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    OMOFOBIA/AVVENIRE: I MAGHEGGI ARCOBALENO DEL DUO TARQUINIO-MOIA

    OMOFOBIA/AVVENIRE: I MAGHEGGI ARCOBALENO DEL DUO TARQUINIO-MOIA - di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 23 giugno 2020

     

    L’Avvenire arcobaleno se ne infischia della Nota della presidenza della Cei contraria a una nuova legge sull’omotransfobia e si inventa ( pompandolo)  un ampio dibattito intra-cattolico. Ricostruzione di dieci giorni di protervia ideologica e comunicativa.

     

     

    Questi sono giorni importanti per la trattazione in sede parlamentare di due temi che ci stanno molto a cuore: la sopravvivenza delle scuole paritarie (è già annunciata la chiusura di 75 istituti cattolici) e la sopravvivenza della libertà di manifestare in Italia pubblicamente il proprio pensiero in materia di famiglia: in Commissione Giustizia della Camera sarà presentato il testo unificato delle cinque proposte liberticide presentate dalla sinistra e da una singola deputata di Forza Italia. Del primo tema torneremo a occuparci a giorni, del secondo invece in questa sede cerchiamo di analizzare un aspetto particolare: il comportamento al riguardo del quotidiano Avvenire, organo (dicono) della Conferenza episcopale italiana, che con la nota del 10 giugno ha negato la necessità di una nuova legge, giudicandola inutile oltre che soggetta al grave rischio di essere liberticida.

     

    LA NOTA DELLA PRESIDENZA DELLA CEI

    LA NOTA DELLA PRESIDENZA DELLA CEI – 10 giugno 2020 (appare anche nella home page del sito www.chiesacattolica.it sotto il titolo “Omofobia, non serve una nuova legge” e il sommario “I Vescovi contro ogni discriminazione: esistono già adeguati presidi con cui prevenire e reprimere ogni comportamento violento”.

    “Nulla si guadagna con la violenza e tanto si perde”, sottolinea Papa Francesco, mettendo fuorigioco ogni tipo di razzismo o di esclusione come pure ogni reazione violenta, destinata a rivelarsi a sua volta autodistruttiva.

    Le discriminazioni – comprese quelle basate sull’orientamento sessuale – costituiscono una violazione della dignità umana, che – in quanto tale – deve essere sempre rispettata nelle parole, nelle azioni e nelle legislazioni. Trattamenti pregiudizievoli, minacce, aggressioni, lesioni, atti di bullismo, stalking… sono altrettante forme di attentato alla sacralità della vita umana e vanno perciò contrastate senza mezzi termini.

    Al riguardo (NdR: il neretto è nostro), un esame obiettivo delle disposizioni a tutela della persona, contenute nell’ordinamento giuridico del nostro Paese, fa concludere che esistono già adeguati presidi con cui prevenire e reprimere ogni comportamento violento o persecutorio.

    Questa consapevolezza ci porta a guardare con preoccupazione alle proposte di legge attualmente in corso di esame presso la Commissione Giustizia della Camera dei Deputati contro i reati di omotransfobia: anche per questi ambiti non solo non si riscontra alcun vuoto normativo, ma nemmeno lacune che giustifichino l’urgenza di nuove disposizioni.

    Anzi, un’eventuale introduzione di ulteriori norme incriminatrici rischierebbe di aprire a derive liberticide, per cui – più che sanzionare la discriminazione – si finirebbe col colpire l’espressione di una legittima opinione, come insegna l’esperienza degli ordinamenti di altre Nazioni al cui interno norme simili sono già state introdotte. Per esempio, sottoporre a procedimento penale chi ritiene che la famiglia esiga per essere tale un papà e una mamma – e non la duplicazione della stessa figura – significherebbe introdurre un reato di opinione. Ciò limita di fatto la libertà personale, le scelte educative, il modo di pensare e di essere, l’esercizio di critica e di dissenso.

    Crediamo fermamente che, oltre ad applicare in maniera oculata le disposizioni già in vigore, si debba innanzitutto promuovere l’impegno educativo nella direzione di una seria prevenzione, che contribuisca a scongiurare e contrastare ogni offesa alla persona. Su questo non servono polemiche o scomuniche reciproche, ma disponibilità a un confronto autentico e intellettualmente onesto.

    Nella misura in cui tale dialogo avviene nella libertà, ne trarranno beneficio tanto il rispetto della persona quanto la democraticità del Paese. 

     

    Il ‘NO’ DELLA PRESIDENZA DELLA CEI A UNA NUOVA LEGGE CONTRO L’OMOTRANSFOBIA E INVECE L’EQUIDISTANZA APPARENTE DEL SUO ORGANO DI STAMPA AVVENIRE SUL TEMA. LA REALTA’ E’ ANCORA PEGGIORE: AVVENIRE E’ A FAVORE DI UNA NUOVA LEGGE.

    A proposito della nota osserviamo che la presidenza della Cei, dopo un incipit scontato sulle discriminazioni contro la persona, vi evidenzia che:

    . la legislazione italiana prevede già “adeguati presidi” per prevenire e reprimere atti violenti o persecutori” contro la persona;

    . ciò vale anche per i reati relativi all’ “omotransfobia”: “anche per questi ambiti non solo non si riscontra alcun vuoto normativo, ma nemmeno lacune che giustifichino l’urgenza di nuove disposizioni”;

    . in altre parole, osserviamo noi, la presidenza della Cei considera in primo luogo inutili le proposte di legge relative all’ “omotransfobia” in discussione presso la Commissione Giustizia della Camera;

    . la presidenza della Cei guarda “con preoccupazione” a tali proposte;

    . non solo: la presidenza della Cei paventa che “un’eventuale introduzione di ulteriori norme incriminatrici rischierebbe di aprire a derive liberticide, per cui – più che sanzionare la discriminazione – si finirebbe col colpire l’espressione di una legittima opinione, come insegna l’esperienza degli ordinamenti di altre Nazioni al cui interno norme simili sono già state introdotte”;

    . ciò porterebbe a una “limitazione de facto” che colpirebbe la libertà personale, le scelte educative, il modo di pensare e di essere, l’esercizio di critica e di dissenso;

    . in conclusione - considera la presidenza della Cei - basta applicare “in maniera oculata” le leggi esistenti e “innanzitutto” promuovere l’impegno educativo in materia con una disponibilità “a un confronto autentico e intellettualmente onesto” condotto “nella libertà”.

    Dunque: bocciatura per inutilità delle proposte pendenti in sede parlamentare, preoccupazione per derive liberticide nel caso in cui dovessero essere approvate nuove norme repressive. Insomma è sufficiente applicare le norme già esistenti e confrontarsi onestamente sul tema con la controparte.

    La nota, inattesa, ma soprattutto inattesa in tali termini (avrà pesato anche la pressione vigorosa del mondo pro life e pro famiglia con richiami alle crocette dell’8 per mille?) e certo approvata  -o forse stimolata? - dalla Segreteria di Stato vaticana, piomba come un masso erratico su piazza dei Carbonari a Milano, proprio là da dove Avvenire, il quotidiano della Cei, distilla giorno dopo giorno il suo verbo sempre più arcobaleno… Come reagirà la piumata coppia  Tarquinio-Moia? A questo punto metterà pragmaticamente in soffitta le penne di struzzo?

     

    AVVENIRE E IL GIOCO DELLE TRE CARTE DELLA PIUMATA COPPIA TARQUINIO-MOIA(11-19 GIUGNO)

    Avvenire dell’11 giugno 2020.  Quasi da non credere. Titolone d’apertura: “Contro l’omofobia le norme già ci sono”. Occhiello: “i vescovi evidenziano il rischio di regole liberticide. No a discriminazioni e a offese alla vita”. Sommario: “Cinque proposte alla Camera: confronto politico per un testo che escluda i reati d’opinione”. Di spalla la nota della presidenza della Cei, con il titolo “Non serve una legge nuova”. Poi un lancio: “Genitori Agapo (Ndr: associazione di genitori e amici di persone omosessuali); “Non è così che si aiutano i nostri figli” (NdR: in riferimento alle proposte di legge).

    Pagina 4 e 5 sono tutte dedicate al tema. Titolone di pagina 4: “Omofobia, le sanzioni già esistono. Con la nuova legge opinioni a rischio”. Altri articoli: “Spagna, il caso che fa riflettere” (NdR: incriminazione dell’arcivescovo di Malaga per aver legato sessualità e procreazione – aggiungeremmo anche la denuncia contro ’incriminazione del cardinale Cañizares Llovera per affermazioni contro l’imposizione delle teorie gender), “Identità di genere, il codice penale non c’entra” (a firma Moia, accucciato  in pagina centro-bassa), “E non sarebbe di aiuto ai nostri figli omosessuali” (il parere dei genitori dell’associazione Agapo già citata).

    Pagina 5 è dedicata alla normativa esistente (legge Mancino del 1993) e alle proposte di legge inoltrate. La domina un titolone: “Formule vaghe nelle 5 proposte”. Sommario: Discriminazioni: gli articolati in commissione alla Camera avvalorano i timori per la libertà di pensiero. L’ex-presidente di Montecitorio Boldrini assicura: ‘Appena ci sarà, il testo unificato fugherà ogni dubbio”. A centro pagina 5 un’intervista a Alfredo Mantovano, già sottosegretario all’Interno e vicepresidente del Centro Studi Livatino: “L’omofobia è perseguibile già oggi”. Sommario: “Il magistrato di Cassazione: con le nuove norme a rischio anche catechisti o teologi”. In taglio basso un commento su discriminazione e ‘identità di genere’.

    Insomma, una virata di Avvenire – apparentemente obbediente esecutore della volontà espressa nella nota dei suoi datori di lavoro - tale da far impallidire il Sommo Maestro Giuseppi. Sogno o realtà?

    Avvenire del 12 giugno 2020… è un altro giornale. Quello del giorno precedente è stato un infortunio, che la nota lobby – ben presente sia nel mondo vaticano che all’interno della Cei – ha provveduto sollecitamente a riparare. Infatti Luciano Moia, il Turiferario Guastalamessa in veste piumata, si prende la sua rivincita clamorosa dopo l’emarginazione di 24 ore prima. In che modo? C’è un lancio molto in evidenza in prima pagina: “Zan: ‘Nel testo sull’omofobia rispetto per le opinioni. Non sarà una legge bavaglio”’ “. E a pagina 6 l’intervista del Moia trionfante al piddino arcobaleno ha un titolone: “Omofobia, rispettiamo le idee” e un sommario, ambedue eloquenti: “Alessandro Zan: nel testo unico che stiamo mettendo a punto eliminato ogni riferimento alle opinioni” – “Non sarà una legge-bavaglio. Vogliamo garantire più tutele alle persone maggiormente vulnerabili”, Nel cappello in neretto il Turiferario Guastalamessa in veste piumata rilancia alcune anticipazioni sul testo unico: “Si interviene anche sul ‘recupero’ delle persone condannate per omofobia. Chi accetta può chiedere la sospensione della pena e svolgere un lavoro socialmente utile. Se il testo diffuso verrà confermato, è prevista anche l’istituzione della Giornata nazionale contro l’omotransfobia e l’istituzione di un fondo dedicato ai cosiddetti ‘centri antidiscriminazione case e rifugio’ che in questi anni hanno offerto assistenza sanitaria e sociale alle vittime dell’omofobia” (NdR: e qui farebbe rabbrividire la ‘Giornata’ cui sarebbero di certo sollecitate a partecipare le scuole di ogni ordine e grado…indottrinamento totalitario di memoria novecentesca. Vedi https://www.rossoporpora.org/rubriche/italia/955-scuole-giornata-contro-l-omofobia-come-ti-educo-il-pupo.html ).

    L’intervista-fiume di Moia è intesa a rassicurare eventuali dubbiosi consentendo al relatore Zan di indossare vesti d’agnello. Non per niente l’intervista è stata pubblicamente lodata due giorni dopo dal Turiferario direttore – compare di piume – che nella pagina dei lettori rileva che Zan “è stato intervistato e incalzato dal nostro collega Moia”: ci sarebbe da scompisciarsi dal ridere se invece la faccenda non fosse grave…ma nel Tarquinio il senso del pudore è solo un fastidioso errore del passato.

    L’intervista del Turiferario Guastalamessa in veste piumata al principale promotore delle norme contro l’ ‘omotransfobia’, è uno schiaffo alla nota della presidenza Cei del giorno precedente (che era stata perlomeno approvata dalla Segreteria di Stato vaticana). La nota diceva che le proposte sono inutili e pericolose? No, per l’Avvenire del 12 giugno è tutto il contrario: utili e per niente repressive della libertà di pensiero. Si vede però che il cardinale Bassetti è un presidente che evangelicamente ama porgere l’altra guancia e gli altri membri della Presidenza si rivelano della sua stessa tempra. Bassetti e gli altri sono coscienti che la nota lobby è più forte, anche dentro la Chiesa italiana e perdipiù conta su propaggini italo-vaticane (anche se non sul Segretario di Stato). E dunque, per la seconda volta in tre mesi (la prima fu la domenica 26 marzo 2020, dopo la nota bellicosa contro il governo di Giuseppi), chinano la testa, non emettono neanche un filo di voce, accettano di essere tappetini.

    La presidenza Cei ha detto: non c’è necessità di nuove norme potenzialmente liberticide, come mostra l’esperienza di tanti altri Paesi.  L’Avvenire, che nella Cei ha il datore di lavoro, risponde: invece sì e non saranno liberticide. A questo punto, di nuovo chiediamo: che ci fa l’Avvenire la domenica nelle chiese? Non è sufficiente l’inquinamento ideologico anti-cattolico che ci tocca respirare fuori?

    Sempre il 12 giugno e sempre a pagina 6 si cita ampiamente e correttamente in una colonnina e in neretto la Nota Cei… ma col titolo piumato: “Promuovere educazione e prevenzione”. La firma del pezzo è r.r., redazione romana. Speriamo, per il decoro dei colleghi di Roma, che il titolo sviante e inverecondo sia opera di piazza dei Carbonari. In taglio basso attenua la spudoratezza della pagina Marcello Palmieri (che il giorno prima aveva firmato l’articolo ‘spagnolo’): “Da Trento a Catania, condanne per discriminazione con le norme vigenti”.

    Avvenire del 13 giugno 2020: il foglio cattofluido pratica un’apparente par condicio  dando la parola al deputato centrista Maurizio Lupi, ciellino e presidente dell’Intergruppo per la sussidiarietà. Lancio in prima pagina (“Lupi: discutiamo. Ma il pericolo censura esiste”) e intervista del quirinalizio Angelo Picariello in quarta pagina, con un titolone che riprende quello del lancio: “Lupi: omofobia, il dibattito sia sereno. Ma il pericolo di una censura esiste”. Moia invece si dedica a un’intervista a Cristina Simonelli, una teologa cattofluida e arcobaleno, sotto un titolo assai criptico: “Il genere? Un labirinto. Urgente un ripensamento che chiarisca il pensiero”. Da notare che, come accaduto il giorno precedente, in una colonnina e in neretto appare un’ampia citazione della Nota della presidenza della Cei. Sempre a firma r.r. (redazione romana). Solo che stavolta il titolo è cambiato: “Mercoledì la nota dei vescovi italiani”. Contrordine compagni titolisti!

    Avvenire del 14 giugno 2020: è il giorno del Turiferario direttore in veste piumata, che a pagina 2 risponde ad alcune lettere. Così incominciando, con spudoratezza arcobaleno: “E’ già in atto, mi pare, il ‘dialogo’ auspicato dalla nota della Presidenza della Cei del 10 giugno scorso”. Delle sei lettere scelte da Marco Tarquinio quattro sono contro la ‘Nota’ e due esprimono invece molte perplessità sulle proposte di legge (in una, di don Francesco Pieri di Bologna, si critica anche la condiscendenza di Moia nell’intervistare Zan).

    Piccola parentesi: a pagina 13 si evidenzia il grande rilievo dato a un’ampia intervista del turiferario di turno a Mattia Santori, il più noto tra le Sardine (titolo: “Appello delle Sardine: ‘Unità antisovranista’ e nel testo Santori rivendica addirittura l’eredità di Dossetti: “Noi a Bologna siamo figli di Dossetti. Ci accomuna con il mondo cattolici la centralità della persona, il valore etico delle azioni quotidiane. C’è una visione antropologica e culturale che condividiamo. E per noi papa Francesco è una guida, un’icona”).

    Ma è la pagina 12 ad essere dedicata al tema che Avvenire , contraddicendo la Nota della presidenza della Cei, ha deciso di trattare con finta equidistanza, in realtà con una chiara preferenza per le piume arcobaleno. Titolone d’apertura: “Omofobia, in arrivo il testo base”, con in neretto un cappello (senza firma) che profuma di Moia. Non lo assaporate voluttuosamente leggendo queste righe? “Nei giorni scorsi era intervenuta anche la presidenza della Cei (NdR: quantité négligeable…) con un comunicato in cui, oltre ad esprimere perplessità sull’opportunità di varare nuovi provvedimenti, si metteva in luce l’esigenza di un impegno educativo ‘nella direzione di una seria prevenzione’ e nella prospettiva ‘di un confronto autentico e intellettualmente onesto’ “.  Sfrontato il Turiferario Guastalamessa vestito di piume: le affermazioni oggettivamente più importanti della Nota (quelle per cui essa è stata stilata) diventano quasi trascurabili, perché invece fondamentale per Tarquinio-Moia è la prospettiva del dialogo, indicato dalla Cei peraltro con gli altri, non all’interno del mondo cattolico. Ecco qui un bell’esempio del ‘metodo Avvenire’ ai tempi di Tarquinio.

    Sotto il cappello introduttivo due interviste. A sinistra quella al piddino Stefano Ceccanti (divertente il lapsus delle agenzia Italpress e Adn-kronos del 22 giugno che lo promuovono a candidato governatore di Toscana confondendolo con la pugnace leghista Susanna Ceccardi). Membro di un partito che ha appena nominato la tanto nota quanto raffinata Monica Cirinnà a responsabile del suo Dipartimento dei diritti civili, Ceccanti apparentemente si barcamena – secondo i costumi della casa - come appare dal titolo: “i timori sono giustificati, ma scongiurarli si può”. Il succo però è uno solo: la legge è “opportuna, anzi necessaria”, pur se sarebbe auspicabile ponesse dei limiti per garantire la libera manifestazione del pensiero e privilegiasse l’aspetto della prevenzione. Chiara fin dal titolo dell’intervista la posizione dell’indomita centrista Paola Binetti (UDC): “Rispetto pieno per tutti, ma la legge non serve”. E nel testo: “Ha sentito che tra le priorità indicate dal presidente Conte all’apertura degli Stati generali dell’economia c’è l’inclusione di genere? Abbiamo una situazione segnata da gravìssime incertezze, l’economia, la scuola, la sanità… e il governo vuole l’allargamento delle tutele previste dalla Legge Mancino, quando ci sono norme che prevedono già sanzioni adeguate”.

    Avvenire del 16 giugno 2020: posta sotto il titolo “Omotransfobia, dibattito serio”, la pagina delle lettere è tutta dedicata alla nuova legge che la presidenza della Cei aveva dichiarato inutile e pericolosa nel comunicato del 10 giugno. Delle otto lettere pubblicate tre sono a favore della norma. Alcuni spunti significativi. La lettrice Carla Martelli scrive: “Poiché io insegno religione da 35 anni vorrei chiarire che ho sempre pensato che di famiglie ne esistono di molti tipi e si tratta di famiglie vere anche se non sono basate sul matrimonio tra uomo e donna”. Tra gli esempi quello di “due persone dello stesso sesso che si amano, si scelgono e decidono di condividere tutto della loro vita”. In ogni caso la Martelli non ha specificato di quale religione sia insegnante…

    Marta Ricci invece osserva: “Faccio fatica a credere che dopo il lockdown (…) la priorità del Parlamento sia occuparsi della presunta emergenza omotransfobia… eppure basta leggere i quotidiani, guardare la tv (le varie fiction pro-lgbt… i programmi, i talk show) per rendersi conto che in Italia non c’è nessuna emergenza di questo tipo)”.

    Avvenire del 17 giugno 2020: l’editoriale è firmato da Francesco D’Agostino, modello insuperabile del “sì ma anche no”. Il succo del testo? Giuridicamente la nuova legge non è necessaria, ma socialmente sì: “Dobbiamo ammettere che l’omotransfobia non è un’invenzione del movimento lgbt, né una dinamica sociale irrilevante”. E dunque, in conclusione, sì a una nuova legge pur con le cautele del caso.

    Lo stesso giorno altra paginata di lettere a pagina 2 sotto il titolo “Omofobia, meglio educare”: cinque le lettere, di cui tre a favore della nuova legge. A pagina 8 un articolo del quirinalizio Picariello che annuncia lo slittamento “alla prossima settimana” dell’esame in Commissione Giustizia della Camera del previsto testo unificato.

    Avvenire del 18 giugno 2020: a pagina 2 sul tema solo una lettera, per rendere omaggio alla “competenza” del professor D’Agostino, “che inquadra perfettamente i termini della questione”.

    Avvenire del 19 giugno 2020: a pagina 2 nella rubrica Scripta manent l’intervento – non brillante per chiarezza espositiva e molto gesuitico di padre Pino Piva. Tuttavia la posizione dello scrivente emerge sin dal titolo: “No a limiti errati al pensiero, alla ricerca e alla pastorale”. Nel testo il peso è su “ricerca” e “pastorale”. L’altro intervento è a firma di Monica Boccardi, che osserva giustamente tra l’altro: “Non esiste definizione degli ‘atti di discriminazione’: è una fattispecie tanto generica da ricomprendere qualunque condotta ritenuta tale da chi se ne pretende vittima”.

    Attendiamo nuovi sviluppi, ora che il testo unificato sarà finalmente presentato.

     

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