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    INTERVISTA A DON SCIORTINO

    INTERVISTA A DON ANTONIO SCIORTINO - 'IL CONSULENTE RE ONLINE' DI GIUGNO 2010 

     

     

    Nato a Delia (Caltanissetta) il 28 luglio 1954, sacerdote paolino dal 1980, don Antonio Sciortino è uno dei giornalisti oggi più conosciuti nel mondo massmediatico e politico italiano: da undici anni dirige il più diffuso settimanale cattolico italiano, Famiglia Cristiana.

     

    Vi ha immesso una vis polemica che ha portato la rivista ad essere al centro di roventi controversie, soprattutto (ma non soltanto) in tempi recenti. Famiglia Cristiana, che nel 2011 festeggerà l’ottantesimo compleanno, a metà aprile si è rinnovata nella grafica ed anche nei contenuti, ristrutturando pure l’omonimo sito online (www.famigliacristiana.it). Questo è uno degli argomenti principali dell’ampia intervista che don Sciortino ha accettato, con grande disponibilità, di rilasciare a “Il Consulente RE” ora online. Nel suo studio della palazzina milanese di viale Giotto si è però parlato molto anche di famiglia e pure di bandiere rosse e di critiche alla rivista, di Giorgio Napolitano ed Eluana Englaro, infine di rapporti con l’Islam, di minareti e del cardinale Tettamanzi. Ricordiamo che don Sciortino sta girando l’Italia per presentare i suoi due ultimi libri sui suoi cavalli di battaglia: La famiglia cristiana, una risorsa ignorata (Mondadori) e  Anche voi foste stranieri. L’immigrazione, la Chiesa e la società italiana (Laterza).

     

     

    Don Sciortino, vedo nel Suo studio montagne assai ordinate di libri, tanti presepi da ogni parte del mondo… poi mi chiedo: dove ha nascosto le bandiere rosse?

     

    Chiariamo subito, più di quanto non abbia già fatto scrivendone e adesso anche girando molto per l’Italia per discutere dei miei libri sulla famiglia e sull’immigrazione. Devo ribadirlo: la nostra linea dal punto di vista politico non è di parte né ci importa farlo. Checché ne dicano i giornali che tentano di collocarci da una parte o dall’altra….

     

    … più da una parte…

     

    …più da una parte che dall’altra, poiché c’è una campagna di stampa che mira a darci un colore preciso. Se vogliamo schierarci e prendiamo posizioni forti, lo facciamo a favore della famiglia, in tempi in cui la  famiglia viene attaccata dal punto di vista concettuale, etico e incomincia ad avere serie difficoltà economiche vista la crisi. La nostra rivista vuole difendere e promuovere la famiglia, in accordo con il Forum delle associazioni familiari e con il nostro Cisf (Centro internazionale studi famiglia), con competenza, con cognizione. Quando prendiamo posizioni forti, lo facciamo sempre in nome dei principi evangelici e della Dottrina sociale della Chiesa. Se tali posizioni dispiacciono a qualcuno, noi continuiamo ugualmente per la nostra strada. Oggi a lamentarsi di noi possono essere gli attuali gestori della cosa pubblica; ma di noi si lamentavano anche i loro predecessori. Noi abbiamo preso posizioni anche molto dure contro il governo Prodi, soprattutto quando – in una seduta straordinaria promossa dal Ministero della Famiglia guidato da Rosi Bindi – si deliberò su qualcosa che non aveva nulla a che fare con la famiglia, i Dico e i Pacs, che tanto hanno infiammato il Paese. Questo anche per ricordare ai distratti che noi siamo intervenuti con durezza nel merito dei provvedimenti, indipendentemente dal colore dei gestori della cosa pubblica. Certo lo so che contro di noi ci sono pregiudizi e so anche che è difficile dissolverli…

     

    Don Sciortino, Lei ha parlato fin qui di famiglia da difendere e promuovere e già ha lasciato intendere di quale tipo di famiglia. Se ho ben capito Lei promuove – in pieno accordo anche con papa Benedetto XVI - la famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna…

     

    L’ho scritto con molta chiarezza ne La famiglia cristiana-Una risorsa ignorata: la famiglia che intendiamo è quella riconosciuta all’articolo 29 della Costituzione, la cellula naturale fondata tra un uomo e una donna. Se noi vogliamo oggi far passare ogni forma di unione come fosse famiglia, questo è il miglior modo per distruggere la famiglia. Se tutto è famiglia, nulla più è famiglia. Non ci devono essere equivoci dal punto di vista concettuale….

     

    Invece il nostro è il tempo in cui le cosiddette conquiste di ‘nuovi diritti’ si fanno anche attraverso l’ambiguità e la confusione dei concetti, cui corrisponde una manipolazione lessicale ben nota…

     

    E’ grave il problema concettuale e terminologico. L’attacco alla famiglia si nutre anche di documenti a livello europeo e più in generale internazionale, in cui si tenta di far passare la teoria del genere, così che non ci sia più distinzione tra maschio e femmina. Il termine neutro darà poi la possibilità di riconoscere qualsiasi forma di unione…

     

     

    Tipo “mamma” e “papà” sostituiti tristemente e tristamente da “genitore A” e “genitore B”…

     

    I nostri mass-media rendono in genere un pessimo servizio alla famiglia. I modelli proposti sono modelli mediatici che hanno nessun riscontro serio nella realtà. I modelli che vediamo in tutti i reality sono quelli delle “allegre famigliole allargate”, dove non si capisce quale rapporto ci sia tra i loro componenti. Nella realtà sono una minoranza irrilevante di fronte ai 22 milioni di famiglie cosiddette tradizionali esistenti in Italia. Che lottano contro tante difficoltà e sono la vera risorsa dell’Italia, la quale – se sta in piedi nonostante la grave crisi economica – lo deve proprio alla famiglia, oggi il miglior ammortizzatore sociale. La famiglia si fa carico dei ragazzi che devono stare a casa poiché non hanno lavoro: in sei regioni d’Italia più del 30% dei ragazzi sono disoccupati.

     

    Aggiungiamoci poi i tanti precari…

     

    …che abbiamo un po’ ingannato, poiché attraverso la flessibilità si pensava di immetterli nel circuito del lavoro stabile. Abbiamo chiamato flessibilità quella che si è trasformata in precarietà costante e impedisce di programmare la propria vita, di costruire una famiglia. In Italia, come emerge dai dati Istat presentati alla Camera qualche settimana fa, due milioni di giovani dai 15 ai 29 anni sono dei ‘fantasmi’: non studiano, non lavorano. Di loro non si interessa nessuno; sono a carico delle famiglie e non sappiamo che fine faranno. Molti potrebbero essere anche adescati dalla malavita. Bisogna proprio riscoprire la famiglia come risorsa per questo Paese: è un capitale umano, sociale, anche economico. Se si investe sulla famiglia, cresce anche il Paese. E’ un tema sul quale non possiamo dividerci: la famiglia non ha un colore politico, farla star bene è interesse di tutti.

     

    Di promesse politiche riguardanti la famiglia ne abbiamo sempre sentite tante, soprattutto in prossimità delle elezioni…

     

    A ogni passaggio elettorale si promette alla famiglia di tutto e di più. E io denuncio che non c’è mai stata in realtà una vera politica familiare in questo Paese.

     

    Anche quando era al potere la Dc?

     

    Anche quando era al potere la Dc.

     

    Perché?

     

    Allora dominava la concezione che la famiglia avesse in sé le energie necessarie per potersela cavare. La politica allora pensava ad altro e la famiglia a se stessa. In parte, fino agli Anni Settanta, in effetti la famiglia aveva in sé le risorse per vivere: i nonni davano una mano, accantonavano un po’ di risparmi… ma da tempo non è più così! Oggi molte famiglie non ce la fanno ad arrivare alla terza settimana per la spesa e si sta arretrando ormai alla seconda…

     

    Dicono tanti politici: non ci sono soldi per aiutare le famiglie…

    Non è vero. Quando si vuole, le risorse si trovano. Si sono trovate per le banche, a volte si trovano per il mercato delle armi (di cui poco si parla)… il fatto è che la famiglia viene sempre in coda nelle varie finanziarie. Non si è ancora capito che sulla famiglia si devono investire soldi veri. Sarebbe il miglior investimento che il Paese può fare.

     

     

    Qualche provvedimento a favore della famiglia ogni tanto viene adottato…

     

    Però non si possono spacciare per politica familiare i vari aiuti sporadici che vengono dati alla famiglia, come i bonus, anche una tantum o la social card. Sono gocce d’acqua in un mare immenso. Il 12 maggio 2006 c’è stato il Family Day a Roma che ha riunito una folla enorme; al presidente della Repubblica sono state poi inoltrate più di un milione di firme perché investisse il Parlamento di una politica a favore della famiglia. Niente o quasi. Perché non si riesce in questo Paese a fare una politica strutturale per la famiglia, che è svantaggiata anche da una fiscalità ingiusta?

     

    Si continua probabilmente a ritenere che i figli siano un fatto privato…

     

    E’ così. La mentalità dominante suggerisce che ogni famiglia si arrangi con i figli che ha voluto mettere al mondo. E’ una mentalità sbagliatissima: la politica deve orientarsi ai figli, che sono il bene più prezioso del Paese.

     

    Questo paradossalmente accade in un Paese imbevuto fin qui – volenti o nolenti – di cultura cattolica. In Paesi vicini – e molto più secolarizzati – avviene il contrario: la famiglia con figli viene favorita…

     

    Il nostro è un Paese che si dice tanto cattolico e poi per la famiglia non fa nulla di consistente. L’Italia dedica l’1,1% del prodotto interno lordo (Pil) alle politiche familiari; la Francia il 2,5%, la Germania il 3,4%...

     

    Vuol suggerire di ispirarsi a questi ultimi modelli?

     

    Se noi non siamo in grado di elaborare una politica originale nostra, copiamo quei modelli che mi sembra funzionino abbastanza bene. Come aveva rilevato in uno dei suoi interventi da presidente della Cei anche il cardinale Camillo Ruini…

     

    A livello regionale o locale si stanno comunque elaborando modelli autonomi…

     

    Sì, è vero anche questo. E mi viene subito in mente il buon modello adottato dalla città di Parma, che sta attirando l’attenzione di diverse altre realtà locali.

     

    FAMIGLIA CRISTIANA RINNOVATA

     

    Don Sciortino, veniamo adesso al rilancio, all’ultimo rinnovamento di Famiglia Cristiana, quello in atto dal numero del 15 aprile…

     

    I giornali ogni tanto hanno bisogno di dare una rinfrescata alla veste grafica, che invecchia rapidamente. I giornali devono essere utili, ma anche piacevoli alla lettura…

     

    Se rivolti a un pubblico generico, anche facili da leggere…

     

    Abbiamo voluto rinnovare la grafica, alla vigilia degli ottant’anni di vita. E anche i contenuti.

     

    In quale senso?

     

    Non è che noi facciamo una rivista totalmente diversa o che abbiamo scoperto oggi o l’altro ieri il tema della famiglia. Famiglia Cristiana si è sempre occupata di famiglia, è nata per informare su di essa e per essere al suo servizio. Però il tema l’abbiamo voluto accentuare, perché i tempi – in cui non manca chi ha già suonato per la famiglia le campane a morto – lo richiedono. Sulla famiglia si gioca una battaglia fondamentale.

     

    In ogni nuovo numero appare un’inchiesta particolare sull’argomento…

     

    Non solo. Abbiamo dato spazio ad alcune nuove rubriche, mirate in particolare a tentare una risposta ai problemi delle giovani coppie con bambini piccoli. C’è una sezione della rivista, Essere genitori, in cui esperti dialogano con i genitori sulla quotidianità familiare; sempre in questa sezione due genitori curano una rubrica dedicata ai giovani, Innamoramento&amore . Nelle due pagine della Stanza dei piccoli diamo la possibilità ai bambini di leggere filastrocche, una ‘striscia’ e di costruire oggetti di carta.

     

    Insomma la rivista è oggi consultabile con profitto da ogni componente della famiglia. Ci sono due domande che sono sorte spontanee dopo aver sfogliato con attenzione la nuova rivista. La prima: evidenziando alcune frasi dei singoli articoli, non correte il rischio che il lettore legga queste, trascurando il resto, cioè il ragionamento che porta ai brani evidenziati?

     

    No, l’obiettivo è quello di evidenziare per attirare subito l’attenzione su un tema. Se l’occhio è richiamato, poi va anche sul resto…

     

    Non ne siamo tanto sicuri…

     

    L’evidenziazione è solo un aspetto del rinnovamento grafico. Abbiamo ridotto ad esempio la lunghezza degli articoli, perché il pubblico ha meno tempo per leggere. Anche i titoli sono maggiormente in evidenza. La rivista respira di più grazie all’ampliamento degli spazi bianchi…Tutto per facilitare il compito ai lettori.

     

    Altra osservazione: soprattutto nella seconda parte della rivista può essere per qualcuno poco agevole distinguere tra articoli e pubblicità… è tutto un susseguirsi di immagini e colori, una vera sarabanda che finisce per stordire … si crea un po’ un effetto vuvuzelas, le famigerate trombette sudafricane che rintronano orecchi e mente di chi ne subisce l’orribile suono…

     

    I giornali devono fare di necessità virtù, per cui la pubblicità – così preziosa e necessaria – deve essere collocata al loro interno. I contenuti e l’impostazione grafica inevitabilmente si devono piegare alla pubblicità. Questo può dare l’impressione che ci sia un po’ troppa confusione. Però i riscontri ci dicono che i lettori non hanno segnalato difficoltà particolari nella lettura. Si deve anche dire che la pubblicità è concentrata soprattutto nella seconda parte, che già in passato era assai ‘mossa’ con le sue tante rubriche.

     

    Torniamo sulla reazione dei lettori all’ultimo rilancio. E’ piaciuto?

     

    Sono piaciuti a circa 9 lettori su 10 sia il rinnovamento grafico che quello contenutistico. Lo si evince anche dalle centinaia di lettere e di e-mail che ricevo settimanalmente. Un’indagine fatta per tre numeri su un campione di 900 lettori ha confermato l’alto gradimento.

     

    Don Sciortino, i vostri lettori vengono raggiunti tramite le parrocchie, l’abbonamento e l’edicola. Quanto pesano singolarmente oggi i tre canali di distribuzione?

     

    R: In passato il canale tradizionale delle parrocchie era il più forte. Ma erano altri tempi: le chiese erano più frequentate, i volontari erano più numerosi, i sacerdoti erano tanti e avevano una sola parrocchia. Adesso il canale degli abbonati equivale a quello delle parrocchie. Non sono poi pochi i lettori che acquistano regolarmente Famiglia Cristiana all’edicola, anche perché possono così leggerla il giovedì e non devono attendere di andare a messa il sabato o la domenica.

     

    Famiglia Cristiana è diffusa più a Nord che a Sud?

     

    Sì, il settimanale è diffuso maggiormente nel Nord-Est, nel Piemonte, in genere nel Centro-Nord, le nostre aree tradizionalmente più forti.

     

    RINNOVATO ANCHE IL SITO ONLINE

     

    Oggi avete anche un importante sito online, rinnovato…Quali speranze riponete in questa forma di comunicazione?

     

    Fino al rilancio di aprile avevamo un sito che era semplicemente una vetrina. Ora abbiamo inaugurato una vera e propria rivista online, che non è diversa da quella cartacea. E’ la stessa rivista, con la stessa direzione e lo stesso corpo redazionale, che si esprime nei due linguaggi: quello cartaceo e quello online. L’obiettivo è quello di raggiungere anche pubblici diversi. L’online ci dà la possibilità di catturare un pubblico più giovane, che possa poi essere indotto a leggere anche il cartaceo. Le due versioni si integrano. Sono convinto che il futuro dei giornali sia la commistione sapiente tra cartaceo e online. Nella rivista online, ritenendo inutile inseguire l’attualità (ciò che fanno già molto bene altri), abbiamo valorizzato contenuti tipicamente nostri, dalla famiglia al volontariato.

     

    Don Sciortino, quanta parte del mondo cattolico pensate di rappresentare?

     

    Credo che noi rappresentiamo il mondo cattolico, perché non ci indirizziamo a un suo spicchio…

     

    Le ho posto la domanda, poiché anche in un passato recente contro di voi sono state formulate da settori del mondo cattolico critiche assai aspre contro certe vostre posizioni su temi politici delicati…

     

    R: Nel mondo cattolico ci sono sensibilità diverse. Ci sono stati anche Papi con sensibilità diverse; qualcuno come Paolo VI tendeva di più alla mediazione, Giovanni Paolo II alla presenza nella società. Di per sé le differenze non sono uno scandalo all’interno della Chiesa: l’importante è che tutti puntino all’obiettivo del bene della comunità ecclesiale e della società. Le guerre intestine non servono assolutamente a nulla. Tanto più che oggi come oggi la società ha bisogno di una voce cristiana nell’insieme di cui si sente la mancanza. Il punto è che i cristiani non riescono più a incidere sulla società, sono poco significativi nella vita del Paese; il problema più serio è la cesura esistente tra Vangelo e cultura e noi non la supereremo se non saremo più protagonisti. Giustamente Benedetto XVI ha invocato una nuova classe politica di ispirazione cristiana. Anche i nostri attuali politici di ispirazione cristiana non incidono più sulle leggi, sull’applicazione dei valori irrinunciabili (e io aggiungerei non selezionabili ). Abbiamo bisogno su questi temi di un’unità di fondo indipendentemente dalla collocazione politica e dagli ordini di scuderia…

     

    Ma Lei rimpiange forse la Democrazia Cristiana?

     

    Non la rimpiango; aveva i suoi bravi difetti. Sarebbe antistorico ricreare la Democrazia Cristiana. Però, quando sono in ballo i valori fondamentali, occorre ritrovare un’unità tra i cattolici di colore diverso. E’ doveroso per il bene del Paese. Un Paese che è in declino per ragioni demografiche, un Paese che manca di etica in politica così che assistiamo a una guerra di fazioni allo scopo di spartirsi il bottino.

     

    Parte delle critiche provenienti da settori del mondo cattolico derivavano anche dal rimproverato uso di un linguaggio molto chiaro e nel contempo drastico…

     

    Sì, sono stato accusato anch’io, personalmente. E allora dico che, se la questione è di toni, possiamo anche abbassarli, poiché a noi interessa la sostanza. Se su quest’ultima siamo d’accordo, va benissimo, si può procedere con un impegno comune.

     

    IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA E ELUANA ENGLARO

     

    Don Sciortino, Lei il 28 maggio, insieme con un’alta rappresentanza paolina, ha presentato Famiglia Cristiana rinnovata al presidente della Repubblica. Dal Suo saluto estrapolo una frase, rivolta proprio al presidente: “Noi abbiamo molta fiducia nei suoi confronti. Apprezziamo il suo impegno istituzionale, a difesa della Costituzione e della democrazia, in un momento di crisi non solo economica, ma soprattutto etica, per il relativismo morale crescente e l’emergenza educativa delle nuove generazioni”. Io sono uno di quelli (insieme con molti altri) che non hanno ancora digerito (semmai la digeriranno) la mancata firma di Giorgio Napolitano al decreto governativo che avrebbe permesso di salvare la vita di Eluana Englaro. Che oggi vivrebbe probabilmente ancora. La mancata firma rappresenta per me e per altri un fatto grave nella storia della Repubblica. Insomma io trovo lacunoso il Suo saluto e Le chiedo: secondo Lei, il presidente Napolitano ha sbagliato o non ha sbagliato nel rifiutare la firma al decreto per Eluana Englaro?

     

    Può essere lacunoso il mio saluto, poiché non sostengo che il presidente incarni la perfezione; può anche esserci qualche momento in cui si sarebbe potuto comportare diversamente. Però con quella frase io volevo evidenziare che il presidente istituzionalmente è un valore stabile, in tempi contrassegnati da un forte attacco all’equilibrio dei poteri. Il mio riferimento era alla garanzia che offre il presidente Napolitano in tale situazione, in cui si mira a modificare i nostri fondamenti costituzionali, che andrebbero invece finalmente applicati. Il rischio è grave che ad esempio la libertà di stampa venga strangolata da iniqui provvedimenti economici, oltre che da norme legislative che – mirando a tutelare giustamente la privacy (e qui non pochi giornalisti dovrebbero fare autocritica per come hanno superato certi limiti) – rischiano di trasformare i massmedia in servi del potere e non più al servizio della verità.  Le pare normale che la libertà d’opinione venga considerata eversiva? A me sembra che quanto più si restringe la libertà di stampa, tanto più diminuisce il tasso di democrazia. 

     

    Torniamo al caso di Eluana. Le ripeto la domanda di prima: il presidente Napolitano ha sbagliato o non ha sbagliato a non apporre la firma al decreto governativo pro-Eluana?

     

    Credo che su questa vicenda molto complessa ci siano tante considerazioni da fare. Se noi limitiamo semplicemente il problema a un aspetto ultimo, forse è un po’ riduttivo…

     

    Sarà stato un ‘aspetto ultimo’, ma decisivo per la vita di Eluana…

     

    Io credo che bisogna fare tutto da parte di tutti per salvare le persone. La vita di Eluana aveva il diritto di poter continuare. Però lo stesso impegno per la vita di Eluana dobbiamo metterlo sempre e comunque per tanti altri casi. Ho constatato delle contraddizioni in alcuni: non possiamo essere parziali nella difesa della vita, perché dobbiamo difendere quella nascente e quella declinante, ma anche quella di chi fa la traversata del Mediterraneo sui barconi, in cerca di speranza. Non può essere strumentale la difesa della vita…

     

    Allora Eluana doveva – ripeto doveva – essere salvata…

     

    Certo, la vita di Eluana doveva essere salvata. Su questo non c’è dubbio e io sono pienamente d’accordo con le Suore Misericordine di Lecco. Però, ripeto, non si possono selezionare le vite da promuovere e quelle da ignorare: ad esempio le vite di chi ha un colore della pelle diverso dal nostro. Sarebbe un atteggiamento né umano né civile né tantomeno cristiano.

     

    MINARETI E DINTORNI

     

    Ultimo tema, caro anche a Famiglia Cristiana, quello dei rapporti con l’Islam. Il fatto emblematico è questo: il 29 novembre del 2009 un’ampia maggioranza dell’elettorato svizzero ha accolto un’iniziativa costituzionale per il blocco della costruzione di nuovi minareti. Il voto non impedisce ai musulmani di continuare a pregare nelle 1600 tra moschee e ‘sale di preghiera’ esistenti nella Confederazione. Lei come considera questa decisione elvetica?

     

    La mia convinzione è che ci siano diritti inalienabili, legati alla persona prima ancora che al cittadino. Uno di tali diritti è quello alla preghiera, un altro quello al luogo di culto. Possiamo poi dibattere su dove costruire le moschee e i minareti…Il fatto che non ci sia la reciprocità non deve autorizzarci a negare agli altri quello che gli altri ci negano, altrimenti scadiamo nel livello di civiltà.

     

    Però, nel caso del referendum svizzero, il caso è diverso. Gli svizzeri hanno votato contro un simbolo identitario, non contro un luogo di culto…

     

    Guardi, gli svizzeri votano su tutto, domani possono votare magari in altro modo…

     

    Don Sciortino, non sminuisca… non vorrà negare che gli istituti del referendum e dell’iniziativa offrono all’elettorato la possibilità di esprimere una sua opinione – a volte diversa da quella dei poteri dominanti - anche su temi delicati…può piacere o non piacere, ma è il sale della democrazia!

     

    Quello che intendo è che non ci può essere un provvedimento, anche approvato dalla maggioranza del popolo, che leda un diritto fondamentale. In questo caso, se il no alla costruzione dei minareti non ha danneggiato la libertà di culto perché in Svizzera ci sono tante moschee e a nessuno viene impedita la preghiera, il risultato del voto elvetico non crea problemi da questo punto di vista. Mi preoccupa invece che, quando il cardinale Tettamanzi evoca come inalienabili la libertà di culto e il diritto alla preghiera, sia denigrato come l’imam di Kabul: ciò indica che la questione non è dove costruire una moschea, ma di impedirlo. Invece non abbiamo scelta: la via obbligata è quella del dialogo tra le religioni. Se una religione è vera, non può che essere a favore della vita e della pace tra gli uomini. Come aveva ben capito Giovanni Paolo II, promuovendo l’incontro di Assisi; come ha ribadito, anche nella recente visita a Cipro, Benedetto XVI; come continua ogni giorno ad affermare nella concretezza la Comunità di Sant’Egidio.

     

     

     

     

     

     

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    Occhiello:PARLA IL DIRETTORE DI ‘FAMIGLIA CRISTIANA’

     

    Titolo: Don Sciortino:

                famiglia, rilancio

                e polemiche

     

     

    di Giuseppe Rusconi

     

    Nato a Delia (Caltanissetta) il 28 luglio 1954, sacerdote paolino dal 1980, don Antonio Sciortino è uno dei giornalisti oggi più conosciuti nel mondo massmediatico e politico italiano: da undici anni dirige il più diffuso settimanale cattolico italiano, Famiglia Cristiana. Vi ha immesso una vis polemica che ha portato la rivista ad essere al centro di roventi controversie, soprattutto (ma non soltanto) in tempi recenti. Famiglia Cristiana, che nel 2011 festeggerà l’ottantesimo compleanno, a metà aprile si è rinnovata nella grafica ed anche nei contenuti, ristrutturando pure l’omonimo sito online (www.famigliacristiana.it). Questo è uno degli argomenti principali dell’ampia intervista che don Sciortino ha accettato, con grande disponibilità, di rilasciare a “Il Consulente RE” ora online. Nel suo studio della palazzina milanese di viale Giotto si è però parlato molto anche di famiglia e pure di bandiere rosse e di critiche alla rivista, di Giorgio Napolitano ed Eluana Englaro, infine di rapporti con l’Islam, di minareti e del cardinale Tettamanzi. Ricordiamo che don Sciortino sta girando l’Italia per presentare i suoi due ultimi libri sui suoi cavalli di battaglia: La famiglia cristiana, una risorsa ignorata (Mondadori) e  Anche voi foste stranieri. L’immigrazione, la Chiesa e la società italiana (Laterza).

     

     

    Don Sciortino, vedo nel Suo studio montagne assai ordinate di libri, tanti presepi da ogni parte del mondo… poi mi chiedo: dove ha nascosto le bandiere rosse?

     

    Chiariamo subito, più di quanto non abbia già fatto scrivendone e adesso anche girando molto per l’Italia per discutere dei miei libri sulla famiglia e sull’immigrazione. Devo ribadirlo: la nostra linea dal punto di vista politico non è di parte né ci importa farlo. Checché ne dicano i giornali che tentano di collocarci da una parte o dall’altra….

     

    … più da una parte…

     

    …più da una parte che dall’altra, poiché c’è una campagna di stampa che mira a darci un colore preciso. Se vogliamo schierarci e prendiamo posizioni forti, lo facciamo a favore della famiglia, in tempi in cui la  famiglia viene attaccata dal punto di vista concettuale, etico e incomincia ad avere serie difficoltà economiche vista la crisi. La nostra rivista vuole difendere e promuovere la famiglia, in accordo con il Forum delle associazioni familiari e con il nostro Cisf (Centro internazionale studi famiglia), con competenza, con cognizione. Quando prendiamo posizioni forti, lo facciamo sempre in nome dei principi evangelici e della Dottrina sociale della Chiesa. Se tali posizioni dispiacciono a qualcuno, noi continuiamo ugualmente per la nostra strada. Oggi a lamentarsi di noi possono essere gli attuali gestori della cosa pubblica; ma di noi si lamentavano anche i loro predecessori. Noi abbiamo preso posizioni anche molto dure contro il governo Prodi, soprattutto quando – in una seduta straordinaria promossa dal Ministero della Famiglia guidato da Rosi Bindi – si deliberò su qualcosa che non aveva nulla a che fare con la famiglia, i Dico e i Pacs, che tanto hanno infiammato il Paese. Questo anche per ricordare ai distratti che noi siamo intervenuti con durezza nel merito dei provvedimenti, indipendentemente dal colore dei gestori della cosa pubblica. Certo lo so che contro di noi ci sono pregiudizi e so anche che è difficile dissolverli…

     

    Don Sciortino, Lei ha parlato fin qui di famiglia da difendere e promuovere e già ha lasciato intendere di quale tipo di famiglia. Se ho ben capito Lei promuove – in pieno accordo anche con papa Benedetto XVI - la famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna…

     

    L’ho scritto con molta chiarezza ne La famiglia cristiana-Una risorsa ignorata: la famiglia che intendiamo è quella riconosciuta all’articolo 29 della Costituzione, la cellula naturale fondata tra un uomo e una donna. Se noi vogliamo oggi far passare ogni forma di unione come fosse famiglia, questo è il miglior modo per distruggere la famiglia. Se tutto è famiglia, nulla più è famiglia. Non ci devono essere equivoci dal punto di vista concettuale….

     

    Invece il nostro è il tempo in cui le cosiddette conquiste di ‘nuovi diritti’ si fanno anche attraverso l’ambiguità e la confusione dei concetti, cui corrisponde una manipolazione lessicale ben nota…

     

    E’ grave il problema concettuale e terminologico. L’attacco alla famiglia si nutre anche di documenti a livello europeo e più in generale internazionale, in cui si tenta di far passare la teoria del genere, così che non ci sia più distinzione tra maschio e femmina. Il termine neutro darà poi la possibilità di riconoscere qualsiasi forma di unione…

     

     

    Tipo “mamma” e “papà” sostituiti tristemente e tristamente da “genitore A” e “genitore B”…

     

    I nostri mass-media rendono in genere un pessimo servizio alla famiglia. I modelli proposti sono modelli mediatici che hanno nessun riscontro serio nella realtà. I modelli che vediamo in tutti i reality sono quelli delle “allegre famigliole allargate”, dove non si capisce quale rapporto ci sia tra i loro componenti. Nella realtà sono una minoranza irrilevante di fronte ai 22 milioni di famiglie cosiddette tradizionali esistenti in Italia. Che lottano contro tante difficoltà e sono la vera risorsa dell’Italia, la quale – se sta in piedi nonostante la grave crisi economica – lo deve proprio alla famiglia, oggi il miglior ammortizzatore sociale. La famiglia si fa carico dei ragazzi che devono stare a casa poiché non hanno lavoro: in sei regioni d’Italia più del 30% dei ragazzi sono disoccupati.

     

    Aggiungiamoci poi i tanti precari…

     

    …che abbiamo un po’ ingannato, poiché attraverso la flessibilità si pensava di immetterli nel circuito del lavoro stabile. Abbiamo chiamato flessibilità quella che si è trasformata in precarietà costante e impedisce di programmare la propria vita, di costruire una famiglia. In Italia, come emerge dai dati Istat presentati alla Camera qualche settimana fa, due milioni di giovani dai 15 ai 29 anni sono dei ‘fantasmi’: non studiano, non lavorano. Di loro non si interessa nessuno; sono a carico delle famiglie e non sappiamo che fine faranno. Molti potrebbero essere anche adescati dalla malavita. Bisogna proprio riscoprire la famiglia come risorsa per questo Paese: è un capitale umano, sociale, anche economico. Se si investe sulla famiglia, cresce anche il Paese. E’ un tema sul quale non possiamo dividerci: la famiglia non ha un colore politico, farla star bene è interesse di tutti.

     

    Di promesse politiche riguardanti la famiglia ne abbiamo sempre sentite tante, soprattutto in prossimità delle elezioni…

     

    A ogni passaggio elettorale si promette alla famiglia di tutto e di più. E io denuncio che non c’è mai stata in realtà una vera politica familiare in questo Paese.

     

    Anche quando era al potere la Dc?

     

    Anche quando era al potere la Dc.

     

    Perché?

     

    Allora dominava la concezione che la famiglia avesse in sé le energie necessarie per potersela cavare. La politica allora pensava ad altro e la famiglia a se stessa. In parte, fino agli Anni Settanta, in effetti la famiglia aveva in sé le risorse per vivere: i nonni davano una mano, accantonavano un po’ di risparmi… ma da tempo non è più così! Oggi molte famiglie non ce la fanno ad arrivare alla terza settimana per la spesa e si sta arretrando ormai alla seconda…

     

    Dicono tanti politici: non ci sono soldi per aiutare le famiglie…

    Non è vero. Quando si vuole, le risorse si trovano. Si sono trovate per le banche, a volte si trovano per il mercato delle armi (di cui poco si parla)… il fatto è che la famiglia viene sempre in coda nelle varie finanziarie. Non si è ancora capito che sulla famiglia si devono investire soldi veri. Sarebbe il miglior investimento che il Paese può fare.

     

     

    Qualche provvedimento a favore della famiglia ogni tanto viene adottato…

     

    Però non si possono spacciare per politica familiare i vari aiuti sporadici che vengono dati alla famiglia, come i bonus, anche una tantum o la social card. Sono gocce d’acqua in un mare immenso. Il 12 maggio 2006 c’è stato il Family Day a Roma che ha riunito una folla enorme; al presidente della Repubblica sono state poi inoltrate più di un milione di firme perché investisse il Parlamento di una politica a favore della famiglia. Niente o quasi. Perché non si riesce in questo Paese a fare una politica strutturale per la famiglia, che è svantaggiata anche da una fiscalità ingiusta?

     

    Si continua probabilmente a ritenere che i figli siano un fatto privato…

     

    E’ così. La mentalità dominante suggerisce che ogni famiglia si arrangi con i figli che ha voluto mettere al mondo. E’ una mentalità sbagliatissima: la politica deve orientarsi ai figli, che sono il bene più prezioso del Paese.

     

    Questo paradossalmente accade in un Paese imbevuto fin qui – volenti o nolenti – di cultura cattolica. In Paesi vicini – e molto più secolarizzati – avviene il contrario: la famiglia con figli viene favorita…

     

    Il nostro è un Paese che si dice tanto cattolico e poi per la famiglia non fa nulla di consistente. L’Italia dedica l’1,1% del prodotto interno lordo (Pil) alle politiche familiari; la Francia il 2,5%, la Germania il 3,4%...

     

    Vuol suggerire di ispirarsi a questi ultimi modelli?

     

    Se noi non siamo in grado di elaborare una politica originale nostra, copiamo quei modelli che mi sembra funzionino abbastanza bene. Come aveva rilevato in uno dei suoi interventi da presidente della Cei anche il cardinale Camillo Ruini…

     

    A livello regionale o locale si stanno comunque elaborando modelli autonomi…

     

    Sì, è vero anche questo. E mi viene subito in mente il buon modello adottato dalla città di Parma, che sta attirando l’attenzione di diverse altre realtà locali.

     

    FAMIGLIA CRISTIANA RINNOVATA

     

    Don Sciortino, veniamo adesso al rilancio, all’ultimo rinnovamento di Famiglia Cristiana, quello in atto dal numero del 15 aprile…

     

    I giornali ogni tanto hanno bisogno di dare una rinfrescata alla veste grafica, che invecchia rapidamente. I giornali devono essere utili, ma anche piacevoli alla lettura…

     

    Se rivolti a un pubblico generico, anche facili da leggere…

     

    Abbiamo voluto rinnovare la grafica, alla vigilia degli ottant’anni di vita. E anche i contenuti.

     

    In quale senso?

     

    Non è che noi facciamo una rivista totalmente diversa o che abbiamo scoperto oggi o l’altro ieri il tema della famiglia. Famiglia Cristiana si è sempre occupata di famiglia, è nata per informare su di essa e per essere al suo servizio. Però il tema l’abbiamo voluto accentuare, perché i tempi – in cui non manca chi ha già suonato per la famiglia le campane a morto – lo richiedono. Sulla famiglia si gioca una battaglia fondamentale.

     

    In ogni nuovo numero appare un’inchiesta particolare sull’argomento…

     

    Non solo. Abbiamo dato spazio ad alcune nuove rubriche, mirate in particolare a tentare una risposta ai problemi delle giovani coppie con bambini piccoli. C’è una sezione della rivista, Essere genitori, in cui esperti dialogano con i genitori sulla quotidianità familiare; sempre in questa sezione due genitori curano una rubrica dedicata ai giovani, Innamoramento&amore . Nelle due pagine della Stanza dei piccoli diamo la possibilità ai bambini di leggere filastrocche, una ‘striscia’ e di costruire oggetti di carta.

     

    Insomma la rivista è oggi consultabile con profitto da ogni componente della famiglia. Ci sono due domande che sono sorte spontanee dopo aver sfogliato con attenzione la nuova rivista. La prima: evidenziando alcune frasi dei singoli articoli, non correte il rischio che il lettore legga queste, trascurando il resto, cioè il ragionamento che porta ai brani evidenziati?

     

    No, l’obiettivo è quello di evidenziare per attirare subito l’attenzione su un tema. Se l’occhio è richiamato, poi va anche sul resto…

     

    Non ne siamo tanto sicuri…

     

    L’evidenziazione è solo un aspetto del rinnovamento grafico. Abbiamo ridotto ad esempio la lunghezza degli articoli, perché il pubblico ha meno tempo per leggere. Anche i titoli sono maggiormente in evidenza. La rivista respira di più grazie all’ampliamento degli spazi bianchi…Tutto per facilitare il compito ai lettori.

     

    Altra osservazione: soprattutto nella seconda parte della rivista può essere per qualcuno poco agevole distinguere tra articoli e pubblicità… è tutto un susseguirsi di immagini e colori, una vera sarabanda che finisce per stordire … si crea un po’ un effetto vuvuzelas, le famigerate trombette sudafricane che rintronano orecchi e mente di chi ne subisce l’orribile suono…

     

    I giornali devono fare di necessità virtù, per cui la pubblicità – così preziosa e necessaria – deve essere collocata al loro interno. I contenuti e l’impostazione grafica inevitabilmente si devono piegare alla pubblicità. Questo può dare l’impressione che ci sia un po’ troppa confusione. Però i riscontri ci dicono che i lettori non hanno segnalato difficoltà particolari nella lettura. Si deve anche dire che la pubblicità è concentrata soprattutto nella seconda parte, che già in passato era assai ‘mossa’ con le sue tante rubriche.

     

    Torniamo sulla reazione dei lettori all’ultimo rilancio. E’ piaciuto?

     

    Sono piaciuti a circa 9 lettori su 10 sia il rinnovamento grafico che quello contenutistico. Lo si evince anche dalle centinaia di lettere e di e-mail che ricevo settimanalmente. Un’indagine fatta per tre numeri su un campione di 900 lettori ha confermato l’alto gradimento.

     

    Don Sciortino, i vostri lettori vengono raggiunti tramite le parrocchie, l’abbonamento e l’edicola. Quanto pesano singolarmente oggi i tre canali di distribuzione?

     

    R: In passato il canale tradizionale delle parrocchie era il più forte. Ma erano altri tempi: le chiese erano più frequentate, i volontari erano più numerosi, i sacerdoti erano tanti e avevano una sola parrocchia. Adesso il canale degli abbonati equivale a quello delle parrocchie. Non sono poi pochi i lettori che acquistano regolarmente Famiglia Cristiana all’edicola, anche perché possono così leggerla il giovedì e non devono attendere di andare a messa il sabato o la domenica.

     

    Famiglia Cristiana è diffusa più a Nord che a Sud?

     

    Sì, il settimanale è diffuso maggiormente nel Nord-Est, nel Piemonte, in genere nel Centro-Nord, le nostre aree tradizionalmente più forti.

     

    RINNOVATO ANCHE IL SITO ONLINE

     

    Oggi avete anche un importante sito online, rinnovato…Quali speranze riponete in questa forma di comunicazione?

     

    Fino al rilancio di aprile avevamo un sito che era semplicemente una vetrina. Ora abbiamo inaugurato una vera e propria rivista online, che non è diversa da quella cartacea. E’ la stessa rivista, con la stessa direzione e lo stesso corpo redazionale, che si esprime nei due linguaggi: quello cartaceo e quello online. L’obiettivo è quello di raggiungere anche pubblici diversi. L’online ci dà la possibilità di catturare un pubblico più giovane, che possa poi essere indotto a leggere anche il cartaceo. Le due versioni si integrano. Sono convinto che il futuro dei giornali sia la commistione sapiente tra cartaceo e online. Nella rivista online, ritenendo inutile inseguire l’attualità (ciò che fanno già molto bene altri), abbiamo valorizzato contenuti tipicamente nostri, dalla famiglia al volontariato.

     

    Don Sciortino, quanta parte del mondo cattolico pensate di rappresentare?

     

    Credo che noi rappresentiamo il mondo cattolico, perché non ci indirizziamo a un suo spicchio…

     

    Le ho posto la domanda, poiché anche in un passato recente contro di voi sono state formulate da settori del mondo cattolico critiche assai aspre contro certe vostre posizioni su temi politici delicati…

     

    R: Nel mondo cattolico ci sono sensibilità diverse. Ci sono stati anche Papi con sensibilità diverse; qualcuno come Paolo VI tendeva di più alla mediazione, Giovanni Paolo II alla presenza nella società. Di per sé le differenze non sono uno scandalo all’interno della Chiesa: l’importante è che tutti puntino all’obiettivo del bene della comunità ecclesiale e della società. Le guerre intestine non servono assolutamente a nulla. Tanto più che oggi come oggi la società ha bisogno di una voce cristiana nell’insieme di cui si sente la mancanza. Il punto è che i cristiani non riescono più a incidere sulla società, sono poco significativi nella vita del Paese; il problema più serio è la cesura esistente tra Vangelo e cultura e noi non la supereremo se non saremo più protagonisti. Giustamente Benedetto XVI ha invocato una nuova classe politica di ispirazione cristiana. Anche i nostri attuali politici di ispirazione cristiana non incidono più sulle leggi, sull’applicazione dei valori irrinunciabili (e io aggiungerei non selezionabili ). Abbiamo bisogno su questi temi di un’unità di fondo indipendentemente dalla collocazione politica e dagli ordini di scuderia…

     

    Ma Lei rimpiange forse la Democrazia Cristiana?

     

    Non la rimpiango; aveva i suoi bravi difetti. Sarebbe antistorico ricreare la Democrazia Cristiana. Però, quando sono in ballo i valori fondamentali, occorre ritrovare un’unità tra i cattolici di colore diverso. E’ doveroso per il bene del Paese. Un Paese che è in declino per ragioni demografiche, un Paese che manca di etica in politica così che assistiamo a una guerra di fazioni allo scopo di spartirsi il bottino.

     

    Parte delle critiche provenienti da settori del mondo cattolico derivavano anche dal rimproverato uso di un linguaggio molto chiaro e nel contempo drastico…

     

    Sì, sono stato accusato anch’io, personalmente. E allora dico che, se la questione è di toni, possiamo anche abbassarli, poiché a noi interessa la sostanza. Se su quest’ultima siamo d’accordo, va benissimo, si può procedere con un impegno comune.

     

    IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA E ELUANA ENGLARO

     

    Don Sciortino, Lei il 28 maggio, insieme con un’alta rappresentanza paolina, ha presentato Famiglia Cristiana rinnovata al presidente della Repubblica. Dal Suo saluto estrapolo una frase, rivolta proprio al presidente: “Noi abbiamo molta fiducia nei suoi confronti. Apprezziamo il suo impegno istituzionale, a difesa della Costituzione e della democrazia, in un momento di crisi non solo economica, ma soprattutto etica, per il relativismo morale crescente e l’emergenza educativa delle nuove generazioni”. Io sono uno di quelli (insieme con molti altri) che non hanno ancora digerito (semmai la digeriranno) la mancata firma di Giorgio Napolitano al decreto governativo che avrebbe permesso di salvare la vita di Eluana Englaro. Che oggi vivrebbe probabilmente ancora. La mancata firma rappresenta per me e per altri un fatto grave nella storia della Repubblica. Insomma io trovo lacunoso il Suo saluto e Le chiedo: secondo Lei, il presidente Napolitano ha sbagliato o non ha sbagliato nel rifiutare la firma al decreto per Eluana Englaro?

     

    Può essere lacunoso il mio saluto, poiché non sostengo che il presidente incarni la perfezione; può anche esserci qualche momento in cui si sarebbe potuto comportare diversamente. Però con quella frase io volevo evidenziare che il presidente istituzionalmente è un valore stabile, in tempi contrassegnati da un forte attacco all’equilibrio dei poteri. Il mio riferimento era alla garanzia che offre il presidente Napolitano in tale situazione, in cui si mira a modificare i nostri fondamenti costituzionali, che andrebbero invece finalmente applicati. Il rischio è grave che ad esempio la libertà di stampa venga strangolata da iniqui provvedimenti economici, oltre che da norme legislative che – mirando a tutelare giustamente la privacy (e qui non pochi giornalisti dovrebbero fare autocritica per come hanno superato certi limiti) – rischiano di trasformare i massmedia in servi del potere e non più al servizio della verità.  Le pare normale che la libertà d’opinione venga considerata eversiva? A me sembra che quanto più si restringe la libertà di stampa, tanto più diminuisce il tasso di democrazia. 

     

    Torniamo al caso di Eluana. Le ripeto la domanda di prima: il presidente Napolitano ha sbagliato o non ha sbagliato a non apporre la firma al decreto governativo pro-Eluana?

     

    Credo che su questa vicenda molto complessa ci siano tante considerazioni da fare. Se noi limitiamo semplicemente il problema a un aspetto ultimo, forse è un po’ riduttivo…

     

    Sarà stato un ‘aspetto ultimo’, ma decisivo per la vita di Eluana…

     

    Io credo che bisogna fare tutto da parte di tutti per salvare le persone. La vita di Eluana aveva il diritto di poter continuare. Però lo stesso impegno per la vita di Eluana dobbiamo metterlo sempre e comunque per tanti altri casi. Ho constatato delle contraddizioni in alcuni: non possiamo essere parziali nella difesa della vita, perché dobbiamo difendere quella nascente e quella declinante, ma anche quella di chi fa la traversata del Mediterraneo sui barconi, in cerca di speranza. Non può essere strumentale la difesa della vita…

     

    Allora Eluana doveva – ripeto doveva – essere salvata…

     

    Certo, la vita di Eluana doveva essere salvata. Su questo non c’è dubbio e io sono pienamente d’accordo con le Suore Misericordine di Lecco. Però, ripeto, non si possono selezionare le vite da promuovere e quelle da ignorare: ad esempio le vite di chi ha un colore della pelle diverso dal nostro. Sarebbe un atteggiamento né umano né civile né tantomeno cristiano.

     

    MINARETI E DINTORNI

     

    Ultimo tema, caro anche a Famiglia Cristiana, quello dei rapporti con l’Islam. Il fatto emblematico è questo: il 29 novembre del 2009 un’ampia maggioranza dell’elettorato svizzero ha accolto un’iniziativa costituzionale per il blocco della costruzione di nuovi minareti. Il voto non impedisce ai musulmani di continuare a pregare nelle 1600 tra moschee e ‘sale di preghiera’ esistenti nella Confederazione. Lei come considera questa decisione elvetica?

     

    La mia convinzione è che ci siano diritti inalienabili, legati alla persona prima ancora che al cittadino. Uno di tali diritti è quello alla preghiera, un altro quello al luogo di culto. Possiamo poi dibattere su dove costruire le moschee e i minareti…Il fatto che non ci sia la reciprocità non deve autorizzarci a negare agli altri quello che gli altri ci negano, altrimenti scadiamo nel livello di civiltà.

     

    Però, nel caso del referendum svizzero, il caso è diverso. Gli svizzeri hanno votato contro un simbolo identitario, non contro un luogo di culto…

     

    Guardi, gli svizzeri votano su tutto, domani possono votare magari in altro modo…

     

    Don Sciortino, non sminuisca… non vorrà negare che gli istituti del referendum e dell’iniziativa offrono all’elettorato la possibilità di esprimere una sua opinione – a volte diversa da quella dei poteri dominanti - anche su temi delicati…può piacere o non piacere, ma è il sale della democrazia!

     

    Quello che intendo è che non ci può essere un provvedimento, anche approvato dalla maggioranza del popolo, che leda un diritto fondamentale. In questo caso, se il no alla costruzione dei minareti non ha danneggiato la libertà di culto perché in Svizzera ci sono tante moschee e a nessuno viene impedita la preghiera, il risultato del voto elvetico non crea problemi da questo punto di vista. Mi preoccupa invece che, quando il cardinale Tettamanzi evoca come inalienabili la libertà di culto e il diritto alla preghiera, sia denigrato come l’imam di Kabul: ciò indica che la questione non è dove costruire una moschea, ma di impedirlo. Invece non abbiamo scelta: la via obbligata è quella del dialogo tra le religioni. Se una religione è vera, non può che essere a favore della vita e della pace tra gli uomini. Come aveva ben capito Giovanni Paolo II, promuovendo l’incontro di Assisi; come ha ribadito, anche nella recente visita a Cipro, Benedetto XVI; come continua ogni giorno ad affermare nella concretezza la Comunità di Sant’Egidio.

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

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