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    ALEPPO: CASE DA RIPARARE, CUORI DA GUARIRE (CON PREMESSA D'ATTUALITA')

    ALEPPO: CASE DA RIPARARE, CUORI DA GUARIRE (CON PREMESSA D’ATTUALITA’)- di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 12 giugno 2018

     

    In occasione del ‘lancio’ del suo secondo libro “Viene il mattino”, il francescano Ibrahim Alsabagh – parroco della comunità latina di Aleppo – ha parlato della difficile ricostruzione della metropoli siriana. La situazione, con la tregua iniziata a dicembre 2016, resta molto problematica. La Chiesa fa quel che può per alleviare ferite materiali e spirituali, ma il mondo deve essere più solidale: l’embargo in vigore contro la Siria accresce solo le sofferenze della popolazione e rende ardua l’attività di aiuto ecclesiale.

     

    PREMESSA D’ATTUALITA’ SULLA VICENDA DELL‘AQUARIUS

     

    La vicenda dell’ Aquarius è tra gli argomenti più discussi nell’attualità politica italiana ed europea. Come è noto l’Aquarius, nave della ONG SOS Méditerranée (italo-franco-tedesca), battente bandiera di Gibilterra, ha imbarcato 629 migranti (79 in più di quello che potrebbe ospitare), prevedendo di poterli sbarcare sulle coste italiane (ma il ‘caso’ potrebbe anche essere stato pianificato ad arte). Il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha negato con coraggio e ragioni da vendere la possibilità dell’approdo, scoperchiando e impanicando i sepolcri imbiancati del politicamente corretto sia italico che europeo. La Spagna si è poi offerta di accogliere i migranti dell’Aquarius. E’ prevedibile che la situazione (ripetiamo: non si può certo escludere che sia stata progettata a tavolino) si ripeta in altri casi, dato il forte riposizionamento in materia del nuovo governo, in cui la Lega intende essere coerente con quanto annunciato in campagna elettorale e in consonanza con il suo elettorato -di cui fanno parte comprensibilmente anche molti cattolici - in continua crescita.

    La presa di posizione di Salvini ha ulteriormente irritato la gioiosa macchina da guerra della sgangherata armata capeggiata da Repubblica (e comprendente anche le anime pie e concrete dei catto-fluidi di Avvenire e propaggini varie, tutte devote dell’8 per mille), nuovamente inceppatasi nelle elezioni comunali della scorsa domenica. Si sa che quanto più si viene bastonati, tanto più ci si incattivisce, dando sfogo a un vero e proprio odio non più represso. Ieri e stamattina abbiamo constatato perciò tutto un fiorire (per modo di dire) di titoli, articoli e dichiarazioni oggettivamente deliranti. Ripugnante il tentativo della sinistra congrega – compatta in difesa del redditizio business dell’invasione - di ricattare moralmente il governo (“Se non li accogliete, moriranno e voi sarete responsabili”). Da notare tra l’altro la truffa linguistica (una scorrettezza giornalistica molto grave) dell’uso della parola ‘profughi’ per indicare i passeggeri dell’ Aquarius.

    L’apice del disonore (umano e giornalistico) tra i titoli è stato raggiunto da quello d’apertura, a tutta pagina, di Repubblica, ricattatorio e insultante : “629 persone ostaggio di Salvini”.

    Tra gli articoli la palma della vergogna (oltre che dell’ipocrisia) va alle prefiche di Famiglia Cristiana online, in un pezzo in cui ci tocca leggere: “Tra l’altro abbiamo subito lo schiaffo della Spagna del neopremier Sanchez, che ha annunciato di aprire il porto di Valencia. Che umiliazione. Se c’era . un aspetto su cui l’Italia non prendeva lezioni da nessuno era quello umanitario”.

    Tra le dichiarazioni indegne per arroganza e di una finezza inarrivabile segnaliamo almeno quella – all’indirizzo di Matteo Salvini - del noto, notissimo Leoluca Orlando (al suo quinto mandato, non consecutivo, come sindaco di Palermo, eletto almeno un paio di volte in terra sicula con maggioranze superiori al 70%): “Chi non capisce che esiste una sola razza è un criminale nazista. Salvini è un ministro scimunito che sta facendo arretrare tutto il Paese”.

    Ma una menzione disonorevole deve essere attribuita al cardinale Gianfranco Ravasi (recente protagonista dello scandalo sorto attorno a una mostra di arredi sacri al Metropolitan di New York, con sfilata di moda non si sa se più volgare o blasfema). Il presidente del Pontificio Consiglio della Cultura non ha trovato di meglio che twittare una frase celebre del Vangelo di Matteo (25,43): “Ero straniero e non mi avete accolto” riservata nello stesso brano evangelico ai “maledetti”, che andranno “nel fuoco eterno”. Come dire che per Salvini e per chi ne condivide l’azione (larga parte d’Italia) il destino è segnato dal buonismo catto-fluido, dalla sublime misericordia fiorita elettronicamente dalle dita di Gianfranco Ravasi, ultimamente un vero artista nel suscitare indignazione contro la Chiesa cattolica. Lasciamo a chi ci legge di trarre le debite conclusioni.

    Direte: ma Avvenire? Subito serviti. Nell’editoriale di questa mattina, martedì 12 giugno, il direttor Tarquinio vaneggia del “buon nome” dell’Italia “preso politicamente in ostaggio” da Salvini. Il quale, continua l’arrogante penna catto-fluida al servizio dell’armata Brancaleone, “ha inchiodato 629 persone sulla tolda di una nave, dicendosi convinto di agire in coerenza con l’insegnamento di Cristo”. Al leggere ciò il Tarquinio furioso è stato travolto da “un’indignazione grande”. Vada a frignare, per favore, dal card. Ravasi, che biblicamente lo consolerà.

     

    AD ALEPPO LA SITUAZIONE RESTA MOLTO DIFFICILE: UNA CONFERENZA-STAMPA CON PADRE IBRAHIM ALSABAGH

     

    La scelta migliore per noi cristiani resta Assad, cioè quella di una dittatura moderata che rispetta i diritti umani. Quali sarebbero le alternative ad Assad? L’Isis, il fondamentalismo islamico. Oggi non si può mettere un altro al posto di Assad. Se noi vogliamo che le minoranze siano protette, dobbiamo avere qualche punto fermo; Assad è un presidente, non un mostro. Internazionalmente si continua a battere sul tasto del rispetto dei diritti umani da parte di Assad: perché non lo si chiede con altrettanta intensità a molti altri nel mondo?Chiaro, chiarissimo. Così parlò a Roma il 31 maggio, nel corso di un incontro con la stampa, padre Ibrahim Alsabagh, francescano siriano, membro della Custodia di Terrasanta, da quattro anni ad Aleppo come parroco della comunità cattolica latina.

    La conferenza-stampa era stata promossa, presso la sede della Delegazione della Custodia di Terrasanta, sia per aggiornare i presenti sulla situazione ad Aleppo che per pubblicizzare il secondo libro di padre Ibrahim sulle sue esperienze in quella che era la metropoli siriana più ricca di storia e di attività economiche, con la più alta presenza cristiana: “Viene il mattino. Aleppo. Siria. Riparare la casa, guarire il cuore”. Un libro questo che è l’ideale continuazione del primo: “Un istante prima dell’alba. Siria. Cronache di guerra e di speranza da Aleppo” e dunque prende in considerazione il periodo dal 22 dicembre 2016 in poi, quello della ricostruzione materiale e spirituale della città. Una differenza tra i due libri balza subito all’occhio: se il primo è sostanzialmente una cronaca dettagliata e ragionata di quanto accaduto fino alla tregua, il secondo evidenzia maggiormente i diversi aspetti di una complicatissimo ritorno alla ‘normalità’. Se il primo insomma con crudo realismo evidenzia il calvario di Aleppo, nel secondo si fa largo spazio a un’analisi della situazione, certo non di tipo intellettualistico, ma fondata su un’esperienza incisa nella carne viva degli aleppini.

    I giorni dell’inizio della tregua, nel dicembre 2016 - ha osservato pare Ibrahim – sono stati pervasi da grande gioia e da altrettanta amarezza. Da una parte il fatto di poter celebrare di nuovo in pace il Natale ad Aleppo “era una cosa che non osavamo neanche sognare”. Una rinascita, meglio una resurrezione, che avvicinava il Natale alla Pasqua. Però, quanto più i giorni procedevano, tanto più “ci siamo resi conto della profondità della devastazione”. L’elettricità c’era solo a tratti, l’acqua potabile pure, i combattimenti non erano cessati del tutto; mancava il lavoro, si soffriva la fame. Due terzi della popolazione (e due terzi dei cristiani) se ne erano andati. Pochi tra loro sono tornati. E oggi si è sempre di nuovo alle prese con le domande fondamentali:  come ricostruire? Chi ricostruisce? Con quali mezzi? Il governo è impedito nella ricostruzione dalla presenza dell’Isis. La Chiesa locale da parte sua ha fatto, fa e farà tutto il possibile per la ricostruzione materiale (fin qui ricostruite/riparate 1200 case) e spirituale, perché ogni persona possa ritrovare la dignità che le è propria. Tanti i feriti nel corpo e nella psiche. La Chiesa di Aleppo qui ha cercato di ‘recuperare’ i bambini, i giovani, in cui la guerra ha lasciato tracce profonde. Padre Ibrahim: “Abbiamo fatto tanto, ma, se consideriamo l’ampiezza della necessità, non possiamo dirci soddisfatti. Abbiamo bisogno dell’intervento solidale del mondo, anche perché siamo sfidati dalla piaga del fondamentalismo e dalla piaga della corruzione”. L’embargo internazionale, poi, causa nuove sofferenze al popolo e alle Chiese locali: “Quante difficoltà per le associazioni cristiane di aiuto… la Caritas ad esempio è stata bloccata per mesi!”. E già di per sé “la guerra ha indebolito le minoranze siriane, anche quelle cristiane: tanti giovani se ne sono andati, le nascite sono crollate, le prospettive sono allarmanti”. Si chiede in “Viene il mattino” padre Ibrahim (capitolo: “Ultime notizie da Aleppo”): “Ci sarà ancora la comunità cristiana? Non spetta a noi rispondere a questa domanda: la lasciamo alla sapienza divina, a Dio che è il Pastore supremo delle anime e sa come fare. Però, per quello che noi possiamo vedere, sappiamo che questa speranza minima è molto minacciata e lo sarà anche nel futuro”. Del resto gli avvenimenti recenti nella zona di Damasco non rendono ottimisti: “I gruppi che si definiscono ‘moderati’ dalla Ghouta hanno lanciato i missili in maniera sistematica su tutte le chiese di Damasco, una per una. Questo lascia l’impressione che non si tratti di ‘moderati’ o di una sana ribellione, ma di terroristi e fondamentalisti che prendono di mira in modo particolare le chiese”.

    Viene il mattino” (pubblicato dalle Edizioni di Terra Santa, come il precedente “Un istante prima dell’alba”) è introdotto in forma di domande e risposte da Elena Bolognesi, così che il lettore possa farsi subito un’idea generale di quanto è successo negli ultimi anni e sta succedendo ad Aleppo. Può essere utile citare la successione dei capitoli (in genere riflessioni sulle esperienze vissute): “Risveglio dopo la tempesta”, “L’emergenza continua”, “La ricostruzione materiale”, “Ricostruire la persona”, “Essere Chiesa”, “Le malattie sociali dei cristiani”, “L’ecumenismo della sofferenza”, “Incontro all’altro: i nostri fratelli musulmani”, “La mia vita ad Aleppo: un cammino di disponibilità”, “Memoria e speranza”, “Le sfide all’interno della società: segni di morte”, “Vivere da cristiani nel tempo del caos”, “Ultime notizie da Aleppo”. Ricca (e anche commovente) la galleria fotografica, nutrita la parte dei documenti in appendice.

     

     

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