Ricerca

    RIPUDIO GUERRA, INVIO ARMI UCRAINA: LEGITTIMO PER STEFANO CECCANTI

    RIPUDIO  GUERRA, INVIO ARMI UCRAINA: LEGITTIMO PER STEFANO CECCANTI – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 2 marzo 2022

    Ieri, martedì 1 marzo, Senato e Camera dei deputati hanno approvato a grande maggioranza il decreto Ucraina, che contiene nell’articolo 1 l’autorizzazione a fornire armi letali al governo di Kiev così da contribuire alla difesa del Paese. La decisione è comunque controversa, specie se si considera l’art. 11 della Costituzione italiana. Ne parliamo con Stefano Ceccanti, costituzionalista cattolico piddino.

     

    Oggi 2 marzo è il Mercoledì delle Ceneri, che per i cattolici è giorno di preghiera, penitenza, magro e digiuno: Memento, homo, quia pulvis es et in pulverem reverteris. Quest’anno poi papa Francesco ha invitato tutti, anche i non cattolici e i non credenti (al termine dell’udienza generale del 23 febbraio), alla preghiera e al digiuno per la pace in Ucraina.

    E poco fa, durante la consueta e settimanale udienza generale, il Papa ha ricordato la sua iniziativa ai pellegrini di lingua francese e inglese. Ai polacchi ha invece detto: “Voi, per primi, avete sostenuto l’Ucraina, aprendo i vostri confini, i vostri cuori e le porte delle vostre case agli ucraini che scappano dalla guerra. State offrendo generosamente loro tutto il necessario perché possano vivere dignitosamente, nonostante la drammaticità del momento. Vi sono profondamente grato e vi benedico di cuore!”

    All’iniziativa papale ha aderito anche un folto gruppo di parlamentari italiani (circa duecento): dopo la santa messa delle 8.30, la chiesa di San Gregorio Nazianzeno (che fa parte del complesso della Camera) è restata aperta per preghiera e confessioni. Alle 13.30 l’arcivescovo Edgar Peña Parra (sostituto Segreteria di Stato) presiede un momento di preghiera.

    Molti tra i partecipanti hanno sicuramente approvato ieri al Senato e alla Camera (contrari a Palazzo Madama solo 13 senatori e a Montecitorio 25 deputati) l’invio di armi letali al governo ucraino. La lista dei tipi di armi è ufficialmente secretata. Pare però a tale proposito che non si tratti dei carrarmatini del Risiko, ma di ben più micidiali lanciarazzi, mitragliatrici, blindati leggeri, missili terra-terra e probabilmente terra-aria (Stinger). Il fatto è che il nostro paracarro del Monteceneri (che divide Bellinzona da Lugano e che ragiona terre à terre), ha colto un’apparente contraddizione tra il ‘sì’ alla fornitura di armi letali a un Paese in guerra e il ‘sì’ alla preghiera e al digiuno per la pace.

    Abbiamo allora chiesto lumi al giurista cattolico piddino Stefano Ceccanti , capogruppo Pd nella Commissione Affari costituzionali della Camera nonché, tra l’altro, ordinario di diritto pubblico comparato. Ecco allora di seguito l’intervista al sessantunenne, attivissimo costituzionalista che espone  dettagliamente la sua interpretazione dell’articolo 11 della Costituzione italiana in relazione al voto di ieri in sede parlamentare. Dando così la possibilità di un’ulteriore riflessione a chi ci legge. La ‘versione di Ceccanti’ alla fine avrà dissipato le forti perplessità di tanti nostri lettori su quanto accaduto ieri? Forse sì… o forse no. Chissà…

    Testo dell’articolo 11 della Costituzione italiana:

    L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali;

    consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”.

    L’INTERVISTA AL PROFESSOR STEFANO CECCANTI

    Professor Ceccanti, il decreto Ucraina approvato ieri, martedì primo marzo da Senato e Camera dei deputati, autorizza all’art. 1, “la cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari favore delle autorità governative dell’Ucraina”. Ma l’Ucraina è un Paese in guerra, sotto invasione russa: l’art. 11 della Costituzione non statuisce prioritariamente che l’Italia ripudia la guerra?

    L’articolo 11 della nostra Costituzione collega in modo indissolubile due elementi: il primo è il ripudio della guerra e il secondo l’apertura ad una logica multilaterale, a limitazioni di sovranità, perché era il sistema delle sovranità nazionali chiuse che aveva portato alle guerre mondiali. Cosa vuole dire concretamente questo? Che si esclude la guerra di aggressione per se stessi e che contro le guerre di aggressione altrui ci si impegna attivamente e ci si affida al multilateralismo, in particolare all’Onu. all’Onu. C’era alla Costituente un filone molto minoritario di pacifismo radicale che si espresse in un emendamento del deputato socialista Cairo all’articolo 52 contro il servizio militare, riecheggiando una soluzione adottata dalla Costituzione giapponese, ma fu nettamente bocciato. L’articolo 11, che va letto in combinato con altri come il 52 sulla difesa della Patria e col 78 sulla delibera dello stato di guerra difensiva, era pensato in vista dell’adesione all’Onu. Cosa si fa però se l’Onu non è in grado di operare come in questo caso, dato che la Russia ha un diritto di veto?  Si cerca dentro una logica multilaterale di aiutare chi viene aggredito, esattamente come in questo caso, anche con armi. Altrimenti si arriverebbe a una concezione paradossale, di tipo isolazionista: noi ripudieremmo per noi stessi la guerra di aggressione, ammetteremmo di poter difendere noi stessi con una guerra difensiva, ma accetteremmo qualsiasi aggressione ad altri senza reagire. Non saremmo in una situazione di pace, ma di resa a un’aggressione, a quello spirito di Monaco 1938 che Emmanuel Mounier condannò come grave errore delle democrazie che avrebbe provocato drammi ulteriori e che non le avrebbe lasciate alla fine indenni.

    E’ vero che un’azione coordinata internazionalmente di guerra difensiva è ammessa dalla seconda parte un po’ arzigogolata dell’art. 11, ma nel nostro caso si configurano un attacco russo e una difesa ucraina. In che senso l’Ue e la Nato si sentono aggredite e dunque chiamate a difendersi?

    La legittima autorità a cui spetta aiutare aggrediti contro aggressori è senza dubbio l’Onu, ma il nodo è appunto cosa si deve fare se l’Onu non è in grado di operare. Dobbiamo forse accettare passivamente un’aggressione ad altri perché il Paese che aggredisce ha un diritto di veto all’Onu? Dobbiamo quindi ammettere che in via sussidiaria possano intervenire altre realtà multilaterali come la Ue e la Nato, che è un’alleanza difensiva liberamente scelta dai suoi contraenti. E’ un tema che già si pose nel caso dell’intervento in Kossovo…

    Quello degli sciagurati bombardamenti su Belgrado nel 1999 nel quadro di un intervento che è apparso a non pochi come inaccettabile…

    Però tale intervento venne dai più ritenuto legittimo perché vi erano le condizioni di legittimità previste dalla Carta dell’Onu e intervenne appunto la Nato in chiave sussidiaria: meglio un diritto imperfetto assicurato dalla Nato che nessun diritto.

    Si può pensare che fu un intervento che ha fatto strame della sovranità di uno Stato sovrano…

    Infatti il caso del Kossovo era più problematico di quello odierno perché si trattava di intervenire dentro uno Stato sovrano a difesa di una minoranza i cui diritti erano oppressi.  Il caso ucraino è invece più classico, di uno Stato che ne aggredisce un altro, come si è verificato nel conflitto Irak-Kuwait del 1991. E’ pertanto logico che i Paesi confinanti siano i primi abilitati a intervenire. Ovviamente vale sempre non solo il principio della legittima autorità, e quindi del ricorso al multilateralismo, ma anche quello della proporzionalità, dell’equilibrio da tenere tra il bene che si vuole proteggere e il male che si fa difendendosi. Per questo non si è scelto l’intervento diretto ma un aiuto indiretto.

    Aiuto indiretto… non sembra tanto indiretto… Sarà d’accordo anche Lei che una mitragliatrice o un missile Stinger sono un’arma letale. Come può essere che contribuiscano agli sforzi di pace? Ognuna di queste armi accresce il numero dei morti, delle distruzioni, degli sfollati, dei profughi, oltre a deteriorare la psiche di chi è coinvolto nella guerra. Insomma: la fornitura di tali armi non alimenta forse la tensione?

    Il punto non è isolare la valutazione su questo o quel sistema d’armi, ma la congruenza tra mezzi e fini. Qui il fine è quello di evitare una vittoria totale e rapida degli aggressori, la cui forza è incomparabilmente maggiore, per ricondurre tutti a una trattativa che poggi su un equilibrio decente. Questo deve essere il criterio guida sulla scelta dei mezzi, ispirata appunto alla proporzionalità.

    Inviando armi letali al governo ucraino l’Italia non entra de facto in guerra con la Russia? Mi sembra questo un aspetto su cui il dibattito alla Camera è stato assai carente, salvo eccezioni…

    Nessuno entra in guerra con la Russia per il fatto che si aiuta indirettamente un aggredito, ma ci si assume un compito di doverosa resistenza al male, ad un’aggressione del tutto unilaterale ed evidente, collaborando ad uno sforzo difensivo e tenendo quindi aperta una trattativa diplomatica altrimenti priva di basi materiali. La resistenza al male è un dovere morale, sia pure esercitata con la necessaria prudenza e razionalità.

    Nel dibattito di ieri lo stesso presidente del Consiglio è parso svicolare sull’argomento ed ad esempio nella replica prima delle dichiarazioni di voto non ha mai accennato all’invio di armi (sebbene alcuni deputati nei loro interventi abbiano evidenziato questo aspetto fondamentale)… argomento troppo scottante? Meglio passarlo sotto silenzio, tanto poi le armi saranno inviate senza troppi clamori?

    Il ricorso ad un aiuto anche tramite armi era del tutto evidente. Già ieri, martedì 1 marzo, era entrato in vigore il decreto da Lei segnalato. Esso è strutturato in tre passaggi: la sua entrata in vigore come fondamento, un necessario voto del Parlamento come autorizzazione, un successivo decreto interministeriale, il quale prevedesse appunto il concreto aiuto con armamenti. Non si può quindi obiettivamente dire che il senso della votazione fosse non conosciuto o non evidente ai parlamentari.

    Comunque resta l’ impressione che si sia voluto in qualche modo far passare sottotraccia il tema. Veniamo alla Sua distinzione spesso evidenziata tra legale e legittimo. Magari certe azioni militari internazionali non sono del tutto legali, ma legittime sì? Ci vuol chiarire il concetto?

    L’intervento in Kossovo era extra-legale, nel senso che il quadro legale perfetto sarebbe stato quello dell’Onu, ma era legittimo perché vi erano le cause previste dalla Carta dell’Onu e vi era comunque un quadro multilaterale assicurato in via sussidiaria dalla Nato. Non è comparabile a quello che fu giustamente considerato illegittimo dal Presidente Ciampi, impedendo al Governo Berlusconi di parteciparvi, ossia la guerra all’Irak, perché in quel caso vi fu un’iniziativa Usa con qualche alleato compiacente contro un voto dell’Onu e in obiettiva assenza delle motivazioni richieste dalla Carta Onu. Anche se la situazione nei Balcani resta delicatissima non si può certo dire che l’intervento in Kossovo non abbia evitato una pulizia etnica ai danni dei kossovari, a differenza di quanto era accaduto in Bosnia

    La Comunità di Sant’Egidio ha promosso il 25 febbraio 2022 un’iniziativa per Kiev città aperta (https://www.rossoporpora.org/rubriche/papa-francesco/1064-ucraina-kiev-citta-aperta-papa-tornielli-martino-kissinger.html ): è ancora possibile che questo accada? E per quanto riguarda l’allestimento di corridoi umanitari per i profughi ucraini?

    Iniziative come l’idea di Kiev città aperta e/o di corridoi umanitari sono giuste in linea di principio, ma credo che possano diventare praticabili solo se sul terreno la situazione non precipita a vantaggio degli aggressori, che al momento si prefiggono una vittoria totale. Bisogna peraltro distinguere bene i ruoli reciproci della Santa Sede - o delle realtà comunque ad essa riconducibili – e dei cattolici impegnati in politica. La Santa Sede ha una proiezione internazionale, una sua attività diplomatica e ha una giusta preoccupazione ecumenica e prudenziale verso i fedeli presenti in tutto il mondo; i secondi si muovono dentro responsabilità diverse dentro i loro Stati e dentro i loro sistemi di alleanze. A differenza del singolo, che può decidere anche di non opporsi al male, chi ha responsabilità politiche ha invece il dovere di proteggere gli altri dal male.

    I cattolici democratici italiani sono stati in prima fila nel promuovere le giuste scelte della Nato e dell’Unione europea e si impegnano quindi, anche in questo caso, a partire da questa preziosa eredità politica degasperiana di convergenza tra democrazie. Le democrazie, in quanto più sensibili al rilievo delle opinioni pubbliche, sono i sistemi meno aggressivi e più preziosi da preservare. Forse, se c’è stato un errore, non è stato quello di voler espandere la Nato, alleanza difensiva a cui nuovi Stati hanno dato la loro adesione per evitare che si ripetesse una subordinazione non voluta all’ex Urss. E’ stato quello di illudersi su un effettivo cambiamento interno ed esterno della Russia o, forse, di illudersi passivamente, senza sviluppare un’iniziativa attiva capace di offrire alla Russia un’alternativa realistica alla anacronistica nostalgia imperiale. In fondo Mosca e Pietroburgo sono grandi metropoli europee, non asiatiche. In ogni caso oggi la Russia ha aggredito perché si sente minacciata non militarmente dalla Nato ma dagli Stati costituzionali, dal diffondersi dell’idea di un potere limitato dal diritto e dai diritti quale è quella che trasmettono, pur con tutti i loro limiti, le democrazie occidentali.

    Lei è un cattolico… non si è sentito a disagio nel votare per la fornitura di armi letali a uno Stato in guerra?

    A tale proposito inviterei a una rilettura attenta del Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa cattolica, in particolare dei paragrafi 500 (condizioni della legittima difesa), 504 (dovere di protezione dell’innocente), 506 (di minoranze oppresse) e 507 (legittimità di sanzioni contro gli aggressori). Per di più la nota dottrinale della Congregazione della Dottrina della Fede del 2002 rigettava puntualmente sulla pace “una visione irenica e ideologica.. dimenticando la complessità delle ragioni in questione” e le opponeva “un impegno costante e vigile da parte di chi ha la responsabilità politica.”

    In ogni caso non è che la decisione di fornire armi letali all’Ucraina faccia in primo luogo la gioia dei fabbricanti di armi, il cui cinismo è sempre e poi sempre deprecato anche da papa Francesco?

    Nella vicenda di cui stiamo parlando a guidare è la politica, non gli interessi economici: sia nel caso degli aggressori (la Russia) sia nel caso di chi aiuta gli aggrediti, sia nel male che nel bene. Gli interessi economici ci sono, ma eviterei di utilizzare schemi veteromarxisti ed economicisti. E’ un conflitto politico, politicissimo, tra i principi e valori delle democrazie e quelli di regimi autocratici.

    Qui concludiamo, anche se ci sarebbe ancora tanto da dire, pure in relazione a quest’ultima risposta. Dunque grazie all’on. Ceccanti, che ha indubbiamente posto all’attenzione di chi ci legge aspetti importanti, anche molto controversi, di una situazione i cui sviluppi nefasti addolorano profondamente. Come persone. Come cristiani.  

     

     

    Ricerca