormentato popolo ucraino e la sua incessante attività per la pace.