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    ELEZIONI E EQUIDISTANZA - SANT'EGIDIO: SCIITI, MINORI SENZA NOME

    ELEZIONI E EQUIDISTANZA - SANT’EGIDIO: SCIITI, MINORI SENZA NOME – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 24 agosto 2022

     

    Chiesa italiana e elezioni: neutralità vera o camuffata? – Una presa di posizione del cardinale Matteo Zuppi – A Sant’Egidio un Convegno sul dialogo interreligioso tra cattolici e sciiti: proposta da parte sciita irachena una commissione permanente – A Sant’Agnese sulla Nomentana presentato un libro sui minori invisibili: “Nascere non basta”.

    Il quotidiano che è maestro inarrivabile nelle campagne di linciaggio mediatico – ovvero Repubblica – così ‘apre’ l’edizione cartacea di domenica 21 agosto 2022, sotto l’occhiello “Verso le elezioni” (italiane del 25 settembre): “Voto, il silenzio della Chiesa”. E a pagina 3 nel grande titolo annuncia “la neutralità della Chiesa voluta dal Papa”. Nell’articolo di Claudio Tito si legge tra l’altro: “La direttiva è partita subito. Non appena la crisi del governo Draghi si è trasformata in elezioni anticipate. Un ordine impartito informalmente, ma inderogabilmente. Nessun ruolo della Chiesa. Nessun intervento. Nessuna presa di posizione, se non sui valori. (…) Persino sullo slogan leghista “Credo” dalla Santa Sede è arrivato l’invito a non commentare”.

    Chiaro, no? Eppure… proprio sulla pagina dirimpettaia, la seconda, la stessa Repubblica pubblica un’intervista in tema elettorale a un prelato che di certo non si può sospettare di essere anti-bergogliano: l’arcivescovo Vincenzo Paglia, odierno presidente della Pontificia Accademia per la vita (oltre che della Commissione del Ministero italiano della Sanità per la riforma dell’assistenza agli anziani). L’intervistatrice è Conchita Sannino, una delle penne più incisive del ‘Credere, obbedire, combattere’ professato dalla Casa. Siamo curiosi… chissà come interpreta  la ‘neutralità’ ecclesiale (che Repubblica afferma essere stata chiesta da Bergoglio) il sempre sorridente prelato santegidino?  

    Incominciamo dal centrosinistra. Chiede la Sannino a Paglia se non lo spaventino le lotte “anche radicali” dei piddini su aborto ed eutanasia (potremmo aggiungere i temi dei ‘nuovi diritti’ lgbt, identità fluida, utero in affitto, droga, ecc…). Risposta del settantasettenne arcivescovo, che presumiamo alzi gli occhi al cielo cercando risposte tanto misericordiose quanto elevate: “Il problema non sono mai i diritti. Lo dico anche da presidente dell’Accademia per la vita. Ma va anche celebrata, coltivata, amata, ‘sta vita. Abbiamo, grazie a Dio e ai tanti progressi, allungato tanto la vecchiaia. Ma stiamo sempre più comprimendo, calpestando la nascita e l’infanzia. In ogni senso. Vorrà dire qualcosa. Tanti, non solo i cattolici, sentono l’esigenza di alzare l’asticella, di far risplendere la vita. Che non sia solo consumo”.

    La Sannino passa poi al centrodestra e chiede: “Ma la destra che espone la Madonna a favore di Tg1, o conia lo slogan ‘Credo’, appare più rassicurante?”. Immaginiamo un guizzo negli occhi di Vincenzo Paglia, che ha una gran voglia di tornare terre à terre e trafiggere con una evangelica stoccata i reprobi: “Le rispondo con le parole del Vangelo, di Matteo. ‘Non chi dice Signore, Signore entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre’. Gesù mica chiede attestazioni televisive, l’atto pubblico e sei a posto. Chiede che gli ultimi siano i primi, che si compiano opere di misericordia”. Dilaga allora la Sannino: “Tra le quali non c’è il respingere migranti, tenerli a galleggiare in mare”. E Paglia attinge stavolta compiaciuto al repertorio ironico (sempre naturalmente con bonomia) … :“Eh no, mi pare proprio non ci sia, tra le sette opere. Ma guardi, su questo, la popolazione è più avanti della politica…” (caro mons. Paglia…. La prego… a Sua tutela non scommetta sul 25 settembre!)

    Che dite? Vi piace l’interpretazione che con le sue risposte mons. Paglia offre della ‘direttiva’ di ‘neutralità’ che Repubblica attribuisce a papa Francesco? Il sorriso del prelato non pencola un po’ da una parte? A chi ci legge la risposta (facile facile).

    PAROLE CHIARE DEL CARDINALE MATTEO ZUPPI

    Restando (almeno per un verso) nell’ambito della Comunità di Sant’Egidio, va giustamente evidenziata la lettera che il successore di don Vincenzo Paglia a Santa Maria in Trastevere, don Matteo Zuppi, ha inviato sabato 21 agosto 2022 - da cardinale presidente della Cei - all’omologo nicaraguense Carlos Henrique Gutierrez.

    E’ noto che da anni, con un’accelerazione dal 2018 e soprattutto negli ultimi mesi, il regime sandinista di Daniel Ortega ha messo nel mirino la Chiesa locale, accusata di sovversione politica. A marzo scorso è stato espulso il nunzio polacco Waldemar Stanislaw Sommertag, poi sono state chiuse dieci emittenti cattoliche, espulse le suore di Madre Teresa di Calcutta, arrestati sacerdoti, seminaristi, catechisti, laici; prima impedito di muoversi e poi arrestato anche il vescovo di Matagalpa Rolando José Alvarez Lagos. Il Papa ufficialmente si è pronunciato, dopo un lungo silenzio durato mesi, solo domenica 21 agosto nel dopo-Angelus, con parole di super prudenza diplomatica, connotate da un malcelato imbarazzo (Ortega mica somiglia a Orban, eh… è più vicino a Raul Castro, Maduro e compari): “Seguo da vicino con preoccupazione e dolore la situazione creatasi in Nicaragua, che coinvolge persone e istituzioni. Vorrei esprimere la mia convinzione e il mio auspicio che, per mezzo di un dialogo aperto e sincero, si possano ancora trovare le basi per una convivenza rispettosa e pacifica. Chiediamo al Signore, per l’intercessione della Purissima, che ispiri nei cuori di tutti tale concreta volontà”.

    Leggete invece che cosa ha scritto tra l’altro nella lettera citata il cardinale Matteo Zuppi (si dirà: il presidente della Cei non è il Papa e dunque non è frenato da comprensibili prudenze diplomatiche che mirano a salvare la libertas Ecclesiae e i fedeli cattolici in questo caso in Nicaragua…): “Con sgomento e incredulità riceviamo notizia delle dure persecuzioni che il popolo di Dio e i suoi pastori stanno subendo a motivo della fedeltà al Vangelo della giustizia e della pace”. E ancora: “Le circostanze e il contesto di tali arresti destano particolare apprensione non solo perché prendono di mira i cristiani cui è impedito il legittimo esercizio del proprio credo, ma perché si inseriscono in un momento in cui i più elementari diritti umani appaiono fortemente minacciati”. Indubbiamente inequivocabili le parole del cardinale Zuppi. Almeno sulla situazione in Nicaragua, un Paese in cui i cattolici sono ormai perseguitati. La lettera ‘nicaraguense’ è certo un bel segno di vita. Ma non resti un caso isolato.

    CATTOLICI E SCIITI A SANT’EGIDIO: UNA COMMISSIONE PERMANENTE?

    L’incontro precedente si era tenuto il 24 marzo 2015, con il titolo “Cattolici e sciiti: responsabilità dei credenti in un mondo globale e plurale”. Vi avevano partecipato tra gli altri, da parte sciita, diversi imam iracheni, uno iraniano e altri mediorientali (vedi https://www.rossoporpora.org/rubriche/vaticano/476-pensieri-sull-isis-padre-samir-sant-egidio-gli-imam-sciiti.html ).

    Il 13 e 14 luglio 2022 sempre la Comunità di Sant’Egidio ha organizzato a Roma una riedizione dell’interessante Convegno di sette anni fa. Tra gli sciiti presente ancora una volta Jawad Al-Khoei, segretario generale della Fondazione irachena legata alla massima autorità religiosa sciita, l’ayatollah Alì Sìstani (un iraniano naturalizzato iracheno, che il Papa ha voluto incontrare nel corso del viaggio in Iraq nel marzo 2021). E’ noto che dopo le elezioni irachene dell’ottobre 2021 non si è riusciti né a formare un governo né a eleggere il presidente della Repubblica; gravi le tensioni tra le fazioni sciite filo e anti-iraniane, tensioni culminate con le recenti plurime occupazioni del Parlamento di Baghdad.

    Dal 2015 è cambiato qualcosa nel dialogo interreligioso tra cristiani e musulmani in Iraq? A questo ha cercato di dare risposta il Convegno santegidino di luglio, di cui riproponiamo alcuni spunti.

    L’imam Al-Khoei nel suo intervento – dopo aver evidenziato il grande significato storico dell’incontro tra Francesco e Alì Sìstani a Najaf al Ashraf – ha ricordato qualche novità ‘interreligiosa’ non certo banale dato il contesto sempre assai fragile. Per la prima volta nel mondo arabo è stato pubblicato uno studio scientifico sotto forma di un opuscolo di presentazione delle religioni e confessioni presenti in Iraq. L’imam ha qui ammonito che “l’uomo è nemico di quello che ignora”. L’opuscolo “ha avuto un’eco importante in Iraq e all’estero” e ha stimolato l’organizzazione di diversi incontri di migliore conoscenza reciproca. Al-Khoei si è poi soffermato sul ruolo importante delle autorità religiose sciite di al Najaf “nell’offerta di servizi sociali (di assistenza, sanitari, accademici) a beneficio di tutti i ceti della popolazione irachena, senza distinzione alcuna”. Dopo aver rilevato con forza la necessità di rispondere adeguatamente sia alle sfide antropologiche contemporanee che “alla povertà e alle privazioni che affliggono alcuni popoli” e di lottare “contro le nuove forme di terrorismo, razzismo ed estremismo”, l’imam ha proposto la creazione di una Commissione permanente sciita-cattolica per una comunicazione e un coordinamento regolare tra le parti, così da “individuare percorsi creativi e razionali per superare gli ostacoli alla luce dei principi umani e religiosi comuni”.

    Di interesse anche l’intervento del patriarca Louis Raphael Sako, che ha pure auspicato “una stretta collaborazione tra la tradizione sciita e la Chiesa cattolica caldea”. Osservando inoltre che “il Dio nel quale crediamo non ci chiede: sei musulmano sciita o sunnita? Sei un cristiano cattolico o ortodosso?” ma “che cosa hai fatto per tuo fratello?”. Il patriarca caldeo ha anche insistito su un tema caro ai patriarchi della Chiesa orientale (ad esempio al maronita libanese Béchara Boutros Raï), quello del riconoscimento per tutti i cittadini della “cittadinanza, che è il fondamento delle relazioni sociali e il suo criterio è l’appartenenza a questa patria”. In sintesi “cittadinanza significa uguaglianza, il rispetto dei diritti, la convivenza e l’armonia tra tutti i cittadini”. Non si può insomma continuare a ignorare che “i cristiani sono una popolazione autoctona dell’Iraq e non una comunità che proviene da un altro Paese”: “Non possono essere considerati cittadini di seconda classe a causa della loro fede”. In chiusura Sako ha invocato una riforma radicale del sistema educativo iracheno, sola garanzia per la sopravvivenza e lo sviluppo del Paese.

    In precedenza erano intervenuti anche Andrea Riccardi e Marco Impagliazzo. Del fondatore di Sant’Egidio ripeschiamo una definizione di dialogo: Il dialogo non è un’arte da ricchi, bella ma un po’ inutile. Chi, come Sant’Egidio, è a contatto diretto con i vari conflitti, chi tocca le ferite della guerra nella vita delle persone, sa quanto ci sia bisogno di dialogo. Penso alla vicenda del dialogo tra le parti che si combattevano in Mozambico, durata più di due anni: io e il cardinale Matteo Zuppi, mediatori in quel processo, abbiamo sperimentato come il dialogo partorisca la pace. Ma il dialogo può anche prevenire la guerra, perché accosta mondi lontani e ostili”.

    Pure il presidente di Sant’Egidio ha affrontato il tema: “Il mondo è tentato dall’idea che le diversità siano irriducibili. Che l’incontro con l’Altro sia una trappola, una chimera. Un carattere della nostra epoca è la frammentazione: si disgregano le reti che tengono insieme le città, si indeboliscono i soggetti statuali, si accentuano le divisioni tra le nazioni, le culture, i continenti. Una comunicazione senza mediazioni, soggetta all’istinto e aliena dalla riflessione, induce a chiudersi, illude di poter fare da soli. Il magistero del papa vive della convinzione opposta.

    Suggestivo poi l’intervento del cardinale José Tolentino de Mendonça, archivista e bibliotecario di Santa Romana Chiesa, che si è soffermato – fondandosi anche sugli scritti di Luca – su quella realtà mista, eterogenea, plurale che era il cristianesimo delle origini. Per fare un paio di esempi Paolo-Saulo apparteneva alla tribù di Beniamino e nel contempo era cittadino romano, mentre Timoteo era nato da madre ebrea e padre greco.

    “NASCERE NON BASTA”: LA TRISTE E TRISTA REALTA’ DEI MINORI SENZA NOME

    Ancora, per finire, qualcosa su Sant’Egidio e sulla sua attività sociale non certo irrilevante, sia in Italia che in altre parti del mondo.

    Lunedì 27 giugno 2022 nella parrocchia di Sant’Agnese sulla Nomentana si è parlato di un tema che coinvolge dolorosamente milioni di bambini e ragazzi, ma poco conosciuto: quello dei minori invisibili. Invisibili poiché non hanno un nome e perciò sono considerati oggetti da sfruttare nei lavori pesanti, come bambini-soldati, come donatori di organi, nella tratta. A Sant’Agnese è stato infatti presentato “Nascere non basta – Bambini invisibili, tratta dei minori e stato civile in Africa”, un libro curato da Adriana Gulotta e edito da San Paolo. La presentazione è stata coordinata da Massimiliano Signifredi (responsabile degli universitari di Sant’Egidio, presenti in forze), introdotta dal salvadoregno don Fernando Escobar (sempre della Comunità trasteverina) e arricchita dagli interventi di Amelia Broccoli (Roma Tre) e Eva Crosetta, che, conduttrice di “Sulla via di Damasco”, ha “l’Africa nel cuore” dopo un’esperienza di insegnamento nel 2014 nella periferia di Kinshasa.  

    Certo “Nascere non basta” obbliga a confrontarsi con una realtà cruda che Sant’Egidio combatte da anni su terreni latino-americani e soprattutto africani. Come osserva Andrea Riccardi nella prefazione “La registrazione allo stato civile è tutt’altro che una banalità o un rito scontato. Ed è la memoria oggettiva e legale di una persona esistente in una comunità nazionale, al di là della coscienza del soggetto o dei suoi familiari”.

    Adriana Gulotta, che è la coordinatrice del programma Bravo! (Birth Registration for All Versus Oblivion!), dà le cifre del triste e tristo fenomeno: “Più di un terzo dei 125 milioni di bambini che nascono ogni anno nel mondo non viene iscritto alla nascita”. Con le conseguenze immaginabili: “Si cresce ma non si diventa mai cittadini, perché non si è riconosciuti dallo Stato: non si fa parte della popolazione della propria nazione, non si può essere iscritti a scuola, né usufruire dei servizi sanitari, si è più vulnerabili allo sfruttamento e agli abusi”. Grazie al lavoro di Sant’Egidio, rileva Gulotta, “sono oltre cinque milioni i bambini nel mondo che, ad oggi, hanno potuto ‘esistere legalmente’, ottenendo la registrazione allo stato civile”.

    Nel libro (“che fa male e poi, come vento forte, spazza l’ignoranza e l’indifferenza”, ha osservato Amelia Broccoli) si succedono esperienze santegidine soprattutto africane, sub-sahariane: dal Burkina Faso al Mozambico, dal Malawi al Benin. Sono tante le testimonianze di vite riscattate dall’anonimato e dunque reinserite pienamente nelle dinamiche della società civile. Perché “se non si è contati, non si conta”. Grazie a Bravo! negli ultimi anni si sono registrati sensibili progressi anche in alcuni sistemi di stato civile africani, che si sono dati obiettivi ambiziosi: universalità (raggiungimento dell’intera popolazione, anche quella delle aree rurali più sperdute), gratuità (niente costi a carico dei richiedenti), uniformità delle norme, rapidità, replicabilità, informatizzazione. Certo c’è ancora molto da lavorare. Ma quella del dare un’identità a ogni persona è una battaglia civile per eccellenza e dunque va perseguita con passione e continuità anche a beneficio di un futuro meno travagliato per tanti Stati, non solo africani.

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