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    IL CARDINAL ERDOE SULLA COSTITUZIONE UNGHERESE E SUL CARDINAL MINDSZENTY

    INTERVISTA AL CARDINALE PETER ERDOE, ARCIVESCOVO DI BUDAPEST - di GIUSEPPE RUSCONI - fine ottobre 2012 (su 'Rossoporpora' in 'Tempi' 50/12)

     

    A margine del recente Sinodo sulla nuova evangelizzazione, abbiamo avuto l’occasione di incontrare per una lunga intervista il card. Peter Erdö, presidente del Consiglio delle Conferenze episcopali europee. Con il porporato sessantasettenne, arcivescovo di Budapest abbiamo dapprima accennato al tema del dialogo ecumenico; poi siamo passati alla figura del cardinale Jozsef Mindszenty, in via di beatificazione e di cui ricorre il 120.mo anniversario della nascita. Infine non potevamo non accennare a un argomento che negli ultimi mesi ha suscitato un ampio e controverso dibattito a livello europeo: i contenuti della nuova Costituzione ungherese, tra i quali emergono alcuni punti fermi della dottrina sociale della Chiesa.

     

     

     

    Eminenza, la nuova evangelizzazione in Europa ha anche una dimensione ecumenica molto importante. Se ne è parlato al Sinodo? Quanto?

     

    Il Sinodo ha toccato l’argomento senza approfondirlo molto e senza scendere nei dettagli pratici. Però, grazie a Dio, negli ultimi decenni in Europa abbiamo accumulato a tale proposito un’esperienza assai ricca. Ad esempio nelle Missioni nelle grandi città abbiamo cercato di coinvolgere tanti fratelli cristiani non cattolici. La risposta positiva c’è stata, con tante testimonianze molto valide da parte di tutti i partecipanti. Però è anche altrettanto chiaro che una Missione completamente comune sarà possibile solo quando ci sarà una piena comunione tra le Chiese cristiane. Le esperienze di dialogo ecumenico dimostrano che è già largamente possibile la solidarietà nella Missione evangelizzatrice.

     

     

    La collaborazione è forse comunque più facile, già piena, nell’ambito culturale…

     

    Esiste un rapporto religioso-culturale molto proficuo. Ad esempio nella musica religiosa, nel quadro della Missione di Budapest, organizziamo ogni anno sulla terrazza di un grande centro commerciale un concerto di canti spirituali e popolari con la presenza di circa ottomila giovani, per metà non credenti, situazione tipicamente missionaria. Nei programmi sono sempre ben presenti i protestanti. Abbiamo poi a Budapest la settimana delle arti sacre, musica, danza, teatro. Anche qui la collaborazione ecumenica è intensa; troviamo in essa la ‘notte lunga’ delle chiese - non solo cattoliche, anche alcune belle chiese protestanti e ortodosse - che sono aperte, con programmi culturali e religiosi.

     

     Anche il Consiglio ecumenico delle Chiese (Kek) è un luogo di incontro…

     

    Ci sono lì tanti scambi di esperienze: nel Consiglio ecumenico delle Chiese siamo tutti d’accordo che i cristiani debbano prendere coscienza del carattere missionario che tale condizione comporta. Essere cristiani significa anche ricevere un mandato. Vorrei anche evidenziare che il numero dei laici che hanno ben presente tale mandato è alto, superiore a quello dei sacerdoti in moltissime diocesi.

     

    Eminenza, 120 anni fa nasceva il cardinale Jozsef Mindszenty. Qualche mese fa è stata portata a termine la revisione del processo del 1949, in cui era stato condannato al carcere a vita, accusato di cospirazione contro il regime comunista ungherese: Mindszenty è stato dunque ufficialmente riabilitato. Il cardinale – uno dei più strenui oppositori dell’ Ostpolitik vaticana - negli ultimi anni della sua vita (morì a Vienna nel 1975) fu considerato anche da una parte del mondo cattolico come il rappresentante di un modello ormai superato di Chiesa, quella pre-conciliare. Dal 1996 è in corso il processo canonico di beatificazione…

     

    La Chiesa è sostanzialmente sempre la stessa, fin dalle origini. Naturalmente nei secoli ha vissuto in circostanze storiche diverse. In Ungheria si trovava in una condizione difficile dopo la Prima guerra mondiale e Mindszenty fu arrestato già nel 1919, mentre si sviluppava la rivolta comunista di Bela Kuhn. Fu arrestato anche dai nazisti nel 1944 e incarcerato e processato dai comunisti nel 1948. Quando, dopo la Seconda guerra mondiale, al Paese fu imposto il regime comunista secondo la versione stalinista, sarebbe stato difficile agire molto diversamente da quanto fece ad esempio il cardinale.

     

     

    E il cardinale non era solo nella sua resistenza al regime comunista…

     

    Non era solo: in tutte le diocesi resistevano sacerdoti e vescovi che erano rimasti fedeli alla Chiesa. Era dovere del cardinale agire come ha fatto. Come lui erano in carcere nel mondo comunista ad esempio il confratello polacco Stephan Wiszynski e il croato Alojzije Stepinac, beatificato nel 1998. Non a caso Pio XII scrisse una lettera comune a questi tre grandi presuli quando erano in carcere.

     

    Si è molto parlato di rapporti invece problematici tra il cardinale e papa Paolo VI…

     

    Dalla lettura della documentazione del processo di beatificazione risulta che anche con Paolo VI il rapporto era di rispetto, malgrado certe differenze di valutazione contingente. Il cardinale Mindszenty fu sempre obbediente al Papa, non ci fu mai una rottura. Io del resto conservo come una reliquia preziosa la croce pettorale che il servo di Dio Paolo Vi ha donato a Roma al servo di Dio Joszef Mindszenty. Una volta all’anno, nell’anniversario della morte del cardinale, indosso quella croce, ricordando a tutti che essa evoca due grandi servi di Dio. Sono convinto che stanno insieme e ci benedicono dall’alto.

     

    Come procede la causa di beatificazione?

     

    Da più di dodici anni la causa è in Curia Romana, presso la Congregazione delle Cause dei Santi. Secondo me siamo vicini alla stesura della positio, poiché la documentazione presentata è veramente poderosa ed esauriente…

     

     Anche quest’anno c’è stato un appello della Conferenza episcopale ungherese per la beatificazione…

     

    Non è stata la prima volta, Già quando la salma del cardinale è stata trasferita dal santuario austriaco di Mariazell alla cripta della basilica della sede primaziale di Esztergom dal santuario austriaco di Mariazell  nel 1991, poco prima della visita apostolica di Giovanni Paolo II, i vescovi ungheresi avevano chiesto l’apertura del processo di canonizzazione. Nel 2006 poi la nostra Conferenza episcopale ha fatto ufficialmente propria la richiesta di beatificazione, associandosi nella richiesta alla Fondazione Mindszenty. Quest’anno si è svolto un grande convegno in cui si è evidenziata la figura del cardinale anche in relazione agli altri vescovi martiri di Ungheria, come Zoltan Meszlenyi, vescovo ausiliare di Esztergom, morto in carcere nel 1951 e beatificato nel 2001. Ora sono in corso i processi di beatificazione dei grandi testimoni dell’epoca in tutto l’Est europeo.

     

    Eminenza, nell’ultimo Concistoro sono state valorizzate alcune Chiese di terre dove la testimonianza cristiana è talvolta a rischio di vita…

     

    E’ un segno dei tempi. Sarà sempre più difficile trovare un Paese in cui la vita della Chiesa non sia problematica…

     

    Anche in Europa…nella Sua relazione al Sinodo Lei ha detto che la stragrande maggioranza dei casi di discriminazione per appartenenza religiosa in Europa riguarda i cattolici…

     

    Certamente. Abbiamo i dati di tutti gli Stati, siamo in contatto con l’Osservatorio contro le discriminazioni religiose: non c’è dubbi che tali casi sono sempre più frequenti.

     

    In questa Europa, in controtendenza, è stata approvata l’anno scorso la nuova Costituzione ungherese. Lei, in un’intervista dell’anno scorso alla ‘Razon’ spagnola aveva riconosciuto, pur annotando che nel testo c’erano diverse imperfezioni da correggere, che la Costituzione evidenziava valori che la Chiesa condivide. E’ stata l’affermazione di tali valori della dottrina sociale della Chiesa, come la difesa della vita dal concepimento o la promozione della famiglia naturale fondata sul matrimonio tra uomo e donna, a provocare forti critiche in vari ambiti europei, politici e massmediatici?  

     

    Nel testo ci sono alcune affermazioni fondamentali che riprendono la dottrina sociale della Chiesa, anche se noi non siamo stati coinvolti nella preparazione della Costituzione. Probabilmente tali affermazioni hanno accresciuto l’intensità delle critiche. Tuttavia credo che le critiche siano state provocate – e forse in misura maggiore - anche da altri passi della Costituzione, molto delicati ma di natura economico-finanziaria. Si deve poi annotare che attorno alla Costituzione si è sviluppata una tensione interna molto forte, inconsueta, tra governo e opposizione. Le critiche aspre di quest’ultima sono poi anch’esse state riprese all’estero.

     

    Eminenza, come i cattolici ungheresi hanno accolto la nuova Costituzione?

     

    Nel Paese c’è stata una forte polarizzazione della discussione. Direi che la Costituzione ha suscitato entusiasmi in primo luogo per l’elemento patriottico in essa contenuto. Certi cattolici hanno approvato la nuova Costituzione, penso però prima di tutto per ragioni patriottiche.

     

    La Chiesa ungherese però non ha preso una posizione ufficiale…

     

    Non abbiamo voluto. La società ungherese è molto divisa al riguardo.

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

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