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    FRANCIA/MANIF POUR TOUS: BILANCIO E PROSPETTIVE

     

    FRANCIA/MANIF POUR TOUS: BILANCIO E PROSPETTIVE-di GIUSEPPE RUSCONI -www.rossoporpora.org- 22 dicembre 2014

     

    Intervista a Tugdual Derville,  uno dei principali portavoce del grande movimento di popolo sceso nelle piazze di Francia per ribadire la volontà di difendere e promuovere la famiglia- composta da uomo, donna, tesa a procreare-contro la rivoluzione antropologica auspicata e imposta da Governo, Parlamento e gran parte dei massmedia – Origine, sviluppo, futuro della ‘Manif’ come movimento sociale che chiede il rispetto della dignità umana in tutti i campi – Il cuore cattolico della ‘Manif’ e i rapporti con la Chiesa di Francia.

    Qual è stata in questi ultimi anni (ed è ancora) in Europa l’espressione più evidente e più massiccia del rifiuto - da parte di ampie fette del popolo – della cosiddetta “rivoluzione antropologica”, quella che mira a completare la destabilizzazione in corso della famiglia composta da uomo, donna e tesa a procreare? Quella che punta sull’imposizione nella scuola di un’ideologia, detta del gender, tipica di una società ‘liquida’ e dunque allo sbando? Quella per cui bene e male sono intercambiabili, così come vita e morte, e tutto è indifferenziato, senza far capo a una gerarchia di valori? La reazione più significativa e incisiva a tale ‘rivoluzione’ è venuta dalla Manif pour tous francese (con le sue appendici come i Veilleurs, le Sentinelle in piedi). Ma che cos’è stata, come si è sviluppata e come evolverà la Manif pour tous, manifestazione con una forte (anche se non esclusiva) impronta cattolica, nata anche per l’invito alla riflessione fatto nell’estate del 2012 dal cardinale Vingt-Trois, allora presidente dei vescovi francesi? Di tutto questo parliamo con Tugdual (nome bretone) Derville, uno dei principali portavoce della Manif, delegato generale dell’Alliance VITA (associazione co-fondatrice della Manif) e tra gli iniziatori anche del Courant pour une Ecologie Humaine, recentemente costituito. Abbiamo avuto la possibilità di incontrare il cinquantaduenne Derville, cattolico praticante, padre di sei figli, in occasione del convegno internazionale interreligioso “Humanum” sulla complementarietà tra uomo e donna, promosso a metà novembre in Vaticano dalla Congregazione per la Dottrina della fede. In quella sede, nell’aula sinodale, è stato proiettato anche un cortometraggio in cui si rievocano alcuni momenti delle grandi e appassionate manifestazioni pro-famiglia che hanno costituito negli ultimi due anni la colonna sonora della Francia, che, pur minoritaria a livello parlamentare, è riuscita a far tremare anche l’Eliseo, Palais de Matignon e Palais de Bourbon in nome dei valori umani e cristiani. 

    Tugdual Derville, Lei dagli Anni Ottanta si è dedicato all’aiuto dapprima agli anziani, poi ai disabili mentali, successivamente in Alliance VITA (di cui è delegato generale) si è occupato del rispetto della dignità umana dei più deboli. Che cosa ha spinto Lei e Alliance VITA a cofondare nell’autunno del 2012 la Manif pour tous? 

    Più che come ‘cofondatore’ della Manif pour tous, mi considero uno degli esponenti principali di un movimento sociale immenso, che ha sorpreso i suoi iniziatori, andando molto al di là di quanto previsto… come figure di riferimento mediatico, non abbiamo fatto altro che canalizzare e dare visibilità a un’energia sopita della Francia profonda. Alliance VITA aveva deciso già dal luglio 2012, dopo l’elezione di François Hollande a presidente della Repubblica, di impegnarsi fortemente contro il “matrimonio” tra persone dello stesso sesso per difendere i bambini minacciati dal progetto di legge annunciato. Tale progetto includeva la possibilità che un bambino fosse adottato da due uomini o da due donne, venendo così depauperato di ogni punto di riferimento materno o paterno. Il Governo era intenzionato ad agire molto in fretta, con l’aiuto dello slogan riduttivo mariage pour tous, che nascondeva agli occhi dei francesi la questione dell’adozione. Allora Alliance WITA è stata la prima a scendere in piazza, nell’ottobre 2012, in una cinquantina di manifestazioni simboliche che avevano come slogan: Un papa, une maman, on ne ment pas aux enfants ovvero mettevano il bambino al centro del dibattito.Il successo è stato tale (e anche l’eco mediatica) che numerosi gruppi e associazioni, premuti dalla loro base, volevano pure scendere in piazza. I due gruppi più importanti si sono così uniti, ciò che spiega il riscontro avuto dalla prima grande manifestazione regionale a Parigi del 17 novembre 2012.

    Manif pour tous: una sfida piena di difficoltà. Quali le principali? Come è riuscita a mobilitare così tanta parte della società francese? 

    Il movimento che si è principalmente cristallizzato nel motto Manif pour tous è tipico dei veri movimenti sociali che rispondono a tre criteri: spontaneità, anarchia e fermento. Spontaneità: molte persone insorgono contemporaneamente, animate da una ragione comune. Anarchia: nessuno riesce veramente a padroneggiare tutto quanto succede. Fermento: c’è un continuo fermentare di iniziative che fioriscono e sfioriscono…

    Se in ogni caso c’è uno scoglio che siamo riusciti a superare in modo quasi miracoloso, nei primi dieci mesi, è quello della divisione. La Francia è celebre per le sue tribù galliche, connotata dalla guerra tra i capi ovvero dalla battaglia tra i narcisi. Come siamo riusciti a vincere tale tendenza nazionale e a unirci quasi tutti sotto una sola bandiera? Alcuni di noi hanno dato prova di umiltà. Altri di autorevolezza. Tutti di devozione. Certo Alliance VITA o le Associazioni familiari cattoliche hanno fornito molti quadri all’organizzazione unitaria.

    Un fattore importante di successo è stato internet e le sue diramazioni sociali, strumenti perfetti per organizzarsi molto in fretta senza soggiacere al boicottaggio di certi media…

    In ogni caso internet non sarebbe stato sufficiente se fossero mancate motivazioni molto serie e sentite… 

    La Francia è un Paese particolarmente provato dalla rivoluzione liberale-libertaria del 1968, questo emergere di un individualismo e di un laicismo di cui la legge del mariage pour tous della Guardasigilli Taubita è una delle numerose conseguenze… Se tale legge ha scatenato un tale movimento di protesta è perché toccava qualcosa di molto intimo: il riferimento all’alterità sessuale nella generazione. In altre parole, il fondamento antropologico più radicato nella storia dell’umanità. Con la legge Taubira padre e madre diventano intercambiabili!

    Poi: chi aveva pensato che tale legge non concernesse che una minoranza nella minoranza, cioè le rare persone omosessuali desiderose di sposarsi con una persona dello stesso sesso, ha fatto un errore enorme. Per noi non si trattava di ‘aprire’ il matrimonio, ma di snaturarlo e anche di distruggerlo. E in particolare di rompere il processo di filiazione.

    Occorreva naturalmente che un popolo si ribellasse. Ciò fa parte della tradizione francese: quando i potenti abusano del loro potere il popolo insorge… Penso che il fuoco della ribellione covasse da anni sotto la cenere, ignorato completamente dai media dominanti e dal potere. Invece una rete di resistenza si è consolidata attraverso associazioni, comunità, pubblicazioni, avvenimenti, luoghi emblematici.. E’ questo tessuto umanitario, sociale, religioso, culturale che ha improvvisamente rivelato di esistere e di essere vitale. Davanti all’imborghesimento delle élites liberal-libertarie al potere si è parata una folla motivata dall’altruismo: ci è parso insopportabile che le generazioni future fossero private del prezioso punto di riferimento dell’alterità sessuale di cui tutti siamo figli. Un tale fatto richiama quella libertà che non si ama mai così tanto come quando è minacciata. Operando per far sì che la legge Taubira non fosse approvata, mi sono detto spesso che tale legge ingiusta ha animato in ogni caso un grande movimento sociale: la Francia si era risvegliata!

    Quali componenti della società francese hanno animato/animano la Manif pour tous? Quanto peso vi ha il mondo cattolico? 

    Se la matrice della Manif pour tous è stata cristiana (secondo le parole di uno dei nostri portavoce, il musulmano Caml Bechikh), essa ha attirato sempre più anche persone che si ritrovavano nella sua antropologia fondata sul reale. E’ del resto l’unione tra realtà che non si conoscevano che ha sconvolto il Governo. Penso in particolare all’accoglienza molto positiva ricevuta dai nostri militanti nei quartieri ritenuti difficili, a maggioranza musulmana. Certo i cattolici sono stati determinanti nell’emergere del movimento, perché erano coscienti, organizzati, formati ad essere sale della terra senza soggiacere al mondo. Anche diversi protestanti e israeliti erano con noi. Però il potere, ideologicamente anticristiano, si è sentito legittimato a disprezzarci e a reprimerci per il nostro cristianesimo.

    E’ dura (anche) in Europa essere cristiani oggi… 

    E in Francia forse più della media. Da noi l’etichetta di ‘cattolico’ è utilizzata per denigrare, marginalizzare, svalutare. Non c’era ragione per rivendicare tale connotazione. Per prima cosa perché danneggia, dato che le élites ignorano la realtà del cattolicesimo; poi perché noi abbiamo agito in nome del diritto e della giustizia, senza dare connotazioni spirituali. E’ questo che ha permesso a molti francesi di unirsi a noi e a tanti altri di sentirsi d’accordo con noi… La ‘maggioranza silenziosa’ ci è sempre stata vicina: regolarmente, nei sondaggi, più del 50% dei francesi è risultato ostile all’adozione da parte di coppie omosessuali, anche dopo l’approvazione parlamentare della legge Taubira.

    Ci si deve forse meravigliare che il nostro movimento sociale sia stato lanciato e largamente animato da cristiani? Quando la maggior parte della popolazione perde i suoi punti di riferimento, sono le minoranze strutturate che guidano la Storia e provocano il cambiamento. Molti osservatori erano stupefatti per l’adesione alla Manif sempre di nuove categorie di francesi… E’ proprio in ragione di questa dinamica che il nostro movimento è una promessa per l’avvenire di una società smarrita. 

    A questo proposito: dopo l’approvazione parlamentare della legge Taubira e la sua messa in vigore, la Manif pour tous non si è dissolta. La gente è scesa di nuovo massicciamente in piazza a febbraio e a ottobre di quest’anno. Dapprima contro l’imposizione dell’ideologia del gender nelle scuole, poi per la difesa della dignità umana nelle questioni dell’utero in affitto e della procreazione medicalmente assistita. Come mai ancora tanti francesi per le strade? 

    La persistenza delle mobilitazioni massicce sfida i parametri abituali di giudizio e conferma la mia analisi della realtà di un vero movimento sociale che trova forza in radici impossibili da estirpare. Il potere, volendo ignorarci, umiliarci, cancellarci, ci ha paradossalmente rafforzati… Ad esempio il rifiuto della maggiore petizione ufficiale mai registrata in Francia (più di 730mila le firme raccolte)- per una richiesta di referendum - ha provocato la nostra collera. L’esecutivo, non cessando di irridere, di ordinare repressioni sproporzionate, moltiplicando le accuse ingiuste, ha giocato con il fuoco. Nelle avversità i nostri militanti hanno però imparato in fretta i modi di organizzarsi, argomentare, comunicare…

    L’anno 2013 è stato scuola di impegno per centinaia di migliaia di giovani. In Francia, più che in altri Paesi, la piazza è scuola di democrazia. Devo però insistere sul fatto che il nostro movimento sociale non si limita alle sole manifestazioni, avendo già prodotto i suoi frutti caratterizzati da motti nuovi. Francesi di ogni età si sono accorti che non sono più soli, che la protesta non era monopolio dei libertari, che valeva la pena sacrificarsi per il bene comune, che occorreva che ognuno si impegnasse per influire sul corso della Storia. Piuttosto che spaventarsi e tacere, sono ormai parecchi i francesi che acconsentono perfino a mettere in pericolo la loro carriera, liberandosi da paure e convenzioni…

    Dalla Manif pour tous sono nati anche i Veilleurs, che vegliano in silenzio e immobili, un libro in mano, una candela ai piedi, davanti ai Palazzi del potere… come giudica tale tipo di manifestazioni? 

    I Veilleurs, poi le Sentinelle, sono nati dopo la manifestazione del 24 marzo 2013, la più massiccia e la più repressa. Abbiamo sfiorato in tale occasione gravi disordini di piazza. Personalmente avevo esortato la folla a essere non-violenta. Ma alcuni gruppi sostenevano che il governo non avrebbe ceduto che alla violenza. Io la penso al contrario: il governo intendeva dimostrare che eravamo un ostacolo alla democrazia… voleva macchiare l’immagine della Manif. Dopo il 24 marzo, mentre le manifestazioni dilagavano nel Paese, alcuni giovani che erano stati abusivamente fermati dalla polizia si sono interrogati sui modi di proseguire l’azione. Sono loro che hanno deciso di costituire i Veilleurs, fondati sulla pratica della non –violenza: il movimento si è diffuso con la rapidità del fuoco in tutta la Francia. E’ molto promettente. Non è nell’agitazione che nascono le vocazioni autentiche, ma nella riflessione, nella meditazione. Non c’è vita spirituale senza vita interiore né vita interiore senza il silenzio. Che dei giovani abbiamo attirato le folle in questo silenzio è semplicemente meraviglioso. Noi abbiamo così rotto il cerchio vizioso della violenza che connota troppo spesso i movimenti sociali nel nostro Paese. Checché se ne dica, resta un fatto: il nostro movimento dura già da due anni senza aver bruciato nessuna vettura, senza aver sfondato nessuna vetrina, senza aver eretto nessuna barricata…E’ la nostra forza. Antitesi alle barricate del maggio 68.

    L’atteggiamento della Chiesa di Francia verso la Manif pour tous: dapprima – soprattutto con i card. Ving-Trois e Barbarin, alcuni vescovi, molti parroci – un appoggio chiaro, pur restando in seconda linea; poi – in particolare con il cambio alla testa dell’episcopato francese – una certa presa di distanza da parte dello stesso episcopato. E tuttavia, rispondendo a una nostra domanda in occasione di una delle conferenze-stampa per il Sinodo, il 18 ottobre in sala stampa vaticana, il neo-presidente della Conferenza episcopale francese mons. Pontier ha riconosciuto tra l’altro che il 5 ottobre “è stata una felice sorpresa vedere delle giovani generazioni impegnarsi per difendere valori cui credono, che sono importanti per loro e che per molti manifestanti – ma non per tutti – vengono dalla loro fede cristiana” . Ecco qual è oggi il vostro rapporto con la Chiesa di Francia nella sua espressione gerarchica? 

    Mi sembra che la Chiesa cattolica abbia giocato il ruolo che le competeva. Chi potrà mai misurare i frutti spirituali della preghiera del 15 agosto 2012 proposta dal cardinale Vingt-Trois, allora presidente della Conferenza episcopale? Qualche settimana più tardi le autorità morali unanimi hanno contestato la legge Taubira davanti a parlamentari particolarmente irridenti e aggressivi che le ascoltavano. Ignorando completamente la nostra vitalità associativa, il Governo ha sempre sospettato la Chiesa cattolica di aver organizzato le manifestazioni. E’ fantasioso. Ognuno è sempre restato nel suo ruolo. E io credo di poter aggiungere che le manifestazioni non sono mai state nella logica culturale dei vescovi. Sono i laici che hanno agito, rifiutando ogni idea di confessionalizzare il dibattito. L’incoraggiamento (misurato) dei vescovi e la partecipazione alla Manif di diversi tra loro – sull’esempio del cardinale Barbarin – come semplici cittadini, corrispondono esattamente a ciò che è giusto in Francia, dove c’è un forte rifiuto dell’irrompere di autorità morali in questioni di società. Tale discrezione – o tale umiltà – ha permesso ai laici di ogni età di assumere il loro ruolo.

    Su questo argomento come su altri penso che sia abituale il nascere di una tensione tra l’istituzione e i carismi. E’ sempre molto complicato per un’istituzione ribellarsi al potere. Può temere di dare un’immagine di opposizione sistematica, di incitamento a disordini e violenza, di appiattimento su una sola parte politica. Può anche temere una divisione interna tra i fedeli. Può infine temere di essere vessata dal potere costituito.

    In ogni caso i principali dignitari della Chiesa di Francia hanno più volte avuto il coraggio di parlare con chiarezza. E di farlo accanto a confratelli di altre confessioni e religioni.

    In generale evidenzierei la necessità di due virtù: lucidità e tenacia. La lucidità è indispensabile per non giudicare un movimento sociale attraverso le lenti deformanti dei media. La tenacia può ugualmente indisporre chi vorrebbe il ritorno della calma piatta. Di fronte a un’ingiustizia, mi chiedo, è legittimo arrendersi oppure è più giusto mantenere l’opposizione? Nella nostra società mediatizzata le ondate emotive si susseguono al punto che la tenacia viene considerata come un’ossessione.

    Da parte mia trovo che in Francia le relazioni tra laici e vescovi sono assai equilibrate. Ed è quello che ci ha permesso di unire una larga parte del popolo francese.  (continua – la seconda parte dell’intervista a Tugdual Derville verrà pubblicata sabato 27 dicembre 2014 - L'intera intervista appare in versione inglese nel numero di gennaio 2015 del mensile cattolico statunitense 'Inside the Vatican')

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