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    DIARIO CONCILIARE DI MONS. PERICLE FELICI: COGLIENDO QUA E LA'...

     

    DIARIO CONCILIARE DI  MONS. PERICLE FELICI: COGLIENDO QUA E LA’… - di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 26 novembre 2015

     

    E’ una miniera di notizie, di aneddoti, di riflessioni la cronaca ragionata del Segretario Generale del Vaticano II, che comprende anche la lunga fase preparatoria. Autore del volume che la raccoglie è mons. Vincenzo Carbone, mentre mons. Agostino Marchetto ne ha scritto la prefazione e curato la pubblicazione presso la Libreria editrice vaticana. In primo piano Giovanni XXIII, Paolo VI, il clima conciliare non sempre sereno. Ma c’è anche dell’altro.

     

    Chi è Pericle Felici? Nato a Segni (non lontano da Roma) nel 1911, ordinato sacerdote nel 1933, vescovo nel 1960, riceve la porpora nel 1967; nominato prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, muore nel 1982. Soprattutto seguì da protagonista gli anni del Concilio (ivi compresa la lunga preparazione), dal 1959 al 1965: ne fu sempre “Segretario”, fin dalla costituzione nel maggio 1959 della ‘Commissione Antipreparatoria’. Pericle Felici, dalla sua posizione di attore e osservatore privilegiato che aveva rapporti diretti e regolari con Giovanni XXIII e con Paolo VI, ebbe la costanza di mettere nero su bianco ciò che di interessante (a suo parere, ma spesso anche nella realtà) accadde in quegli anni nella sede di Pietro, centro della Chiesa universale. Affidò i suoi appunti (conservati nel fondo di un inginocchiatoio e scritti a mano) al suo collaboratore ‘conciliare’ mons. Vincenzo Carbone, che era stato incaricato da Paolo VI di occuparsi dell’archivio del Vaticano II. Carbone trascrisse a macchina (e li fuse) i testi sia dell’ Agenda che delle Cogitationes cordis mei di Pericle Felici e continuò ad appassionarsi al tema anche da pensionato, ciò che suscitò l’interesse del nunzio e storico Agostino Marchetto. I due si frequentarono e il diplomatico vicentino, considerato da papa Francesco – in una lettera del 7 ottobre 2013 (vedi in questa stessa rubrica)– “il miglior ermeneuta del Concilio”, venne in possesso delle preziose carte, passate al Capitolo dei canonici vaticani dopo la morte di Carbone nel 2014. Nelle quasi seicento pagine del volume pubblicato dalla Libreria editrice vaticana non si ritrovano esclusivamente notizie e riflessioni riguardanti il Concilio, ma anche – ad esempio – osservazioni papali su questo o quest’altro argomento d’attualità. Per invogliare alla lettura dell’intero testo abbiamo scelto una trentina di passi, che non raramente conservano sorprendentemente una loro piena attualità. Come il lettore potrà facilmente intuire.

    GIOVANNI XXIII RICEVE IN UDIENZA PER LA PRIMA VOLTA MONS. PERICLE FELICI (10 febbraio 1960). (Giovanni XXIII) è affabilissimo: ricorda di avermi visto qualche volta in Seminario; e gli faceva impressione quella faccia non proprio alla Borgia (diciamo così). Ora è contento di servirsi dell’opera mia, soprattutto dopo quello che gli ha riferito di me il card. Tardini. E trova di buon auspicio che il primo incontro avvenga alla vigilia dell’Immacolata di Lourdes. Dovrò quindi essere il suo immediato collaboratore per la preparazione del Concilio; chiederò udienza, quando occorrerà, servendomi del tramite di mons. Capovilla, di cui mi descrive i pregi e i difetti. (…) Poi insieme ci rechiamo dal card. Tardini. Un’altra ora di colloquio a tre! Si commenta la morte del card. Aloizije Stepinac, avvenuta nel pomeriggio. Un eroe! dice il card. Tardini. Un eroe, conferma il Santo Padre.

    RICORRENTE IL PENSIERO DELLA MORTE (12 aprile 1960). In realtà il pensiero della morte mi domina; particolarmente la sera, e mi domando cosa valga fare tante cose, mettere mano a tante imprese, angustiarsi tanto per le cose di quaggiù, promozioni, posti, carriera, soldi, quando fra breve (e il tempo è sempre brevissimo) bisogna lasciar tutto. E pure tante volte mi assalgono brutte tentazioni di orgoglio che tanto mi fanno soffrire. (…) Ma v’è un modo per sfruttare soprannaturalmente anche queste. Metterle nel Cuore dolcissimo di Gesù, mite ed umile, e pregare, pregare.

    Il CONCILIO? DUE MESI DI DURATA (30 aprile 1960, in udienza da Giovanni XXIII). (Per il Papa) la celebrazione del Concilio dovrà durare non più di due mesi. E questo sarà possibile se la preparazione sarà accurata. Prometto che faremo del nostro meglio.

    DESTRA E SINISTRA (28 maggio 1960, in udienza da Giovanni XXIII). Al Santo Padre non piace la fraseologia: destra e sinistra. “Ma certo a noi, che siamo venuti da povera gente e ne sentiamo le necessità, certe asserzioni della cosiddetta sinistra fanno più piacere, e talora corrispondono di più al Vangelo”.

    CURIA ROMANA 1 (8 giugno 1960). Al Santo Padre fanno dispiacere particolarmente due cose: l’arrivismo e l’ambizione, che spesso infetta la Curia Romana, e il disaccordo, non sempre celato, tra alti Prelati di Curia.

    CURIA ROMANA 2 (29 luglio 1960). (Giovanni XXIII) è un uomo di Dio, che vive del suo spirito, senza ostentazione e formalismi. Ha la semplicità delle anime piene dello spirito di Dio; non ricorda le offese, interpreta tutto in bene; ma il male, la malevolenza, l’egoismo, l’invidia, l’arrivismo li vede, li sente e ne soffre molto. Vorrebbe che questo veleno fosse distrutto, soprattutto nella Curia Romana, ove molti sono intossicati, forse in buona fede, forse anche per la gloria di Dio, ma sono intossicati. A proposito di un Prelato, che nonostante le apparenze contrarie doveva brigare abbastanza per diventare cardinale, il Santo Padre mi disse un giorno: “Dovrò pure farlo cardinale, ma perbacco (e qui batté il pugno sul tavolo), quanto starebbe meglio un po’ più di umiltà!”

    PADRE PIO (1 novembre 1960, in udienza da Giovanni XXIII). (Il Papa) accenna anche a padre Pio. Sento purtroppo cose che non mi sarei aspettato; il Papa vorrebbe da quel religioso più sottomissione e più umiltà. Questo è veramente grave. Come è vero che santità non è  nelle stimmate, e il fanatismo può rovinare anche anime elette.

    LA PREPARAZIONE DEL CONCILIO 1 (10 marzo 1961, in udienza da Giovanni XXIII). (Il Papa) sottolinea due concetti. Il Concilio dev’essere preparato nel silenzio, nell’umiltà, per dar modo a Dio di produrre grandi frutti; per questo lo metterà sotto la protezione di San Giuseppe. Nella preparazione del Concilio, che è opera di Dio, dobbiamo aspettarci grandi prove.

    LA PREPARAZIONE DEL CONCILIO 2 (18 maggio 1961, in udienza da Giovanni XXIII). (Il Papa) è nel suo studio al III piano. Sta benissimo, eppure mi conferma di essersi sentito tanto male la sera precedente; fu necessario (ma egli non voleva) chiamare il medico. Ma tutto fu messo a posto con un po’ di magnesia. Forse disturbi digestivi, dovuti a stanchezza e ad infreddatura. Parliamo per circa un’ora sul Concilio, la possibilità di tenerlo alla fine del 1962, la preparazione alla prossima seduta della (commissione) centrale.

    CONCILIO E GIORNALISTI 1 (16 giugno 1961). Al termine della seduta (della Commissione centrale) il Santo Padre, con molta benignità, mi invita a pensare alla costituzione di un ufficio stampa degno del Concilio. Lo assicuro che qualcosa è già stata fatta. Di più si farà. (…) Aprire troppo le porte ai giornalisti è molto pericoloso; e poi è inutile aprirle troppo ora, che di notizie se ne possono dare poche.

    CONCILIO E GIORNALISTI (E LAICI) 2 (17 giugno 1961, in udienza da Giovanni XXIII). Nel discorso che (il Papa) farà, parlerà anche dell’atteggiamento che devono assumere i laici e la stampa di fronte al Concilio. Devono rendersi conto che non ci si trova di fronte ad un Parlamento, ma ad un atto di alto magistero della Chiesa cattolica. (…) Io mi permetto di insistere su questo punto. Mi sembrava essenziale per la buona riuscita del Concilio. I laici e la stampa al loro posto. (…) Importante sarebbe che alcuni vescovi e anche cardinali parlassero più prudentemente alla stampa. Ne ho già fatto parola al card. Tardini.

    IL GANCIO E IL FACCHINO (4 novembre 1961). Il card. Montini, che ha celebrato il pontificale, incontrandomi dopo la funzione mi ha salutato, dicendo scherzosamente che io ero una specie di gancio, a cui erano sospese le sorti della Chiesa. Gli ho risposto che io ero solo un povero facchino.

    LA PREPARAZIONE AL CONCILIO 3 (7 maggio 1962, in udienza da Giovanni XXIII). Esaminiamo insieme i promemoria da me preparati sia sui recenti avvenimenti della (commissione) centrale, sia sul piano di lavoro per la preparazione immediata del Concilio. Dico la mia perplessità per la costituzione della sottocommissione (per studiare i temi da portare al Concilio) richiesta dal card. Frings (arcivescovo di Colonia). Il Santo Padre è d’avviso che, se insistono molto, è più opportuno non contrariarli. (…) Prego il Signore che illumini il Papa e me, per fare quel che è meglio per il Concilio. Mi sembra però che stia facendo presa sull’animo del Papa la corrente straniera, anti-Curia. Sarà forse bene equilibrare.

    LA PRIMA FASE DEL CONCILIO (7 dicembre 1962). Fare un bilancio di questa prima fase del Concilio non è facile; un giudizio severo lo darà il tempo; io penso che il lavoro compiuto di preparazione e di sedute conciliari sia prezioso; è una semina che darà a suo tempo frutto. Quando? Lo dirà il Signore, qui incrementum dat. Per me questi due mesi sono stati una croce continua: tensione senza soste, critiche ingiuste e malevole, lettere anonime, dalla fonte inquinata facilmente riconoscibile, difficoltà d’ogni genere, derivate in parte dalla organizzazione del Concilio, da me non voluta anzi contrastata, solo l’obbedienza, e purtroppo a me attribuita.

    DIFFERIRE LA SECONDA FASE DEL CONCILIO? (28 aprile 1963, in udienza da Giovanni XXIII). Mons. Capovilla mi intrattiene prima per alcuni momenti: mi dice che la salute del Papa non è buona e, poiché momentaneamente si prevede il peggio, sarà forse opportuno convincerlo a differire la riapertura del Concilio. Anche io sono del parere che, con un Papa non in buone condizioni, non si possa lavorare tranquillamente.(…) Al principio dell’udienza mi sono permesso di raccomandare (al Papa) di diminuire il suo lavoro, le udienze, ecc… Mi risponde: “Ecco le solite prediche”.

    LA MORTE DI GIOVANNI XXIII (3 giugno 1963). Alle 19.00 sul sagrato di san Pietro il card. Traglia (Cardinale Vicario di Roma) celebra una santa Messa pro Pontifice infirmo. Una folla numerosissima segue nel più assoluto silenzio e con commozione il sacro Rito. Il Papa sta morendo. Al termine della Messa, mentre si canta l’inno dell’amore e della carità, Ubi caritas et amor, alle ore 19.49 il santo Padre va in Paradiso. (…) Molti si inginocchiano. Una scena commoventissima!

    I MODERATORI DEL CONCILIO 1 ( 29 agosto 1963). Quando vennero scelti i Moderatori nelle persone dei cardinali Agagianan, Lercaro, Döpfner e Suenens, io mi permisi di far presente al card. segretario di Stato (Amleto Cicognani) come alcuni di essi fossero dichiaratamente uomini di parte, e quindi poco adatti a moderari. Il Segretario di Stato mi rispose con un certo risentimento. Ma a conti fatti, dopo esperienze dolorose, fu lui il primo a riconoscere lo sbaglio fatto nella scelta delle persone.

    I MODERATORI DEL CONCILIO 2/DON DOSSETTI (ottobre 1963). Purtroppo i Moderatori hanno seguito non una volta sola vie poco prudenti. Hanno incominciato a far da sé, mettendo da parte la Segreteria Generale e servendosi dell’opera di don Dossetti, che il card. Lercaro ha presentato come Segretario dei Moderatori. Ho lasciato fare, finché il nodo non è venuto al pettine. (…) Ho allora protestato con il card. Agagianan, affermando che il Segretario dei Moderatori, a norma del Regolamento, era il Segretario Generale ed io non ammettevo sostituti, se non per volontà del Papa, e ritenevo nullo quanto fino allora fatto da don Dossetti. Lo stesso dissi al card. Döpfner. Il Papa, da me informato della cosa, disse categoricamente che non voleva don Dossetti a quel posto; se ne tornasse anzi a Bologna

    COLLEGIALITA’  1 (ottobre 1963). Vale la pena di ricordare quanto io abbia dovuto lavorare perché nella formula di approvazione dei decreti, da parte del Papa, non entrassero quei concetti di falsa collegialità, che erano stati oggetto della votazione del 30 ottobre). Si voleva ridurre il Papa ad uno che consentiva a quanto deciso. Il Papa, cui riferii la cosa, osservò: “Ma sono loro che devono consentire con me, non io con loro!”. Optime dictum! 

    PAPA E VESCOVI (20 marzo 1964). Vedo con grande pena questo fenomeno tipico del Concilio: rispetto per il Papa, ma noncuranza delle sue ordinanze o disposizioni. Il ritornello è sempre quello: sono opera della Curia! Ma, oltre tutto, chi firma il Motu proprio non è il Papa?

    COLLEGIALITA’ 2/ GIOCHI DI PAROLE (27 marzo 1964). Dopo la funzione incontro mons. Pietro Parente (assessore della Congregazione per la Dottrina della Fede, poi segretario della stessa, infine cardinale, propugnatore del principio di collegialità). Gli dico la mia perplessità per il testo preparato (collegialità) “Anche il Papa non è ancora del tutto tranquillo”, osserva lui, che aggiunge: “Abbiamo fatto il possibile, ma il testo come è può andare; l’iniziativa rimane sempre al Papa (si invitet). Quindi abbiamo messo il termine collegialità, ma l’abbiamo poi svuotato”. Gli faccio qualche difficoltà, ma lui assicura che si può stare tranquilli. Ma proprio quello che fa stare tranquillo mons. Parente, non fa stare tranquillo me; non si risolve una questione dogmatica ponendo un’espressione (tanto desiderata dagli altri), e poi svuotandola (o meglio credendo di averla svuotata)!

    TRE OSSERVAZIONI DI PAPA MONTINI (9 aprile 1964, in udienza da Paolo VI). Tre cose mi fanno impressione di quanto mi dice il Santo Padre: che, incominciato il Concilio, è diminuito il numero delle conversioni; che il comunismo è alle porte; che la situazione dell’America latina, dal punto di vista religioso, è tragica: un fenomeno di crescenza, forse, commenta il Santo Padre.

    ORGANIZZAZIONE POST-CONCILIARE/COLLEGIALITA’ 3 (21 maggio 1964, in udienza da Paolo VI). Il Papa mi intrattiene poi su vari argomenti. Mi parla dell’azione che la Chiesa può fare per coloro che non credono in Dio o addirittura lo avversano, e mi consegna la materia per poter far preparare qualche documento. Mi parla ancora dell’organizzazione postconciliare: il governo della Chiesa deve corrispondere di più alle esigenze del mondo moderno; ma sia ben chiaro che l’autorità centrale deve essere e rimanere solo del Papa. I vescovi potranno contribuire; potranno costituire un organismo del tipo della Commissione centrale, con vescovi rappresentanti del mondo, che si succedano e si alternino ogni dato periodo; ma sempre e solo con voto consultivo.

    LA CAMPAGNA CONTRO PIO XIII (21 maggio 1964, in udienza da Paolo VI). Faccio poi cadere il discorso sulla campagna denigratoria di Pio XII (Il Vicario, di Rolf Hochhuth) e ne domando al Papa il motivo (dato che Pio XIII è morto già da 5 anni). Mi risponde: “Purtroppo la campagna non è diretta contro la persona di Pio XII o la sua opera di salvezza, anche degli ebrei (di più allora non si poteva fare), quanto piuttosto contro la Chiesa e la linea di Pio XII riguardo al comunismo; sono infatti i comunisti che manovrano e portando avanti – ingiustamente – la linea giovannea, vogliono praticamente neutralizzare l’opera presente, che cerca di stringere un po’ i freni”.

    LA DURATA DEL CONCILIO  1 (7 ottobre 1964, in udienza da Paolo VI). Alle 12.15 sono dal Santo Padre. Cerca di conoscere la mia mente sul termine del Concilio; mi accorgo che sarebbe contento di finire in questa sessione (la terza), ma, se è necessario, consente anche ad una quarta, breve sessione.

    PASOLINI (7 ottobre 1964, in udienza da Paolo VI). Il Papa esprime il suo disappunto perché dei vescovi sono andati a vedere il film di Pasolini “Il Vangelo secondo san Matteo”.

    LA DURATA DEL CONCILIO 2 (19 ottobre 1964). Quando alcuni si sono accorti che vi era la possibilità di chiudere il Concilio con questa sessione, hanno messo in opera ogni mezzo perché questo non avvenisse. Ad enumerare tutte le manovre dei Moderatori (tre: Lercaro, Döpfner e Suenens) per favorire le tendenze dilazionatrici di alcuni, non si finirebbe più. Quel che è buffo (per non dire altro) è che attribuiscono le manovre a me, che sarei il manutengolo della Curia Romana! (…) Questo Concilio ha suscitato un gran fermento: la pastorale, l’ecumenismo, la libertà; ha aperto la bocca a tanti sconsiderati, che finora avevano provvidenzialmente taciuto! Questo prolungare il Concilio sine fine, questo fare, disfare, rifare, ridisfare gli schermi è urtante.

    LA DURATA DEL CONCILIO 3 (29 ottobre 1964, in udienza da Paolo VI). Durante l’udienza comunico (al Papa) tra l’altro l’infelice intervento della mattina fatto dal card. Suenens sulla limitazione delle nascite, e la mia impressione che molti, e in primis i tre Moderatori, vogliono portare il Concilio per le lunghe, sì che non basterà neppure la quarta sessione. Il Papa pensa di no; e, caso mai, prima della quarta sessione, si dirà in modo perentorio che quella sarà l’ultima. Ma ascolteranno il Papa?

    PROTESTANTI E HANS KǗNG (18 marzo 1965, in udienza da Paolo VI). Alle 12.45 circa udienza del Santo Padre. Mi dice, certo con un sorriso di pena: “I protestanti stanno diventando i nostri maestri”. “Ma non deve essere così, Padre Santo”, rispondo. Mi parla ancora di Hans Küng. Non gli scriverà la lettera; si troverà un’altra via per fargli comprendere come sia nella via sbagliata.

    CELIBATO (7 ottobre 1965, in udienza da Paolo VI). Udienza del Santo Padre alle 19.30 (…) Alcune questioni del Concilio: particolarmente quella del celibato. Il Santo Padre non vuole che se ne tratti in Concilio e mi incarica di prendere i passi in tempo per prevenire e, se è il caso, per controbattere: lo farò.

    SI CONCLUDE IL CONCILIO (8 dicembre 1965). Bella giornata: i Padri sfilano , come il lontano 11 ottobre, festa della Maternità di Maria. La funzione è un po’ lunga, ma bella e toccante; al termine leggo il breve di chiusura; quindi torno dal Papa per ricevere la benedizione. Mi abbraccia e mi dice parole di compiacimento e di ringraziamento. Tutto a lode di Dio. Seguono le Acclamationes e la benedizione del Papa, con il congedo finale. Forse nessun Concilio ha avuto una fine così bella e promettente.

    ARRIVA IL SINODO (20 luglio 1966). S. E. mons. Samoré mi consegna da parte del Santo Padre il progetto del Regolamento del Sinodo Episcopale: da vederlo, correggerlo come credo e poi riproporlo al Papa. Domando a S. E. mons. Samoré chi dovrà interessarsi del Sinodo: mi risponde che il Santo Padre ha designato la mia persona. Se si tratta di fare la volontà del Papa, va bene. Personalmente non sono entusiasta. Chi sa come funzionerà e cosa combinerà questo Sinodo. Deus nos adiuvet!

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