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    GUERRA E PACE: PAPA, MORLACCHI - LIBRI: ARTIME, MAZZA, POLEGGI

    GUERRA E PACE: PAPA, MORLACCHI– LIBRI: ARTIME, MAZZA, POLEGGI - di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 4 aprile 2024

    Dal Messaggio pasquale Urbi et Orbi – Il Venerdì Santo da Gerusalemme con don Filippo Morlacchi per Vatican News - ‘Chiamati con Amore alla Speranza’ del cardinal Angel Fernandez Artime, Rettor Maggiore dei Salesiani – ‘Slalom. Diario dalla Sla’ di Salvatore Mazza –‘Per amore dei nostri figli’ di Francesca Romana Poleggi – Marco Frisina martedì 9 aprile a Sant’Ippolito (Cinema delle Provincie) per il ciclo “Di che cosa sei capace, uomo”?

     

    DAL MESSAGGIO PASQUALE URBI ET ORBI DI PAPA FRANCESCO (DOMENICA 31 MARZO 2024, PIAZZA SAN PIETRO)

    . Oggi risuona in tutto il mondo l’annuncio partito duemila anni fa da Gerusalemme: “Gesù Nazareno, il crocifisso, è risorto!” (cfr Mc 16,6).

    . La Chiesa rivive lo stupore delle donne che andarono al sepolcro all’alba del primo giorno della settimana. La tomba di Gesù era stata chiusa con una grossa pietra; e così anche oggi massi pesanti, troppo pesanti chiudono le speranze dell’umanità: il masso della guerra, il masso delle crisi umanitarie, il masso delle violazioni dei diritti umani, il masso della tratta di persone umane, e altri ancora. Anche noi, come le donne discepole di Gesù, ci chiediamo l’un l’altro: “Chi ci farà rotolare via queste pietre?” (cfr Mc 16,3).

    . Ed ecco la scoperta del mattino di Pasqua: la pietra, quella pietra così grande, è stata già fatta rotolare. Lo stupore delle donne è il nostro stupore: la tomba di Gesù è aperta ed è vuota! Da qui comincia tutto. Attraverso quel sepolcro vuoto passa la via nuova, quella che nessuno di noi ma solo Dio ha potuto aprire: la via della vita in mezzo alla morte, la via della pace in mezzo alla guerra, la via della riconciliazione in mezzo all’odio, la via della fraternità in mezzo all’inimicizia.

    . Fratelli e sorelle, Gesù Cristo è risorto, e solo Lui è capace di far rotolare le pietre che chiudono il cammino verso la vita. Anzi, Lui stesso, il Vivente, è la Via: la Via della vita, della pace, della riconciliazione, della fraternità. Lui ci apre il passaggio umanamente impossibile, perché solo Lui toglie il peccato del mondo e perdona i nostri peccati. E senza il perdono di Dio quella pietra non si toglie. Senza il perdono dei peccati non si esce dalle chiusure, dai pregiudizi, dai sospetti reciproci, dalle presunzioni che sempre assolvono sé stessi e accusano gli altri. Solo Cristo Risorto, donandoci il perdono dei peccati, apre la via per un mondo rinnovato.

    . Solo lui ci apre le porte della vita, quelle porte che continuamente chiudiamo con le guerre che dilagano nel mondo. Oggi volgiamo anzitutto lo sguardo verso la Città Santa di Gerusalemme, testimone del mistero della passione, morte e risurrezione di Gesù e a tutte le comunità cristiane della Terra Santa.

    . Il mio pensiero va soprattutto alle vittime dei tanti conflitti che sono in corso nel mondo, a cominciare da quelli in Israele e Palestina, e in Ucraina. Cristo Risorto apra una via di pace per le martoriate popolazioni di quelle regioni. Mentre invito al rispetto dei principi del diritto internazionale, auspico uno scambio generale di tutti i prigionieri tra Russia e Ucraina: tutti per tutti!

    . Inoltre, faccio nuovamente appello a che sia garantita la possibilità di accesso agli aiuti umanitari a Gaza, esortando nuovamente a un pronto rilascio degli ostaggi rapiti il 7 ottobre scorso e a un immediato cessate-il-fuoco nella Striscia.

    . Non permettiamo che le ostilità in atto continuino ad avere gravi ripercussioni sulla popolazione civile, ormai stremata, e soprattutto sui bambini. Quanta sofferenza vediamo negli occhi dei bambini: hanno dimenticato di sorridere quei bambini in quelle terre di guerra! Con il loro sguardo ci chiedono: perché? Perché tanta morte? Perché tanta distruzione? La guerra è sempre un’assurdità, la guerra è sempre una sconfitta! Non lasciamo che venti di guerra sempre più forti spirino sull’Europa e sul Mediterraneo. Non si ceda alla logica delle armi e del riarmo. La pace non si costruisce mai con le armi, ma tendendo le mani e aprendo i cuori.

    . E fratelli e sorelle, non dimentichiamoci della Siria, che da tredici anni patisce le conseguenze di una guerra lunga e devastante. Tantissimi morti, persone scomparse, tanta povertà e distruzione aspettano risposte da parte di tutti, anche dalla Comunità internazionale.

    . Il mio sguardo va oggi in modo speciale al Libano, da tempo interessato da un blocco istituzionale e da una profonda crisi economica e sociale, aggravate ora dalle ostilità alla frontiera con Israele. Il Risorto conforti l’amato popolo libanese e sostenga tutto il Paese nella sua vocazione ad essere una terra di incontro, convivenza e pluralismo.

     

    DA ‘LETTERE DA GERUSALEMME IN TEMPO DI GUERRA’, VENERDI’ SANTO, DON FILIPPO MORLACCHI  PER VATICAN NEWS

    . Non posso non pensare, in queste ore, ai cristiani di Gaza. Domenica scorsa hanno celebrato la liturgia delle palme come hanno potuto, tra mille difficoltà. Ma in loro vedo celebrare la vittoria di Cristo, vedo il trionfo della croce. Scegliendo risolutamente di non covare vendetta, di non alimentare la spirale dell’odio, soffrendo con dignità e con amore, insegnano anche a me – anche a noi – che possiamo rendere visibile nel mondo l’amore che perdona, l’amore che viene da Dio. Anche noi possiamo mostrare con i fatti che il diavolo – colui che mediante la paura della morte teneva l’umanità intera sotto scacco (cfr Eb 2,14-15) – non ha più potere su di noi. Siamo liberi, liberi dall’odio e dal rancore, liberi di amare fino alla fine, fino a dare la vita, se necessario. Abbiamo un Padre nei cieli, che pensa a noi. Non abbiamo più bisogno di essere egoisti, di mettere al primo posto noi stessi. Nella croce di Cristo troviamo la vera libertà. Per questo la baciamo e la veneriamo. Non è masochismo, perché non adoriamo il dolore. Al contrario: adoriamo il Crocifisso, che ci insegna ad amare sempre, anche quando fa male, anche quando costa la vita. Vivere la croce con amore è il segno che il peccato non domina più i nostri cuori, che il Regno di Dio è qui, in mezzo a noi.

    . Questa guerra sembra un Venerdì Santo che non finisce più. Preghiamo perché la fede ci insegni che siamo liberi,”liberi davvero” (Gv 8,36). Liberati dall’amore di Cristo, che si spinge fino a dare la vita. È Venerdì Santo: l’ora del dolore e della morte; ma anche l’ora dell’amore e della vittoria sul male. Sì, Gesù ha vinto, e noi con lui. Non ha vinto una guerra umana, ma la grande guerra contro il male. La nostra fede nell’amore di Dio è la vittoria che vince il mondo (cfr 1Gv 5,4).

     

    LIBRI: L’EREDITA’ DEL CARD. ARTIME COME RETTOR MAGGIORE SALESIANO, “CHIAMATI ALL’AMORE CON SPERANZA”

    Creato cardinale il 30 settembre 2023, Rettor Maggiore dei Salesiani, il sessantatreenne don Angel Fernandez Artime (figlio di pescatori delle Asturie), è un uomo di chiesa di spessore, partecipe con attenzione della realtà quotidiana nelle sue molteplici sfaccettature e interprete appassionato del carisma di don Bosco anche nella sua dimensione universale. Lo si evince pure dall’ampia intervista che ci ha rilasciato a ottobre scorso, ormai porporato (vedi https://www.rossoporpora.org/rubriche/interviste-a-cardinali/1160-neo-cardinali-a-colloquio-con-angel-fernandez-artime-salesiano.html). Don Angel sarà consacrato vescovo in San Pietro il prossimo 20 aprile e alla fine di luglio dimissionerà da Rettor Maggiore per servire in altro modo la Chiesa probabilmente quale stretto collaboratore del Papa nella Curia Romana.

    Stando così le cose, è evidente l’importanza che ha assunto quest’anno la tradizionale ‘Strenna salesiana’ (originariamente poche righe programmatiche per l’anno nuovo che don Bosco dava dal 1859 a salesiani e alunni l’ultimo giorno dell’anno vecchio). Da decenni le poche righe sono diventate tante e per il 2024 addirittura un volume di oltre 400 pagine che contiene le strenne del rettorato di don Angel, dal 2015 in poi. Oltre 400 pagine in cui si delinea un vero e proprio bilancio dell’esperienza vissuta, una testimonianza di prima mano derivata anche dagli oltre 120 viaggi internazionali di don Angel. Intitolato significativamente (maiuscole comprese) “Chiamati all’Amore con Speranza”, il volume è comunque assai agile, scritto con stile semplice, colloquiale e arricchito da una serie di fotografie e illustrazioni molto belle che già di per sé danno un’idea dell’interpretazione contemporanea del carisma salesiano e della personalità di don Angel, di cui colpisce l’intensità gioiosa, giovanile dello sguardo.

    Come scrive nella prefazione l’ideatore e curatore don Giuseppe Costa ( segretario e portavoce di don Angel), “raccogliere ha il significato di un lavoro conclusivo”. E “mettere poi in un unico volume gli scritti contenuti nelle strenne che ogni anno il Rettor Maggiore in carica indirizza ai membri della Famiglia salesiana è il tentativo di far confluire in un unicum insegnamenti di anni tra loro diversi non soltanto per ricordare ma soprattutto da leggere strategicamente come un ideario dal quale guardare il futuro”.

    Dieci strenne, i cui argomenti spaziano tra l’altro dai giovani alla santità, dalla famiglia alla speranza, dalla cittadinanza (“Buoni cristiani e onesti cittadini”) al sogno (a partire dalla visione avuta da Giovannino Bosco a 9 anni nel 1824). Ci soffermiamo su quest’ultimo tema, che è quello della Strenna 2024: una trentina di pagine, che si concludono con un’invocazione a Maria Ausiliatrice preceduta da dodici considerazioni conclusive (anche del suo mandato) di don Angel. L’obiettivo è quello di attualizzare il sogno di Giovannino (in cui gli “animali feroci” si trasformano in “mansueti agnelli”, saltellando festosamente attorno a Gesù e Maria). Riproduciamo le prime quattro considerazioni:

    . Don Bosco ci ha mostrato nel corso della sua vita che solo le relazioni autentiche trasformano e salvano.

    . Ogni scelta fatta da don Bosco faceva parte di un progetto più grande: il progetto di Dio su di lui. Pertanto nessuna scelta è stata superficiale o banale per Don Bosco.

    . Il nostro Dio ha un sogno per ciascuno di noi, per ciascuno dei nostri giovani. (…) Il segreto della tanto desiderata felicità di ciascuno sarà proprio quello di scoprire la corrispondenza e l’incontro tra questi due sogni: il nostro e quello di Dio.

    . Senza sogni non c’è vita. Per gli esseri umani, per tutti noi, sognare significa proiettarsi, avere un ideale, un senso nella vita. La peggiore povertà dei giovani è impedire loro di sognare, privarli dei propri sogni o imporre loro sogni inventati.

    Nel volume, pubblicato dalla Direzione Generale Opere Don Bosco, troviamo anche la citata prefazione di don Giuseppe Costa e tre testi introduttivi del vaticanista Enzo Romeo, del teologo Massimo Naro e della sociologa Cecilia Costa. La presentazione è invece avvenuta il 29 febbraio a Roma presso l’Istituto delle Suore di Maria Bambina (in sala anche i cardinali Bertone, Bertello, Frezza. Marchetto e Re, oltre a diversi diplomatici, esponenti della Curia e del mondo dei religiosi). Moderati dal vaticanista Luca Caruso i relatori Roberto Cipriani (sociologo), Arianna Rotondo (storica), Valentina Alazraki (vaticanista), Marco Girardo (direttore di Avvenire). Intervento conclusivo quello di don Angel: “Io credo profondamente che un mondo migliore sia possibile, un mondo più pacifico. Oggi le utopie sembrano sparite, ma noi non possiamo accettarlo”.

     

    LIBRI: LO SLALOM LUCIDO, SOBRIO E COMMOVENTE DI SALVATORE MAZZA 

    Che cos’è importante nella vita? Alla domanda certo fondamentale ha dato una sua risposta il collega Salvatore Mazza. E che risposta! Una testimonianza lucida, serena e nel contempo drammatica, contenuta nelle 83 puntate della rubrica Slalom, pubblicate quindicinalmente da Avvenire - il giornale di cui era vaticanista – tra il 20 settembre 2018 e l’8 dicembre 2022. Slalom …. un titolo ideato dalla figlia Camilla per il diario di un padre che dal 20 marzo 2017 era ufficialmente malato di sclerosi laterale amiotrofica, la Sla appunto. Salvatore è morto il 26 dicembre 2022 (vedi anche https://www.rossoporpora.org/rubriche/cultura/1113-in-morte-di-salvatore-mazza-libri-pillon-e-riccardi.html ) e, a distanza di poco più di un anno, Avvenire ha voluto raccogliere in un volumetto di circa 200 pagine la serie integrale delle puntate, con il titolo “Slalom. Diario della Sla”. Una testimonianza d’insieme che, oltre a certificare le virtù letterarie dell’autore, stimola inevitabilmente nel lettore una riflessione profonda sulle grandi domande con cui siamo confrontati nel procedere della nostra esistenza. Testimonianza si diceva, perché Salvatore ha provato nella sua carne che significhi perdere progressivamente e senza speranza di guarigione non solo ogni capacità di autonomia, ma anche di movimento. Perfino di quello degli occhi, che – grazie a uno speciale puntatore ottico – gli hanno permesso fin quasi alla fine di riuscire a colloquiare con i lettori attraverso le pagine di Avvenire evidenziando le “cose ‘serie’, veramente serie, per le quali vale la pena battersi, che sono davvero poche – la famiglia, i figli, gli affetti…”.

    Semi di umanità da piantare in una società fluida in cui spesso pare regni l’effimero e in cui non raramente la coscienza del limite sembra smarrita. Semi di umanità che sono emersi anche durante la presentazione del diario avvenuta il 15 marzo a Roma presso l’Istituto delle Suore di Maria Bambina. Testimonianze in serie di colleghi e amici lontane dalla retorica caramellosa, ma che senza fronzoli e orpelli hanno saputo ridare la complessità della persona di Salvatore quale si manifestava nella quotidianità giornalistica e in quella familiare, affrontate – durante la malattia – con spirito causticamente battagliero: “Io lo so che questa guerra non potrò mai vincerla, ma farle sudare la vittoria, vuoi mettere la soddisfazione?”

    A ricordare in tal modo Salvatore Mazza -  moderati da Mimmo Muolo - Danilo Paolini, il direttore della Sala Stampa della Santa Sede Matteo Bruni, con i predecessori padre Federico Lombardi e Alessandro Gisotti, Giovanna Chirri (sua vicina di box in Sala Stampa), Javier Martinez-Brocal, il medico curante Mario Sabatelli (con Paola Rizzitano dell’AiSla e il paziente Claudio Cresta, in video), la figlia Giulia Mazza in rappresentanza della famiglia (presenti anche la moglie Cristina e l’altra figlia Camilla). Commozione vera, sincera tra i testimoni e il folto pubblico in sala. Nel libro da notare anche la nota biografica di Mimmo Muolo, due brevi testi di Fulvia Massimelli (AiSla) e Mario Sabatelli, il ricordo di Camilla e Giulia Mazza e la prefazione di padre Federico Lombardi. Da cui estrapoliamo questo passo: “Salvatore è un credente. Ha vissuto una lunga e impegnata esperienza cristiana ed ecclesiale, ma nel suo diario non troviamo molti ragionamenti sulla spiritualità e la preghiera. (…) I cenni espliciti alla fede sono pochissimi, discretissimi, ma eloquenti (…) Sommessamente direi che la fede, la religiosità radicale che permea la vita di Salvatore nella malattia traspare soprattutto dalla gratitudine con cui Salvatore continua a vedere tutta la sua esistenza e dall’amore che ne costituisce il sostegno, il nutrimento e il senso”.  

    Scriveva Salvatore Mazza il 6 giugno 2019 (e con questo concludiamo, augurandoci che il libro trovi tanti lettori desiderosi di assaporare un profumo intenso di umanità in tempi a volte aridi come i nostri): “A poco più di due anni dalla diagnosi, posso dire sul serio che non mi manca nulla? No, perché una cosa c’è che davvero mi manca tantissimo, terribilmente. Ed è la capacità di fare una carezza alle mie figlie. Può sembrare una cosa molto piccola nel mare delle privazioni che questa malattia ti impone. Ma non è così. E ogni volta che si avvicinano e mi abbracciano, vorrei poter sollevare quella mano e sfiorare i loro capelli come facevo quando erano piccole. Più di un bacio, più di un abbraccio, secondo me la carezza esprime meglio di ogni altro gesto la paternità, quel misto di tenerezza e di protezione, di attenzione e di cura che vorresti calare come una corazza perenne su di loro per difenderle. E allora quella mano che non riesce più ad alzarsi, a rispondere alla mia richiesta di compiere quel gesto così semplice, facile ma tanto importante, mi lascia dentro una grande, inconsolabile tristezza. E poi va bene, di sicuro ha ragione mia moglie quando mi dice che si può accarezzare anche con gli occhi, ma non è la stessa cosa”.

     

    LIBRI: FRANCESCA ROMANA POLEGGI, “PER AMORE DEI NOSTRI FIGLI”

    Ecco un altro libro-testimonianza, come quelli di don Angel Fernandez Artime e di Salvatore Mazza (vedi più sopra). Sono libri che non pretendono di imporre un totalitarismo ideologico, ma che offrono chiavi di lettura di esperienze vissute con autenticità di spirito.

    Francesca Romana Poleggi è moglie, madre e nonna e da quasi quarant’anni insegna discipline giuridiche ed economiche in istituti medi superiori. Attenta osservatrice della realtà in sviluppo accelerato e disordinato, ha sempre desiderato contribuire con una forte passione civile al progresso sociale. Anche combattendo se necessario: è stata tra i fondatori di “ProVita onlus” nel 2012, fusasi nel 2019 con “Generazione Famiglia” (a sua volta erede della “Manif pour Tous Italia”) così da diventare “ProVita&Famiglia). Ed è da sempre redattrice del mensile omonimo.

    A Francesca Romana Poleggi non è certo sfuggito l’emergere progressivo di un malessere giovanile non irrilevante, che suscita non da oggi gravi preoccupazioni in chi ha a cuore l’avvenire ordinato, armonico, solidale della società. Ed è per questo che ha voluto raccogliere in un libro (edito da SugarcoEdizioni) – in collaborazione con “ProVita&Famiglia” - le sue riflessioni su quanto ha constatato in questi anni di disordine sociale. In “Per amore dei nostri figli” (180 paginette di agile lettura, abbondanti di dati a sostegno delle tesi espressevi), l’autrice passa in rassegna le ambiguità e le storture di una società materialistica che dell’individualismo (e della licenza travestita da libertà) ha fatto il proprio idolo. Si va da “bambini e adolescenti problematici” ai genitori “Peter Pan”, espressione di una società bambina. Sta crescendo una generazione che per certi versi si può ben definire “analfabeta”, aumentano i bambini “terrorizzati per la prossima fine del mondo” (gli si fa credere che la responsabilità dei fenomeni climatici è loro, “perché mangiano troppa carne o perché fanno il bagno invece della doccia”). Sempre di più i “bambini abusati” (non solo da pedofilia e pedopornografia che da qualche parte si tenta di “sdoganare”, ma a causa del diffondersi sempre più invasivo e capillare dell’ideologia gender e dell’inarrestabile, incontrollato dilagare dei social). Altro grande problema: la banalizzazione dell’uso di droga, anche di quella cosiddetta “leggera” che leggera non è. Drammatiche poi sia la strage abortista che quella causata dalla fecondazione artificiale. Il catalogo è questo e non è esaustivo.

    Che fare? Per Francesca Romana Poleggi occorre ripartire dalla famiglia: come ha notato il sociologo Giuliano Guzzo, l’intellighenzia che conta “non perde occasione per criticare l’istituto familiare in modo perentorio e radicale: quando la famiglia finirà completamente soppiantata da forme di convivenza ‘democratiche’, aperte e fluide, finiranno gli abusi, la violenza e perfino la criminalità organizzata, i bambini e gli adolescenti saranno finalmente felici”. Purtroppo per tale intellighenzia, studi e ricerche internazionali di alto livello contraddicono nettamente tale tesi (vedi pagg. 149-162). E’ anche evidente che “divorzio, aborto, omosessualismo ed educazione gender sono strettamente contigui all’uccisione del padre e per di più oggi un uomo deve sentirsi ontologicamente in colpa per essere maschio e deve sentirsi inutile (…) Fanno tendenza nelle riviste patinate e nei talk show attrici, cantanti e ballerine orgogliosamente madri single che hanno avuto figli grazie alla fecondazione artificiale. Nessuno, ovviamente, ha chiesto a quei figli se erano contenti di essere scientemente e consapevolmente deprivati di un padre”. 

    Osserva poi Francesca Romana Poleggi: “Anche se è politicamente molto scorretto, per amor di verità e per amore dei nostri figli bisogna ribadire l’ovvio: non maschi non fanno una madre e due donne non fanno un padre. (…) Quindi non dobbiamo piegarci agli artifici della neolingua che dice cose false come “figli di due papà” o cose astruse come “omogenitorialità”. Né dovremmo accettare di definire “famiglia” l’unione di due omosessuali con bambini (o figli di uno/a dei due oppure comprati al mercato dell’utero in affitto).”

    Puntualizza ancora l’autrice: “Gli attivisti LGBTQIA++ vantano ‘decenni di studi’ che provano che non c’è differenza per i bambini a crescere con un padre e una madre o con due uomini o con due donne. E in effetti i studi ne hanno pubblicati parecchi, ma con gravi limiti metodologici: sono condotti su poche persone, i soggetti studiati non sono casuali (anzi, vengono scelte coppie molto benestanti), rarissimamente si intervistano i figli, mai si seguono gli stessi in età adulta”.

    Si sarà notato che nel libro (arricchito da interventi di Francesco Borgonovo, Massimo Gandolfini, Roberto Marchesini) gli spunti di riflessione non mancano. Come non sono mancati alla presentazione del 27 marzo a Roma (centro Congressi Cavour) ad opera di Filippo Savarese, Maria Rachele Ruiu e Costanza Miriano.

    MARCO FRISINA A SANT’IPPOLITO MARTEDI’ 9 APRILE ALLE 20.30

    La parrocchia romana di Sant’Ippolito martire ha vissuto una Pasqua con una partecipazione che ha “gioiosamente stupito” il parroco don Manlio Asta. Si pensi che alla sola messa delle 10.30 della Domenica delle Palme il numero delle Comunioni ha quasi raggiunto quota mille. Grande anche la partecipazione al Triduo, culminato con la Veglia pasquale veramente coinvolgente, grazie anche alla qualità di coro e solisti diretti da Micol Fontana. Nei prossimi giorni riprenderà anche il ciclo di incontri mensili, promosso dal Gruppo Cultura su “Di che cosa sei capace, uomo?”. Sarà monsignor Marco Frisina, compositore e direttore del coro della diocesi di Roma (da lui fondato quarant’anni fa), a intrattenere i presenti rispondendo alla domanda: “Come può un suono far vibrare l’anima?” . Appuntamento per martedì 9 aprile, con inizio alle 20.30, presso la sala del Cinema delle Provincie, via delle Provincie 41. Ingresso libero.

     

     

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