PAPA FRANCESCO E LA QUESTIONE UCRAINA DAL 2013 IN POI – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 19 maggio 2022
Come si è configurato e sviluppato l’approccio di papa Bergoglio alla questione ucraina? Fin dai primi tempi del Pontificato oppure è una scoperta recente? Ne parliamo in questo articolo apparso sul numero 2 della rivista multilingue ‘Cardinalis’, inviata a tutti i porporati nel mondo con l’obiettivo di offrire loro una comune base informativa su quanto accade nella Chiesa.
Prima di riprodurre l’articolo scritto per la rivista Cardinalis sullo sviluppo dell’attenzione di papa Francesco verso la questione ucraina, ci piace ricordare che sabato 21 maggio 2022 Roma ospiterà la Manifestazione nazionale ‘Scegliamo la vita’, erede con qualche modifica della ‘Marcia per la vita’ (2011-2021). ‘Scegliamo la vita’ è promossa da ambienti del ‘Family Day’ e da ‘Pro Vita&Famiglia’ (i due portavoce sono Massimo Gandolfini e Maria Rachele Ruiu), con l’adesione di circa 120 altre realtà associative. L’appuntamento è per le ore 14.00 in piazza della Repubblica, destinazione Piazza San Giovanni, dove la manifestazione si concluderà con brevi testimonianze e un momento musicale (per alcune riflessioni in materia vedi https://www.rossoporpora.org/rubriche/italia/1077-roma-21-maggio-2022-marcia-scegliamo-la-vita-qualche-nota.html ).
Dicevamo di Cardinalis, rivista francese (ma tradotta in italiano, spagnolo e inglese) pubblicata su carta e online per la prima volta a fine 2021 e indirizzata ai porporati di tutto il mondo. E’ un tentativo di far sì che le tante eminenze, che provengono ormai da ogni parte del mondo, possano fruire di un’informazione di base comune in materia di attualità ecclesiale e nel contempo conoscersi meglio tramite interviste e ritratti ad hoc. Cardinalis è fedele al Magistero nella linea del Concilio Vaticano II, che tra l’altro ha valorizzato l’apporto dei laici alla vita della Chiesa. Nel primo numero, oltre a un nostro articolo sul Papa a Budapest e in Slovacchia, sono apparsi contributi sulla ‘Traditionis Custodes’ (uno anche riferito alla situazione francese), un’intervista al card. Louis Raphaël Sako, due ritratti dei cardinali Dieudonné Nzapalainga e Timothy Dolan. Il secondo numero è uscito da poco in 32 pagine e comprende, oltre al nostro articolo sullo sviluppo dell’attenzione di papa Francesco verso la questione ucraina (fino all’ultima settimana di marzo 2022, vedi a seguire), un’intervista ai cardinali Camillo Ruini e Malcolm Ranjith, una riflessione sulla riforma della Curia, un’altra del cardinale Walter Brandmüller, una terza molto ampia sul significato del servizio petrino per la Chiesa, un ritratto del cardinale Reinhard Marx. Chi intendesse sostenere Cardinalis può farlo attraverso https://soutenir.cardinalis-magazine.com .
PAPA FRANCESCO E LA QUESTIONE UCRAINA DAL 2013 IN POI
In questi 9 anni di pontificato non sono certo mancate le critiche a dichiarazioni, gesti, atti di Francesco. Dall’esterno della Chiesa, più spesso dall’interno (e anche da parte di vescovi e cardinali). Critiche a volte motivate, a volte immotivate, talvolta rispettose, tal’altra pregiudiziali, spesso sommesse, ma più del consueto anche aperte: in questi anni si è visto e sentito di tutto e ognuno ha avuto la possibilità di valutare con i propri occhi quanto successo.
In particolare (ma non solo) in questi ultimi mesi sono fioccate critiche anche riguardo all’atteggiamento tenuto da Francesco verso la questione ucraina. Si è detto ad esempio che dell’ Ucraina papa Bergoglio non si è quasi mai curato, considerandola per alcuni una vicenda minore, per altri una vicenda troppo complicata e suscettibile di danneggiare le relazioni ecumeniche con gli ortodossi del Patriarcato di Mosca e le relazioni diplomatiche con la Russia. E si è anche rimproverato al Pontefice di aver fino a poco fa privilegiato i rapporti con Mosca rispetto a quelli con Kiev e in ogni caso, almeno, di aver volutamente mantenuto nelle sue azioni una equidistanza inaccettabile tra le istanze di Kiev e di Mosca.
E’ vero che da ormai qualche anno siamo bombardati da un tale massa di informazioni o pseudo-informazioni, tanto che ognuna di loro rischia di permanere nella nostra memoria per meno de l’espace d’un matin. Noi dimentichiamo in fretta, così che, nel nostro caso, ci sembra che Francesco di Ucraina abbia incominciato a interessarsi veramente solo da poche settimane. Ma non è così. Ripercorriamo il filo del Pontificato a tale proposito.
GIA’ NEL 2014 L’UCRAINA E’ PRESENTE NEI DISCORSI DI FRANCESCO
E’ vero che nei primi mesi di Pontificato Jorge Mario Bergoglio ha contattato Wladimir Putin, allora presidente del G 20, indirizzandogli una lettera (il 4 settembre 2013) e incontrandolo di persona in Vaticano il 25 novembre successivo: e in ambedue le occasioni ufficialmente non si è toccato il tema già potenzialmente esplosivo della situazione in Ucraina, considerato come l’argomento principale riguardasse la guerra in Siria. Tuttavia già nel Messaggio Urbi et Orbi per la Pasqua 2014 - che cadeva il 20 aprile cioè due settimane dopo l’inizio della rivolta armata russofila nel Donbass, preceduta a marzo dalla dichiarazione della Crimea di annessione alla Russia – papa Francesco aveva pregato Cristo di “illuminare e ispirare iniziative di pacificazione in Ucraina, perché tutte le parti interessate, sostenute dalla Comunità internazionale, intraprendano ogni sforzo per impedire la violenza e costruire, in uno spirito di unità e di dialogo, il futuro del Paese”.
Un appello caduto nel vuoto, tanto è vero che papa Francesco – dopo un richiamo nel Messaggio Urbi et Orbi per il Natale 2014 – ha dovuto ripeterlo in un’occasione annuale tra le più importanti, quella dell’udienza al Corpo diplomatico. Infatti il 12 gennaio 2015 tra l’altro evidenzia il “continuo dilagare dei conflitti”, che appaiono “come una vera e propria guerra mondiale combattuta a pezzi”, toccando “varie zone del pianeta a partire dalla vicina Ucraina, divenuta terreno drammatico di scontro”. La situazione sul terreno peggiora ulteriormente, tanto è vero che nel dopo-Angelus del 25 gennaio 2015 il papa esprime la sua forte inquietudine: “Seguo con viva preoccupazione l’inasprirsi degli scontri nell’Ucraina orientale, che continuano a provocare numerose vittime tra la popolazione civile. Mentre assicuro la mia preghiera per quanti soffrono, rinnovo un accorato appello perché si riprendano i tentativi di dialogo e si ponga fine ad ogni ostilità”.
La triste vicenda ucraina non viene dimenticata né a Pasqua né a Natale del 2015. Ed appare in tutta la sua gravità tra i temi del secondo incontro, ancora in Vaticano, tra il Papa e Putin (10 giugno 2015). Si evidenzia nella dichiarazione ufficiale di padre Federico Lombardi al termine della visita: “Circa la situazione riguardante l’Ucraina, il Santo Padre ha affermato che occorre impegnarsi in un sincero e grande sforzo per realizzare la pace, e si è convenuto sulla importanza di ricostituire un clima di dialogo e che tutte le parti si impegnino per attuare gli accordi di Minsk. Essenziale anche l’impegno per affrontare la grave situazione umanitaria, assicurando fra l’altro accesso agli agenti umanitari e con il contributo di tutte le parti per una progressiva distensione nella Regione”.
Parole senza grande seguito, se nel discorso al Corpo diplomatico dell’11 gennaio 2016, Anno Santo della Misericordia, Francesco ha ancora esortato: “Sia un tempo propizio per porre definitivamente termine al conflitto nelle regioni orientali dell’Ucraina. E’ di fondamentale importanza il sostegno che la Comunità internazionale, i singoli Stati e le organizzazioni umanitarie potranno offrire al Paese sotto molteplici punti di vista, affinché esso superi l’attuale crisi”.
NEL 2016 DUE MOMENTI IMPORTANTI : l’INCONTRO CON IL PATRIARCA KIRILL, IL LANCIO DELLA COLLETTA E DEL PROGETTO PER L’UCRAINA
E’ un anno, il 2016, che dimostra inequivocabilmente come la vicenda ucraina non sia un tema minore per papa Francesco. Il 12 febbraio, sulla via del Messico, incontra all’Avana, prima volta per un papa, il patriarca Kirill. Ne esce una dichiarazione congiunta che assume grande importanza agli occhi dell’ortodossia russa, la cui volontà ferrea sembra emergere con chiarezza dai punti 24-29. Al punto 25, ad esempio, si legge: “Speriamo che il nostro incontro possa anche contribuire alla riconciliazione, là dove esistono tensioni tra greco-cattolici e ortodossi. Oggi è chiaro che il metodo dell’ ‘uniatismo’ del passato (NdR: termine spregiativo con cui gli ortodossi russi denominano i greco-cattolici ucraini), inteso come unione di una comunità all’altra, staccandola dalla sua Chiesa, non è un modo che permette di ristabilire l’unità”. Al punto 26 si osserva poi: “Deploriamo lo scontro in Ucraina che ha già causato molte vittime (…) Invitiamo tutte le parti del conflitto alla prudenza, alla solidarietà sociale e all’azione per costruire la pace”. Indigna la comunità greco-cattolica sia l’accenno all’ ‘uniatismo’ (si parla di “tradimento” da parte del Papa) che la blanda definizione di “scontro” e di “conflitto” per quella che nel Donbass si configura già come una vera e propria guerra. Papa Francesco cerca di sanare le ferite greco-cattoliche inviando il 5 marzo 2016 un messaggio all’arcivescovo maggiore di Kiev, Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk in occasione del Sinodo permanente greco-cattolico riunito in Vaticano e per il settantesimo dello “pseudo-Sinodo” scismatico di Leopoli, imposto dal regime comunista: nel testo si loda la testimonianza greco-cattolica di fedeltà a Roma dimostrata concretamente nella triste occasione e si rinnova la solidarietà per “questi tempi difficili” (NdR: i nostri) “segnati dalle tribolazioni della guerra”.
Il secondo momento importante nell’Anno della Misericordia è annunciato il 3 di aprile (Domenica della Misericordia), quando Francesco indice una Colletta straordinaria per l’Ucraina da tenersi il 24 aprile nelle chiese di tutta Europa. Cui segue a giugno il lancio di un vero e proprio progetto denominato “Papa per l’Ucraina”, coordinato a partire da agosto dal neonato Dicastero vaticano per lo sviluppo integrale. Con gli 11 milioni di euro raccolti durante la Colletta straordinaria, integrati da un contributo di 5 milioni di euro da parte del Papa, sono state affrontate in primo luogo le emergenze provocate dalla guerra nel Donbass. In totale i beneficiari sono risultati circa 900mila: sono state ad esempio riparate molte infrastrutture mediche danneggiate, forniti cibo e vestiti (per 5,7 milioni di euro), costruite 2225 stufe a carbone per il riscaldamento di altrettante famiglie, preda dei freddi invernali. Proprio per constatare l’effetto degli aiuti umanitari il cardinale Turkson – in qualità di prefetto del Dicastero citato – visita l’Ucraina nel novembre 2019.
Passano gli anni, ma la guerra nel Donbass non cessa. Nel giugno 2016 il cardinale Parolin – Segretario di Stato - va in Ucraina, così come nel luglio 2017 il cardinale Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese orientali (che visita anche le zone di guerra riconquistate dall’esercito ucraino). Ancora e sempre Ucraina nei discorsi al Corpo diplomatico e nei Messaggi Urbi et Orbi, come ad esempio per il Natale 2017: “Vediamo Gesù nei bambini che, insieme con le loro famiglie, patiscono le violenze del conflitto in Ucraina e le sue gravi ripercussioni umanitarie e preghiamo perché il Signore conceda al più presto la pace a quel caro Paese”.
LA QUESTIONE UCRAINA BEN PRESENTE NEI DISCORSI AL CORPO DIPLOMATICO
L’8 gennaio 2018, rivolgendosi come tradizione al Corpo diplomatico, Francesco rileva che “un impegno comune a ricostruire i ponti è urgente pure in Ucraina. L’anno appena conclusosi ha mietuto nuove vittime nel conflitto che affligge il Paese, continuando a recare grandi sofferenze alla popolazione, in particolare alle famiglie che risiedono nelle zone interessate dalla guerra e che hanno perso i loro cari, non di rado anziani e bambini”. Venti giorni dopo il Papa fa visita alla basilica greco-cattolica ucraina di Santa Sofia a Roma: un gesto che per gli ucraini dovrebbe essere replicato il più presto possibile a Kiev.
A Natale sempre del 2018, l’auspicio papale è che “Il Signore che nasce porti sollievo all’amata Ucraina, ansiosa di riconquistare una pace duratura che tarda a venire”.
Nel discorso del 7 gennaio 2019 al Corpo diplomatico Francesco ricorda i frutti della Colletta straordinaria per l’Ucraina del 2016, “in favore della popolazione sofferente, soprattutto nelle regioni orientali del Paese, a causa del conflitto che perdura da quasi cinque anni e che ha avuto alcuni recenti preoccupanti sviluppi nel Mar Nero” (probabile qui il riferimento alla cattura il 25 novembre 2018 di tre navi militari ucraine che intendevano entrare nel mare di Azov attraverso lo stretto di Kerch in Crimea). Continuava e spiegava il Papa: “Col proprio operato e la vicinanza alla popolazione, la Chiesa cerca di incoraggiare, direttamente e indirettamente, percorsi pacifici per la soluzione del conflitto, percorsi rispettosi della giustizia e della legalità, compresa quella internazionale, fondamento della sicurezza e della convivenza nell’intera regione”.
Ancora nel 2019 due incontri a distanza ravvicinata. Quello con Putin (è il terzo) il 4 luglio, mentre dal 5 al 7 dello stesso mese si svolge in Vaticano un altro Sinodo permanente della Chiesa greco-cattolica ucraina (insieme con i metropoliti), annunciato dal Papa il 4 maggio.
Il comunicato ufficiale seguito alla terza visita del presidente russo a Francesco è molto discreto a proposito di Ucraina: dopo aver rilevato la “cordialità” dei colloqui e la “soddisfazione da ambo le parti per lo sviluppo delle relazioni bilaterali”, si comunica che “ci si è soffermati sulla questione ecologica e su alcune tematiche dell’attualità internazionale, con particolare riferimento alla Siria, all’Ucraina e al Venezuela”.
Per quanto riguarda i lavori del Sinodo permanente greco-cattolico - che Francesco ha aperto il 5 luglio e, a sorpresa, ‘chiuso’ (con i metropoliti) il 7 luglio - si ricorderà l’uso fatto per la prima volta del termine “guerra” da parte del cardinale Parolin per indicare il conflitto in Ucraina.
Risale invece all’8 febbraio 2020 l’incontro del Papa con il presidente ucraino Volodymir Zelensky. Interessante notare che nel comunicato seguito alla visita in Vaticano si parla di “ricerca della pace” nell’ambito “del conflitto, che, dal 2014, sta ancora affliggendo l’Ucraina”. Di “conflitto” e non di “guerra”. Tra i temi portati da Zelensky sicuramente l’offerta alla Santa Sede di porsi come mediatrice nel contesto del conflitto e l’invito a Francesco a visitare il Paese (già inoltrato dal predecessore Poroshenko).
Offerte che sono state reiterate il 25 marzo 2021 quando il Papa in Vaticano ha incontrato il primo ministro ucraino Denys Shmihal. Da notare che nel comunicato finale si dà rilievo alla “drammatica situazione nell’est dell’Ucraina, con l’auspicio che le recenti violazioni del cessate il fuoco cedano il passo a soluzioni che favoriscano la risoluzione pacifica del conflitto”.
NUBI MINACCIOSE SI ADDENSANO NEL 2021
Il dopo-Regina Coeli del 18 aprile 2021 è già un appello che suona angosciato: “Seguo con viva preoccupazione gli avvenimenti in alcune aree dell’Ucraina orientale, dove negli ultimi mesi si sono moltiplicate le violazioni del cessate il fuoco, e osservo con grande inquietudine l’incremento delle attività militari. Auspico fortemente che si eviti l’aumento delle tensioni e, al contrario, si pongano gesti capaci di promuovere la figura reciproca e favorire la riconciliazione e la pace, tanto necessarie e tanto desiderate. Si abbia a cuore la grave situazione umanitaria in cui versa quella popolazione, alla quale esprimo la mia vicinanza e per la quale vi invito a pregare”. Un appello motivato dall’aggravarsi delle sofferenze dei civili, ma anche dalle notizie di un ammassarsi di truppe russe ai confini dell’Ucraina e da un corrispondente rafforzamento della cooperazione militare dell’Occidente con Kiev.
Nell’agosto 2021 il cardinale Parolin è ancora in Ucraina. Ma le nubi sono sempre più minacciose. Il 12 dicembre 2021, nel dopo-Angelus, nuovo appello del Papa: “Desidero assicurare la mia preghiera per la cara Ucraina, per tutte le sue Chiese e comunità religiose e per tutto il suo popolo, perché le tensioni intorno ad essa siano risolte attraverso un serio dialogo internazionale e non con le armi. A me addolora tanto la statistica che ho letto, l’ultima: in quest’anno sono state fatte più armi dell’anno scorso. Le armi non sono la strada. Che questo Natale del Signore porti all’Ucraina la pace!”.
Cinque giorni dopo, per il suo compleanno, Francesco riceve un telegramma e una telefonata da parte del presidente Putin. Nel Messaggio Urbi et Orbi di Natale 2021 il Papa chiede a Dio di “non permettere che dilaghino in Ucraina le metastasi di un conflitto incancrenito”. Il 10 gennaio 2022, nel discorso al Corpo diplomatico, Francesco torna a implorare “tutte le parti interessate” a “trovare soluzioni accettabili e durature in Ucraina e nel Caucaso meridionale”.
Ma gli sforzi delle diplomazie sembrano vani, mentre si addensa una tempesta che tuttavia fino all’ultimo sembrava un’ipotesi non realistica, dato che tutti o quasi confidano nella razionalità di chi poi la guerra invece avrebbe scatenato.
IL PAPA TEME UNA GUERRA: APPELLI CONTINUI NELLE UDIENZE E NEGLI ANGELUS DOMENICALI
Il Papa però già temeva. Durante l’udienza generale del 26 gennaio 2022 in Aula Paolo VI implorava: “E ora, con il Padre Nostro, vi invito a pregare per la pace in Ucraina, e a farlo spesso nel corso di questa giornata: chiediamo con insistenza al Signore che quella terra possa veder fiorire la fraternità e superare ferite, paure e divisioni”.
Due settimane dopo, il 9 febbraio, sempre nel corso dell’udienza generale, così si esprimeva: Desidero ringraziare tutte le persone e le comunità che il 26 gennaio scorso si sono unite nella preghiera per la pace in Ucraina. Continuiamo a supplicare il Dio della pace, perché le tensioni e le minacce di guerra siano superate attraverso un dialogo serio, e affinché a questo scopo possano contribuire anche i colloqui nel ‘Formato Normandia’. Non dimentichiamo: la guerra è una pazzia!
Nel dopo-Angelus del 13 febbraio, un altro invito alle preghiera: Le notizie che giungono dall’Ucraina sono molto preoccupanti. Affido all’intercessione della Vergine Maria e alla coscienza dei responsabili politici ogni sforzo per la pace. Preghiamo in silenzio.
E nell’Angelus della domenica seguente, il 20 febbraio 2022, una constatazione angosciosa: Com’è triste, quando persone e popoli fieri di essere cristiani vedono gli altri come nemici e pensano a farsi guerra. E’ molto triste!
Drammatico l’appello alla fine dell’udienza generale del 23 febbraio, con invito a dedicare la preghiera e il digiuno del Mercoledì delle Ceneri (2 marzo) alla causa della pace, in particolare in Ucraina: Ho un grande dolore nel cuore per il peggioramento della situazione nell’Ucraina. Nonostante gli sforzi diplomatici delle ultime settimane si stanno aprendo scenari sempre più allarmanti. (…) Prego tutte le parti coinvolte perché si astengano da ogni azione che provochi ancora più sofferenza alle popolazioni, destabilizzando la convivenza tra le nazioni e screditando il diritto internazionale. (…) Invito tutti a fare del prossimo 2 marzo, mercoledì delle Ceneri, una Giornata di digiuno per la pace. Incoraggio in modo speciale i credenti perché in quel giorno si dedichino intensamente alla preghiera e al digiuno. La Regina della pace preservi il mondo dalla follia della guerra.
Il giorno dopo, 24 febbraio, la situazione precipita. Molti ritenevano improbabile un intervento militare russo e semmai limitato al sostegno ai filorussi delle due repubbliche autoproclamatesi indipendenti nel Donbass. Invece l’esercito russo attacca l’Ucraina anche da nord e da est, per quella che Putin definisce “un’operazione militare speciale” e che si rivelerà invece per una vera e propria invasione del Paese.
IL 24 FEBBRAIO LA SITUAZIONE PRECIPITA: L’UCRAINA E’ INVASA. FRANCESCO CONTRO I FABBRICANTI E L’INVIO DI ARMI
Il 25 febbraio papa Francesco si sposta di alcune centinaia di metri e va alla residenza dell’ambasciatore russo presso il Vaticano Alexander Avdeev: una visita fuori da ogni protocollo, intesa a far giungere a Putin un messaggio chiaro e accorato per la cessazione delle ostilità.
Il gesto di umiltà non ottiene la risposta sperata. Anzi, da Mosca, il patriarca Kirill pronuncia il 27 febbraio, il 6 e il 9 marzo omelie in cui si scaglia contro la decadenza del modello di vita occidentale, rivendicando l’unità della Rus nata a Kiev e comprendente Russia, Ucraina e Bielorussia. Tuttavia il 3 marzo Kirill aveva incontrato a Mosca il nunzio apostolico Giovanni D’Aniello, in un’atmosfera definita molto cordiale: il patriarca aveva espresso nell’occasione apprezzamento per la posizione “saggia e prudente della Santa Sede su tante questioni internazionali “.
Nel dopo-Angelus del 27 febbraio, il Papa ammonisce: “Chi fa la guerra dimentica l’umanità. Non parte dalla gente, non guarda alla vita concreta delle persone, ma mette davanti a tutto interessi di parte e di potere. Si affida alla logica diabolica e perversa delle armi, che è la più lontana dalla volontà di Dio. E si distanzia dalla gente comune, che vuole la pace; e che in ogni conflitto è la vera vittima, che paga sulla propria pelle le follie della guerra”.
Poi fa anche non casualmente riferimento alla Costituzione italiana alla vigilia del dibattito in Parlamento sull’invio di aiuti anche militari all’Ucraina: “Con il cuore straziato per quanto accade in Ucraina – e non dimentichiamo le guerre in altre parti del mondo, come nello Yemen, in Siria, in Etiopia… –, ripeto: tacciano le armi! Dio sta con gli operatori di pace, non con chi usa la violenza. Perché chi ama la pace, come recita la Costituzione Italiana, ‘ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali’ (Art. 11)”. Il Parlamento italiano il primo marzo ha approvato a larga maggioranza anche l’invio di armi, ma Francesco nei giorni seguenti ha insistito con parole inequivocabili sul tema – a lui molto caro. Ad esempio il 21 marzo 2022, ricevendo in udienza i volontari dell’associazione “Ho avuto sete” ha detto pieno di amarezza indignata: “Quanto si spende per le armi, terribile! Non so quale percentuale del Pil, non lo so, non mi viene la cifra esatta, ma un’alta percentuale. E si spende nelle armi per fare le guerre, non solo questa, che è gravissima, che stiamo vivendo adesso, e noi la sentiamo di più perché è più vicina, ma in Africa, in Medio Oriente, in Asia, le guerre, continue. Questo è grave. Bisogna creare la coscienza che continuare a spendere in armi sporca l’anima, sporca il cuore, sporca l’umanità. A che serve impegnarci tutti insieme, solennemente, a livello internazionale, nelle campagne contro la povertà, contro la fame, contro il degrado del pianeta, se poi ricadiamo nel vecchio vizio della guerra, nella vecchia strategia della potenza degli armamenti, che riporta tutto e tutti all’indietro? Sempre una guerra ti riporta all’indietro, sempre. Camminiamo indietro. Si dovrà ricominciare un’altra volta”.
IN UCRAINA “FIUMI DI SANGUE”. INCONTRO IN VIDEOCONFERENZA CON KIRILL
Nell’incipit del dopo-Angelus del 6 marzo Francesco ha inquadrato nella sostanza la tragedia ucraina: “In Ucraina scorrono fiumi di sangue e di lacrime. Non si tratta solo di un’operazione militare, ma di guerra, che semina morte, distruzione e miseria. Le vittime sono sempre più numerose, così come le persone in fuga, specialmente mamme e bambini. In quel Paese martoriato cresce drammaticamente di ora in ora la necessità di assistenza umanitaria”. E per la prima volta ha contestato la definizione di operazione militare speciale data da Putin: è invece una guerra. Il Papa ribadisce poi la disponibilità alla mediazione, fa un annuncio e dà una definizione di ciò che è una guerra: ”La Santa Sede è disposta a fare di tutto, a mettersi al servizio per questa pace. In questi giorni, sono andati in Ucraina due cardinali, per servire il popolo, per aiutare. Il cardinale Krajewski, Elemosiniere, per portare gli aiuti ai bisognosi, e il cardinale Czerny, Prefetto ad interim del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale. Questa presenza dei due cardinali lì è la presenza non solo del Papa, ma di tutto il popolo cristiano che vuole avvicinarsi e dire: ‘La guerra è una pazzia! Fermatevi, per favore! Guardate questa crudeltà’ !”.
Il cardinale Krajewski è stato in Polonia e in Ucraina dal 7 al 12 marzo, il cardinale Czerny dall’8 all’11 in Ungheria e dal 16 al 18 in Slovacchia e in Ucraina.
Un momento importante si è registrato il pomeriggio del 15 marzo, quando si sono incontrati in videoconferenza il Papa – accompagnato dal cardinale Koch, presidente del Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani – e il patriarca Kirill, affiancato dal metropolita Hilarion, ‘ministro’ degli esteri. Secondo la nota ufficiale vaticana al centro del colloquio c’è stato il ruolo dei cristiani nel promuovere la pace in Ucraina. Per il Papa – e con lui ha convenuto anche Kirill - “la Chiesa non deve usare la lingua della politica, ma il linguaggio di Gesù”. Francesco ha insistito sul fatto che “chi paga il conto della guerra è la gente, sono i soldati russi ed è la gente che viene bombardata e muore”. Ancora Francesco ha evidenziato che “come pastori abbiamo il dovere di stare vicino e aiutare tutte le persone che soffrono per la guerra. Un tempo si parlava anche nelle nostre Chiese di guerra santa o di guerra giusta. Oggi non si può parlare così. Si è sviluppata la coscienza cristiana della importanza della pace”. Nella nota del Patriarcato di Mosca si sottolinea che “ha avuto luogo una discussione dettagliata della situazione sul suolo ucraino. Particolare attenzione è stata rivolta agli aspetti umanitari dell'attuale crisi e alle azioni della Chiesa ortodossa russa e della Chiesa cattolica romana per superarne le conseguenze. Le parti hanno sottolineato l’importanza fondamentale del procedimento negoziale in corso, esprimendo la speranza che si possa raggiungere una pace giusta al più presto possibile”. Inoltre si è parlato di questioni ecumeniche bilaterali.
DOMENICA 20 MARZO: LA GUERRA E’ CRUDELTA’ DISUMANA E SACRILEGA
Nel dopo-Angelus del 20 marzo 2022, pur senza mai nominare la Russia e Putin, papa Francesco ha indurito sensibilmente i termini utilizzati per definire ciò che sta accadendo in Ucraina. Ha parlato di “violenta aggressione, massacro insensato, scempi e atrocità, guerra ripugnante”, ricordando che ”anche questa settimana missili e bo0mbe si sono abbattuti su civili, anziani, bambini e madri incinte”. E aggiungendo che “tanti nonni, ammalati e poveri, separati dai propri familiari, tanti bambini e persone fragili restano a morire sotto le bombe, senza poter ricevere aiuto e senza trovare sicurezza nemmeno nei rifugi antiaerei”. Grida il Papa: “Tutto questo è disumano! Anzi, è sacrilego, perché va contro la sacralità della vita umana (…) Non dimentichiamo: è una crudeltà, disumana e sacrilega!”. Alla fine una comunicazione importante: venerdì 25 marzo 2022 Francesco consacrerà solennemente l’umanità, in special modo Russia e Ucraina, al Cuore Immacolato di Maria. Lo farà in San Pietro, durante la funzione penitenziale alle cinque del pomeriggio. In unione sia con il cardinale Krajewski, che sarà per l’occasione nel santuario di Fatima, che con i vescovi del mondo. Si ricorderà che la richiesta di consacrare la Russia al Cuore Immacolato di Maria è venuta nel 2017 dalla Madonna stessa, apparsa ai tre pastorelli nella Cova de Iria.
Quanto si è riferito non è certo esaustivo di tutto quello che papa Francesco ha fatto e detto in relazione alla questione ucraina: mostra però abbondantemente come si sia interessato dell’Ucraina già fin dai primi tempi del Pontificato. Certo l’ha fatto con un atteggiamento equilibrato che è stato in primo luogo motivato dall’urgenza dell’aiuto umanitario e dalla necessità di perseguire la pace a ogni costo, non attribuendo colpe per mantenere la possibilità della mediazione. E’ vero che nelle ultime settimane il linguaggio di Francesco si è indurito nel bollare lo scempio di quella che anche lui non poteva più evitare di chiamare ‘guerra’. Tuttavia, proprio per salvaguardare uno spiraglio di mediazione, fin qui – nel solco della tradizione degli atteggiamenti dei Papi suoi predecessori come Giovanni Paolo II (vedi per la guerra in Iraq) – ha sempre evitato di indicare per nome i responsabili delle crudeltà che avvengono oggi in Ucraina. Bisogna mirare almeno a una tregua delle armi, in vista di un cessate il fuoco. Ma per spegnere i combattimenti occorre essere in due. E questo la Santa Sede non può ignorarlo.