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    EUTANASIA-CURE PALLIATIVE: CULTURA SCARTO CONTRO CULTURA VITA

    EUTANASIA – CURE PALLIATIVE: CULTURA SCARTO CONTRO CULTURA VITA – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 30 maggio 2022

     

    A Palazzo Giustiniani si sono approfonditi i contenuti del molto controverso disegno di legge eutanasico (non certo di mediazione) 2553 approvato dall’asse Pd-M5S-radicali alla Camera e in attesa di essere discusso in Senato. L’occasione? La presentazione del libro a cura della senatrice udc Paola Binetti intitolato “No eutanasia – Sì cure palliative” (Avio edizioni scientifiche).

     

    Riguardo a una possibile proposta di legge sull’eutanasia scriveva Cecily Saunders (1918-2005), infermiera, medico e filosofa inglese che nel 1967 creò a Londra il St. Christopher Hospice, con cui si inaugurò l’esperienza delle cure palliative moderne: “Se uno parlasse della necessità di introdurre una legge sull’eutanasia, soprattutto toglierebbe la terra sotto i piedi a un gran numero di persone vulnerabili, che molto facilmente penserebbero: ‘Ho il diritto di abbreviare la mia vita, e dunque ora ho il dovere di farlo, perché sono un peso per altri, e la mia vita come parte della società è ormai priva di valore. Sono davvero convinta che dobbiamo dire alle persone che hanno un valore perché ci sono, e che avranno un valore fino all’ultimo istante della loro vita. E che faremo di tutto per rendere la loro vita quanto migliore possibile. Non voglio dire che non ci siano situazioni molto difficili. E non voglio stare seduta qui a giudicare qualcuno che ha scelto di morire. Ma quello che continuiamo a vedere, più e più volte, è che il momento del fine vita può essere un’occasione fantastica per le famiglie ed i loro cari. E cosa si sarebbero persi se avessero rinunciato a quella occasione, invece di tener duro, per così dire, e scoprire quello che c’è da scoprire? “

     

    Il 10 marzo 2022 la Camera italiana dei deputati ha approvato con 253 sì, 117 no e un’astensione  -molti gli assenti, se si pensa che i deputati sono 630 - il disegno di legge 2553 (derivato dal testo unico del piddino Alfredo Bazoli) intitolato “Disposizioni in materia di morte volontaria medicalmente assistita. Che cosa si intende per “morte volontaria medialmente assistita”? Il decesso cagionato da un atto autonomo con il quale, in esito al processo disciplinato dalle norme della presente legge, si pone fine alla propria vita in modo volontario, dignitoso e consapevole, con il supporto e sotto il controllo del Servizio sanitario nazionale (…)” (vedi articolo 2.1)

     

    A PALAZZO GIUSTINIANI UN POMERIGGIO COORDINATO DA PAOLA BINETTI

    Un tema tanto delicato quanto complesso – e molto significativo della società del politicamente corretto e fondamentalmente nichilista in cui viviamo - di cui si sono  approfonditi gli aspetti più importanti in un incontro svoltosi al Senato venerdì pomeriggio 27 maggio. L’occasione è stata offerta da “NO eutanasia, SI’ cure palliative”, un libro lucidamente appassionato curato dalla senatrice udc Paola Binetti, pubblicato recentemente da Avio edizioni scientifiche. Ad animare la riflessione nella Sala Zuccari di Palazzo Giustinian - oltre alla collaudata parlamentare membro della Commissione Igiene e Sanità - Maurizio Pompili (prevenzione suicidio), Antonello Giarratano (presidente anestesisti, SIIARTI ), Domenico Menorello (Osservatorio “Vera lex?”), Chiara Mastroianni (Fondazione Campus biomedico di Roma), Pierantonio Zanettin (deputato Forza Italia, Commissione giustizia Camera).  

    Dalla riflessione è emersa una constatazione comune: il disegno di legge 2553 è espressione (ben al di là anche delle indicazioni della Corte Costituzionale nel 2019) di una mentalità che privilegia l’autodeterminazione (vera o presunta che sia) della persona rispetto alla promozione della vita dal concepimento alla morte naturale, rovesciando così i fondamenti giuridici e sociali che hanno permesso la sviluppo della nostra civiltà. Il ddl 2553 approvato dalla Camera fa dunque propria la ‘cultura dello scarto’ (denunciata incessantemente come disumana anche da papa Francesco) e rinnega la ‘cultura della vita’. Sono queste due visioni della persona radicalmente contrastanti: fatalmente si confronteranno in Senato, un ramo del Parlamento - come è felicemente avvenuto  con l’affossamento del ddl Zan (preteso contro l’omofobia, in realtà liberticida) - più ostico della Camera a stravolgimenti antropologici. Si vedrà come si comporterà l’area piddina che si definisce “cattolica”… in ogni caso è legittimo sperare.

    Ha evidenziato a tale proposito nel libro di cui è stata curatrice Paola Binetti (che non è certo ignota ai nostri lettori…vedi https://www.rossoporpora.org/rubriche/italia/760-4-marzo-paola-binetti-cattolici-pd-ciarlieri-fuori-muti-in-aula.html ): “Nessuno, ma proprio nessuno, davanti ad un evidente tentativo di suicidio non riuscito di una persona si sognerebbe di dirgli: vieni che ti insegno, vieni che ti aiuto, la prossima volta andrà meglio. Al contrario: la legge ha tradizionalmente punito chi istiga al suicidio, chi aiuta il potenziale suicida a suicidarsi (… ) Eppure è proprio quanto pretende di fare questa legge appena approvata alla Camera e molto presto in discussione al Senato, se l’asse Pd-M5S continuerà nella sua battaglia politica a tutela di diritti che non sono diritti, come il diritto alla morte”. Insomma “non è possibile presentare questo testo senza sottolinearne le contraddizioni sul piano antropologico, morale, prima ancora che clinico-assistenziale. Eppure il governo ha considerato questa legge una priorità, incomprensibile e inquietante, ma così è”.

     

    PIERANTONIO ZANETTIN: ALLA CAMERA IL CENTRODESTRA SI E’ BATTUTO, MA LA LEGGE RESTA INACCETTABILE

    Nell’incontro di palazzo Giustiniani è stato il deputato forzista Pierantonio Zanettin a ripercorrere l’iter del testo unico Bazoli (oggi ddl 2553) alla Camera, frutto di “una malcelata spinta libertaria senza limiti e della cultura della morte che l’accompagna”. Il centrodestra si è battuto, convinto che si deve cercare di “eliminare il dolore, non certo il sofferente”, una pratica disumana ormai collaudata ad esempio in Belgio e in Olanda, Paese quest’ultimo in cui oltre il 4% delle morti è di tipo “medicalmente assistito” e in cui si prefigura perfino di dare agli ultrasettantacinquenni la possibilità di chiedere il suicidio se dovessero ritenere “compiuta” la propria vita. Qualcosa, grazie al centrodestra, nel testo è stato modificato. In particolare riguardo a due aspetti: l’inserimento del diritto all’obiezione di coscienza e la modifica di una “o” in una “e” laddove, nell’art. 3, si parla di “condizione clinica irreversibile” che cagioni “sofferenze fisiche e psicologiche” intollerabili. In ogni caso per Zanettin il testo attuale resta inaccettabile.

     

    DOMENICO MENORELLO: UNA LEGGE NEFASTA

    Domenico Menorello (già deputato di Scelta Civica, fondatore dell’Osservatorio parlamentare Vera lex?) ha analizzato con rigore il testo del ”nefasto”  ddl 2553 evidenziandone le molte e gravi pecche e contraddizioni. E’ vero che, se ancora nel 1995, Massimo D’Alema (intervista a Famiglia Cristiana del 24 gennaio) sosteneva di “essere contrario all’arresto deliberato di una vita”, da allora si è diffusa ed è ormai dilagante l’idea che la tutela della vita sia legata indissolubilmente alla sua “dignità”. E la legge viene piegata alle esigenze della rivoluzione antropologica che postula un ‘uomo nuovo’. Così che si radichi nella mentalità corrente la convinzione che “la vita ha valore solo nella misura in cui vi è autodeterminazione”: se questo non è il caso, “può essere scartata”. Per Menorello (che è anche l’animatore dell’associazione-mantello di testimonianza cristiana “Ditelo sui tetti” – vedi  testimoniare-cristianesimo.html ) il ddl 2553 si discosta in modo rilevante in senso ulteriormente ‘aperturista’ anche dalla famosa pronuncia 242/2019 della Corte Costituzionale in merito al caso di dj Fabo: tale sentenza “aveva negato l’esistenza di un diritto a ottenere la morte, perché aveva escluso di voler creare un ‘obbligo di procedere’ a far morire ‘in capo ai medici’ “. Nell’art. 2 del ddl “viene ribaltato”  invece il ruolo del Servizio Sanitario Nazionale, che nella legge istitutiva 833/1978 si configura come destinato “alla promozione, al mantenimento ed al recupero della salute fisica e psichica di tutta la popolazione senza distinzione di condizioni individuali”. Come ha osservato anche Paola Binetti, nel testo approvato dalla Camera “una parziale depenalizzazione del suicidio assistito si è trasformata per il paziente in un diritto riconosciuto dalla legge e quindi in un dovere assoluto per il Servizio sanitario nazionale”. Menorello ha così sintetizzato: “Il ddl crea un diritto a morire”, stravolgendo le indicazioni della Corte Costituzionale: se fossero state seguite, non ci sarebbe nemmeno la necessità del riconoscimento dell’obiezione di coscienza, poiché non esisterebbe un (preteso) ‘diritto’ cui contrapporsi.

    Un altro punto inaccettabile del ddl concerne l’art. 3.2 a) con cui si autorizza a chiedere la morte in presenza di una “condizione clinica irreversibile”. Osserva qui Menorello che tale espressione comprende ad esempio tutte le disabilità o le non-autosufficienze con cui si può convivere; e denota come il valore di una persona venga misurato in base alla sua omologazione a livelli standard di prestazioni e di successo. Molto grave appare anche il tradimento delle indicazioni della Corte Costituzionale in materia di cure palliative. Si legge nell’art. 3.1 del ddl 2553 che la richiesta di morte può essere fatta anche da chi ha rifiutato o interrotto le cure palliative. Eppure per la Corte Costituzionale le cure palliative sono non solo un diritto essenziale della persona, ma addirittura “il principale pre-requisito per poter anche solo parlare di morte medicalmente assistita”. Qui Menorello ha anche evidenziato che si pone il problema di un’attuazione omogenea e incisiva a livello nazionale della legge 38/2010, riguardante il potenziamento delle cure palliative: è sull’applicazione concreta di tale legge di dodici anni fa che si dovrebbe puntare, non certo sul mortifero ddl 2553.

     

    ANTONELLO GIARRATANO: MALE APPLICATA LA LEGGE DEL 2010 SULLE CURE PALLIATIVE

    Restiamo sul tema delle cure palliative cui è del resto dedicata la seconda parte del libro a cura di Paola Binetti. Nel pomeriggio di Palazzo Giustiniani abbiamo ascoltato Antonello Giarratano, presidente della SIIARTI (Società italiana anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva – motto? Pro vita contra dolorem semper). Giarratano nel suo appassionato intervento ha puntato il dito contro le gravi lacune esistenti nell’applicazione sul territorio della legge 38/2010, che – approvata dopo la morte per fame e per sete di Eluana Englaro – intende promuovere le cure palliative e i centri di sollievo contro il dolore su tutto il territorio nazionale. Con l’aiuto di  alcune cartine geografiche molto significative, Giarratano ha confermato come tale legge sia stata recepita nei fatti a macchia di leopardo, con alcune regioni molto diligenti e responsabili e non poche altre in cui la situazione è del tutto insoddisfacente. “Bisogna essere assistiti adeguatamente per non correre il rischio che si chieda la morte come sollievo. Certe situazioni possono togliere la voglia di vivere”, ha osservato il relatore evidenziando le conseguenze drammatiche di una mancata applicazione della legge.

     

    CHIARA MASTROIANNI: CURE PALLIATIVE? CURE DI VITA, NON DI MORTE

    Della sua esperienza di ormai un quarto di secolo nelle cure palliative ha parlato l’infermiera Chiara Mastroianni (Insieme nella cura – Fondazione Campus biomedico di Roma). Da subito ci ha tenuto a evidenziare che le cure palliative non sono un modello di cura che si occupa di morte, ma “di persone che hanno ancora una vita da vivere, che sia di settimane, mesi, anni”. E’ una constatazione che non è così scontata per molti, ma si deve porre l’accento sul fatto incontestabile che “c’è vita fino alla morte”. E con le cure palliative “si accompagnano le persone nel vivere, non verso la morte”. Chiara Mastroianni ha poi evocato la definizione di cure palliative data dall’OMS. Sono “attive” e dunque prevedono la partecipazione anche del paziente, se è possibile. Presuppongono “un approccio globale” e coinvolgono perciò la persona nella sua interezza. Sono caratterizzate “dall’interprofessionalità”, laddove il ‘noi’ prevale sull’ io’, forse l’aspetto più importante del lavoro.

    Chiara Mastroianni ha poi citato i ‘luoghi’ delle cure palliative. In primo luogo le case, nel contesto delle persone coinvolte; poi gli hospice, nati perché “potessero diventare il prolungamento delle case”. E in questi ultimi conta ancora di più il lavoro coordinato di squadra. Da ciò l’importanza della formazione, cui la legge 38/2010 ha dato un primo impulso (ma c ‘è ampio margine di miglioramento). Da ciò l’importanza del sostegno alla ricerca: “Ce n’è tanto bisogno, c’è bisogno di interventi farmacologici nuovi che si basino sulle migliori evidenze scientifiche”.

     

    MAURIZIO POMPILI: STARE VICINI AI POTENZIALI SUICIDI

    In apertura di pomeriggio, in video-collegamento, il professor Maurizio Pompili (in veste di direttore del Servizio di prevenzione del suicidio presso l’ospedale Sant’Andrea di Roma) ha parlato dell’importanza di entrare in sintonia con chi ha già tentato o medita il suicidio. Per evitare che la persona si convinca che il suicidio è l’unica soluzione al suo male di vivere, occorre starle vicini con attenzione e dedizione, disponendo di quelle risorse necessarie perché questo possa avvenire. Bisogna sintonizzarsi con lei e creare così in lei un’occasione di speranza. Ma potrà ancora essere possibile sintonizzarsi con lei?

    Per tornare al libro curato da Paola Binetti – di cui consigliamo vivamente la lettura a chi intende  approfondire con serietà gli aspetti più importanti del ddl 2553 e il tema delle cure palliative – esso è diviso in due parti. Dopo una presentazione (accompagnata poi dalle ‘conclusioni’) della curatrice, nella prima parte – dedicata al NO all’eutanasia – appaiono i contributi di Assuntina Morresi, Giovanna Razzano, Domenico Menorello, Fabiola Bologna, don Carlo Abate. Nella seconda, in cui si affronta il tema delle cure palliative, quelli ancora di Paola Binetti (“Dalla legge 38/2019 alla legge 217/2019” sul consenso informato e sulle disposizioni anticipate di trattamento), di Maria Grazia De Marinis, Giuseppe Casale, Stefano De Lillo, mons. Luigi Mistò. In allegato, oltre al testo del ddl 2553 approvato alla Camera e a stralci della sentenza recente della Corte Costituzionale che ha bocciato il referendum sull’eutanasia, la lettera del card. Pietro Parolin a mons. Vincenzo Paglia – presidente della Pontificia Accademia della Vita -  in occasione del Congresso internazionale sulle cure palliative del 28 febbraio- 1marzo 2018.

     

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