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    CORONAVIRUS/GROTTESCO: ROCCA IMPERIALE, SULMONA, DON DINO PIRRI

    CORONAVIRUS/GROTTESCO: ROCCA IMPERIALE, SULMONA, DON DINO PIRRI - di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 6 aprile 2020

     

    Dopo i casi grotteschi e inquietanti di Cerveteri, Giulianova ed altri ecco quel che è accaduto il 30 marzo a Rocca Imperiale (Cosenza) e ieri, Domenica delle Palme, a Sulmona. Sabato poi Matteo Salvini ha osservato che anche l’anima ha bisogno di nutrimento e dunque si potrebbero prospettare Messe di Pasqua con un numero limitato di fedeli: ma gli odiatori sono insorti e anche don Dino Pirri  ha stigmatizzato maldestramente (un vero boomerang) il leader leghista.

     

    Il coronavirus è in primo luogo tragedia umana e quando se ne riferisce non si possono dimenticare i tanti morti (da Bergamo e Brescia alle case di riposo, ai conventi, al personale medico e infermieristico in prima linea, della protezione civile, al centinaio di sacerdoti e religiosi stroncati dal morbo) e lo strazio dei familiari che spesso non hanno potuto nemmeno accompagnarli, dare un ultimo bacio, stringere la mano per sostenerli nel tratto conclusivo della loro esistenza terrena.

    Poi il coronavirus è anche tragedia sociale ed economica: e qui i costi già sin d’ora appaiono enormi, tali da sconvolgere la vita di popoli interi, nel suo andamento di tranquilla o altalenante normalità. Con il rischio serio che, nel ‘dopo’ (quando, se mai, sarà) in tanti si ritrovino drammaticamente più poveri e tutti in ogni caso molto, ma molto meno liberi.

    La coscienza di quanto successo e il fondato timore per quanto succederà non esimono però chi osserva per vocazione o per mestiere lo scorrere della quotidianità dall’evidenziare alcune dichiarazioni o atti che  - grotteschi o inquietanti che siano – suscitano soltanto pena per i loro autori.

     

    DA ROCCA IMPERIALE (COSENZA)…..

    Nell’estremo nord della Calabria sta Rocca Imperiale. Confinante con la Basilicata (fino al 1816 ne ha fatto parte), in collina a quattro chilometri dallo Jonio, il comune si allunga ai piedi della fortezza di cui porta il nome. La chiesa madre è quella della Santissima Annunziata e il parroco si chiama don Domenico Cirigliano.

    Che cosa è successo nel centro dell’Alto Jonio cosentino, retto dal sindaco Giuseppe Ranù (a capo di una lista civica, ma membro della direzione regionale del Pd)? Ogni anno, il 30 marzo, nel comune sfila la processione con un Crocifisso che nel 1691, secondo la tradizione, versò miracolosamente del sangue. Considerate le misure eccezionali anti-coronavirus, tale processione per la prima volta non si è potuta svolgere. Don Domenico, però, ha pensato di avvertire i parrocchiani che sarebbe comunque passato (indossando una mascherina) con il Crocifisso per le vie del paese, benedicendolo. A debita distanza, un parrocchiano, anch’egli con mascherina.

    Poco dopo le 17.00 – come ha raccontato a La Nuova Bussola Quotidiana – il sacerdote è uscito dalla chiesa ed è stato affiancato da due carabinieri, che gli hanno chiesto subito i documenti: “Io dico che ho le mani impegnate perché ho il Crocifisso, mica posso metterlo per terra. ‘Prendeteveli da soli’, dico. E rovistano in tasca”.

    Don Domenico prosegue. Come si apprenda dai media locali la gente si affaccia alle finestre e ai balconi, saluta, manda baci, prega. Alle 17.55 il parroco è di ritorno davanti alla chiesa e ritrova i carabinieri. Gli restituiscono la carta d’identità e gli notificano il verbale con la multa di 400 euro: “Sebbene lo spostamento non fosse motivato da situazione lavorativa o da situazioni di necessità ovvero per motivi di salute, si spostava all’interno del territorio del comune di Rocca Imperiale. Nell’occasione alle ore 17.25 di oggi in Rocca Imperiale via XX settembre veniva accertato che il trasgressore (…) si trovava sulla pubblica via intento a svolgere una manifestazione/evento religioso in luogo pubblico. Atteso che effettuava una processione esponendo il Crocifisso alla quale prendeva parte altra persona. La funzione, nonostante l’invito rivolto dai verbalizzanti proseguiva fino alle ore 17.55. Funzione che a piedi ha interessato tutte le strade del centro storico di Rocca Imperiale”.

    E’ legittimo qui chiedersi se lo “spostamento” del parroco non possa essere definito ‘lavorativo’ e dunque legittimo secondo la ‘Nota’ del Viminale del 27 marzo, di cui abbiamo riferito parzialmente il 30 (vedi  https://www.rossoporpora.org/rubriche/vaticano/937-coronavirus-hai-visto-il-papa-ma-il-governo-offende-i-cattolici.html). Ci sono del resto sacerdoti che, un po’ in tutta Italia, sono usciti con il Santissimo o con lo statua della Madonna (vedi a Bibione) senza incorrere in ammende, anzi con l’elogio dell’autorità comunale.

    Don Domenico ha dichiarato che non pagherà la multa. Si sente colpito ingiustamente: “L’amarezza è tanta. Io il Crocifisso l’ho fatto uscire per benedire tutta la città, tutti gli abitanti di Rocca Imperiale, compresi i carabinieri e il sindaco. E' il Crocifisso che deve proteggerci. Invece sembra che abbia voluto fare un evento personalistico…non lo trovo giusto né rispettoso di un ministro di Dio”. Il sindaco del Pd, certo un uomo di squisita sensibilità religiosa, ha voluto aggiungerci qualcosa di suo: gli ha inflitto una quarantena di 14 giorni. Secondo i media locali l’accaduto ha provocato ‘sdegno’ diffuso nella popolazione.

    Tra le reazioni, molto particolare quella di Franco Corbelli, fondatore e leader dello storico Movimento per i diritti civili (si è occupato molto di carceri): “Esprimo (…) a don Domenico tutta la mia solidarietà, condivido il suo atto di fede e dico che idealmente è come se anch’io avessi partecipato alla sua processione. Non voglio certo dire che la popolazione avrebbe dovuto seguirlo. Assolutamente no. C’è un decreto del Governo e va rispettato. Ma ci sono anche delle eccezioni che vanno considerate. Soprattutto quando queste sono poste in essere da un uomo della Chiesa e da un vero, grande gesto di fede e di preghiera. Per questo multare Don Domenico è stato, a mio avviso, uno sbaglio. Significa multare, arrestare la fede. Don Domenico ha fatto un gesto bellissimo. Si è comportato come Papa Francesco” (NdR: il riferimento è al ‘pellegrinaggio’ romano a piedi verso la chiesa di san Marcello al Corso).

     

    … A SULMONA (ABRUZZO)

    Intanto ieri, Domenica delle Palme, la polizia locale è intervenuta nella chiesa di Santa Maria degli Angeli a Sulmona (frazione della Badia), dove era in corso la santa messa. All’uscita i fedeli presenti (quattro o sei a seconda delle fonti) sono stati identificati ed è stata loro comminata una multa di 280 euro a testa. Sono state inutili le spiegazioni del parroco, don Andrea Acciville, che, facendo notare che le distanze erano state rispettate, ha richiamato la già citata ‘Nota’ del Viminale del 27 marzo, in cui – per i riti della Settimana Santa, si prevede che il celebrante possa farsi accompagnare da “diacono, lettore, organista, cantore e operatori per la trasmissione”. In tale caso, continua la ‘Nota’, “i ministri celebranti e i partecipanti che intervengono in forma privata – in linea con il parere della pubblica sicurezza – avranno un giustificato motivo per recarsi dalla propria abitazione alla sede ove si svolge la celebrazione medesima e (…) non incorreranno nella contestazione e nelle relative sanzioni (…)”.

    La violazione contestata ai fedeli dalla solerte polizia locale – in contraddizione palese con la ‘Nota’ del Viminale - è stata quella di essersi allontanati senza giustificazione valida dall’abitazione.

    Da notare un particolare che la dice lunga sul clima malsano nei rapporti sociali alimentato in alcuni dalle presenti forti restrizioni alla libertà personale: secondo i media locali, i vigili urbani sono stati avvertiti – appena iniziata la santa messa - da alcuni residenti da tempo in lite con il parroco. Curiosità: chissà se le forze dell’ordine sono così sollecite nell’identificare e sanzionare ad esempio i criminali spacciatori di droga?

     

    IL CASO GROTTESCO DI DON DINO PIRRI

    Sabato 4 aprile, a Sky Tg24, Matteo Salvini ha osservato: “ Non vedo l’ora che la scienza e anche il buon Dio, perché la scienza da sola non basta, sconfiggano questo mostro per tornare a uscire. Ci avviciniamo alla Santa Pasqua e occorre anche la protezione del Cuore Immacolato di Maria. Sostengo le richieste di coloro che chiedono, in maniera ordinata, composta e sanitariamente sicura, di farli entrare in chiesa. Far assistere per Pasqua, anche in tre, quattro o in cinque, alla messa di Pasqua. Si può andare dal tabaccaio perché senza sigarette non si sta, per molti è fondamentale anche la cura dell’anima oltre alla cura del corpo. Spero che si trovi il modo di avvicinare chi ci crede. C’è un appello di poter permettere a chi crede, rispettando le distanze, con mascherine e guanti e in numero limitato, di entrare nelle chiese come si entra in numero limitato nei supermercati. La Santa Pasqua, la Resurrezione di nostro Signore Gesù Cristo, per milioni di italiani può essere un momento di speranza da vivere”.

    Quelle del leader della Lega si possono ritenere legittimamente considerazioni pacate, di buon senso, originate da appelli rivolti alle istituzioni da ambienti cattolici (e non solo) amareggiati per la normativa che vieta le messe coram populo anche in presenza di un piccolo numero chiuso di fedeli ben distanziati tra loro.  

    Naturalmente non sono mancate le reazioni di personalità di livello planetario. Il noto teologo – occasionalmente showman – Rosario Fiorello ha dichiarato: “Secondo il mio parere, riaprire le chiese a Pasqua potrebbe essere un errore. Non credo che Dio accetti le preghiere solo da chi va in chiesa. Se sono credente e sono fedele posso pregare anche in bagno, cucina o salotto” . A questo punto Santa Marta non lo potrebbe chiamare come membro della Commissione teologica internazionale?

    Un altro divetto televisivo (Tv 2000 e salotti vari), don Dino Pirri (parroco a Grottammare, già assistente nazionale dell’Azione cattolica ragazzi dal 2009 al 2014), ha sentenziato: “Caro Salvini, oggi le chiese sono chiuse, perché noi preti rispettiamo la legge del nostro Paese. Obbediamo ai nostri vescovi e non a te. Non usiamo il nostro popolo, ma lo amiamo. Non ci sta a cuore il consenso ma il bene comune”.

    Le chiese sono chiuse”? Questo don Pirri così saccente ignora che in gran parte d’Italia (Marche comprese) le chiese non sono chiuse, ma aperte alla preghiera individuale dei fedeli.

    Noi preti rispettiamo le leggi del nostro Paese”? Però nell’agosto 2019 un certo don Dino Pirri (un ultrà pro-business dell’immigrazione) ironizzava su “quellolà”, l’allora Ministro dell’interno, che aveva ringraziato la Madonna dopo l’approvazione del decreto sicurezza bis, “decreto dannoso”. Bel rispetto delle leggi! Che fosse un omonimo… eppure il don Pirri di agosto in foto somiglia come una goccia d’acqua a quello di oggi…

    “Obbediamo ai nostri vescovi e non a te”? Ma don Pirri, da cittadino modello quale dice di essere, deve obbedire in primo luogo alle leggi dello Stato, non ai vescovi.

    “Non usiamo il nostro popolo, ma lo amiamo. Non ci sta a cuore il consenso, ma il bene comune”. Qui don Pirri si trasforma in psicologo provetto, riuscendo a penetrare nella mente e nel cuore di Salvini e scoprendo (secondo lui) che il leader della Lega usa il popolo e non lo ama, ricerca il consenso e non mira al bene comune. Salvini? Un falso cristiano! Neanche gli viene concessa la possibilità (perché no?) che parli mosso da sentimenti sinceri.

    Insomma questo don Pirri, così saccente, drastico, misericordioso come qualsiasi turiferario, ci pare essere sulla buona strada per diventare un mito della chiesa cattofluida. Del resto ha già 35mila follower….che aspetta Santa Marta a farlo vescovo? Tanto più che il 3 marzo 2020, ancora a proposito di immigrazione, aveva dimostrato di avere le idee ben chiare: “I cristiani cattolicissimi apostolici romani impegnati in discussioni serie: le chiese chiuse e i centri commerciali aperti, a quaresima senza messa, la comunione sulle mani o in bocca o in ginocchio, il Padre nostro cambiato, il Papa è simpatico oppure no. Come quando Gesù angosciato nel Getsemani. E gli apostoli dormono. Lui, il Sofferente, suda sangue. E noi a sonnecchiare. Il ventre pieno. E le nostre preghiere, risuonano alle orecchie dell’Altissimo. Come un rutto“. Misericordiosamente raffinato questo don Pirri.

    Ultima osservazione. Pensate che il noto ‘Avvenire, giornale di ispirazione cattofluida,  abbia anche minimamente accennato alla proposta in materia di messe pasquali del leader del maggior partito d’Italia? Eppure la proposta è condivisa da robusti ambienti cattolici… Leggete il cartaceo di ieri e non vi troverete nulla (sempre naturalmente che non ci sia sfuggito). C'è solo un accenno molto vago, senza nomi, all'undicesima riga dell'editoriale di don Maurizio Patriciello. Non troverete nulla neanche su ‘Avvenire’ online (almeno fino al momento in cui scriviamo). Bontà della vantata completezza d’informazione catto-fluida (cui attinge di sicuro anche don Pirri)!

    P.S. Da un'intervista a mons. Bruno Forte apparsa oggi, lunedì 6 aprile 20209, su Vatican Insider a firma di Marco Roncalli apprendiamo che il pastore di Chieti-Vasto il prossimo Venerdì Santo celebrerà la liturgia della Passione nel Seminario Regionale e poi da lì porterà da solo l'antico Crocifisso fino al sagrato della Cattedrale, da dove benedirà città e diocesi. Se Chieti fosse come Rocca Imperiale o Sulmone, di sicuro mons. Forte non scamperebbe a una multa di 400 euro. Ma è presumibile che a Chieti non succederà...

    P.S./2. Volentieri riprendiamo una segnalazione da Trieste, dove Salvatore Porro - capogruppo di Fratelli d'Italia in Consiglio comunale - ha scritto una lettera aperta a Giorgia Meloni (presidente di FdI) perché "intervenga con decisione" presso il Governo Conte per assicurare lo svolgimento nei dovuti modi delle messe il giorno di Pasqua. Porro ricorda in particolare l'articolo 2 del Concordato per il quale la Repubblica italiana riconosce alla Chiesa cattolica la piena libertà di svolgere la sua missione e tra l'altro assicura alla Chiesa la libertà di organizzazione e di pubblico esercizio del culto. Rileva Porro, che è anche un devoto di Medjugorie: "Noi cattolici praticanti ci chiediamo perché mai alla Messa dovrebbe essere più facile il contagio che in suoermercato, in farmacia o dal giornalaio (...) Nostro Signore Gesù Cristo vale meno di una sigaretta o di un giornale?"

     

     

     

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