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    SPAGNA/CATTOLICI: CIFRE, VOTO DEL 23 J - MARTIRI: UNGHERIA, ROMANIA

    SPAGNA/CATTOLICI: CIFRE, VOTO DEL 23 J – MARTIRI: UNGHERIA, ROMANIA – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 21 luglio 2023

     

    Domenica 23 luglio si vota in Spagna per le elezioni generali anticipate. Su chi cadrà la scelta dei cattolici praticanti? Dati significativi dalla fonte filogovernativa insospettabile del Centro de Investigacion Sociologicas - A metà maggio Ungheria e Romania hanno ricordato a Roma alcuni dei loro martiri degli anni opprimenti del regime comunista, dal cardinale primate Jozsef Mindszenty al sacerdote e medico Martin Benedict.

     

    SPAGNA: CATTOLICI SOTTO IL 50% NEL PAESE? – COME VOTERANNO I CATTOLICI PRATICANTI PER LE ELEZIONI GENERALI DEL 23 LUGLIO?

    Domenica 23 luglio 2023 si voterà in Spagna per le elezioni politiche, convocate con un anticipo di cinque mesi da Pedro Sanchez (con decisione spregiudicata, alla va o la spacca) dopo la batosta subita nelle regionali e locali dello scorso 25 maggio. In quale direzione andrà il voto dei cattolici praticanti?

    Prima di rispondere alla domanda, vediamo come ci siamo arrivati. Sfogliando il   numero del 20-26 maggio 2023 di Vida Nueva (un settimanale catto-sinistro assai, cui collabora regolarmente anche il celebre vaticanista spagnolo don Antonio Pelayo), ci siamo imbattuti – nella sezione Iglesia en España – nel titolo  Y si ya no somos mayoría?” (“E se non siamo più la maggioranza?)  con il sommario seguente: “Por primera vez un estudio demoscopico reduce al 44% el numero de catolicos de nuestro pais (…)”. Nell’articolo, a firma del direttore José Beltrán, si constata “l’avanzata vertiginosa della secolarizzazione in Occidente e in particolare in Spagna” e si dà conto inizialmente dell’indagine demoscopica sulla religione nel mondo realizzata da Ipsos a gennaio-febbraio 2023 in 26 Paesi. Dallo studio emerge che in Spagna, sul totale, solo il 54% degli ultradiciottenni si dichiara cristiano e solo il 44% cattolico. Per Vida Nueva sarebbe la prima volta che un’indagine demoscopica dà un tale risultato. 

    SEMPRE MENO CATTOLICI…

    Forse la realtà è migliore, considerato come l’Istat spagnolo, il Centro de Investigaciones Sociologicas (il Cis, considerato da molti come funzionale ai desideri del governo rosso) assicura nelle sue indagini (barometro) mensili che chi si dichiara cattolico resta pur sempre attorno al 53-54% della popolazione, con un terzo di praticanti e due terzi di non praticanti. Tuttavia il calo è nettissimo anche per il Cis: se nel 1965 il 98% della popolazione si dichiarava cattolico (83% i praticanti), nel 1978 si era già scesi al 90,5%, nel 2008 al 73,5% (27,7% i praticanti), nel luglio 2018 al 66,3%, nel 2022 al 55,4%, nel 2022 al 53,8% (18,8 i praticanti), a luglio 2023 al 52,9%. Tra i giovani 18-24 anni, sempre per il Cis, se nel 1990 il 78,1% si dichiarava cattolico, oggi (stavolta la stima è dell’Observatorio de la Juventud de la Fundacion SM) siamo attorno al 30%. tra praticanti e non praticanti. Sono dati o almeno tendenze che pongono gravi problemi per la sopravvivenza (se non in piccolo gregge) del cattolicesimo spagnolo in un futuro non lontano

    IL BAROMETRO DI LUGLIO 2023 DELL'ISTITUTO DEMOSCOPICO FILOGOVERNATIVO CIS

    Dicevamo del barometro mensile del Cis, che normalmente comprende una seconda metà in cui la religiosità degli intervistati è posta in correlazione con le risposte alle domande scelte per il sondaggio. Nel barometro di luglio 2023 (quattromila interviste telefoniche tra il 30 giugno e il 5 luglio) si è indagato sulle intenzioni di voto per le elezioni generali del 23 luglio.

    A tutti gli intervistati è stato chiesto di definirsi su una scala da 1 a 10 da sinistra a destra. Tra i cattolici praticanti il 5,8% si è detto di sinistra dura, un altro 9,1% di varie sfumature di sinistra, il 20,1% di centro, il 43,7 di varie sfumature di destra fino al 13,2% di destra dura. Interessante, specie se detto dal Cis…).

    Pure assai intrigante la valutazione dei principali leader politici. Restiamo ai cattolici praticanti. Il presidente del consiglio, il socialista Pedro Sanchez ha collezionato un 38,9% di ‘malissimo’, un altro 22,1% di varie sfumature di negatività, un 21,7% di varie sfumature di positività, un 6,7% di ‘benissimo’. I dati sembrano chiari…

    Il suo principale oppositore, il presidente del partito popolare Alberto Feijóo, ha raccolto un 7,8% di ‘malissimo’, un 19,1% di varie sfumature di negatività, un 46,7% di varie sfumature di positività, un 10,5% di ‘benissimo’. Non sembra esserci comunque un grande entusiasmo per la sua persona…

    Da notare che mercoledì 19 luglio sera Feijó non si è presentato al secondo e ultimo dibattito organizzato da RTVE (la televisione più importante di Spagna, filogovernativa), lasciando a dibattere tra loro solo Pedro Sanchez, Yolanda Diaz (Sumar, coalizione composta dai frammenti della galassia della sinistra comunista, dura e arcobaleno) e Santiago Abascal (ex-popolare, è il presidente di Vox, destra spagnola). L’assenza di Feijtó (dovuta forse al timore di dover giustificare l’amicizia con un narcotrafficante negli Anni Novanta) ha probabilmente giovato a Vox, che ha potuto presentarsi televisivamente come la sola vera alternativa credibile (e non inciuciante, come è tipico di certi popolari) al governo rosso-rosso.

    CATTOLICI PRATICANTI? CHIARAMENTE A FAVORE DI UN GOVERNO POPOLARI-VOX

    Come voteranno (sempre secondo il Cis, filogovernativo, l’unico istituto demoscopico che dà i socialisti del Psoe in vantaggio e un governo Psoe-Sumar probabile) i cattolici praticanti il prossimo 23 luglio? Se consideriamo i quattro partiti principali riscontriamo la situazione seguente:

    . per i socialisti il 14% (prima scelta) e il 5,9% (seconda scelta): potenziale  19,9%

    . per i popolari il 43,6% (prima scelta) e il 10,7% (seconda scelta): potenziale 54,3%

    . per Vox il 10,5% (prima scelta) e il 18,4% (seconda scelta): potenziale 28,9%

    . per Sumar l’1,9% (prima scelta) e 6,7% (seconda scelta): potenziale 8,6%

    Da tali dati sembra proprio che tra i cattolici praticanti prevalga nettamente l’aspirazione a un governo popolari-Vox rispetto a un governo socialisti-Sumar. Ciò a dispetto delle incessanti demonizzazioni di Vox promosse dalla sinistra spagnola con i suoi media. E a dispetto fors’anche dei desideri nascosti di certi popolari che però, a denti stretti, devono arrendersi al fatto che il PP e Vox governano insieme ormai già in quattro regioni e in 140 comuni. Con buona pace pure di qualche tonaca catto-fluida.

     

    MARTIRI ‘ROSSI E BIANCHI’ NELL’UNGHERIA COMUNISTA – DOPPIA NATURA DELLA PERSECUZIONE

    Di martiri ‘rossi e bianchi’ -  testimoni di fede nei tempi bui della dittatura ñcomunista – si è parlato in un Convegno a Roma presso l’Accademia d’Ungheria il 15 maggio 2023. L’incontro, promosso dall’ambasciata magiara presso la Santa Sede in collaborazione tra l’altro con la Fondazione Mindszenty, si è concluso con l’inaugurazione di una mostra in due sezioni, una dedicata al porporato (primate d’Ungheria dal 1945 al 1974), l’altra a una ventina di cattolici assassinati o gravemente indeboliti dal regime ad esempio nella salute. Si diceva: martiri ‘rossi’ e martiri ‘bianchi’: come ha spiegato Krisztina Tóth – delegata speciale per la cooperazione archivistica e responsabile della mostra – i primi hanno pagato con il sangue la loro fedeltà alla Chiesa di Roma, i secondi hanno convissuto per anni con le conseguenze dolorose della privazione della loro libertà personale.

    Il Convegno è stato arricchito anche da una tavola rotonda animata dalle domande mirate dell’ambasciatore Edoardo Asburgo-Lorena, che – nell’introduzione della mattinata – ha voluto proporre una citazione del cardinale József Mindszenty, “simbolo della resistenza della Chiesa contro il regime comunista”: “Il comunismo non è solo un partito politico, ma soprattutto un’ideologia contro la religione, Dio, l’anima umana (…) Nel momento che si diventa comunisti, si cessa di essere cristiani”.

    Dopo un saluto porto da mons. Fabio Fabene, segretario del dicastero delle Cause dei Santi (il prefetto Semeraro era impegnato contemporaneamente nel ‘Consiglio dei cardinali’), la moderatrice Krisztina Spinner – vice-capo missione – ha dato la parola si due relatori principali, Gergely Kovács, direttore responsabile della Fondazione Mindszenty (oltre ad essere vicepostulatore della causa) e mons. Irynej Bilyk, l’ultimo vivente tra i dieci vescovi greco-cattolici clandestini in Ucraina.

    Nel suo ampio e dettagliato intervento Kovács ha inizialmente ricordato quanto detto da papa Francesco il 28 aprile 2023 a Budapest: “Desidero far memoria del cardinale Mindszenty, il quale credeva nella potenza della preghiera, al punto che ancora oggi, quasi come un detto popolare, qui si ripete: ‘Se ci sarà un milione di ungheresi in preghiera, non avrò paura del futuro’ “. Attualmente sono sedici le cause di canonizzazione (ungheresi o strettamente connesse) in corso: tre quarti riguardano i periodi di persecuzione comunista (21 marzo – 31 agosto 1919,  133 giorni di sanguinosa dittatura proletaria, e dal 1945 in poi).

    Kovacs nell’ultima parte dell’intervento ha approfondito il concetto di “persecuzione comunista”. Evidenziandone due aspetti. Il primo: “I regimi comunisti intendevano porre fine allo strapotere, al patrimonio, all’influenza sulla società e all’intreccio tra Stato e Chiesa della Chiesa cattolica”. Ciò che – ha osservato il relatore – “non era anticristianesimo, non era persecuzione religiosa, bensì una parte naturale e salutare nel processo europeo”. Secondo aspetto: “Fin dal principio, ad offuscare quest’aspirazione, sono state la vendetta personale, le smodate brutalità e crudeltà, la totale assenza di equità e giustizia. (…) In questo troviamo le affinità sostanziali fra le dittature naziste e comuniste e le loro persecuzioni della Chiesa”. Kovacs ha anche sottolineato che la dittatura voleva evitare che i perseguitati passassero per martiri: “Nel caso del cardinale Minszenty fu lo stesso segretario generale del partito Mátyas Rákosi ad esprimersi con le parole seguenti: ‘Vuol essere martire a tutti i costi, ma io non gli faccio il favore che lo facciano diventare un martire…’ “.

    Testimonianza commovente quella del vescovo greco-cattolico ucraino Irynej Bilyk (73.nne, oggi canonico in Santa Maria Maggiore), che ha riproposto le tappe principali di una vita sofferta da testimone, fin dai tempi in cui, studente in Ucraina - presso l’Università transcarpatica di Uzhgorod (al confine con Slovacchia e Ungheria) – si sentì dire dal decano: “Tu sei un bravo studente, ma non l’ uomo sovietico, e per questo quelli del Kgb mi hanno raccomandato di escluderti dall’università”.

    Alla tavola rotonda, oltre ai due relatori, ha partecipato anche lo storico Jan Mikrut (sacerdote polacco incardinato presso l’arcidiocesi di Vienna, docente presso la Gregoriana). Che ha rilevato come la persecuzione comunista sia stata differente a seconda dei Paesi dell’Est europeo: di più ad esempio nella Repubblica Ceca e in Albania, meno in Ungheria (dove numeri dei cattolici e storia hanno consigliato il regime a una certa ‘moderazione’, pur mantenendo esso il controllo assoluto sulla quotidianità ). Si è poi parlato di collaborazionismo sia tra i sacerdoti greco-cattolici che tra gli ortodossi: “ma i fedeli sapevano riconoscere i traditori” (il vescovo Bilyk). Domanda finale: è cambiato il comunismo? Secondo Mikrut, no, “non è cambiato, ha lasciato distruzione dietro di sé e oggi nell’Europa dell’Est si traveste da socialdemocrazia”.

     

    IL VENERABILE MARTIN BENEDICT E LA STORIA DEI FRATI FRANCESCANI IN ROMANIA

    Chi è Martin Benedict? La figura di questo sacerdote e medico romeno, di cui il 17 dicembre 2022 si è riconosciuto l’esercizio eroico delle virtù, è stata scandagliata martedì 16 maggio 2023 in un Convegno svoltosi a Roma, presso la Curia generalizia dei Frati Minori conventuali in collaborazione con l’Ambasciata di Romania presso la Santa Sede. Durante l’incontro, moderato da Gianni Cardinale (Avvenire), si sono evidenziati gli anni della persecuzione comunista, i legami spiritual-culturali con Assisi e si sono anche ripercorse storicamente le tappe della presenza francescana nel Paese (vedi anche le pagine dedicate al vescovo di origine ticinese Ofm conv. Gian Filippo Paroni, visitatore apostolico a Jaşi tra il 1818 e il 1826, nel nostro libro “Ecclesiastici ticinesi a Roma nel Settecento”, Armando Dadò editore, Locarno, 2006).  

    Nel saluto porto ai convenuti Adina Lovin (incaricato d’affari dell’Ambasciata di Romania presso la Santa Sede) ha ricordato le visite apostoliche di Giovanni Paolo II nel 1999 - la prima in un Paese a maggioranza ortodossa (con il celebre grido ripetuto per l’ unitate tra cattolici e ortodossi scandito dalla grande folla - e quella del 2019 di papa Francesco, che ha tra l’altro beatificato a Blaj i sette vescovi greco-cattolici martiri del comunismo. Nel saluto successivo il ministro generale dell’Ordine dei minori conventuali, l’argentino Carlos Trovarelli, ha poi evidenziato che “la libertà religiosa è stata sistematicamente violata e negata dal regime comunista”, tanto che “è irrinunciabile la memoria di quel periodo storico”.

    Del venerabile Martin Benedict ha parlato ampiamente il cardinale Marcello Semeraro, prefetto del Dicastero delle Cause dei santi, chiarendo inizialmente che “un santo non è un eroe come oggi inteso; è un uomo fragile come tutti noi, con una forza però che deriva da Cristo e con una docilità all’azione dello Spirito Santo”. Martin Benedict, nato nel 1931, è stato medico e sacerdote, che “curava non solo il corpo, ma anche l’anima delle persone a lui affidate”. Ufficialmente solo un medico laureatosi a Jaşi nel 1957, che in clandestinità nel 1976 riuscì a emettere la professione temporanea tra i minori conventuali e tre anni dopo quella solenne, essendo ordinato sacerdote nel 1980. Oggetto di attenzioni da parte della Securitate già dal 1954 (di questo ha trattato nella sua dettagliatissima relazione successiva Germina Nagâț, studiosa degli archivi del braccio famigerato del regime), fu dichiarato dalla stessa “spia del Vaticano” nel 1983. Da allora la Securitate  cercò di rendergli impossibile la vita, anche con tentativi di avvelenamento e di investimento automobilistico, oltre che con arresti e continui interrogatori. Benedict morì nel 1986. Ci piace riportare la definizione che di lui ha dato papa Francesco il 17 dicembre 2022: “Sacerdote professo dell’Ordine dei Frati Minori Conventuali; visse con eroicità la duplice vocazione di medico e sacerdote-religioso in un contesto di clandestinità. Malgrado la salute cagionevole poté esercitare con generosità la professione medica. Era distaccato dalle cose del mondo, costantemente alla ricerca della volontà di Dio”.

    La relazione di fra Silvestro Bejan si è incentrata dapprima sulla storia della presenza Ofm conv. nell’attuale Romania (la prima missione è del 1623 in Moldova e Valacchia). I missionari provenivano da tutta Italia e specialmente dall’Umbria. Nel 1895 fu fondata a Bacău la “Provincia religiosa di san Giuseppe” dei Frati minori conventuali di Moldavia: “sospesa” nel 1948 dalle Autorità comuniste, molti dei suoi membri furono arrestati e condannati. La Provincia rinascerà dalla clandestinità nel 1990 e oggi conta più di 200 frati nel mondo. Il relatore ha poi documentato i legami particolari tra la Romania e Assisi (ad esempio tra il 1900 e il 1948 dalla Romania vi vengono mandati decine di giovani frati francescani per gli studi filosofici e teologici e nello stesso periodo vi si registra un forte aumento delle presenze rumene laiche). Da notare che “nel periodo interbellico e più tardi nei decenni di dittatura comunista, quando ogni discorso sulla religione e i nomi di Dio e dei santi erano quasi del tutto obliati, il ‘Cantico delle creature’ di san Francesco continuava comunque a essere tradotto, pubblicato e intrepretato in relazione al suo autore”. San Francesco poi “è considerato il santo occidentale più amato dall’ortodossia, perché è il santo che più di ogni altro è vicino a Cristo”.

    Altra relazione quella di fra Eusebio Bejan, intitolata “I frati francescani romeni tra la Regola di San Francesco e le Regole di un regime”. Difficile coesistenza, poiché la Securitate usando ogni mezzo di repressione, cercava senza eccezione di annientare ogni forma di opposizione”. Tuttavia “tale strategia si può dire non sia riuscita completamente a portare a termine quanto si era proposta”. Perché “i frati hanno resistito in modi diversi, e varie sono state le forme di opposizione”, pur “se si sono avuti anche diversi episodi di complicità con il regime”. Inoltre nei decenni di oppressione comunista non sono mancate polemiche interne molto aspre che hanno portato a lacerazioni dolorose.

    Il Convegno si è poi concluso con la presentazione dell’emissione filatelica dedicata dalle poste rumene al venerabile Benedict.

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