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    PARTECIPAZIONE: LORENZO MALAGOLA E MARIA ELENA BOSCHI SULLA PROPOSTA CISL

    PARTECIPAZIONE: LORENZO MALAGOLA E MARIA ELENA BOSCHI SULLA PROPOSTA CISL – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 24 settembre 2024

     

    Ampie interviste ai parlamentari Lorenzo Malagola (Fratelli d’Italia) e Maria Elena Boschi (Italia Viva) su una proposta di legge presentata alla Camera dalla Cisl. Corredata di quasi 400mila firme, è stata scelta come testo base per la discussione sull’applicazione dell’art.46 della Costituzione italiana che prospetta la possibilità di una partecipazione dei lavoratori alla gestione e agli utili delle imprese. Piccola galleria fotografica a fine interviste

     

    Il 19 giugno scorso, durante i lavori del Convegno di “Ditelo sui tetti” dedicato all’uomo “tutto intero”, abbiamo avuto l’occasione di seguire una tavola rotonda sulla proposta di legge della Cisl per dare attuazione all’articolo 46 della Costituzione italiana così da consentire la partecipazione dei lavoratori alla gestione e agli utili delle imprese. Coordinato da Emanuele Massagli (presidente Fondazione Tarantelli) il panel è stata introdotto dal segretario generale Luigi Sbarra, che ha ricordato le 375.266 firme raccolte, inoltrate il 27 novembre 2023 alla Camera dei deputati, che ha attribuito l’oggetto alla Commissione Lavoro. Tra i partecipanti alla tavola rotonda i deputati Lorenzo Malagola (FdI, segretario della citata Commissione) e Maria Elena Boschi (per Italia Viva, che aveva presentato una sua proposta). Il tema, non di quelli usuali di Rossoporpora.org, ci è parso interessante e importante. Perciò abbiamo chiesto ai due parlamentari di evidenziare per chi ci legge i contenuti della proposta di legge della Cisl, fatta propria della Commissione.

    Articolo 46 della Costituzione italiana: Ai fini della elevazione economica e sociale del lavoro e in armonia con le esigenze della produzione, la Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende.

     

    LORENZO MALAGOLA (Fratelli d'Italia): E’ GIUNTA L’ORA DI APPLICARE L’ARTICOLO 46 DELLA COSTITUZIONE. APPROVAZIONE ALLA CAMERA A OTTOBRE?

    Eletto alle ultime politiche del 2022 per Fratelli d’Italia, il quarantunenne Lorenzo Malagola si è laureato in economia aziendale alla Cattolica di Milano, è stato consigliere comunale dal 2006 al 2011 per Forza Italia a Palazzo Marino, dirigente d’azienda, segretario generale della Fondazione De Gasperi dal 2014 al 2022. Da segretario della Commissione lavoro della Camera si sta confrontando con la proposta di legge della Cisl, di cui ora evidenzia per Rossoporpora.org i contenuti seduto su un divano della Galleria dei Presidenti al primo piano di Montecitorio.

    . On. Malagola, come mai in un convegno sull’uomo tutto intero – quello organizzato a metà giugno dall’associazione cattolica ispirata alla Dottrina sociale della Chiesa ‘Ditelo sui tetti’ - ha trovato spazio anche una tavola rotonda sull’applicazione dell’art. 46 della Costituzione italiana? Di cui si parla poco, normalmente…

    Non è certamente fra i più noti, ma è molto importante. Mi ha fatto molto piacere che ‘Ditelo sui tetti’ abbia promosso questa tavola rotonda sulla partecipazione dei lavoratori alla gestione d’impresa perché è una questione socio-economica che però ha al suo fondamento un criterio pienamente antropologico. Questa connessione tra l’antropologia e le politiche che riguardano l’economia, lo sviluppo, il lavoro è dal mio punto di vista essenziale soprattutto in questo tempo così complesso perché ci ancora a dei criteri antropologici che sono alla base della convivenza civile, senza i quali anche le politiche economiche perderebbero di senso.

    . L’art. 46 è stato elaborato, discusso e approvato nel 1947, entrato in vigore il primo gennaio 1948 con il resto della Costituzione … sono passati 76 anni e ancora non c’è una legge che lo applichi…

    Purtroppo non siamo stati all’altezza dei padri costituenti che hanno codificato nella nostra Carta fondamentale questo principio della collaborazione dei lavoratori alla gestione d’impresa. Non siamo riusciti a declinare legislativamente l’articolo a causa dell’incapacità della classe politica di tutte le rappresentanze partitiche di vivere il lavoro come elemento unificante della nazione.

    . L’emendamento che introduceva la partecipazione era stato presentato dal liberale Gronchi. Il democristiano Pastore aveva avuto parte molto importante… un emendamento sostenuto da varie parti politiche

    Durante la Costituente il lavoro fu un elemento di coesione nazionale, ma poi è diventato terreno di scontro ideologico fra la destra e la sinistra, soprattutto a causa di una radicalizzazione della sinistra politica e sociale e sindacale in larga parte: di conseguenza il tema del lavoro è diventato o divisivo e non più unificante. Abbiamo vissuto quindi una tensione per tutta la vita repubblicana tra il riformismo e il massimalismo, soprattutto nell’ambito delle riforme del mercato del lavoro. Su questo punto specifico della partecipazione l’ala riformista - che poi era composta perlopiù da democristiani, liberali e in parte socialisti - non è riuscita a prevalere nei decenni. Ci furono diversi tentativi… sia alla Camera che al Senato in questi settant’anni sono stati depositati tanti progetti di legge, ma non si è mai riusciti ad arrivare a una approvazione di una cornice normativa che desse corpo e sostanza all’art. 46.

    . Si deve dire che l’idea della partecipazione, anche se non espressa in tali modi, si ritrova già in nuce nell’enciclica Rerum novarum di Leone XIII a fine Ottocento… la componente democristiana è stata sicuramente ispirata anche dalla Rerum novarum

    Assolutamente sì. L’art. 46 vede tra i maggiori promotori l’on. Giulio Pastore che poi diventerà nel 1950 il primo segretario generale della Cisl e dunque si può dire con certezza che questo istituto della partecipazione nasce dentro la dottrina sociale della Chiesa come forma, come strumento per umanizzare i rapporti tra l’impresa e i lavoratori. Si voleva che nei luoghi della produzione e del lavoro si vivesse un’unità d’intenti tra imprenditori e lavoratori e non invece un’occasione di scontro continuo. Proprio sullo scontro la sinistra ha costruito una sua narrazione e ha sviluppato una sua posizione politica che nei decenni si è andata sempre più estremizzando, toccando  anche ahinoi punte violente. Non pochi giuslavoristi hanno pagato con la vita i tentativi di introdurre in chiave riformista innovazioni nel nostro mercato del lavoro.

    . Da un punto di vista laico anche il generale De Gaulle nel ’68 chiese che si preparasse una riforma costituzionale che riguardasse anche la creazione di un Senato socio-economico fondato sulla convinzione che chi produce deve poter avere parte dei frutti derivati che dà ciò che produce, insomma teorizzava una partecipazione anche finanziaria dei lavoratori agli utili dell’impresa… Una vera e propria ‘rivoluzione antropologica’ diceva il Generale. La riforma fu bocciata dal popolo con il 53% dei voti nell’aprile 1969 (pochi giorni dopo De Gaulle diede le dimissioni): fondamentale fu l’opposizione dei grandi industriali e della Confédération Gènérale du travail, il grande sindacato di obbedienza comunista… una coalizione contingente tra collettivismo e capitalismo, ambedue nelle forme più estreme, per affossare l’idea della partecipazione.  Si citava poco fa Giulio Pastore e vedo che uno dei suoi successori alla testa della Cisl, Luigi Sbarra, ha ripreso l’idea della partecipazione anche con un certo successo, visto che è riuscito a raccogliere oltre 400mila firme…

    L’iniziativa della Cisl con il segretario generale Luigi Sbarra ritorna alle origini di quel sindacato. La Cisl oggi percepisce che siamo in una fase di transizione delicatissima del nostro mercato del lavoro, anzi direi del nostro sistema economico, in cui viviamo la quarta rivoluzione industriale con l’avvento dell’intelligenza artificiale generativa.  Il sistema liberista ha mostrato e mostra una serie di punti di debolezza profondi e nella sua generalità necessita sicuramente delle rivisitazioni perché la finanziarizzazione dell’economia ha mortificato in larga parte l’economia reale. Di fronte a tutto questo la Cisl torna a proporre la partecipazione. Sembrerebbe un controsenso perché la cultura cosiddetta progressista dominante nella nostra epoca guarda sempre al futuro… invece la Cisl ha avuto il coraggio di tornare al passato, andando a recuperare questa proposta che può essere davvero la chiave di volta per ripensare nella propria interezza il nostro mercato del lavoro. Che oggi ha bisogno di una profonda collaborazione tra capitale e lavoro proprio per affrontare sfide talmente impegnative che non possono essere risolte se non dentro questo tipo di corresponsabilità tra impresa e lavoratori. Fa anche piacere che il popolo italiano abbia aderito con tanta convinzione alla sottoscrizione del progetto di legge e mi fa altrettanto piacere che il Parlamento, in particolare la Camera dei deputati con la sua XI commissione abbia adottato come testo base di discussione proprio la proposta di legge cislina…

    ... alla quale avete aderito anche voi di Fratelli d’Italia, ritirando la vostra proposta di legge in materia (insieme con quella di Italia Viva)…

    Questo è il segno che i tempi sono maturi affinché questa proposta possa essere approvata a larga maggioranza da tutte le forze parlamentari.

    . L’art. 46 dice:“Ai fini dell’elevazione sociale ed economica del lavoro, in armonia con le esigenze della produzione, la Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei tempi stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende”. La proposta come si concretizza?

    Partiamo dalla premessa. La premessa è che la partecipazione rimanga istituto facoltativo per le imprese. Non vi è dunque un’intrusione dello Stato nel mercato del lavoro, ma questa è la legge premiale per quelle imprese che decideranno di sperimentare forme di partecipazione.. Riconosce il diritto, non c’è un obbligo. E questo è importante perché la partecipazione non può essere un punto di partenza nel rapporto tra imprenditori e lavoratori, ma dev’essere un punto di arrivo. E’ possibile applicarla laddove già esistano relazioni industriali positive e costruttive.

    . Questo interessa ad esempio le imprese di famiglia…

    Sono figlio di imprenditori, ho bene in mente le forme di partecipazione che mio padre in questi cinquant’anni ha adottato nella prassi della vita aziendale…

    . E’ più facile in un’impresa di famiglia?

    Più facile, perché in realtà nelle imprese di famiglia esiste la famiglia allargata, cioè non è circoscritta ai familiari di sangue, ma in realtà è proprio in questo tipo di azienda che la famiglia si allarga a tutti i dipendenti. La proposta della Cisl è anche premiale fiscalmente e dunque è più facile aderirvi per chi vive già nella prassi in forma partecipativa. Quattro le forme di partecipazione codificate nella proposta di legge: la meno impegnativa è la partecipazione consultiva, per cui l’imprenditore può coinvolgere in alcune scelte strategiche i lavoratori senza poi l’obbligo di dover seguire le indicazioni ricevute.

    . Seconda: la forma di partecipazione organizzativa.

    …In questo caso l’imprenditore si sente obbligato in materia di scelte strategiche ad ascoltare i lavoratori e poi a seguirne le indicazioni.

    .  Terza: partecipazione come collaborazione di tipo economico-finanziario:

    Quella più diffusa. Già oggi ci sono i premi di produttività, la parte variabile della retribuzione.  Chi contribuisce con intelletto, competenza e passione ai progressi dell’azienda è giusto che sia premiato con qualche beneficio… valorizzazione dei talenti, valorizzazione del sacrificio.

    . Quarta: partecipazione gestionale…

    E’ diffusa ad esempio in Germania e prevede la presenza di un rappresentante dei lavoratori o nel Consiglio d’amministrazione o nel Comitato di sorveglianza.

    . Come hanno reagito le grandi industrie a questo punto in particolare? p

    E’ il punto più problematico. Vedremo come procederà la discussione parlamentare. Credo che sia importante mantenere questa possibilità proprio perché ci sono alcune imprese – penso ad alcune multinazionali presenti in Italia – che applicano forme partecipative nei Paesi d’origine e potrebbero farlo anche nel nostro Paese per le loro filiali.

    . Vuol aggiungere ancora qualcosa?

    E’ importante che questa norma passi attraverso la contrattazione nazionale, territoriale e aziendale. Questo aspetto valorizza il ruolo del sindacato… crediamo nel valore della rappresentanza.

    . I tempi?

    Stiamo attendendo i pareri sugli emendamenti da parte del Ministero del Lavoro e dell’Economia. Contiamo di chiudere presto in commissione alla Camera per arrivare alla discussione in Aula e all’approvazione a ottobre. Al Senato i tempi dovrebbero essere ancora più rapidi. La maggioranza è compatta, c’è anche Italia viva e siamo fiduciosi che nel Partito Democratico prevalga la parte riformista.

     

    MARIA ELENA BOSCHI (Italia Viva): ESPERIENZA CRISTIANA, PARABOLA DEI TALENTI E DETTATO COSTITUZIONALE

    Maria Elena Boschi, di cui i lettori di Rossoporpora,org non ignorano certo l’esistenza, si è laureata in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Firenze. Oggi quarantatreenne, avvocato, è entrata a Montecitorio nel 2013, è stata ministro per le Riforme costituzionali e i Rapporti con il Parlamento (governo Renzi, 2014-16), sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio (governo Gentiloni, 2016-18) ed è dal 2019 capogruppo di Italia Viva alla Camera. Raggiungiamo a Montecitorio la Galleria dei Presidenti mentre in Aula è in corso il dibattito sull’istituzione di una giornata (approvazione all’unanimità) che ricordi i circa 800mila italiani - 650mila i militari - internati in Germania durante la Seconda Guerra mondiale per il rifiuto di collaborare con i nazisti e con la Repubblica Sociale Italiana di Salò. Seguiamo i lavori su uno degli schermi televisivi e di lì a poco vediamo apparire Maria Elena Boschi che, nel suo intervento molto sentito, ricorda suo nonno paterno Gloriano: soldato ventunenne, fu internato e alla fine del conflitto tornò dalla Germania quasi esclusivamente a piedi. Non amava ricordare ai nipoti quel periodo, in cui tra l’altro divenne però amico di un soldato tedesco che lo sorvegliava, giovane e contadino come lui: ne nacque un’amicizia che si prolungò negli anni, fino alla morte (“Anche dall’aberrazione della guerra può nascere qualcosa di positivo”).

    Concluso l’intervento (applaudito), ecco che Maria Elena Boschi si materializza su uno dei divani della Galleria…

    On. Boschi, nell’intervento al Convegno sull’uomo ‘tutto intero’, promosso dall’associazione ‘Ditelo sui tetti’ qualche tempo fa, Lei ha rivendicato – in relazione alla proposta di legge della Cisl sull’art. 46 della Costituzione – la rilevanza dell’esperienza cristiana. Può spiegarci da che cosa deriva questa Sua affermazione?

    E’ chiaro che, quando si considera la persona nella sua interezza, non si può ignorare che il lavoro  - per chi ha la fortuna di poterlo svolgere - è una componente fondamentale di tale interezza.  Quando si parla di lavoro mi viene sempre in mente il Vangelo e in particolare la parabola dei talenti…

    … è sicuramente una delle più significative e secondo noi dovrebbe anche guidare i nostri comportamenti quotidiani, essere uno stimolo potente soprattutto per non pochi giovani, a volte sfiduciati, addirittura rassegnati…

    Certo. Ognuno di noi nasce con i suoi talenti. A ognuno spetta il dovere di svilupparli, di moltiplicarli, non di sotterrarli per paura che te li rubino. Non ce lo chiede solo l’esperienza cristiana, ma anche la nostra Costituzione, molto chiara nel messaggio che ci lancia. Parla del ‘diritto ‘ al lavoro nell’articolo cardine della nostra Carta, voluto con tale dicitura in primo luogo proprio dagli esponenti del pensiero cristiano nella Costituente… ricordo Amintore Fanfani. La nostra Costituzione ci dice però anche che abbiamo il ‘dovere’ di lavorare, ognuno secondo le sue possibilità contribuendo al progresso della comunità, del bene collettivo. Quindi io credo che la realizzazione della persona passi anche attraverso il lavoro. Non è un caso che pure papa Francesco in tante occasioni abbia evidenziato l’importanza del lavoro non solo come mezzo di sostentamento, ma anche perché è un elemento costitutivo della dignità dell’uomo. E’ chiaro che va svolto con senso di responsabilità e deve essere accompagnato da una giusta retribuzione – e qui insisto come sempre: l’uomo e la donna devono essere retribuiti secondo criteri identici, come prescrive la nostra Costituzione e come deve essere per ragioni di giustizia. Niente mortificazioni dunque, niente sfruttamenti.

    Prima di quella della Cisl erano state presentate in materia proposte di legge da parti diverse… anche da Italia Viva… perché avete ritirato la vostra proposta per confluire su quella della Cisl?

    In verità non l’abbiamo ritirata. Noi avevamo avanzato per primi una proposta analoga a quella della Cisl, depositandola non solo alla Camera ma anche al Senato (con primo firmatario Matteo Renzi a testimoniare dell’importanza dell’argomento per noi). Nel momento in cui altri gruppi hanno presentato proposte simili ci è sembrato ragionevole fare un passo indietro tutti… non è una questione su cui si vuole mettere un cappello di partito, perché dovrebbe riscuotere il consenso di tutti, diventando una legge che arrechi benefici all’intero mondo del lavoro, risposta concreta a legittime esigenze di lavoratori e lavoratrici.

    Può precisare quali forme assumerebbe tale risposta nella quotidianità concreta del mondo del lavoro?

    Non si tratterebbe solo di benefici di carattere economico… certo ci sarebbero ad esempio la partecipazione agli utili dell’azienda e soprattutto alla sua gestione. Bisognerebbe valorizzare il talento e l’esperienza dei lavoratori inserendoli nella progettazione delle scelte strategiche dell’azienda, con una condivisione conseguente delle responsabilità per tali scelte. Devo segnalare che in alcune aziende, anche grandi, anche partecipate dello Stato come le Poste, ci sono già sperimentazioni in corso in tal senso. Certo la legge si pone l’obiettivo di rendere sistematiche tali buone pratiche, diffondendole ad ampio raggio, pur se senza obblighi da parte delle aziende, su base dunque volontaria e con una certa gradualità. Bisognerebbe cercare di convincere il mondo aziendale del valore aggiunto di tale modello di partecipazione, di condivisione. C’è poi una parte importante della proposta di legge della Cisl che si tende a volte a sottovalutare: all’articolo 17 si parla degli “obblighi di formazione dei rappresentanti dei lavoratori dipendenti” oltre che degli amministratori. Se i lavoratori non ricevessero una formazione specifica per quel tipo di incarico, la loro presenza nei vari organismi aziendali diverrebbe irrilevante. 

    On. Boschi, vede delle criticità possibili nell’approvazione alla Camera e in Senato della proposta di legge della Cisl da parte di una larga maggioranza politica più ampia di quella governativa?

    In termini ideali, valoriali mi auguro che non ci siano difficoltà nel raggiungimento di un ampio consenso trasversale. A parole il consenso è molto ampio tra maggioranza e opposizione in Commissione Lavoro della Camera. Mi stupisce un po’ che, rispetto alla situazione che c’era a giugno (quando c’è stato il convegno di ‘Ditelo sui tetti’ ) siamo ancora sostanzialmente fermi. Speriamo che prima della fine di settembre qualcosa si smuova. Certo è la maggioranza che ha il potere di sbloccare la discussione… noi ce la mettiamo tutta, ma possiamo fare solo da supporto!

    E vede criticità possibili nell’applicazione concreta della legge (sempre che sia approvata) nell’ambito della quotidianità del mondo del lavoro?

    Penso che all’inizio ci potrebbero essere complicazioni soprattutto per le aziende più piccole, meno strutturate, a conduzione familiare…

    …. Ma in queste ultime non dovrebbe essere più facile – e magari già esiste – creare un clima di condivisione tra imprenditori e lavoratori?

    Sì, in una parte delle piccole aziende familiari già c’è un buon clima, ma in altre potrebbero sorgere resistenze contro una proposta molto innovativa che potrebbe – si pensa – mettere in pericolo una collaudata stabilità aziendale… è una sfida per tutti noi. Secondo me la difficoltà maggiore sarà nel far conoscere e comprendere il significato e il valore legato all’applicazione di un modello nuovo di produzione e gestione condivisa. E’ una questione in primo luogo culturale, di cambio di mentalità.

    Nell’intervento alla tavola rotonda nell’ambito del convegno di ‘Ditelo sui tetti’ Lei ha anche attirato l’attenzione sulla preponderanza nella discussione pubblica della questione salariale rispetto a quella della qualità del lavoro…

    Giustamente il tema del livello dei salari è fondamentale… è quello della giusta retribuzione…in Italia è sempre un grande problema… l’unica vera misura positiva in tal senso in questi ultimi anni è stata quella - che abbiamo adottato noi come governo Renzi - degli 80 euro netti in busta paga ogni mese per gli stipendi medio-bassi. Un provvedimento che era stato molto criticato dalle opposizioni di allora, ma poi sono venuti governi che hanno seguito sostanzialmente la stessa strada, mettendoci alcuni pochi euro in più rispetto a noi. La verità è che l’Italia è l’unico Paese dell’Ue in cui i salari non sono cresciuti parallelamente all’aumento del costo della vita.

    A proposito di lavori e salari emerge poi un’altra constatazione: ci sono non pochi giovani che si licenziano preferendo la perdita al mantenimento del posto di lavoro…

    E qui entra in gioco la qualità del lavoro. Non a caso dopo l’esperienza del Covid (una cesura nella vita di tutti noi), non sono pochi – tanti i giovani – coloro che si sono licenziati, rinunciando al posto fisso, a uno stipendio certo, perché non erano più contenti della qualità del loro lavoro e dunque della vita. Questo ci deve far riflettere. E’ certo importante il livello dello stipendio, ma non si può ignorare la necessità di conciliare ad esempio lavoro e vita e l’esigenza di avere un lavoro che ti stimoli, ti faccia crescere…pensiamo ad esempio agli insegnanti che, quando incominciano il loro servizio, hanno uno stipendio più o meno al livello della media europea, ma poi lo stipendio sostanzialmente si ferma, al contrario di quanto succede in tanti altri Paesi d’Europa. Si può capire allora anche una certa fatica di alcuni docenti a motivarsi, dato che non c’è quasi possibilità di carriera e, del resto, l’autorevolezza sociale di un tempo si è liquefatta davanti alle famiglie e alla comunità.

    Purtroppo oggi capitano spesso fatti che dimostrano quanto Lei dice…Vuole proporre ancora una riflessione in materia?

    Sì e mi sembra anche urgente, oltre che opportuna: c’è chi, pur avendone la possibilità, preferisce rinunciare al lavoro, se lo giudica troppo ‘basso’, ‘umile’. E’ un grave errore. Ogni lavoro onesto è dignitoso e uno dovrebbe essere fiero di contribuire alla sussistenza della propria famiglia e al benessere della propria comunità e del proprio Paese.  Se la società tende a disprezzare chi fa i lavori ‘umili’ o quelli poco retribuiti, la conseguenza è evidente: tanti giovani cercheranno di fare soldi in qualsiasi modo, leciti o illeciti, accettando magari anche di vivere con un sussidio senza lavorare. Non può essere questa la regola. Non può essere questo il Paese che vogliamo costruire. Torniamo a rispettare il lavoro di tutti, perché spesso sono proprio i lavori più umili quelli di cui non possiamo fare a meno.  

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