PAPA/UNGHERIA- LEPORI/QUARESIMA - ALEPPO, JENIN – SCUOLA – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 8 marzo 2023
Dal 28 al 30 aprile 2023 papa Francesco farà un viaggio apostolico in Ungheria: qualche considerazione sul tema. Un’intensa riflessione di padre Mauro-Giuseppe Lepori sulla Quaresima. Lettere da Aleppo, semidistrutta dalla guerra e colpita gravemnente anche dal terremoto. Borse di studio per studenti palestinesi cattolici dalla parrocchia romana di Sant’Ippolito. Una considerazione pertinente di suor Anna Monia Alfieri sull’ideologizzazione dilagante nella scuola.
Era mercoledì 13 marzo 2013, pomeriggio piovigginoso, in prima serata (ore 20.13). Piazza San Pietro, gremita di folla in attesa. Alla Loggia delle Benedizioni appare il cardinale protodiacono, il compianto Jean-Louis Tauran… Annuntio vobis gaudium magnum… habemus Papam: eminentissimum ac reverendissum Dominum, Dominum Georgium Marium Sanctae Romanae Ecclesiae Cardinalem Bergoglio qui sibi nomen imposuit Franciscum. Stupore diffuso… chi è? Ovazione per il nome Francesco.
Dieci minuti dopo ecco il nuovo Papa: Fratelli e sorelle, buonasera! Voi sapete che il dovere del Conclave era di dare un Vescovo a Roma. Sembra che i miei fratelli Cardinali siano andati a prenderlo quasi alla fine del mondo… ma siamo qui (…) E adesso vorrei dare la Benedizione, ma prima… prima vi chiedo un favore: prima che il vescovo benedica il popolo, vi chiedo che voi preghiate il Signore perché mi benedica (…) Fratelli e sorelle, vi lascio. Grazie tante dell’accoglienza. Pregate per me e a presto! Ci vediamo presto: domani voglio andare a pregare la Madonna, perché custodisca tutta Roma. Buona notte e buon riposo! Stupore che si trasforma in ovazione… nella Chiesa si annunciano novità?
Sgomitando vigorosamente riusciamo a uscire da piazza San Pietro… di corsa, con il fiatone, verso la metropolitana a via Ottaviano. Dobbiamo andare a casa a scrivere per il Corriere del Ticino. Siamo raggiunti da una telefonata. E’ il collega Giuseppe Di Leo che, in diretta per Radio Radicale, ci chiede un commento... Calma, devo riflettere un momento …E Di Leo: Per me sarà un Papa rivoluzionario. Mah… invece, a dieci anni da quella sera, si può ben dire che Di Leo avesse ragione. Con una precisazione: rivoluzionario sì nelle intenzioni – concretizzate ormai a ritmo accelerato - di rinnovare nei modi (e magari inevitabilmente anche nella dottrina) il porsi della Chiesa nel mondo, ma anche non raramente contraddittorio nel suo comportamento quotidiano. Del resto l’ha detto lui stesso: due passi avanti e uno indietro… due passi avanti e uno indietro … è vero che il saldo è sempre positivo (per Bergoglio) ma l’avanti-indré provoca in ogni caso confusione in molte teste di buoni cattolici. E poi: verso dove procede il Papa? Per tanti è un punto interrogativo che desta inquietudini occasionali ma ormai soprattutto permanenti. Tra le contraddizioni emerge quella riguardante la conclamata sinodalità: Jorge Mario Bergoglio la predica… ma a casa sua la pratica assai poco. Roba da NIMBY (“non nel mio cortile”). E che dire delle sue posizioni sull’immigrazione incontrollata? L’immagine pubblica, quella che passano i giornaloni con Avvenire (parte grama) accodato, è quella di un Papa che vorrebbe accogliere tutti a braccia aperte, che critica i muri dei cattivoni di turno (l’ultimo a dire il vero lo sta erigendo la… Finlandia…ma lì la Sanna Marin, così antropologicamente esemplare, è brava…), che indossa le pettorine delle Ong e la spilletta di ‘Porti aperti”. Certo a quell’immagine Francesco ci tiene, coltivandola con cura.
E tuttavia ecco … che ti combina il Papa “delle Ong”? Dal 28 al 30 aprile andrà a Budapest in viaggio apostolico. Proprio in quell’Ungheria che i sinistri di ogni parrocchia considerano simbolo di tutte le nefandezze in materia di migranti (e non solo): dagli adoranti fans dell’italo-americana Elly Schlein (solo anagraficamente svizzera) agli attivisti della galassia giallorossoverde, dai radicalchic storici delle terrazze dei Parioli e di Monteverde ai catto-fluidi avveniristici.
Ma come…il Papa non era già stato a Budapest il 12 settembre 2021? Vero, però in quell’occasione per poche ore, solo per la messa conclusiva del 52.mo Congresso eucaristico internazionale. Nel breve lasso di tempo aveva avuto sì incontri istituzionali in città, ma la sua non fu una visita al Paese di cui Budapest è capitale. Il vero viaggio apostolico fu allora in Slovacchia.
Tuttavia il tema di una possibile visita in Ungheria restò sul tappeto. Dopo un susseguirsi di inviti ufficiali (vedi ad esempio https://www.rossoporpora.org/rubriche/papa-francesco/1094-adunata-poco-chiara-e-tre-spunti-papali-ungheria-santa-sede.html ) e dopo un gran lavorìo delle diplomazie, l’obiettivo è stato raggiunto.
Qualcuno insisterà: E’ incredibile…il Papa in dieci anni non è mai tornato in patria, in Argentina e ora, a un anno e mezzo di distanza, va ancora a Budapest, non più considerata come sede del Congresso Eucaristico Internazionale, ma come capitale del Paese di cui è primo ministro un certo Viktor Orbán? Si vede proprio che Bergoglio ci tiene ad andare in Ungheria… ma perché?
Tentiamo una risposta, partendo da lontano. Il 12 settembre 2021 il Papa a Budapest incontrò anche i vescovi magiari, rievocando una sua intensa esperienza episcopale a Buenos Aires con alcune suore ungheresi, esuli nel 1956 dopo la repressione sovietica della rivolta di fine ottobre: Conservo vivo nel cuore il ricordo delle Suore ungheresi della Società di Gesù (Englische Fräulein), le quali, a causa della persecuzione religiosa, dovettero lasciare la loro patria. Con il coraggio della loro personalità e la fedeltà alla vocazione fondarono il Collegio “Maria Ward” nella città di Plátanos, vicino alla capitale Buenos Aires. Dalla loro fortezza, dal loro coraggio, dalla loro pazienza e dal loro amore alla patria ho imparato molto; per me sono state una testimonianza. Ricordandole oggi qui, rendo anche omaggio a tanti uomini e donne che dovettero andare in esilio e anche a quanti hanno dato la vita per la patria e per la fede.
Dunque Jorge Mario Bergoglio ha maturato già negli anni di Buenos Aires un buon rapporto con l’Ungheria e con il suo popolo, ciò che è emerso poi anche in occasioni successive con apprezzamenti convinti (“Ho imparato tutto sull’Ungheria, ho l’idea idea di un Paese eroico, uomini diritti, buoni e coraggiosi”) e facendo proprie note battute scherzose come: “Quale lingua si parla in Paradiso? L’ungherese, perché ci vuole un’eternità per studiarlo”. Perdipiù al Papa piace (con moderazione, naturalmente) anche un vino-simbolo come il Tokaji, che ritroverà presumibilmente a fine aprile a Budapest…
Detto della simpatia di radice antica di Jorge Mario Bergoglio per l’Ungheria, resta da comprendere perché si manifesti così apertamente anche oggi, in presenza di un governo osteggiato aspramente dalla galassia sinistra (con i compagni di strada cattofluidi) e dal tristo carrozzone di Bruxelles.
Intanto, per chi segue gli sviluppi delle relazioni ungaro-vaticane con un po’ di attenzione (e non con l’ostinata malevolenza di Avvenire) appare evidente una consonanza tra Budapest e Roma su almeno sei temi fondamentali: difesa e promozione della famiglia (il Papa a Budapest il 12 settembre 2021, nel colloquio con l’allora presidente János Ader: “La famiglia è padre, madre, figli, punto!”); incoraggiamento concreto alla natalità; protezione dei giovani contro la pedofilia e contro l’ideologia gender; sostegno all’identità cristiana del Paese; aiuto ai cristiani perseguitati (vedi ad esempio la compartecipazione al progetto ‘Ospedali aperti’ in Siria – un’iniziativa del 2016 del cardinale Mario Zenari- di cui beneficiano giustamente anche i musulmani); posizione analoga a proposito della guerra in Ucraina (Viktor Orbán il 18 febbraio 2023: “Siamo restati solo in due, Ungheria e Vaticano a lottare per la pace”) . Non solo: si prospetta una nuova collaborazione, più incisiva, tra Vaticano e Ungheria in sede internazionale, per bloccare documenti multilaterali, sovente in buona parte condivisibili ma contenenti in alcuni punti potenziali cavalli di Troia per la diffusione e per l’imposizione dello stesso totalitarismo arcobaleno nelle scuole (oltre che nel mondo dei media). Non a caso l’ultimo colloquio del 25 agosto 2022 tra il Papa e la presidente ungherese – già a guida del ministero della Famiglia - Katalin Novák (seguito dall’incontro con il segretario di Stato vaticano) è risultato tanto esemplare quanto caloroso.
Direte… e sulla questione dei migranti? L’argomento come è noto non è affrontato in genere dalla stessa prospettiva a Santa Marta e a Budapest. Le differenze non mancano. E tuttavia anche qui il Papa a volte può sorprendere (è già avvenuto più volte in questa materia), come è capitato nel dopo-Angelus di domenica 5 marzo 2023, a proposito del tristissimo naufragio (oltre settanta i morti) di un barcone di migranti nelle acque davanti a Cutro, sulla costa jonica calabrese. Mentre l’intera sinistra con i cattofluidi incorporati ha accusato e accusa vergognosamente il governo di aver lasciato affogare i migranti, che dice Jorge Mario Bergoglio (sostenuto il giorno successivo anche dal cardinale Parolin)? “Esprimo il mio dolore per la tragedia avvenuta nelle acque di Cutro, presso Crotone. Prego per le numerose vittime del naufragio, per i loro familiari e per quanti sono sopravvissuti. Manifesto il mio apprezzamento e la mia gratitudine alla popolazione locale e alle istituzioni per la solidarietà e l’accoglienza verso questi nostri fratelli e sorelle e rinnovo a tutti il mio appello affinché non si ripetano simili tragedie. I trafficanti di esseri umani siano fermati, non continuino a disporre della vita di tanti innocenti! I viaggi della speranza non si trasformino mai più in viaggi della morte! Le limpide acque del Mediterraneo non siano più insanguinate da tali drammatici incidenti! Che il Signore ci dia la forza di capire e di piangere. Il Papa ha dunque tra l’altro ringraziato la popolazione locale e le istituzioni per la solidarietà data ai migranti e soprattutto ha puntato il dito contro i trafficanti di esseri umani (non contro il governo Meloni, come urlano da giorni le opposizioni insieme con i loro media, con riflessi aberranti perfino in certe scuole).
Se si scorre il programma del viaggio apostolico in Ungheria, si noterà che la mattina del secondo giorno a Budapest sarà dedicata a una visita ai bambini ciechi dell’Istituto “Beato László Batthyány-Strattmann” e a un incontro con i poveri e i rifugiati – molti ucraini, l’Ungheria ne ha accolto circa 700mila - presso la chiesa di Santa Elisabetta d’Ungheria (principessa che si dedicò intensamente alle opere di carità, molto conosciuta perché portava il pane agli indigenti). E dunque il tema dei poveri, dei rifugiati e presumibilmente dei migranti non sarà assente dai discorsi del viaggio apostolico.
Ci si può chiedere infine perché il Papa nei tre giorni della visita si fermi a Budapest, senza spostarsi in altre parti del Paese. Il prossimo sarà il terzo incontro di Jorge Mario Bergoglio con la popolazione ungherese: i primi due sono avvenuti all’inizio di giugno 2019 presso il santuario ungherese di Sumulen Ciuc/Cziksomlyo in Romania e il 12 settembre 2021 a Budapest, in occasione del Congresso eucaristico internazionale. Escludendo le mete già toccate da altri Papi come Esztergom o Máriapócs, si poteva pensare a una visita al santuario mariano nazionale di Mátraverebély-Szentkút (vicino al confine con la Slovacchia). Ma alla fine è prevalsa l’idea di restare per tre giorni a Budapest, considerato come la capitale offra gli spazi necessari (compresi quelli universitari e la Sportsarena per i giovani) e sia raggiungibile in tempi limitati da ogni angolo del Paese.
UNA RIFLESSIONE QUARESIMALE DI PADRE MAURO –GIUSEPPE LEPORI
Ci pare utile offrire ai lettori una possibilità di riflessione sulla Quaresima attraverso alcune considerazioni in materia di padre Mauro-Giuseppe Lepori - sessantaquattrenne abate generale dell’Ordine cistercense – proposte nell’ambito di un’intervista rilasciata dal religioso ticinese (già molto vicino al compianto vescovo di Lugano Eugenio Corecco) all’agenzia catt.ch e apparsa lo scorso 28 febbraio.
Durante la Quaresima, la Chiesa propone tre pratiche penitenziali molto care alla tradizione biblica: la preghiera, l’elemosina, il digiuno. Qual è il modo autentico di viverle perché non siano pratiche formali?
Queste pratiche non sono formali se le viviamo come un aiuto a liberarci dalla chiusura in noi stessi. (…) Il digiuno, l’elemosina e la preghiera ci sono chieste e donate per aprire tutte le dimensioni della nostra vita alla felicità pasquale, alla vita eterna donata dal Signore, per convertirci dall’egoismo e dall’egocentrismo all’amore di Dio, all’amore del prossimo e del creato. (…) Che la tradizione cristiana ci proponga tre pratiche che aiutano in questo la nostra libertà è cosa di cui essere grati. Io comincio sempre la Quaresima con un moto di gratitudine: mi viene ancora dato un tempo per cominciare nuovamente a ritrovare me stesso volgendomi al Signore.
Quali forme possono assumere queste pratiche nella vita quotidiana?
Ciascuno deve cercare di comprendere quali atteggiamenti o abitudini lo chiudono al rapporto con Dio. Il digiuno – che ci apre ad attendere e scoprire ciò che sazia il nostro cuore – può essere non solo astinenza dal cibo, ma anche, ad esempio, astinenza da un uso bulimico del cellulare e dei social che ostacola il silenzio e l’ascolto di Dio e degli altri. Allo stesso modo l’elemosina, che esprime il nostro amore per gli altri: è bene sostenere economicamente qualche opera oppure avere particolare cura delle opere che magari già aiutiamo durante l’anno perché questo ci fa comprendere che ciò che possediamo non è solo per noi ma deve sempre anche misurarsi sul bisogno degli altri. Se però l’elemosina si riduce a dare frettolosamente un po’ del superfluo, non ci coinvolge. Coinvolge di più la nostra persona, ad esempio, il dono del nostro tempo, della nostra presenza, per fare compagnia, ascoltare, consolare, prestare servizio. E poi c’è la preghiera, il nostro dialogo con il Signore, da vivere nelle molte forme che la Chiesa propone: ad esempio la lectio divina, ossia la lettura orante della Scrittura.
ALEPPO: A UN MESE DA UN TERREMOTO CHE SI E’ AGGIUNTO ALLE DISTRUZIONI DELLA GUERRA
Come i nostri lettori sapranno, poco dopo le quattro del mattino del 6 febbraio 2023 la terra ha tremato con violenza in alcune zone della Turchia meridionale e della Siria settentrionale. Al momento sono oltre 50mila i morti, oltre 100mila i feriti, circa 200mila gli edifici distrutti. I morti in Turchia sono stati oltre 45mila, in Siria oltre 6mila. Gravi i danni ad Aleppo, già ferita pesantemente negli ormai dodici anni di guerra all’interno del territorio siriano.
Ad Aleppo la parrocchia cattolica di rito latino (di San Francesco) è retta dai francescani della Custodia di Terra Santa. Per oltre otto anni (dal 2014) il parroco è stato padre Ibrahim Alsabagh (trasferito ora a Nazareth). Da alcuni mesi gli è subentrato padre Bahjat Karakach. I contatti con l’Italia sono mantenuti particolarmente attrraverso Ritaluisa Carugati. Riportiamo qui alcuni passi di mail inviate da padre Bahjat dopo il terremoto.
. (8 febbraio 2023) All'inizio del 2023 ad Aleppo si aggiungono nuovi capitoli di dolore e paura alla vita dei suoi abitanti. Infatti, alle ore 04:17 del lunedì 6 febbraio, la nostra città è stata colpita da un forte terremoto di magnitudo 7,9 della scala Richter, che ha fatto precipitare le persone in strada sotto la pioggia, nel freddo e nel buio della notte, aggravato dalla mancanza della corrente elettrica. I genitori con i propri figli sono usciti di casa presi dal panico e qualcuno non ha fatto in tempo a mettersi le scarpe.
Di conseguenza, abbiamo annunciato che nella nostra chiesa avremmo accolto le persone e le avremmo riparate dal freddo e dalla pioggia, e così hanno fatto molte chiese. (…)
Le sale parrocchiali sono attualmente piene di centinaia di persone. Abbiamo tre conventi nella città e tutti e tre accolgono gli sfollati secondo le loro capacità. Nel nostro convento parrocchiale al centro della città accogliamo circa 500 persone e nel collegio di Terra Santa, che si trova in periferia circa 2000, avendo spazi all’aperto, mentre la chiesa succursale ospita una cinquantina di persone.
Serviamo tre pasti al giorno. Nessuno vuole tornare a casa, perché hanno paura di altre scosse più forti, e vista la situazione di pericolo in molte abitazioni. Mentre le temperature continuano a scendere anche sotto lo zero. Ci assicuriamo anche di mantenere il posto caldo per i bambini. Tutti i pasti che vengono serviti sono preparati dalla nostra mensa di beneficenza nel nostro progetto "Cinque pani e due pesci", e il problema più grande che dobbiamo affrontare è la difficoltà nell'ottenere forniture per preparare il cibo a causa delle sanzioni imposte alla Siria.(…)
D'altra parte, per far fronte alla crisi, il nunzio apostolico, Card. Mario Zenari, è venuto ad Aleppo e ha convocato una riunione di emergenza dei vescovi per trovare le modalità migliori per portare aiuto alla gente. (…)
. (16 febbraio 2023) Un gran numero di famiglie sono ancora sfollate in attesa di ritornare nelle proprie case, anche se hanno paura che ritorni il terremoto o che le loro case possano crollare. E’ vero che la paura è stato il fantasma che ci ha accompagnato durante la prima settimana, ma ora l’ansia sta prendendo il sopravvento.(…)
La gente di Aleppo ha sofferto la fame, la povertà e l'instabilità economica negli ultimi 12 anni. Adesso il terremoto ha colpito inaspettatamente rubando loro l’unico posto che li faceva sentire sicuri: la loro casa. Molte case sono state distrutte, e la maggioranza ha avuto danni importanti. E’ diventato quasi impossibile per la gente di Aleppo vivere una vita senza paura o ansia.
La Chiesa sta continuando il lavoro di accoglienza dei rifugiati in Centri edicati, dove vengono loro offerte stanze private e quindi un po’ di privacy. A loro vengono offerti pasti quotidiani e alloggi riscaldati. Stiamo facendo ulteriori sforzi per organizzare con professionisti in ingegneria visite alle case e valutarne le condizioni di agibilità. (…)
La situazione qui è tragica, è veramente una catastrofe. L’impegno per guarire i cuori, aggiustare le case e consolare le menti richiede forza, supporto perseveranza, speranza e non c’è dubbio che Dio ce lo garantirà.
Nei giorni scorsi abbiamo chiesto a padre Bahjat se da metà febbraio c’erano stati dei cambiamenti della situazione. Qualche passo della sua risposta del 2 marzo 2023:
In realtà l'unica cosa che si potrebbe segnalare è la paura che sembra non abbandonare la gente, che non vuole tornare a casa dopo tre settimane del terremoto. Anche chi ha la casa poco danneggiata, teme un'altra scossa. I bambini hanno paura di rientrare... i genitori non vogliono mandare i loro figli a scuola, né al catechismo, perché temono di perderli... la vita sembra ferma alla data 6 febbraio.
Noi stiamo incoraggiando loro a tornare alla normalità per quanto sia possibile, aiutando chi ha perso la casa ad averne un'altra in affitto, e chi ha la casa un po' danneggiata di ripararla per potervi abitare. Le gravi conseguenze a livello psicologico ed economico sono una cosa scontata, che Lei da solo può immaginare. Uniti nella preghiera in questa Quaresima.
Se qualcuno dei nostri lettori volesse dare un contributo alle attività caritative della parrocchia di San Francesco ad Aleppo, può farlo al seguente indirizzo (il conto è interamente dedicato alla stessa parrocchia):
Nome del beneficiario: FOR THE POOR
IBAN: IT 39 U 05018016000 00014488449
BIC/SWIFT: ETICIT22XXX
BANCA POPOLARE ETICA SCPA - FILIALE DI MILANO
Indirizzo Banca: Via Scarlatti 31 – 20124, MILANO
Causale del versamento: FOR THE POOR
SANT’IPPOLITO/ BORSE DI STUDIO PER STUDENTI CATTOLICI DI JENIN
La Quaresima di quest’anno presso la parrocchia romana di Sant’Ippolito a piazza Bologna prevede anche la possibilità di aiutare con un contributo gli alunni di una scuola del patriarcato latino di Gerusalemme situata a Zababdeh (comune di circa 4mila abitanti nella Cisgiordania settentrionale, amministrato dall’Autorità palestinese). Le borse di studio previste andrebbero a favore di alcune decine di studenti palestinesi cattolici poveri provenienti dalla vicina città di Jenin (il cui campo profughi, ritenuto un centro di estremisti palestinesi, è stato fatto oggetto a più riprese – da ultimo a seguito dei recenti gravi attentati anti-ebraici - di dure rappresaglie da parte dell’esercito israeliano alla ricerca degli attentatori).
L’idea è nata perché da una parte il parroco di Sant’Ippolito don Manlio Asta voleva riprendere i pellegrinaggi in Terra Santa, dall’altra perché in parrocchia da qualche tempo è ospite don Ibrahim Shomali, già cancelliere del Patriarcato latino, che allo stesso don Asta ha suggerito di visitare alcune parrocchie in Cisgiordania pressoché ignorate dai pellegrinaggi. A metà novembre i due sacerdoti hanno così raggiunto Jenin e Zababdeh, incontrando i rispettivi parroci e scoprendo nella seconda località una scuola cattolica molto ben organizzata, una delle tredici del Patriarcato latino. L’istituto (dall’asilo alle superiori) ha una sessantina di docenti e oltre mille studenti (tre su cinque cristiani, gli altri musulmani). Tre le lingue insegnate: arabo, inglese e francese. La retta è di circa mille euro annui, che però molte famiglie non possono permettersi di pagare, perlomeno nella sua interezza. Da qui l’idea, condivisa e sostenuta da padre Pierbattista Pizzaballa (patriarca di Gerusalemme dei Latini), di contribuire alla copertura delle borse di studio per una trentina di alunni poveri provenienti dalla piccola parrocchia cattolica di Jenin. Si creerebbe così anche un gemellaggio tra San’Ippolito e le parrocchie cattoliche di Jenin e Zababdeh.
Per chi vuole concretizzare la sua Quaresima aiutando nello studio bambini e ragazzi cattolici di Jenin ecco l’IBAN della parrocchia romana di Sant’Ippolito a piazza Bologna: IT 60 H 08327 03251 0000 0000 0928 (causale: borse di studio).
SCUOLA/UNA RIFLESSIONE SU CUI MEDITARE E DA NON DIMENTICARE
La riflessione è quella proposta da suor Anna Monia Alfieri - religiosa marcellina molto impegnata nella difesa delle scuole paritarie e ben presente in ambito mediatico - a proposito dello schierarsi ideologicamente motivato di alcune presidi (clamoroso il caso di Firenze, con la preside piddina del liceo Leonardo da Vinci riguardo ai fatti avvenuti davanti al liceo Michelangelo e quello di Torino, con la preside piddina della scuola media Italo Calvino che ha chiesto agli alunni - aderendo all'invito de La Stampa - di indossare una fascia bianca in segno di protesta contro il governo "responsabile della strage dei migranti a Cutro", posando poi con loro). Osserva tra l'altro suor Alfieri in una lettera aperta indirizzata alla preside fiorentina (ma pensiamo valga per tutti i suoi imitatori e imitatrici): "Abbiamo bisogno di educatori, abbiamo bisogno di docenti in possesso di cultura, quella vera, quella che presenta un periodo storico, il pensiero di un filosofo, un argomento di etica in modo obiettivo, avendo il coraggio di dire la propria opinione senza imporla, senza discriminare, senza dileggiare. Questa è la scuola di cui l'Italia ha bisogno. Diversamente continuerà l'imposizione che genera desiderio di rivalsa, odio, sopraffazione. Collaboriamo perché la scuola torni ad essere laboratorio e fucina di idee, nel rispetto delle visioni di ciascuno. Questo è il compito della scuola, da sempre. Chi l'ha fatta diventare mezzo di diffusione dell'idea dominante l'ha corrotta e resa meschinamente supina. Evitiamo di ricadere negli stessi errori del passato". Ben detto, suor Anna Monia Alfieri!