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    INTERVISTA AL CARD.SEPE SULLA CAMORRA

    INTERVISTA AL CARDINALE CRESCENZIO SEPE SULLA CAMORRA - 'IL CONSULENTE RE ONLINE' DI GIUGNO 2011

     

    Nel colloquio con l'arcivescovo di Napoli la necessità di far fronte anche con misure pastoralmente visibili ai camorristi non pentiti. L'anno giubilare napoletano e le iniziative sociali connesse

     

    Benedicendo, il 13 maggio scorso, il nuovo centro operativo della Direzione investigativa antimafia di Napoli, il cardinale Crescenzio Sepe ha richiamato pubblicamente alcune norme del Direttorio promulgato di recente a cura dell’Ufficio liturgico diocesano. Esse riguardano i sacramenti e il comportamento da assumere di fronte a richieste in materia (essere padrini, madrine) di noti malavitosi non pentiti (camorristi, usurai, spacciatori di droga); le norme riguardano anche i funerali pubblici in chiesa. Sull’argomento abbiamo chiesto delucidazioni al sessantottenne porporato – ben conosciuto dai lettori de “Il Consulente RE” sia cartaceo che online - che, fin dall’ingresso del 2 luglio 2006 si è posto come obiettivo prioritario il risveglio della coscienza civile dei napoletani in contrasto con il dilagare della rassegnazione davanti alla forza acquisita dalla malavita. E in questi anni ha saputo diventare un punto di riferimento importante – cui guardare con speranza - per ogni napoletano di buona volontà, al di là dei diversi convincimenti politici e religiosi.

    Eminenza, il 13 maggio, cogliendo l’occasione dell’inaugurazione della nuova sede del Centro operativo della Direzione investigativa antimafia, Lei ha rilanciato alcuni contenuti del recente direttorio pastorale che ha raccolto e integrato le decisioni del Sinodo diocesano. In particolare Lei ha ricordato che camorristi e malavitosi (ma anche usurai e spacciatori di droga) non pentiti non possono essere ammessi come padrini in occasione di battesimi e cresime e non devono avere funerali in chiesa…

    La Chiesa di Napoli, con i sacerdoti, con il Consiglio pastorale diocesano, nel redigere le norme per la disciplina dei sacramenti in diocesi si è trovata ad affrontare la questione dei padrini e dei funerali. E’ emerso durante la discussione che tante volte si presentano nelle nostre chiese personaggi conosciuti per la loro attività criminale. Come Lei sa, ho parlato spesso di camorra…

    Mi ricordo che il 2 luglio del 2006 Lei addirittura andò prima a Scampia che in Duomo, per l’ingresso solenne da nuovo arcivescovo di Napoli…

     

    Dunque se questi personaggi sono noti per la loro attività anticristiana, non possiamo permettere che possano essere accolti come padrini nei sacramenti. Di più: non possiamo nemmeno permettere che chi ha sparso sangue per tutta la vita abbia onoranze funebri in chiesa.

    Tra le reazioni, assai diversificate, di alcuni parroci ‘di frontiera’ quella di chi ha detto: “Siamo dei religiosi e non giudici. Dunque non spetta a noi identificare una persona come camorrista…”

     

    La questione è già stata ampiamente affrontata. Non si tratta di assumere un ruolo giudiziario. Però tu, come pastore, di fronte a una persona condannata dalla Chiesa perché agisce in forme a-cristiane e anticristiane, non puoi far finta di nulla… devi trarne le conseguenze…

    Altra obiezione: come possiamo essere certi – dice qualche parroco – che il “noto camorrista” non si sia infine pentito?

     

    Questo chi più del parroco lo può accertare? Se si accerta un pentimento anche in punto di morte, allora sì, il funerale in chiesa si può fare. Ma se è noto che il camorrista tale è stato fino alla fine e non ha voluto pentirsi, la conseguenza per la Chiesa è logica, naturale: perché mai dovrebbe avere i funerali in chiesa?

    Qualcun altro ha osservato che, per quanto riguarda padrini e madrine, abolendoli si risolverebbe la questione…

    Sì, anche per altri motivi, non solo per ragioni di camorra. Tanti si presentano per fare da padrini e madrine e non sanno neanche fare il segno della croce. La questione in questo caso è molto più ampia. Ne abbiamo discusso ampiamente, è allo studio della nostra diocesi. Ma attendiamo un segno preciso dalla Cei e dalla Congregazione competente in materia.

    Eminenza, come ha reagito l’opinione pubblica al Suo intervento del 13 maggio presso la nuova sede della Dia?

     

    Molto bene. Riscontri positivissimi a tutti i livelli. Anche tra i sacerdoti. Le obiezioni che Lei ha riassunto erano dei punti di difficoltà che già alcuni sacerdoti avevano fatto presente da tempo, all’inizio della discussione in materia tra noi.

    Le sue dichiarazioni del 13 maggio rientrano nell’ambito dell’anno giubilare indetto per Napoli alla fine dell’anno scorso…

     

    A dieci anni dalla chiusura del Grande Giubileo del 2000 abbiamo voluto sensibilizzare ulteriormente le coscienze sui problemi dell’odierna realtà napoletana e spingere tutti ad assumersene la corresponsabilità per la loro soluzione. Tutti gli uomini di buona volontà devono sentirsi parte viva di Napoli e unirsi per migliorarla, ognuno secondo le proprie competenze, indipendentemente dai propri convincimenti religiosi o politici. Abbiamo già svolto la giornata giubilare per diverse categorie, dagli operatori culturali a quelli sanitari, dalla gente del mare alle forze dell’ordine…

    A tale ultimo proposito, per il Giubileo della Legalità, la sera del 30 aprile in Duomo Lei ha ribadito tra l’altro: “E’ sotto i nostri occhi che, anche oggi, il bene ed il male continuano ad essere mondi radicalmente opposti e separati. Di fronte a tale bivio la Chiesa, seguendo l’insegnamento di Cristo, non sta a guardare passivamente né vuole rimanere in silenzio, perché scegliere la violenza, andare a ingrossare le schiere della camorra, dei mercanti della droga e dell’usura, significa continuare, anche oggi, a stare dalla parte di Giuda”…

    Noi non possiamo accettare tali comportamenti, radicalmente antievangelici. Su questo punto non si può cedere, non ci può essere compromesso…

    Eminenza, Lei, pur appellandosi di continuo alla speranza, non sembra però molto ottimista sulla Napoli odierna. Nella stessa omelia per il Giubileo della legalità, ha evidenziato tra l’altro che “nel clima dell’illegalità diffusa può farsi strada la pericolosa deriva secondo cui il nostro territorio sarebbe addirittura refrattario a qualsiasi regola “. Del resto “non mancano- occorre dirlo – comportamenti pubblici e privati, collettivi e individuali, a sostegno di una tesi così estrema: lo scandaloso perdurare dell’emergenza rifiuti è la più eloquente e sconfortante delle testimonianze…”

    E’ vero che una parte consistente della nostra popolazione è afflitta dalla malattia dell’illegalità. E purtroppo la realtà malefica tende a espandersi. Ma, se non si organizza nessuna forza che blocchi tale espansione, la realtà peggiorerà sempre più. Da qui l’appello a tutti gli uomini di buona volontà a coordinarsi per fare fronte, bloccare l’espansione e per tentare di rovesciare le sorti della battaglia.

    La criminalità si contrasta anche togliendole la terra sotto i piedi, cioè dando un lavoro onesto alle giovani generazioni…Un problema purtroppo difficilmente risolvibile: chi è disoccupato cade più facilmente preda di chi gli offre il pane quotidiano e una protezione sicura…

     

    Stiamo battendoci per cercare di migliorare la situazione occupazionale. Ho chiamato le istituzioni e gli enti competenti per cercare di sottrarre i giovani alla criminalità, offrendo loro un lavoro dignitoso….

    Veniamo allora al Fondo Spes, alla concessione di un microcredito per iniziare un’attività artigianale in proprio…

    E’ un’iniziativa utilissima: se una persona (non solo un giovane) presenta un progetto ritenuto valido, le diamo ventimila euro così che possa incominciare a concretizzarlo e poi la seguiamo negli sviluppi successivi. Sono ventimila euro a costo zero, che però vanno poi restituiti, così che un’altra persona possa usufruire dell’aiuto del Fondo Spes. Tanti gli esempi concreti: il disoccupato che diventa tassista, un altro apre una pizzeria, un altro una sartoria…

    Si sta sviluppando anche il progetto per l’adozione “a  vicinanza”…

     

    Per togliere i bambini dalla strada, stiamo adottando più di 600 bambini…

    Chi li adotta? I napoletani?

     

    Sono adottati anche da fuori. Chi li adotta versa 40-50 euro al mese, per tutto l’anno: i bambini possono così ricevere grembiuli, scarpette e tutto ciò che serve per la scuola… Poi abbiamo creato diverse cooperative nelle parrocchie: c’è chi lavora il ferro, la ceramica…

    Il progetto computer?

    Sono 100 le parrocchie in cui i giovani imparano a utilizzare il computer; poi vengono assorbiti dalle ditte interessate a coinvolgerli. L’anno scorso circa 60 giovani hanno potuto usufruire di tale possibilità… certo non sono cifre tali da supplire all’immensa fame di lavoro! Però sono tanti piccoli segnali che aiutano a dare speranza ai nostri giovani…

    Eminenza, si potrebbe continuare con le iniziative come quella della ‘Casa di Tonia’…

     

    E’ piena, ci sono mamme in gravidanza, altre con bambini piccoli…. ne ho già battezzati tre: ho battezzato una piccola rumena, una russa, un napoletano… Queste mamme disagiate vengono un po’ da tutte le parti e trovano alla ‘Casa di Tonia’ un ambiente ricco di calore umano. Ho voluto che fosse riattata (ora la ristrutturazione è completa) così che offrisse un’accoglienza dignitosa per tutti.  Nella stessa casa vengono anche bambini a rischio per fare il doposcuola. Le mamme lavorano nella lavanderia. Abbiamo dodici stanzette con bagno. Ce ne vorrebbero molte altre. Le ospiti restano per un certo periodo; poi – dopo che abbiamo trovato un loro, per esempio come baby-sitter – c’è un rinnovamento…Insomma, come vede, stiamo cercando di fare il più possibile, tanti piccoli passi, convincendo i napoletani che la speranza è possibile. Malgrado tutto e anche per Napoli.

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