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    ROMA/MUSEO EBRAICO: PER SFATARE UN'ODIOSA DICERIA

     

    ROMA/MUSEO EBRAICO: PER SFATARE UN’ODIOSA DICERIA – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 16 dicembre 2014

     

    Inaugurata martedì 16 dicembre nello splendido Museo ebraico di Roma, presso il Tempio Maggiore, una mostra (aperta fino al 16 marzo 2015) che ancora una volta documenta come gli ebrei italiani siano cittadini a pieno titolo dello Stato italiano – In mostra lettere, fotografie, altri documenti sulla partecipazione ebraica alla Prima Guerra Mondiale

    Vi è mai capitato che il tema ‘ebrei’ entrasse in una conversazione e di dover allora ascoltare osservazioni un po' borbottate e condite di sorrisetti come “Eh… gli ebrei… sono proprio una razza a parte… non sono pienamente italiani”? Probabilmente sì. Ebbene, la mostra inaugurata martedì 16 dicembre presso il Museo Ebraico di Roma (presso la Sinagoga) “Prima di tutto Italiani – Gli Ebrei Romani e la Grande Guerra” si prefigge ancora una volta, fondandosi su documenti inoppugnabili, di certificare che tali osservazioni sono false e anche offensive della dignità dei concittadini ebrei. Esse derivano in primo luogo, pensiamo, da ignoranza crassa e supina della storia tout-court e della storia d’Italia in particolare, condizione che purtroppo si ritrova in non pochi giovani facili alle emozioni (e dunque facile preda di estremismi ideologici), ma refrattari agli approfondimenti. Inutile dire che una grave corresponsabilità di tale ignoranza porta l’odierno clima culturale di una società sciaguratamente ‘liquida’, che in tanti massmedia ha il suo puntuale, superficiale e non sempre disinteressato megafono.

    Quando si entra nel Museo ebraico di Roma, è impossibile non essere colpiti dallo sfolgorio di argenti romani del Sei e Settecento, tessuti preziosi provenienti da tutta Europa, marmi che, in sette sale espositive, documentano la storia (bimillenaria) della più antica comunità ebraica d’Europa. E’ un museo dunque bello e ricco di informazioni utilissime per capire meglio la cultura e la storia di un mondo che per più di tre secoli – su volontà iniziale di papa Paolo IV Carafa - è stato rinchiuso in un Ghetto (salvo che tra il 1798 e il 1814 e nel 1848/49).

    Liberi dal 1870, gli ebrei romani (e quelli del resto d’Italia) maturarono progressivamente una forte coscienza patriottica, che giunse al suo apice con la Prima Guerra Mondiale, vissuta come momento di legittimazione definitiva dell’emancipazione.

    Sentite un po’ cosa scrive, ad esempio e tra l’altro, Prospero Anticoli in una lettera del 14 giugno 1915 al figlio Gabriele (indirizzo: “Stato Maggiore – Zona di guerra”): “Carissimo Gabriele, il vostro pensiero deve essere sempre rivolto al buon Dio, alla cara nostra Italia, alla famiglia. (…) Sarà contento il giorno che saprò che avrete fatto il vostro dovere verso la nostra cara Patria. (…) Spero poter avere vostre nostra cara Trieste. (…) Avanti Savoia, viva il Re”.

     

    Sui 35mila ebrei allora residenti in Italia parteciparono al conflitto mondiale in 5mila: 420 i caduti (ricordati in una lapide all’esterno del Museo), 700 i decorati al Valor militare. Si deve anche notare che 50 ebrei combattenti su 100 erano ufficiali (media nazionale: 4 su 100). L’alta percentuale si spiega con il fatto che molti giovani ebrei possedevano quel diploma di studi superiori che era necessario per assumere il ruolo di ufficiale. Del resto nei Ghetti, in genere ai bambini dai tre anni in poi, venivano insegnati i testi sacri. Tra gli ebrei romani, al contrario di quelli del resto d’Italia, l’istruzione superiore non era molto diffusa, poiché essi erano in genere piccoli commercianti di stoffe, straccivendoli e artigiani. Da notare che, dopo ampia discussione, al fronte furono inviati anche Rabbini-cappellani, con il compito di assistere in primo luogo i combattenti ebrei.

    Le orrende e disumane leggi razziali del 1938 (volute dal fascismo per scimmiottare il demoniaco Hitler) provocarono – come è stato ricordato nella conferenza-stampa del 18 dicembre dal presidente della Comunità romana  Riccardo Pacifici– un vero sconquasso anche psicologico tra gli ex.-combattenti ebrei, dichiarati decaduti dalla possibilità di difendere la propria patria. E a volte arrestati, deportati e uccisi nei lager. La curatrice della mostra Lia Toaff ha evidenziato come dalle quaranta lettere e dalla ventina di cartoline messe a disposizione dalla famiglia Anticoli emerga inequivocabilmente la necessità per gli ebrei di “compiere il proprio dovere”, in “forte fedeltà nei confronti dei Savoia”. Per il ministro della Difesa Roberta Pinotti la mostra è uno strumento di conoscenza prezioso, perché “chi pensa al futuro non può mai dimenticare il passato”.

    Nel Museo è visibile da pochi giorni anche una fedele ricostruzione (grazie a un tavolo multimediale) dell’antico Ghetto di Roma: un’esperienza tecnologicamente d’avanguardia che vale la pena di fare (www.museoebraico.roma.it)

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