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    INTERVISTA/FRANCESCO GIUBILEI: 25.9 svolta anche culturale?

    INTERVISTA/FRANCESCO GIUBILEI: 25.9 SVOLTA ANCHE CULTURALE? – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 22 settembre 2022

    Alla vigilia delle elezioni politiche italiane del 25 settembre può essere interessante conoscere alcune considerazioni politico-culturali in materia di Francesco Giubilei, il trentenne editore che tra l’altro presiede il movimento di idee Nazione futura e la Fondazione Tatarella. Quando i conservatori sono all’opposizione promuovono i valori conservatori, se al potere spesso hanno paura di farlo. Le urne italiane sorrideranno? E allora svoltiamo seriamente anche in ambito culturale! 

    Ha solo trent’anni, essendo nato a Cesena il primo gennaio 1992. Tuttavia, sedicenne e ancora studente di liceo scientifico (con il pallino della storia), nel 2008 ha fondato la casa editrice Historica; ventunenne la casa editrice Giubilei Regnani; venticinquenne il pensatoio di Nazione futura (che si concretizza tra l’altro in un trimestrale cartaceo e in un quotidiano online, oltre che in una intensa attività culturale), di cui è presidente; ventiseienne è diventato presidente anche della Fondazione Tatarella (che raccoglie gli archivi dell’ex-vicepresidente del Consiglio dei ministri del primo governo Berlusconi, uno degli strateghi più importanti della trasformazione del Msi in Alleanza Nazionale). Scrittore e giornalista, coltiva contatti intensi con il movimento conservatore americano, partecipando anche ai suoi congressi (l’ultimo -per la prima volta- è stato organizzato in Europa, a Budapest il 19 e 20 maggio scorsi, ha visto una importante presenza internazionale e Francesco Giubilei era tra i relatori).  

    Ci è parso che un’intervista con lui alla vigilia del 25 settembre sarebbe potuta essere interessante per chi ci legge…

    … allora, Francesco, non ti sarà sfuggito che il voto italiano del 25 settembre potrebbe avere conseguenze di rilievo non solo politiche, ma anche culturali, in tempi in cui – non solo da noi – si assiste (e spesso si partecipa) a un confronto a volte molto aspro tra due concezioni di società…

    Ci troviamo in una situazione che caratterizza, ben oltre l’Europa, l’intero mondo occidentale e che vede contrapporsi due visioni molto diverse del mondo. Da un lato si pone al centro della società l’individuo, che si postula usufruisca di tutti i diritti possibili senza però che se ne evidenzino i doveri nei confronti degli altri. E’ questa una visione secolarista, individualista, talvolta egoistica. Nella seconda visione vengono sì sottolineati i diritti del singolo, inquadrati però in una cornice comunitaria. Ciò comporta che l’individuo in tale contesto debba farsi carico anche dei doveri, il che pone dei paletti etici al godimento illimitato dei suoi diritti.

    L’Occidente, l’Europa... non in tutti i Paesi la percezione dell’importanza del tema è diffusa a livello di opinione pubblica… in Italia a che punto siamo?

    In Italia penso che non ci sia ancora una consapevolezza diffusa e condivisa su tali temi., La deriva antropologica c’è, è facilmente constatabile, ma non è tale, pare, da allarmare la maggior parte dei cittadini. E’ questa una differenza di non poco conto rispetto a quanto accade negli Stati Uniti e nei Paesi scandinavi dove si è determinata una forte reazione di una parte consistente dell’opinione pubblica riguardo a tali temi.

    In ogni caso l’appuntamento elettorale del 25 settembre appare comunque importante anche sotto questo punto di vista..

    Fatta la premessa, in ogni caso occorre dire che la posta in gioco il 25 settembre anche in materia antropologica è molto alta. Un eventuale governo di centrodestra dovrà comprendere da subito la necessità di condurre una  seria battaglia culturale, non solo episodica; in caso contrario si rischia di non riuscire a incidere in materia a medio e lungo termine. La sinistra – che di per sé è gravata di problemi gravi di ogni tipo – ha però intuito da sempre che alle battaglie politiche è indispensabile affiancare quelle culturali… Gramsci insegna! Anche il centrodestra deve riuscire a sintonizzarsi meglio con il proprio elettorato in tema di valori.

    Quali saranno i segni che testimonieranno di una nuova e seria battaglia culturale?

    Capiremo subito se, ove il centrodestra vincesse bene – cioè con margini di vantaggio in termini di seggi tali da non destare preoccupazioni nelle vicende parlamentari quotidiane – avrà la volontà di battersi anche culturalmente. Lo si scoprirà in primo luogo nel momento in cui si concretizzerà un eventuale governo di centrodestra. E subito dopo dalle politiche che saranno realizzate.

    Come concretizzare nel vissuto quotidiano la battaglia culturale? In un’intervista rilasciata lo scorso maggio a Budapest a Gladden Pappin per Post liberal order hai evidenziato che “è importante che i governi conservatori, quando sono al potere, creino un’alleanza tra think tank, fondazioni, mondo accademico e politico.”. Purtroppo “il problema dei governi conservatori dell’Europa occidentale è che a volte, quando sono al potere, hanno paura: hanno paura che i media liberal possano attaccarli se concedono denaro a fondazioni conservatrici” . Insomma. . . “quando la destra è all’opposizione, combatte per i valori conservatori; quando è al potere, ha paura. E questo è un errore incredibile”…

    Le esperienze non sempre felici del passato ci suggeriscono che il primo obiettivo della battaglia culturale sarà quello di riuscire a creare una classe dirigente adeguata, che sappia gestire la cultura nei suoi gangli vitali: nel teatro e nel cinema, nell’editoria e nelle fiere, naturalmente anche nelle società partecipate a ogni livello, ponendo molta attenzione a tutto ciò che si muove nei singoli territori. Come è noto, per introdurre una nuova politica culturale, ad esempio in un Comune, non basta cambiare il sindaco, se poi l’amministrazione resta sempre la precedente. Lo stesso vale anche a livello di ministro: una nuova testa non basta per svoltare, se la macchina amministrativa del ministero resta sempre ferma al semaforo.

    Qualche tema tra i più importanti di tale battaglia?

    Tra le tante battaglie di civiltà che vorremmo condurre citerei quelle contro la denatalità, per la famiglia, per la libertà educativa, contro la droga di qualsiasi tipo, Ricordo a tale proposito che “Nazione futura” ha dato vita l’anno scorso – in vista del referendum radicale poi bocciato dalla Corte Costituzionale -  al comitato “No cannabis legale”. Per tutte queste battaglie naturalmente serve un minimo di coraggio civile…

    C’è un’incognita che può preoccupare se pensiamo al futuro del sistema democratico in Italia: quanti giovani andranno a votare?

    Onestamente in questi mesi ho constatato molta disaffezione in tanti giovani… sentono la politica molto lontana da se stessi e dal proprio vissuto quotidiano, anche perché in campagna elettorale si parla molto più di pensioni che di aiuti e di sgravi agli under 35. Trascurando in sostanza temi come quelli della scuola, dei salari, della disoccupazione, dell’autoimprenditorialità. Purtroppo si può prevedere che l’astensione dal voto sotto i 35 anni raggiungerà un nuovo record… come emerge chiaramente dalle analisi fin qui fatte in materia di flussi elettorali. Difficile oggi invertire la tendenza, anche se cerchiamo di fare il possibile perché questo accada.

    Martedì 20 settembre a Roma, alla Sala Umberto, si è tenuta una manifestazione – promossa da ‘CulturaIdentità’ e assai partecipata - di artisti e operatori della comunicazione posta sotto il motto “Liberiamo la cultura”. Si può sperare che non si riveli estemporanea e sia invece un punto di partenza a sostegno della battaglia culturale di cui si è parlato in questa intervista? Tu che c’eri e sei salito anche sul palco che impressione ne hai tratto?

    Spero sia un primo passo per creare una collaborazione più profonda tra associazioni, artisti, centri studi, intellettuali, scrittori, giornalisti, cantanti e tutte quelle persone che operano nel mondo culturale e non si riconoscono in una visione della cultura ideologica e a senso unico. È importante cercare di collaborare e fare rete, un aspetto che spesso è mancato al mondo conservatore e identitario. Per farlo serve senza dubbio una collaborazione tra le principali realtà e personalità ma anche un rapporto con il mondo politico: solo così si può creare una controegemonia culturale

     

     

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