Ricerca

    MUSICA, AMBIENTE, IA, GUERRA: SPUNTI DI RIFLESSIONE GIOVANILI

    MUSICA, AMBIENTE, IA, GUERRA: SPUNTI DI RIFLESSIONE GIOVANILI – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 9 settembre 2024

    E’ sempre interessante stimolare i giovani ad approfondire con qualche spunto di riflessione temi con cui sono confrontati quotidianamente: che cosa provano nel sentire in una conversazione i termini ‘musica’, ‘ambiente’, ‘intelligenza artificiale’, ‘guerra’? Gli spunti, naturalmente non esaustivi del tema, sono offerti in questa occasione dai quattro intervistati: Micol Fontana, Nicolò Pellecchia, Elisa Napolitano, Leonardo Coroneo.

     

    MUSICA: ALCUNE RIFLESSIONI DI MICOL FONTANA

    (classe 2001, liceo classico Giulio Cesare Roma,  IV anno corso di laurea in Medicina e Chirurgia presso La Sapienza di Roma, vedi anche  https://www.rossoporpora.org/rubriche/italia/1060-roma-sant-ippolito-bilancio-2021-e-passato-un-altro-anno.html )

    Micol, quando in una conversazione cade il termine ‘musica’, a che cosa pensi immediatamente… quali sentimenti la parola suscita dentro di te?

    Il termine musica mi rimanda subito a un posto sicuro, in cui ognuno è libero di esprimersi nel modo che meglio crede, lì dove le parole non arrivano. Quando si parla di musica è come se mi sentissi a casa, I sentimenti che suscita in me sono tranquillità e serenità, senso di protezione e leggerezza, oltre che ammirazione per la sua capacità di essere universale e di suscitare emozioni profonde nelle persone.

    La musica ha la ‘capacità di essere universale’ … quali conseguenze ciò può comportare?

    La musica è in grado di arrivare a tutti. Se ascoltiamo una persona parlare  in un’altra lingua: possiamo non comprendere quanto dice e dunque non sentiamo nessuna emozione. Grazie alla musica invece, alla sua melodia, al suo ritmo, alla sua velocità si riescono a esprimere condivisione e emozioni: tutti sanno distinguere tra musica allegra e musica triste, indipendentemente dalle proprie competenze musicali e dalla conoscenza degli accordi in maggiore e in minore. Anche senza parole la musica riesce a trasmettere sentimenti comuni all’intera umanità.

    Ma la musica può trasformarsi, poniamo, anche in uno strumento politico nel mondo?

    Se penso ad esempio a come il regime nazista ha utilizzato la musica di Wagner per puntellare il suo potere, devo rispondere di sì.

    ... e dunque la musica è in grado di modificare – in positivo o in negativo - la nostra quotidianità?

    Tantissimo. Siamo per così dire ‘bombardati’ dalla musica…festosa o malinconica…che incide sulla nostra vita riempiendoci di emozioni spesso positive e non raramente anche negative, come dimostrano purtroppo ricorrenti fatti luttuosi di cronaca con protagoniste persone soggiogate da un certo tipo di musica dai ritmi martellanti e dai testi nichilisti. 

    E’ un argomento quest’ultimo su cui si dovrebbe riflettere a lungo:  coinvolge educazione, libertà e responsabilità… responsabilità anche di chi irresponsabilmente diffonde e dunque propaganda certi testi. Passiamo a qualcosa di allegro: ho l’impressione che la mattina ti alzi cantando… come mai sei così affezionata alla musica?

    Il mio percorso musicale è stato lungo e travagliato. Da bambina ero stonatissima… i miei genitori si tappavano le orecchie per non sentirmi…

    Ma com’è possibile? Ti ho ascoltata ad esempio cantare da solista “Ti esalto Dio mio Re” alla Veglia di Pasqua e la tua mi sembrava una voce intonatissima…

    Devi crederci… da bambina ero stonatissima…

    Pensa che incoraggiamento per gli stonati che ti leggono, considerata la tua evoluzione musicale…

    (ride) A scuola ho incominciato a suonare il flauto dolce. Mi piaceva e allora ho cercato uno strumento simile, scoprendo il clarinetto. Ho incominciato a frequentare la scuola di musica, poi da autodidatta ho imparato a suonare la chitarra. Ho frequentato i corsi pre-accademici del Conservatorio fino agli esami del terzo anno. Continuo a studiare autonomamente, anche il pianoforte e il sassofono…

    Ti conosco anche come direttrice del coro di Sant’Ippolito, oltre che come strumentista… secondo la tua esperienza la musica è un piacevole orpello  o è parte integrante della celebrazione eucaristica?

    Per me la musica è parte integrante della liturgia, come del resto prescritto. Ha il potere di coinvolgere meglio l’assemblea, aiutandola a pregare e ad avvicinarsi a Dio, alla dimensione trascendente…

    Scriveva Sant’Agostino non certo a torto che..

    …chi canta prega due volte. Il canto è fondamentale. Quando dirigo il coro, sento che quello è il mio posto nella messa. Sono diversi i servizi durante la messa: ci sono i chierichetti … e mio fratello fa il cerimoniere …

    … anche del Papa in un’occasione recente…

    Sì…ci sono i ragazzi che stanno accanto ai bambini come mia sorella, i ragazzi che si incaricano della questua… io sento che il servizio in cui riesco meglio è quello dell’accompagnamento musicale. Cerco di svolgerlo con la massima concentrazione e dai miei cantori pretendo voglia di fare, impegno e soprattutto coscienza di mettersi al servizio di tutta l’assemblea, cercando di coinvolgerla quanto più possibile nella lode canora a Dio.

     

    AMBIENTE: ALCUNE RIFLESSIONI DI NICOLO’ PELLECCHIA

    (classe 1999, liceo scientifico-sportivo Pacinotti-Archimede di Roma, laurea triennale in Scienze naturali e secondo anno laurea magisteriale indirizzo eco-biologico curriculum terrestre, ambedue presso La Sapienza di Roma)

    Nicolò, tu per vocazione che è anche passione sei anche un osservatore attento di ciò che in matura accade intorno a noi… quando senti in una conversazione cadere la parola ‘ambiente’ come reagisci immediatamente dentro di te?

    La parola ambiente suscita in me delle emozioni forti e contrastanti. Indubbiamente la prima emozione che provo nei confronti dell’ambiente è lo stupore. La sua sconfinata bellezza, le molte sfide, tutto ciò che c’è ancora da scoprire, sono tutti elementi che sono in grado di farmi tornare bambino, facendo sì che mi stupisca ancora di fronte alle piccole cose. D’altra parte quando sento la parola ambiente provo anche profonda tristezza. Le tematiche ambientali spesso vengono viste come una cosa secondaria, ed è molto difficile per noi amanti e studiosi della natura riuscire a far percepire la reale situazione in cui noi ci troviamo. E’ molto triste dover sempre combattere con il muro di apatia che questa società crea nei confronti dell’ambiente in cui vive.

    Qualche esempio delle ‘piccole cose’ di cui parli e che ti stupiscono?

    Si può trattare di paesaggi, di animali… mio zio era professore di letteratura italiana e mi raccontava sempre di Pascoli e del ‘fanciullino’ che è in noi. A me piacciono molto gli anfibi e quando incontro una salamandra pezzata mi sembra sempre di tornare bambino, mi emoziono veramente tanto… penso che questa sia una caratteristica del naturalista indipendentemente dall’età anagrafica.

    Ho l’impressione che questo emerga anche nelle escursioni di gruppo della Società Romana di Scienze naturali (SRSN), di cui sei membro attivissimo…

    Sì, ricordo perfettamente che, quando per la prima volta scoprimmo in Prato Magno (Arezzo) dei geotritoni, il professor Pierangelo Crucitti – fondatore della SRSN - si emozionò forse ancora più di me… in tanti anni di carriera non aveva mai incontrato un geotritone… gli vennero gli occhi lucidi. A me succede anche quando mi imbatto in un serpente… l’avrò già visto magari cinque volte in un mese eppure l’adrenalina mi sale sempre… è sempre insomma una prima volta!

    Dalla tua risposta iniziale emerge anche la tristezza per la sottovalutazione delle tematiche ambientali… in base a quale esperienza fai una tale considerazione? Ci sembra invece che le tematiche ambientali in questi ultimi anni abbiano acquisito progressivamente importanza nella nostra società occidentale a livello politico, mediatico, di opinione pubblica …

    Indubbiamente negli ultimi anni le tematiche ambientali hanno assunto molta più importanza nel dibattito politico e nell’opinione pubblica. Purtroppo quello che noto è che nella maggior parte dei casi l’importanza attribuita all’argomento è legata spesso a un secondo fine: l’obiettivo resta quello di fare business. Non sembra quasi mai ci sia un interesse reale della politica e della società rispetto a quello che sta accadendo nella natura.

    A proposito di costi per perseguire le agende ‘green’: non si rischia di impoverire larghe fasce di popolazione?

    Sì. Purtroppo devo ribadire che a molti dei fautori di tali politiche non interessa un reale progresso della società ma solo il lucro che può derivare loro dagli investimenti ‘ambientali’.  Ciò porta a situazioni in cui l’arricchimento è per pochi rispetto alla globalità della popolazione, che invece si impoverisce per le spese cui è costretta. Non tutti ci possiamo permettere alcuni tipi di soluzioni proposte come la transizione completa verso le energie rinnovabili. Nell’agenda 2030 sono fissati alcuni obiettivi che, essendo noi in grave ritardo nel perseguirli, sarà estremamente difficile, direi utopico, raggiungere a tale data … si sta fallendo miseramente! Dunque c’è questo grande rischio, anche se penso che con uno sforzo maggiore si potrebbero ottenere risultati migliori. Penso ad esempio al Comune di Roma: a che serve ampliare la Zona a traffico limitato (Ztl) limitando la mobilità delle persone, se poi le metropolitane non funzionano, i bus nemmeno?

    Nella tua esperienza hai già constatato effetti rilevanti del cambiamento climatico in atto?

    Occupandomi di anfibi, il gruppo di vertebrati maggiormente esposti al rischio di estinzione (41% delle specie) - animali legati particolarmente all’acqua non marina, ma interne e temporanee (vedi pozze, stagni) – posso constatare più facilmente gli effetti del cambiamento climatico. In passato una pozza poteva sparire a fine agosto, permettendo agli anfibi di completare il loro sviluppo, il loro ciclo vitale; oggi l’essiccamento è anticipato di molto e gli anfibi tendono a estinguersi localmente se non riescono ad adattarsi. Sia durante la tesi che durante il tirocinio, sempre nel Parco nazionale d’Abruzzo-Lazio-Molise, ho constatato la sparizione di alcuni siti che dalle carte erano segnalati come importanti. Si vedeva a terra che c’era stata dell’acqua, ma erano già secchi a inizio giugno.

    Secondo te quanta parte di responsabilità ha l’attività antropica in tale cambiamento?

    Quello che emerge dalle mie osservazioni è la constatazione della velocità del fenomeno. Nella storia della Terra ci sono stati periodi di grandi cambiamenti nel clima, però di solito il fenomeno si presentava lento e graduale, a meno di cataclismi come la caduta di un meteorite o grandi terremoti o lo scontro tra placche. Invece oggi non ci sono cataclismi, ma si assiste a un’accelerazione … non solo a un innalzamento delle temperature, ma anche all’aumento del rilascio di CO2 nell’atmosfera, sicuramente legato all’attività umana a causa degli scarichi delle attività industriali già a partire dall’inizio del Novecento.

     

    INTELLIGENZA ARTIFICIALE (IA): ALCUNE RIFLESSIONI DI ELISA NAPOLITANO

    (classe 2002, liceo scientifico Giovan Battista Grassi di Latina, laurea in relazioni economiche internazionali a La Sapienza di Roma, sta preparando la laurea magistrale - corso European Studies Law and Economics - presso la Facoltà di Giurisprudenza della stessa Università).

    Elisa, se in una conversazione ti capita di ascoltare un binomio sostantivo-aggettivo come ‘intelligenza artificiale’, a che cosa ti fa pensare immediatamente e che cosa provi dentro di te?

    Quando si parla in una conversazione di ‘intelligenza artificiale’ (IA) penso ad una tecnologia avanzata che cerca di emulare o potenziare le capacità cognitive umane. Una macchina che ha l’abilità di vedere, muoversi, ragionare, apprendere o imparare dall’esperienza passata, ma anche capacità come la pianificazione e la creatività. E’ uno strumento che trova applicazione in vari campi, dalla medicina alla finanza, dall’arte alla robotica, trasformando la società.

    Il primo sentimento che suscita in me è incertezza. Il pensiero di un possibile sopravvento dell’IA sull’uomo comporta una certa preoccupazione, in particolare per le implicazioni etiche come il rischio di perdere il controllo su tali tecnologie, l’impatto sul lavoro umano, le questioni relative alla privacy e alla sorveglianza. Al contempo, inevitabilmente, sorge una grande curiosità… c’è un senso di meraviglia per le opportunità e le innovazioni che l’IA può portare.

    Hai accennato al rischio di un ‘possibile sopravvento’ dell’IA sull’uomo? Come attenuarlo o evitarlo secondo te?

    Sicuramente non intendevo riferirmi a certe scene di film fantascientifici con protagonisti dei robot che mirano alla distruzione della razza umana. Il rischio cui penso riguarda la possibilità che l’IA raggiunga un livello di autonomia tanto avanzata da iniziare a operare al di fuori della capacità di controllo da parte dell’uomo. Ad esempio ci possono essere aziende che delegano a un macchinario il controllo del livello di efficienza dell’azienda stessa: e se il macchinario decide per ragioni di ottimizzazione dei profitti di licenziare un gruppo di operai? Altro tema sensibile è quello che concerne il mantenimento di posti di lavoro umani, suscettibili di sostituzione da parte di macchinari. Alcuni economisti sostengono che i lavoratori coinvolti potranno essere riconvertiti ad esempio in controllori dei macchinari. Naturalmente i controllori dovrebbero essere specializzati e anche qui non è facile… inoltre potrebbero crearsi forti disparità nel trattamento con gli operai non specializzati. Altro esempio di criticità è quello dell’IA applicata all’industria degli armamenti con un aumento inevitabile della potenza distruttiva della stessa. Se è la macchina a premere il pulsante, non sentirà neppure quelle residue emozioni e domande che albergano – sovente represse - anche nei cuori dei militari più freddi, avvezzi a uccidere professionalmente altri umani…

    Le famose “pedine” – termine in questo caso raccapricciante - individuate dal principe Harry d’Inghilterra, quand’era pilota di un elicottero militare in Afghanistan…Che cosa allora si può fare per evitare il rischio del sopravvento dell’IA sull’uomo?

    Regolamentare l’uso dell’IA. Negli scorsi mesi il Parlamento europeo ha approvato l’ “AI Act”, con cui a tale uso si pongono limiti cui l’utilizzatore si deve attenere: in primis il rispetto dei diritti umani fondamentali e qui troviamo anche la privacy e la trasparenza, troviamo i principi etici del manifesto Call for AI -Ethics della Pontificia Accademia della Vita. Attraverso poi un potenziamento della ricerca si potrà riuscire a comprendere meglio i meccanismi dell’IA e a evitare derive anti-umane.

    I contenuti sono immessi nell’IA da qualcuno che li ha scelti… una scelta solo tecnica o anche soggettiva?

    Sicuramente alla base dello sviluppo dell’IA ci sono scelte tecniche, ci sono gli algoritmi. Poi sull’evoluzione degli algoritmi, sulla selezione dei dati per la gestione del macchinario la scelta è soggettiva, quindi è soggettiva anche la fissazione dei fini che il macchinario deve perseguire… ad esempio se e quanto deve essere coinvolto nella procedura di decisioni gestionali. Certamente il macchinario deve tenere conto della complessità della persona con le sue molte dimensioni che si manifestano a livello universale, da quella etica a quella sociale, da quella culturale a quella emotiva. Il macchinario deve favorire l’inclusione e perciò non può ignorare nella sua attività le diverse componenti della natura umana.

    Nel tuo settore di lavoro economico-finanziario, secondo la tua esperienza fatta fin qui, quale perso ha oggi l’IA? Quali possibilità di sviluppo?

    C’è una ricerca recente che è stata condotta dalla Goldman Sachs da cui si evince che nei prossimi dieci anni il Pil globale, grazie allo sviluppo dell’IA, crescerà del 7%. E’ evidente perciò che tale evoluzione avrà un impatto positivo forte in tanti settori dell’economia. Oggi l’IA viene utilizzata per l’analisi dei dati, anche sui mercati finanziari per stabilire le preferenze dei consumatori e offrire il prodotto ideale per loro. Nel mio ambito lavorativo specifico certo l’IA artificiale ha il suo peso, ma in ogni caso per un professionista resta fondamentale il rapporto ‘fisico’ con il cliente. Qui la macchina non potrà mai raggiungere le potenzialità umane.

    Che cosa consiglieresti a un giovane per non lasciarsi sopraffare come individuo dall’IA e riuscire invece come persona pensante a utilizzare l’IA come strumento prezioso per il progresso proprio e della società?

    L’unico consiglio che mi sento di dare è di coltivare sempre il proprio pensiero critico. Le nuove tecnologie devono servire per ottimizzare le proprie capacità e non rimpiazzarle. L’IA ci aiuterà molto nei prossimi anni, ma non bisogna mai dimenticare che i macchinari non sono persone. Nel futuro prossimo sarà sempre più importante avere persone con la testa sulle spalle e che sappiano decidere autonomamente.

     

    GUERRA: ALCUNE RIFLESSIONI DI LEONARDO CORONEO

    (classe 2002, liceo scientifico Righi di Roma, laurea triennale in matematica a La Sapienza di Roma, primo anno di laurea magistrale in matematica presso la stessa Università, vedi anche https://www.rossoporpora.org/rubriche/italia/1152-gmg-2023-sant-ippolito-roma-e-non-solo-la-speranza-e-giovane.html )  

    Leonardo, se in una conversazione cade il termine guerra (e oggi non è difficile che accada), che cosa ti viene immediatamente da pensare… e quali sentimenti suscita subito in te?

    Alla prima parte della domanda rispondo con il termine pace: essa deve essere raggiunta il più presto possibile. Alla seconda parte rispondo con il sentimento del disgusto, dato che non posso non pensare alle vite di tante persone innocenti rubate per motivi politici, economici, militari.

    ‘Rispondo con il termine pace”: è un termine questo realisticamente fondato? Esisterà mai una pace universale?

    Una pace universale è difficile da raggiungere, anche perché sulla Terra siamo – secondo i calcoli più recenti - attorno agli otto miliardi: come creare un’armonia vera e persistente tra tanti individui e tra migliaia di popoli? Ognuno di noi è soggetto a interessi, brame, ire che rendono oggettivamente impossibile evitare conflitti a ogni livello. Tuttavia alla pace si deve puntare come obiettivo a breve e soprattutto a lungo termine.

    La guerra suscita in te disgusto e però è da sempre presente nel dna dell’umanità. Come si può riuscire a contenerne almeno i danni?

    Dobbiamo pensare al potenziamento dell’educazione. Soprattutto in età infantile è doveroso far capire ai bambini che cosa è giusto e che cosa è sbagliato: su questo loro hanno una sensibilità particolare, comprendono e assimilano al volo. Naturalmente è fondamentale avere insegnanti che aiutino i bambini a capire la differenza e dunque a facilitare il discernimento infantile. A volte certi bambini diventano nella quotidianità maestri migliori degli adulti! Oggi il problema grave è proprio l’educazione di questi ultimi alla pace, dall’adolescenza in poi... un’educazione che sia permanente. L’educazione alla pace deve  accompagnarti per la vita intera. L’insegnamento a scuola va bene, ma purtroppo gli adulti tendono facilmente a dimenticare quanto hanno appreso sui banchi, a meno che non rientri nelle competenze richieste da proprio lavoro. Si tende sempre più a specializzarsi… e specializzarsi nella pace è arduo! Nella storia ci sono stati molti che hanno inseguito il sogno della guerra e della vittoria tramite l’uso delle armi… pensiamo ad esempio a tanti condottieri famosi, romani e non. I libri di storia sarebbero ridotti alla metà, se non ci fossero state le guerre. Tanti altri hanno invece perseguito l’ideale della pace, sacrificandosi per l’umanità. Dovremmo dare loro maggior spazio nei programmi scolastici e certo in ambito mediatico.

    Perché secondo te anche oggi le guerre non solo esistono, ma addirittura prosperano (se così si può dire)? I popoli si devono arrendere a tale situazione di fatto?

    No, i popoli non devono arrendersi. Una guerra può finire anche prima della vittoria dell’uno o dell’altro dei contendenti! E i popoli possono premere sui loro governanti. E’ evidente che sono i governanti che si dichiarano guerra per motivi diversi e portano i popoli alla rovina. La pace, anche nella forma di tregua, di cessate il fuoco, può arrivare sempre, se lo si vuole. Se si ascoltasse la voce dei popoli, di quelli che hanno perso tutto e si sono ritrovati coinvolti in una guerra che non condividevano, penso che le guerre nel mondo diminuirebbero drasticamente. Invece siamo costretti a subirne le conseguenze tragiche per colpa di chi si dichiara guerra a distanza, rinchiuso nei suoi bunker, nei suoi palazzi… e in guerra non ci va: “Armiamoci e partite!”. Molti tra quelli che combattono sono costretti a farlo in Paesi in cui c’è la leva obbligatoria… se potessero, si rifiuterebbero. Poi c’è la questione dell’industria degli armamenti. Ho letto da qualche parte che per annichilire la Terra basterebbero 50 bombe atomiche… noi ne abbiamo più di mille in circolazione nel mondo. Quanti soldi sprecati nella fabbricazione e nell’acquisto di armi invece di essere impiegati per costruire ospedali e aprire scuole! Sentiamo sempre che nel mondo c’è crisi, mancano i soldi… un discorso schizofrenico, se si pensa ai miliardi spesi per l’industria bellica. Di guerre ‘pacifiste’ non ne esistono. Uno può martellare continuamente sul concetto di guerra ‘giusta’, ma alla fine sono sempre i popoli a soffrire. Il confine tra giusto e sbagliato in tale contesto è molto labile: incominci magari credendo di essere nel giusto e poi fai una strage di innocenti…

     

    Ricerca