ROSSOPORPORA DI GENNAIO 2011 - 'IL CONSULENTE RE ONLINE'
La prolusione del cardinale Angelo Bagnasco al Consiglio permanente della Cei. I cardinali Bertone e Sgreccia su comportamenti nella Repubblica italiana. Il cardinale Cottier e il libro del Papa. Il cardinal Tomko e la beatificazione di Giovanni Paolo II. Sulla liturgia nella Chiesa i cardinali Canizares Llovera e Bartolucci. Il cardinale Ving-Trois e la bioetica. Minacce al cardinale Caffarra. Il cardinal Tettamanzi 'italiano dell'anno'. Il cardinale Sarah sul confratello Gantin
Mentre in diversi altri Paesi del Mediterraneo (dall’Algeria alla Tunisia, dall’Egitto al Libano) la quotidianità è ormai caratterizzata da rivolte popolari o da un’alta tensione politica foriera di guerra civile di cui approfittano gli estremisti islamici, in Italia le pagine dei giornali e le trasmissioni televisive sono dominate da questioni attinenti allo stile di vita privata (ma con riflessi pubblici) del presidente del Consiglio. Tale il clamore che anche
In un altro passo il cardinale Bagnasco ha richiamato un documento della Cei del
Il terreno è ormai preparato per le considerazioni sul momento politico italiano. E qui il grido d’allarme è forte: “Bisogna che il nostro Paese superi, in modo rapido e definitivo, la convulsa fase che vede miscelarsi in modo sempre più minaccioso la debolezza etica con la fibrillazione politica ce istituzionale, per la quale i poteri non solo si guardano con diffidenza ma si tendono tranelli, in una logica conflittuale che perdura ormai da troppi anni”. Messo un ‘cappello’ di carattere generale, il cardinale Bagnasco è poi sceso nei particolari: da una parte “si moltiplicano notizie che riferiscono di comportamenti contrari al pubblico decoro e si esibiscono squarci – veri o presunti – di stili non compatibili con la sobrietà e la correttezza”, dall’altra (un’aggiunta certo pensata e voluta) “qualcuno si chiede a che cosa sia dovuta l’ingente mole di strumenti di indagine”. Lo scombussolamento dell’equilibrio generale e il deteriorarsi dell’immagine del Paese fanno sì che “la collettività guardi sgomenta gli attori della scena pubblica e respiri un evidente disagio morale”. Qui il presidente della Cei ha evocato un passo significativo della sua prolusione del settembre 2009: “Chiunque accetta di assumere un mandato politico deve essere consapevole della misura e della sobrietà, della disciplina e dell’onore che esso comporta, come anche la nostra Costituzione ricorda”. Il riferimento è certo al presidente del Consiglio, ma anche a tutti quelli che, di colore diverso, a livello nazionale, regionale, comunale, hanno in un passato anche recente abbinato alla loro attività politica la singolarità delle loro frequentazioni. Purtroppo il quadro culturale italiano è quello che è. Rileva il cardinale Bagnasco: “Bisogna convincersi con maggiore risolutezza che la società nel suo complesso è chiamata ad essere comunità educante”. Certamente – ha argomentato l’oratore – “affermare ciò, a fronte di determinati spettacoli, potrebbe apparire patetico o ingenuo, eppure come Vescovi dobbiamo caricarci sulle spalle anche, e soprattutto, questo onere di richiamare ai doveri di fondo, di evidenziare le connessioni, di scoprire i pilastri portanti di una comunità di vita e di destino”. Poiché “se si ingannano i giovani, se si trasmettono ideali bacati cioè guasti dal di dentro, se li si induce a rincorrere miraggi scintillanti quanto illusori, si finisce per trasmettere un senso distorcente della realtà, si oscura la dignità delle persone, si manipolano le mentalità, si depotenziano le energie del rinnovamento generazionale”. Qui è evidente il riferimento giustamente molto critico ai modelli culturali diffusi sia dalle reti televisive di cui è proprietario il presidente del Consiglio sia a quelle del servizio pubblico. Del resto, in questa di ‘Arcore’ come in altre occasioni, dalle intercettazioni telefoniche (discutibili fin quanto si vuole e magari penalmente non rilevanti) emerge una povertà di linguaggio e di contenuti da parte degli intercettati da far rabbrividire: in tale modo squallido si esprimono non solo ragazzotte di ogni provenienza che mirano al successo, magari inserite all’ultimo momento nelle liste regionali – o anche nazionali - per capriccio del capo (ed avendo l’elezione assicurata), ma anche direttori e manager vari, che sembrano impiegare buona parte del loro tempo in attività che un tempo si dicevano disdicevoli. Stando così le cose, fatale la conclusione del cardinale Bagnasco: “Un Paese complesso richiede saggezza e virtù”.
Anche dal Vaticano sono giunti segnali di inquietudine crescente man mano che si accrescevano le notizie sullo stile di vita del presidente del Consiglio. Dopo che L’Osservatore Romano aveva riprodotto (sotto il titolo Nota del Quirinale) il comunicato molto preoccupato della presidenza della Repubblica sulla situazione politica, sabato 21 gennaio – sempre in seconda pagina – ecco un altro articolo intitolato I cardini della società. Lì dentro si ritrovano le valutazioni del Segretario di Stato cardinale Tarcisio Bertone espresse il giorno prima a margine dell’inaugurazione di una casa d’accoglienza presso l’ospedale pediatrico romano Bambino Gesù. Il porporato salesiano ha detto di condividere il “turbamento” manifestato dal presidente della Repubblica italiana e ha aggiunto: “La chiesa spinge e invita tutti, soprattutto coloro che hanno una responsabilità politica di ogni genere, in qualunque settore amministrativo, politico e giudiziario, ad avere e ad assumere l’impegno di una più robusta moralità, di un senso di giustizia e di legalità”. Perciò
Il 15 gennaio il quotidiano saudita al-Charch el-Awsat annunciava le dimissioni, presentate al Papa, dell’ultranovantenne patriarca maronita Nasrallah Pierre Sfeir. Il giorno dopo la notizia era ripresa dall’ Agence nationale d’information (Ani, libanese). Il 17 gennaio il grande quotidiano del Paese di Cedri L’Orient-Le Jour faceva il punto sulla situazione, dopo aver sondato ambienti del patriarcato. Il patriarca avrebbe presentato le sue dimissioni al Papa. Ne avrebbe fatto partecipi anche i vescovi del sinodo maronita (NdR:
Su 30Giorni 11/2010 il cardinale Georges Cottier ha commentato il libro-intervista di papa Benedetto XVI “Luce del mondo” (Una conversazione con Peter Seewald, Libreria editrice vaticana, 2010). Tra le riflessioni del porporato svizzero-francese ne proponiamo una riguardante quanto il Papa dice a proposito delle relazioni con l’islam: “Ho trovato interessanti – scrive – anche le risposte relative al rapporto con l’islam. L’intervistatore gli chiede se è ancora valido il paradigma del passato per cui i papi consideravano proprio compito difendere l’Europa dall’islamizzazione, e Benedetto XVI risponde che oggi viviamo in un mondo completamente diverso, nel quale gli schieramenti sono altri. Come modello di reciproca comprensione valorizza quello presente in grandi aree dell’Africa Nera, dove sussiste un rapporto tra islam e cristianesimo positivo e improntato alla tolleranza.” Il pro-teologo emerito della Casa Pontificia evoca poi il tema del discorso di Ratisbona: “Riguardo al famoso discorso di Ratisbona, che – fa notare Seewald – fu catalogato come il primo errore del suo pontificato, il Papa ricorda i fatti positivi che comunque sono seguiti a quell’episodio: E’ risultato chiaro, dice lui, che nel dibattito pubblico l’islam deve chiarire due questioni: quelle del suo rapporto con la violenza e con la ragione. Si è così avviata una riflessione interna tra studiosi dell’islam, una riflessione interna che poi è divenuta dialogo. Allo stesso tempo, il Papa riconosce con umiltà che a Regensburg avevo concepito quel discorso come una lezione strettamente accademica, senza rendermi conto che il discorso di un papa non viene considerato dal punto di vista accademico, ma da quello politico. “. Rileva qui il teologo domenicano: “Nel sincero riconoscimento di questa inavvertenza (come nel rammarico di aver revocato la scomunica al vescovo lefebvriano Williamson senza essere stato prima sufficientemente informato sulle sue tesi negazioniste) si vede bene che chi parla è un Papa e non più soltanto un professore che difende le sue legittime tesi accademiche”. E aggiunge: “La stessa cosa, a suo modo, si vede nelle parole sull’uso del preservativo, che hanno suscitato tante discussioni”.
A tale riguardo osserva il cardinale Cottier: “Le esigenze di una sessualità virtuosa si comprendono all’interno del sacramento del matrimonio. E la stessa virtù della castità da parte dei due coniugi presuppone l’insieme della vita cristiana, con la preghiera e i sacramenti. La prostituzione costituisce invece una struttura di peccato”. Perciò “per chi vive in tale struttura, il fatto di pensare a evitare i rischi di contagio che minacciano la vita propria e dell’altro non rende certo la prostituzione virtuosa, ma è già un’apertura verso una maggiore umanità, da giudicare positivamente”. Come mai? “La dottrina morale cristiana – argomenta sempre il porporato – desidera la felicità e la salvezza per tutti e non spinge nessuno verso la perdizione e la morte. Inoltre, per ragioni d’igiene o di lotta contro la malattia contagiosa, l’autorità pubblica ha il dovere di prendere delle misure di protezione”. Da tutto ciò emerge che “lì dove l’educazione è impossibile, come caso estremo, è legittimo il preservativo”. E questo, conclude il cardinale Cottier, “è altra cosa rispetto alle campagne a favore del preservativo che finiscono per incoraggiare il permissivismo sessuale”.
Tra le numerose reazioni rossoporpora alla notizia della beatificazione di Giovanni Paolo II il Primo Maggio quella del cardinale Jozef Tomko, prefetto emerito della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli. Intervistato da
Sempre lo stesso porporato, intervistato da L’Osservatore Romano del 19 gennaio, ricorda i tre viaggi di papa Wojtyla in Slovacchia: “Dopo la caduta del comunismo, ci siamo incontrati e salutati con gioia. E’ singolare che dalle nostre labbra sia uscita la stessa frase: Dio è padrone della storia! Il Papa ha accettato subito, nell’aprile 1990, l’invito a visitare
In un’intervista rilasciata il 24 dicembre a Il Giornale il cardinale Antonio Canizares Llovera ha parlato dello stato della liturgia nella Chiesa. Subito il prefetto della Congregazione per il Culto divino ha rilevato, affiancandosi in ciò al giudizio espresso qualche anno fa dall’allora cardinale Joseph Ratzinger: “La riforma liturgica è stata realizzata con molta fretta. C’erano ottime intenzioni e il desiderio di applicare il Vaticano II. Ma c’è stata precipitazione. Non si è dato tempo e spazio sufficiente per accogliere e interiorizzare gli insegnamenti del Concilio, di colpo si è cambiato il modo di celebrare. (…) Il rinnovamento liturgico è stato visto come una ricerca di laboratorio, frutto dell’immaginazione e della creatività, la parola magica di allora”. Alla domanda su come giudica la situazione odierna, il sessantacinquenne arcivescovo emerito di Toledo ha così risposto: “Di fronte al rischio della routine, di fronte ad alcune confusioni, alla povertà e alla banalità del canto e della musica sacra, si può dire che vi sia una certa crisi. Per questo è urgente un nuovo movimento liturgico (…) Il Papa chiede alla nostra Congregazione di promuovere un rinnovamento conforme al Vaticano II, in sintonia con la tradizione liturgica della Chiesa, senza dimenticare la norma conciliare che prescrive di non introdurre innovazioni se non quando lo richieda una vera e accertata utilità per
Sempre sull’argomento segnaliamo l’intervista che il neo-cardinale Domenico Bartolucci ha rilasciato al già citato 30Giorni 11/2010. Rievocando gli anni di servizio alla Chiesa nel campo della musica sacra, il successore di Lorenzo Perosi alla testa della ‘Cappella musicale pontificia Sistina’ giunge agli anni del post-Concilio: “”Dopo il Concilio Vaticano II il latino è stato messo da parte ed è stato un errore esiziale. (…) Mi pare evidente come da allora la musica sacra e le scholae cantorum siano state definitivamente emarginate dalla liturgia, nonostante le raccomandazioni della Constitutio de Sacra Liturgia del ’63 e del Motu proprio Sacram Liturgiam del ’64, nel quale il canto gregoriano è definito canto proprio della liturgia romana”. Obietta l’intervistatore che l’intenzione era quella di far partecipare il popolo… Invece – nota il novantatreenne musicista – “da allora non c’è più stata”. Perché “prima di questi aggiornamenti il popolo cantava a gran voce durante i Vespri,
Il cardinale Bartolucci ha poi, se possibile, rincarato la dose, sul trattamento ricevuto dal coro della cappella Sistina dopo il Concilio: “Fummo gradualmente ridimensionati e messi da parte. Diventammo un corpo estraneo nelle celebrazioni. Durante il pontificato di Giovanni Paolo II
Nel Figaro del 14 gennaio è apparso un articolo del cardinale André Vingt-Trois sul dibattito riguardante temi etici in corso in Francia, anche a livello parlamentare con la trattazione di proposte di legge postulanti l’eutanasia. La riflessione è stata tradotta e ripresa da L’Osservatore Romano del 19 gennaio. Il presidente dei vescovi francesi inizialmente evoca le violenze anticristiane nel Medio Oriente, “che hanno suscitato numerose e sincere reazioni”, poiché “l’orrore del male risveglia la nostra attenzione al principio di umanità”. Ed “è questo stesso principio di umanità ad essere in gioco nei dibattiti etici che si svolgono nel nostro Paese”, in cui ha avuto inizio “la fase legislativa di revisione delle leggi sulla bioetica”.
Il sessantottenne arcivescovo di Parigi ci tiene a riaffermare che “l’umanità di una società, la qualità della sua civiltà, si misura dal modo in cui essa tratta i più vulnerabili: i bambini, gli esclusi di ogni tipo, ma anche i malati terminali o gli esseri umani all’inizio della loro esistenza”. Bisogna avere bene in chiaro che “la ricerca sull’embrione non è solo una questione scientifica” e “la diagnosi pre-impianto non è riserva di caccia di alcuni specialisti”. Analogamente “l’accompagnamento dei malati gravi riguarda tutta la società”, dato che “a essere in gioco è il rispetto imprescindibile della dignità umana”.
“Lasciarsi andare alla tentazione dell’eugenismo – continua il sessantottenne porporato – considerare la ricerca sull’embrione, con le distruzioni che l’accompagnano, come normale, anzi necessaria; cedere alle pressioni finanziarie e commerciali che si nascondono a volte sotto la maschera di uno scientismo ingenuo; non offrire null’altro che la morte ai malati che attendono un aiuto, sarebbe, propriamente parlando, suicida per la nostra società”. I cattolici “hanno partecipato con spirito di dialogo al dibattito pluralista” sviluppatosi in Francia, ma adesso “non denunciare questa tentazione suicida sarebbe per loro come non prestare assistenza alla società in pericolo”. E’ necessario “dar prova di ambizione etica, con coraggio ed entusiasmo”, perché “solo un’alta visione dell’uomo permette di costruire la pace”, mentre “il consenso che vorrebbe fondarsi su un minimo etico sarebbe di fatto una caricatura senza futuro”. Purtroppo
Era già accaduto nel dicembre del 2009. L’11 gennaio di quest’anno un uomo ha telefonato (di nuovo) al 113 da una cabina di Bologna per annunciare: “Uccideremo il cardinale Caffarra”. Sull’accaduto, scrive Avvenire del 15 gennaio,
“L’italiano dell’anno’ per il settimanale paolino Famiglia Cristiana è il cardinale Dionigi Tettamanzi. La scelta è stata annunciata nel primo numero del 2011 ed è stata motivata dal direttore don Antonio Sciortino (vedi anche l’intervista a “Il Consulente RE” online di maggio 2010) come omaggio a “una Chiesa che non si arrocca nei sacri palazzi, nella cura di propri orticelli. Ma dialoga con tutti. Premurosa verso gli ultimi della società, per dare voce a chi non ha voce”. Dall’intervista che accompagna l’annuncio si apprende che l’ arcivescovo di Milano “ha messo in vendita i presepi e le icone ricevute in dono in questi anni per devolvere il ricavato al Fondo famiglia-lavoro della diocesi”. Inizialmente il porporato settantaseienne parla di san Carlo Borromeo, che “visse in mezzo al ‘suo’ popolo, condividendone le condizioni di vita e i drammi, come durante la peste del
Il 23 novembre è stato presentato a Roma, presso la libreria internazionale Paolo VI in via di Propaganda fide, un bel libro su uno dei cardinali più amati nella storia recente: “Bernardin Gantin. Missionario africano a Roma. Missionario romano in Africa” (G. Cerchietti-G. Grieco-L.Lalloni, Libreria editrice vaticana, 2010). Tra i relatori il cardinale Robert Sarah, dallo scorso ottobre presidente del Pontificio Consiglio Cor unum. Nel suo intervento il porporato guineano ha rilevato tra l’altro: “Missionario il cardinale lo fu con un cuore sempre aperto per tutti, soprattutto per l’Africa, il continente che vibrava nelle fibre delle sue viscere. Egli lo fu con l’amicizia e la generosità che lo caratterizzavano, la delicatezza e l’attenzione, l’umiltà e l’ascolto di tutti, l’abbandono alla volontà di Dio e la sottomissione alla Chiesa”. A quest’ultimo proposito ha ricordato il relatore: “Il missionario, per il cardinale Gantin, pur provenendo da una specifica nazione, deve avere il cuore romano in riferimento non tanto alla civitas terrena, quanto piuttosto alla Città eterna, vale a dire al Sommo Pontefice, il successore di Pietro”. Del resto lo stesso cardinale Gantin (1922-2008) lo ricordò “nell’omelia pronunciata sulla tomba di san Pietro, sotto l’Altare della Confessione della Basilica, il 3 dicembre 2002: Con immensa gratitudine verso il Successore di Pietro, guardo al futuro, alla vigilia di nuovi orizzonti, per portare sempre Roma nel cuore come ho cercato di portare