LETTERA PAPA EBREI – SUICIDIO OCCIDENTE: MANTOVANO, PERA, BAGNASCO – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 9 febbraio 2024
E’ del 2 febbraio 2024 una lettera di papa Francesco intitolata “Ai fratelli e alle sorelle ebrei in Israele”, originata certo dai forti malumori del mondo ebraico (vedi ad esempio il Rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni) per un atteggiamento ritenuto come minimo pilatesco del Vaticano verso i tragici avvenimenti in Terrasanta. Al Senato il 31 gennaio un convegno sul “suicidio dell’Occidente” con relazioni incisive di Alfredo Mantovano, Marcello Pera, del cardinale Angelo Bagnasco.
Da sempre Rossoporpora.org è attenta alle problematiche del mondo ebraico e dunque anche a quanto succede in Terrasanta. In questi ultimi mesi se n’è occupata ancora più intensamente, considerato il feroce massacro di Hamas del 7 ottobre, la cattura di molti ostaggi, la durissima reazione di Israele che - per liberare gli ostaggi e stroncare il terrorismo islamico esiziale per la propria stessa esistenza – si è abbattuta anche sulla popolazione civile palestinese di Gaza.
A larga parte del mondo ebraico è sembrato che gli interventi vaticani e di alti esponenti cattolici su quanto accaduto in Terrasanta siano stati assai pilateschi, tendenzialmente equidistanti, attenti a non rovinare i rapporti con quel mondo arabo musulmano (incominciando dal Grande imam di Al-Azhar Ahmed al-Tayyeb, vedi https://www.rossoporpora.org/rubriche/vaticano/1167-al-azhar-e-fratellanza-libano-hezbollah-e-hamas-l-ungheria-onora-giuseppe-rusconi.html ) che il Pontefice regnante considera essenziali per un progresso del dialogo interreligioso nel mondo e dunque per la concretizzazione di Fratelli tutti. A titolo esemplificativo (e anche rappresentativo dell’irritazione di molti ebrei) ricordiamo l’invio di una lettera preoccupata al Papa da parte di circa 400 rabbini e studiosi e in particolare alcune considerazioni di Riccardo Di Segni.
Il Rabbino capo di Roma - in occasione dell’incontro del 17 gennaio 2024 alla Gregoriana nella giornata dell’amicizia ebraico-cristiana – ha parlato di una teologia cattolica “regredita” e di “un’incomprensione sostanziale della situazione”, tanto che a suo parere “sono stati fatti molti passi indietro nel dialogo”: perciò diventa “necessario riprendere il filo del discorso”. Riccardo Di Segni ha rimproverato al mondo cattolico di sentirsi detentore del “monopolio” in materia di pace: “La pace la vogliamo tutti – ha detto – ma dipende da quale”. Certo non si può “mettere sullo stesso piano chi soffre un abuso incredibile e chi cerca di eliminare l’origine e la ripetizione di questo male”. In un’intervista a Il Giornale del 22 gennaio 2024 il Rabbino capo di Roma ha confermato il malessere ebraico verso le posizioni vaticane: “La comunità ebraica, e non solo, è molto delusa sì, lo vedo anche dai commenti di questi giorni dopo il mio intervento. C'è molta delusione. Spero che la si comprenda e che la crisi si risolva”.
Il Papa (spinto certo dalla diplomazia vaticana e dai tessitori del dialogo con gli ebrei) è sembrato aver compreso la serietà di una situazione di disagio che avrebbe potuto evolvere in vera e propria frattura. Perciò ecco la lettera inviata e resa pubblica il 2 febbraio 2024 a Karma Ben Johanan, una delle animatrici dell’appello dei circa 400. La lettera papale porta il titolo “Ai fratelli e alle sorelle ebrei in Israele”. Ma ‘Israele’ nel testo non compare – se non con l’aggettivo sostantivato ‘israeliani’ associato a ‘palestinesi’- dato che il successore di Pietro preferisce (secondo tradizione) utilizzare il termine ‘Terra Santa”.
Eccone alcuni passi:
. Cari fratelli e sorelle, stiamo vivendo un momento di travaglio doloroso. Guerre e divisioni stanno aumentando in tutto il mondo. Siamo davvero, come ho detto tempo addietro, in una sorta di “guerra mondiale a pezzi”, con gravi conseguenze per la vita di molte popolazioni. Anche la Terra Santa, purtroppo, non è stata risparmiata da questo dolore, e dal 7 ottobre è precipitata in una spirale di violenza senza precedenti. Il mio cuore è lacerato alla vista di quanto accade in Terra Santa, dalla potenza di tante divisioni e di tanto odio (…).
. Purtroppo, bisogna tuttavia constatare che questa guerra ha prodotto nelle opinioni pubbliche mondiali anche atteggiamenti di divisione, che a volte sfociano in forme di antisemitismo e antigiudaismo. Non posso che ribadire quanto anche i miei Predecessori hanno affermato chiaramente più volte: il rapporto che ci lega a voi è particolare e singolare, senza mai oscurare, naturalmente, il rapporto che la Chiesa ha con gli altri e l'impegno anche nei loro confronti. Il percorso che la Chiesa ha avviato con voi, l’antico popolo dell’alleanza, rifiuta ogni forma di antigiudaismo e antisemitismo, condannando inequivocabilmente le manifestazioni di odio verso gli ebrei e l’ebraismo, come un peccato contro Dio. Insieme a voi, noi cattolici siamo molto preoccupati per il terribile aumento degli attacchi contro gli ebrei in tutto il mondo. Avevamo sperato che “mai più” fosse un ritornello ascoltato dalle nuove generazioni, eppure ora vediamo che il percorso da fare richiede una collaborazione sempre più stretta per sradicare questi fenomeni.
. Il mio cuore è vicino a voi, alla Terra Santa, a tutti i popoli che la abitano, israeliani e palestinesi, e prego perché prevalga su tutti il desiderio della pace. Voglio che sappiate che siete vicini al mio cuore e al cuore della Chiesa.(…). In modo speciale, preghiamo per il ritorno degli ostaggi, rallegrandoci per quelli che sono già tornati a casa, e pregando affinché tutti gli altri si uniscano presto a loro (…).
. In tempi di desolazione, abbiamo grande difficoltà a vedere un orizzonte futuro in cui la luce sostituisca l’oscurità, in cui l’amicizia sostituisca l’odio, in cui la cooperazione sostituisca la guerra. Tuttavia, noi, come ebrei e cattolici, siamo testimoni proprio di un simile orizzonte. E dobbiamo farlo, cominciando innanzitutto proprio dalla Terra Santa, dove insieme vogliamo lavorare per la pace e per la giustizia, facendo il possibile per creare relazioni capaci di aprire nuovi orizzonti di luce per tutti, israeliani e palestinesi.
Come è stata accolta negli ambienti ebraici la lettera – in cui si ribadiscono tra l’altro il rifiuto dell’antigiudaismo e dell’antisemitismo e la condanna delle “manifestazioni di odio” connesse come “peccato contro Dio”? In modo assai articolato. Ad esempio al giudizio moderatamente positivo espresso dal presidente della Comunità ebraica di Milano, Walter Meghnagi (“È un inizio promettente, anche se c'è ancora molto da fare. Rilevo con piacere che c’è il riconoscimento che il conflitto bellico di oggi nasce il 7 ottobre, che è una implicita condanna del pogrom e il riconoscimento che da esso è nata la guerra, causata quindi da Hamas”) si accompagna negli ambienti romani una certa persistente freddezza che li spinge a dichiararsi solo parzialmente soddisfatti. Il Papa, si ragiona in questi ultimi ambienti, si dimostra ancora molto attento a non turbare i rapporti con quel mondo arabo-musulmano di cui personalità eminente è il Grande imam di Al-Azhar, non proprio un amico del popolo di Israele.
UN CONVEGNO DI MOLTA SOSTANZA SUL ‘SUICIDIO DELL’OCCIDENTE’ CON MANTOVANO, PERA, BAGNASCO
A mo’ di premessa sembra utile riprodurre un passo assai famoso del Vangelo di Matteo 7, 24-27, letto giovedì 8 febbraio in San Paolo fuori le Mura in occasione della celebrazione eucaristica – presieduta dal cardinale Matteo Maria Zuppi - per i 56 anni della Comunità di Sant’Egidio: (In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli) Chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, è simile a un uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia. Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, è simile a un uomo stolto che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde, e la sua rovina fu grande”.
Mercoledì 31 gennaio 2024 il Senato della Repubblica ha ospitato (presso la sala capitolare del convento di Santa Maria sopra Minerva) un convegno sul “suicidio dell’Occidente”, introdotto da Domenico Airoma (Centro Studi Rosario Livatino), moderato da Francesco Pappalardo (Biblioteca del Senato) e concluso da Marco Invernizzi (Alleanza Cattolica). I relatori erano tali da suscitare il più vivo interesse: Alfredo Mantovano (sottosegretario alla Presidenza del Consiglio), Marcello Pera (già presidente del Senato e in fecondo dialogo con Joseph Ratzinger/Benedetto XVI), Angelo Bagnasco (già presidente della Cei e del Consiglio delle Conferenze episcopali europee).
Il Convegno non ha tradito le aspettative. Perciò proponiamo a chi ci legge alcuni stralci – non certo esaustivi… ma abbiamo dovuto purtroppo operare delle scelte - delle relazioni (molto articolate e sostanziose). Vale la pena di scorrerli con attenzione… dentro c’è gran materia di discussione attualissima, anche infra-cattolica!
ALFREDO MANTOVANO: SVEGLIA, LAICI CATTOLICI!
- Il suicidio dell’Occidente non è espressione nuova: la usò una quindicina di anni fa Roger Scruton come titolo per un suo libro. Più di recente – con una variante, Suicidio occidentale – l’ha ripresa, per una pubblicazione, Federico Rampini, mentre – se intendiamo restare nell’area concettuale, non solo terminologica, di una civiltà che sta scomparendo – è trascorso oltre un secolo dall’uscita dell’opera di Oswald Spengler Il Tramonto dell’Occidente. ‘Suicidio’ è parola più efficace di ‘tramonto’ per qualificare la volontarietà dell’autolesionismo di una civiltà. Lo sottolinea Luciano Violante, in un suo recente intervento: oggi “la morte si presenta come ragionevole alternativa alla vita, anche fuori dei casi di gravi intollerabili patologie”; Violante ricorda una ricerca del maggio 2023, secondo cui in Canada, parte qualificata dell’Occidente, il 28% dei cittadini consentirebbero a una richiesta di suicidio assistito se proveniente da una persona senza dimora, e il 27% se l’unico motivo di afflizione fosse la povertà, senza alcuna malattia in corso. In Olanda si è passati dalle 2000 eutanasie praticate nel 2002 alle 10.000 di oggi, anche sui bambini. In Italia, come confermano le cronache delle ultime settimane, esistono le basi culturali, giuridiche e politiche per percorrere la strada della morte a richiesta: il dibattito è concentrato non già su come affiancare e aiutare il disagio del paziente o dell’anziano (ciò a cui inizia a provvedere la recente legge sugli anziani), ma su come garantirgli di porre fine alla propria esistenza. La morte viene prospettata quale soluzione obbligata per uscire dalla solitudine collettiva nella quale siamo immersi.
. L’eugenetica sociale fondata sull’evoluzionismo ritiene che per garantire il progresso autentico è necessario prevenire la riproduzione dei soggetti inadatti, degli unfit. Tra la fine del XIX sec. e l’inizio del XX l’ideologia eugenetica si è sviluppata parallelamente in Germania e in area anglosassone. Non è rimasta allo stadio teorico: nel 1927 negli USA ebbe notevole rilievo la sentenza della Corte Suprema – i giudici sono da sempre centrali in queste vicende – che ritenne rientrante nei poteri di polizia dello Stato (nella specie la South Virginia) la sterilizzazione forzata di una giovane donna, Carrie Buck, della quale era stata accertata una maturità inferiore a quella effettiva. Per la cronaca la bimba avuta da Carrie prima della sterilizzazione, Vivian, frequentò poi brillantemente la scuola. Quando si parla di eugenetica imposta per legge o per sentenza si pensa alla Germania nazionalsocialista: ma fino alla fine degli anni 1930 negli USA sono state compiute legalmente circa 20.000 sterilizzazioni forzose. Non è stato necessario attendere l’avvento del nazismo per assistere al diffondersi di correnti ideologiche eugenetiche. Altri Stati europei, come la Svezia nel 1934, introdussero leggi di sterilizzazione dei malati di mente e delle persone mentalmente disturbate. I frutti più coerenti della politica biologica di derivazione darwinistica furono però l’eutanasia e il sostegno attivo al suicidio.
. Certo, l’azione di un governo non basta (NdR: il riferimento è agli sforzi fatti dal governo Meloni per salvare Indi Gregory). La battaglia è anzitutto culturale e pre-politica, e quindi deve muoversi sul terreno dell’elaborazione scientifica, filosofica e giuridica: senza farsi intimorire dalla desertificazione intervenuta soprattutto negli ultimi anni, ma considerando questo deserto parte della sfida da raccogliere. Lo stop alla proposta di legge regionale eutanasica in Veneto è l’esito di una mobilitazione culturale e di un lavoro che hanno privilegiato l’argomentazione ragionevole al semplicismo ideologico.
. Vorrei essere chiaro, al limite della rozzezza. La sfida da raccogliere è quella di non demordere nonostante l’irrilevanza di quel che rimane del popolo cattolico italiano, e comunque di un popolo antropologicamente ben orientato; nonostante la difficoltà che esso ha di trovare guide al suo interno; nonostante il drastico abbassamento del suo profilo. Sono trascorsi 20 anni dall’approvazione della legge n. 40/2004, che ha posto ragionevoli argini alla fecondazione artificiale: quella legge è stata poi stravolta dalla giurisprudenza, ma il suo varo aveva mostrato la capacità di quel popolo, e di chi lo rappresentava, di giocare in attacco, e di non limitarsi a una pur importante opera di interdizione di proposte ostili.
. Che cosa è accaduto in vent’anni a quel popolo, che era anche riuscito nel 2005 a vincere il referendum abrogativo, per ridursi a frangia marginale, nemmeno riconoscibile? Certo, gli spunti disorientanti si moltiplicano, e non risparmiano il recinto ecclesiale. Non compete a me parlare di recenti documenti che hanno generato lo sconcerto di intere conferenze episcopali, in primis quelle africane, le più esposte al martirio e alla testimonianza. Pongo solo un quesito, limitandomi al dibattito italiano sull’eutanasia: ma possibile che con tanti organismi, accademie e atenei di area ecclesiale, cui sono demandate l’elaborazione culturale e la riflessione anche giuridica, questo mondo non è riuscito a dire nulla sulla vicenda di Indi? possibile che sull’argomento l’ultima frontiera su cui attestarsi – la sola proposta che viene avanzata – sembra essere la trasposizione in legge della sentenza della Corte costituzionale del 2019? possibile che questo mondo non sottoponga, come è doveroso, il percorso argomentativo di quella sentenza a necessario vaglio critico, per cogliere le anomalie che non pochi commentatori hanno rilevato? e per cercare strade diverse rispetto a questa rincorsa senza fine verso l’eutanasia fra pronunce giurisprudenziali e leggi dello Stato?
. Nel Signore degli Anelli il re Théoden esce dal torpore, si riprende, grazie all’intervento di Gandalf, che smaschera Vermilinguo e lo rivela per quello che era: uno strisciante servitore di Saruman. Dopo quest’aiuto il Re fu soprannominato Ednew, che vuol dire “rinato”. Seguendo i consigli di Gandalf, Théoden decide di affrontare le forze di Saruman, e vince. Il torpore che assale il re è il simbolo dell’accidia di chi è dalla parte giusta, ma resta fermo. Il nostro mondo è popolato da persone ‘buone’ che dormono, dai non pochi Theoden, privi – talora per propria volontà – delle forze necessarie per combattere il male: su di essi paiono prevalere gli epigoni di Saruman e di Vermilinguo, che operano a tutti i livelli, in politica, nel mondo del diritto e in quello della medicina.
. Qualche settimana fa la parte di Gandalf l’ha assunta una bimba di sette mesi: quella sua piccola mano protesa verso chi le stava intorno ha fatto uscire tanti dal torpore e ha convinto che l’alternativa al suicidio esiste, ed è un’azione responsabile e di sacrificio. Il nostro sacrificio, non soltanto quello di Indi e dei suoi genitori. Perché questo è giusto fare. E questo, con l’aiuto di Dio, faremo.
MARCELLO PERA: LE CONSEGUENZE DRAMMATICHE DEL ‘NUOVO DIRE E PREDICARE’ DELLA CHIESA, CHE ASSECONDA QUELLO DELL’UE
Si potrebbe cominciare riformulando la risposta di Popper alla domanda: a che cosa crede oggi l’Europa? Crede a tante cose buone e a tante cose cattive che scacciano le cose buone. Ecco un elenco, incompleto e non sistematico, di alcuni episodi in cui si manifestano come veleni le cose cattive. L’ho già steso altre volte ma ho bisogno di ripeterlo.
L’Europa ha evitato di menzionare le radici giudaico-cristiane nella sua Costituzione, nata, defunta, poi risorta.
L’Europa ha condannato un politico italiano per aver sostenuto che il matrimonio omosessuale è contrario al suo credo cristiano.
L’Europa promuove legislazioni che violano princìpi cristiani sui principali temi etici. Sostiene l’aborto, l’eugenetica, l’eutanasia, la manipolazione degli embrioni, il matrimonio omosessuale, l’identità di genere, e già tollera la poligamia.
L’Europa non ha difeso un Papa, Benedetto XVI, attaccato perché in una sua lezione aveva sostenuto che il cristianesimo è religione del logos e non della spada e aveva chiesto all’islam di pronunciarsi in modo analogo.
L’Europa ha impedito a questo stesso Papa di parlare in una università, dopo averlo invitato.
L’Europa nasconde i suoi simboli cristiani, non insegna più a dire Buon Natale o Buona Pasqua, perché dice di non voler offendere i non credenti o gli altri credenti.
L’Europa concede nei propri Stati la massima libertà religiosa e di culto agli islamici, ma tollera che, nei loro Stati, questa stessa libertà sia conculcata fino al martirio dei cristiani, in Africa, in Asia, in Turchia, in India, dappertutto.
L’Europa protegge sotto lo scudo della libertà di espressione le opere d’arte blasfeme nei confronti del cristianesimo, ma sospende questa stessa libertà quando si tratti di irriverenza satirica nei confronti dell’islam.
L’Europa reagisce flebilmente al fondamentalismo e al terrorismo islamici perché si considera colpevole di esportare la civiltà cristiana.
L’Europa sanziona alcuni suoi paesi perché violano la Stato di diritto ma pone in questo Stato la difesa, la tutela e la promozione della cultura Lgbt e della teoria del gender.
E così via.
Non fa meraviglia che seri studiosi parlino ormai di una “Europa senza Dio” e che i dati provino che l’Europa sia tra le aree più secolarizzate dell’Occidente. E neppure meraviglia che l’Unione Europea metta assieme tante istituzioni ma stenti a unificarsi come popolo. Con le sue carte fondamentali, l’Unione europea dice di voler diventare “sempre più unita”, ma produce il contrario: più si pensa laica, cioè a-cristiana o anti-cristiana, meno realizza una vera unione. Se non c’è concordia di fede comune, non c’è concordia di valori morali, e se non ci sono valori morali comuni tenuti per fede, gli interessi, anche meglio combinati, resteranno sempre discordi e discorde resterà lo Stato. Anche – ove mai ce ne fosse uno – lo Stato dell’Europa.
Ma c’è di più, purtroppo. C’è che alla lotta dei laicisti contro il cristianesimo e alla crisi di vocazioni e di fede dei cristiani, si è aggiunta in tempi recenti una sostanziale trasformazione della stessa dottrina cristiana. È come se il Vaticano II, dall’“aggiornamento” per il quale fu convocato, sia passato prima al ripensamento e infine al rivolgimento. L’argine dell’ermeneutica della continuità non ha retto e nuove interpretazioni, nuovi costumi, nuovi modi di pensare si diffondono e si rafforzano nella Chiesa. Anche qui un elenco breve e non sistematico può bastare per comprendere che cosa sta accadendo. Mi limito a riportare ciò che si dice.
Si dice che Dio vuole il pluralismo religioso, cioè che il Dio cristiano vuole ugualmente la fede anticristiana.
Si dice che la misericordia di Dio precede il perdono, come se il Dio cristiano perdonasse sempre e comunque e non condannasse mai. L’Inferno – se mai ancora esiste – è vuoto.
Si dice che Dio benedice le situazioni di peccato, cioè violazioni dei suoi comandamenti, in nome della tolleranza della diversità.
Si dice che Dio si trova anche nei culti pagani, come quello della Madre Terra.
Si dice che l’evangelizzazione – il “predicate a tutte le genti!” – e il proselitismo sono una forma prevaricante di inculturazione.
Si dice che la riaffermazione rigorosa della dottrina tradizionale è “clericalismo”.
E così via.
Fino a non menzionare quasi più il peccato originale, lentamente sostituito da un uomo russoviano nato buono e poi corrotto dalla società. Fino a far quasi scomparire il nome di Cristo accanto a quello di Dio. Fino ad avere in sospetto la teologia, che è il luogo d’incontro fra il Logos e la fede. O fino alle battute irriverenti, come quella che al tempo di Cristo non c’era il registratore (NdR: qui naturalmente il rimando è alla nostra intervista del 2017 a padre Arturo Sosa, il ‘papa nero’ – vedi https://www.rossoporpora.org/rubriche/interviste-a-personalita/672-gesuiti-padre-sosa-parole-di-gesu-da-contestualizzare.html ) e noi non sappiamo quali furono le sue esatte parole, se mai egli ne pronunciò alcuna.
Qual è la conseguenza di tutto questo nuovo dire e predicare della Chiesa, congiunto al dire e predicare dell’Unione Europea? La conseguenza – drammatica – è che le nostre chiese si spopolano, diventano edifici che cadono e si trasformano in supermercati. La nostra educazione tradizionale si perde, diventa aperta e confusa. Il nostro senso di appartenenza si affievolisce, diventa solitudine. I vescovi marciano con la bandiera arcobaleno. L’espressione “salvezza” è lentamente sostituita dall’espressione “giustizia” e l’espressione “giustizia” è sempre più intesa in senso sociale, come se avesse a che fare solo con la busta paga. Così, il cristianesimo si secolarizza, diventa umanesimo, ecologismo, pacifismo, democrazia, diritti umani. Insomma, alla fine, il cristianesimo si suicida come religione.
ANGELO BAGNASCO: SOLO ASCOLTARE, SOLO COMPRENDERE, SOLO CONDIVIDERE? FORSE GESU’ HA SBAGLIATO IL METODO? PURA STOLTEZZA
. Come l’intero Occidente, anche l’Europa deve credere nella ragione. Sembra un paradosso, ma le premesse soggettivistiche della modernità l’hanno allontana dal grembo della cultura classica. Non si tratta di tornare indietro, ma di non perdere le conquiste acquisite, sapendo che, se in cambiamento è forse inevitabile, il meglio non è assicurato. Come spesso ha ricordato Benedetto XVI, alla ragione è riconosciuta la sua funzione positivista ed empirica che misura il mondo fisico e riduce la realtà a materia, ma le è negata la capacità riflessiva sul mondo nello spirito, sul senso e i significati ultimi del vivere e del morire, dei valori morali. Su questo piano, conterebbero solo l’individuo con i suoi criteri, e le leggi dello Stato per rendere possibile la convivenza.
. Per questo oggi sembra che il pensiero non debba pensare ma solo ascoltare, non spiegare ma solo comprendere, non indicare la via ma solo condividere. La confusione è tale che pensare sembra un atto di intolleranza verso gli indecisi! E’ possibile una tale stoltezza? In un cammino comune, ci sono cose che devono essere uniformate, e altre che è stolta arroganza farlo: sono quelle che riguardano l’idea antropologica e quindi etica e sociale.
. La profezia fa parte della missione della Chiesa in ogni tempo: deve annunciare l’assoluta novità di Cristo e invitare alla conversione del cuore e della vita. La fede è dono di Dio, vita con Cristo, e giudizio sulla storia. In un tempo in cui è vietato “giudicare” - mentre invece si giudica spesso con superficialità e ferocia - è necessario raffermare questo: se la fede non diventa giudizio sull’uomo, la società e la storia, nega se stessa, diventa esortazione moraleggiante, sentimento evanescente, umanitarismo sincretista e mondano. Per questo la Chiesa non può tacere: deve essere sale e lievito, luce e città visibile. Non vuole imporsi a nessuno, accoglie tutti ma non tutto.
. A volte si sente dire che la Fede è ormai estranea e che deve aggiornarsi ai nuovi paradigmi nel pensare e nel vivere se non vuole essere confinata. Ma la Chiesa non è preoccupata di essere moderna ma attuale, cioè di corrispondere alle segrete nostalgie del cuore umano, alla sua sottile e drammatica inquietudine. Per questo la Chiesa non sarà mai indietro nei tempi, ma sempre avanti perché, grazie al suo Signore, conosce il cuore dell’uomo di ogni tempo. Oggi, in nome della libertà di scelta e per mantenere buone relazioni - cose innegabili – si teorizza l’idea per cui la missionarietà deve ridursi a “buon esempio” silenzioso, senza motivare le scelte della fede.
. Si dice che il confronto tra scelte opposte sarebbe irrispettoso e divisivo, quindi inutile e dannoso. Ma Gesù ha annunciato la verità e il bene, e ha smascherato la menzogna e il male: per questo ha accettato il rifiuto delle folle, la solitudine e la morte. Forse ha sbagliato il metodo? Forse non ha capito che, come oggi si dice, era una questione di “linguaggio”, di “comunicazione”, e che prima di parlare avrebbe dovuto ascoltare le folle con le loro richieste, e così adeguare gesti e parole?