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    STRINGIAMCI A COORTE, SIAM PRONTI ALLA MORTE, TARQUINIO CHIAMO'

    STRIMGIANCI A COORTE, SIAM PRONTI ALLA MORTE, TARQUINIO CHIAMO’ – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 30 maggio 2018

     

    L’Avvenire ci tiene sempre sveglio il cervello… anche ieri, anche oggi… e il direttor Tarquinio e il Gigio e il presidente della Cei… troppa grazia, eminenza! Con un P. S. del 31 maggio.

     

     

    Oggi è santa Giovanna d’Arco, arsa viva il 30 maggio 1431 a Rouen e canonizzata 98 anni fa da papa Benedetto XV. E’ una memoria preziosa questa, da coltivare perché può offrire riflessioni non banali anche per il presente sia per la testimonianza di vita eroica data dalla pulzella d’Orléans (giovane contadina analfabeta) che per le modalità inique del suo processo.

    Intanto continuiamo a occuparci delle conseguenze della crisi politica italiana sul versante cattolico e catto-fluido. A tale ultimo proposito l’Avvenire sia di ieri, martedì 29 maggio, che di oggi insiste caparbiamente nel volerci evitare l’arteriosclerosi, dato che stimola a dovere (e anche più) la nostra circolazione sanguigna.

    Incominciamo con l’Avvenire del 29 maggio, che ‘apre’ con la notizia dell’incarico dato all’economista Carlo Cottarelli dallo stesso Presidente della Repubblica, che aveva prima a lungo protratto e ostacolato la formazione di un nuovo governo e poi ne aveva impedito la nascita. E’ evidente che quest’ultimo fatto non poteva non provocare reazioni vigorose in larga parte dell’opinione pubblica, anche al di là di leghisti e pentastellati.

     

    IL DIRETTOR TARQUINIO ATTENTA ALL’INTELLIGENZA DEGLI ITALIANI

    Di quanto successo scrive nell’editoriale il direttor Tarquinio, sotto il titolo “Attentato all’intelligenza”. Che “attentato” e all’ “intelligenza” di chi? Così spiega e argomenta il Marco indignato: “Si è cercato un pretesto per far saltare in aria la XVIII legislatura e, a tutti i costi, lo si è voluto trovare. Arrivando addirittura a chiamare questo pretesto ‘attentato alla Costituzione’. Purtroppo, invece, si tratta di un attentato all’intelligenza degli italiani e, forse, anche al loro portafogli”. Et voilà, la frittata è ribaltata dal Cuoco turiferario di turno: in realtà è lui che attenta all’intelligenza degli italiani, reputandoli tonti nel migliore dei casi. Scommettiamo che Marco Tarquinio conosce gli articoli 92, 95 e 54 della Costituzione, dai quali emerge che il presidente della Repubblica può eccepire sull’onorabilità di un candidato ministro, ma non sulle sue opinioni politiche (la cui valutazione è di competenza esclusiva del presidente del Consiglio); li conosce ma, per quanto riguarda gli ultimi due, finge di ignorarli. Come ha detto ad esempio il presidente emerito della Corte Costituzionale Valerio Onida, già alla guida anche dell’Associazione italiana dei costituzionalisti: “L’Italia è una Repubblica parlamentare. Il potere di indirizzo politico attraverso la maggioranza che si forma in Parlamento, è del governo guidato dal Presidente del Consiglio dei ministri. (…) Il Presidente della Repubblica è un magistrato di persuasione e di influenza. Ha il potere di dare consigli e suggerimenti, ma non di decidere da solo o di porre veti’ politici’ sui ministri”. Quando il Presidente della Repubblica può mettere un veto su un candidato ministro? Nel caso il candidato sia in “conflitto di interesse“ oppure per “gravi ragioni di opportunità” che però riguardino la sua persona e non le sue idee politiche. Perché, ripete Onida, “la linea politica è formulata dal Governo guidato dal Presidente del Consiglio incaricato con l’approvazione delle Camere che votano la fiducia”. 

     

    “IL MONDO CATTOLICO” CON IL PRESIDENTE…

    Andiamo a pagina 13 dello stesso Avvenire, dominata dal titolo “Il mondo cattolico col Presidente – “E’ il tempo della responsabilità”. Il sottotitolo cita alcune realtà di quel mondo: “Da Cei, Ac, Acli e Cvx un appello al bene comune dell’Italia”. La foto rafforza l’impressione che siamo tutti confrontati con un’emergenza del tipo “I barbari alle porte”: un partecipante a un “presidio del Pd” ostenta un cartello con scritto “Nessuno osi toccare Mattarella”. Dall’articolo dettagliato del turiferario di turno si apprende che la Cei si è espressa tramite “poche, misurate e significative parole” del noto segretario generale (ancora e sempre lui) Nunzio Galantino, che ha confermato “vicinanza” a Mattarella. La sigla misteriosa, Cvx, rimanda a una  “Comunità di vita cristiana/Lega missionaria studenti italiani” (dev’essere simil-clandestina), che “fa capo ai gesuiti” e così si esprime con una pacatezza galantina: “I toni intimidatori di queste ore da parte di alcune forze politiche creano una frattura pericolosa tra le istituzioni dello Stato e sono inaccettabili ancora di più nei confronti del Presidente”. Questi invasati catto-fluidi devono essere cresciuti alla scuola di formazione de La Civiltà cattolica diretta dal noto Turiferario prezzemolo Antonio Spadaro e firmata anche dal confratello Francesco Occhetta, uno che – sopraffatto da un’emozione ‘democratica’, stracciando nel fervore addirittura Galantino - ha scritto su twitter: “Tanta, tanta, tanta vicinanza al presidente della Repubblica in questo momento difficile per le istituzioni”.

    “Il mondo cattolico col Presidente”… e ci par di vedere, alla parata del 2 giugno, avanzare la fanteria dell’Azione cattolica al ritmo di “Si scopron le tombe, si levano i morti”, i bersaglieri delle Acli intonando “Meno male che Silvio c’è (pardon, ce ne scusiamo, abbiamo fatto un errore, perché il nome è un altro… è stato adattato alle contingenze), la brigata corazzata della Cei con slogan inneggianti all’otto per mille, l’ Hűgelsbataillon scatenato sulle note di una rievocata Caterina Caselli: Nessuno mi può giudicare… e tanti altri, tra cui naturalmente il Reggimento Granatieri con i turiferari massmediatici al grido di “Non faremo prigionieri”.

     

    … MA E’ UNA FAKE NEWS… LO CONSTATA LO STESSO ‘AVVENIRE’ 

    Restiamo a pagina 13, perché se nella prima metà si proclama che “il mondo cattolico è con il Presidente”, nella seconda appare un articolo dal titolo a dir poco fazioso: “E’ delirio social, ma Mattarella vince in Rete” e dal sottotitolo minaccioso: “Indaga la polizia postale. Si scatenano anche le ‘armate’ digitali di Lega e M5S”. L’articolo è firmata dal noto Web-turiferario Gigio Rancidio. Ci si potrebbe aspettare (con tali titolo e sottotitolo, che però vanno normalmente addebitati al titolista e non al giornalista) il peggio del peggio. Invece (involontariamente?) leggete un po’ che osserva l’autore: “Comunque la si pensi, c’è anche un dato reale: una larga fetta di persone vere, anche nel mondo cattolico, sta con M5S e Lega contro Mattarella. Tutto legittimo, ovviamente. Ma fa effetto vedere il livello di aggressività che ha invaso ieri anche le pagine social di realtà come l’Azione cattolica, ‘colpevole’ di avere espresso vicinanza al Capo dello Stato. ‘Difendete Mattarella?Ho fatto bene a stracciare la tessera di Ac’ scrive Mena V. Gli fanno eco Ivano e Anna S.: ‘Felicissimi di aver chiuso l’Azione Cattolica nella nostra parrocchia!!!’. Sopra e sotto tanti altri commenti con parole come ‘vergogna’, ‘ladri’, ‘servi’, taci’, ‘tacete’. Cambi pagina. Ma non cambia molto. Se la Conferenza episcopale italiana attraverso il suo segretario Galantino difende Mattarella è ‘per continuare a non pagare l’Ici sui suoi immobili’; invece (chiosa un altro) dovrebbe ‘pensare alle chiese che si svuotano’. E via così: ‘la Chiesa non deve parlare’, ‘la Chiesa deve stare col popolo non col potere’. Prezioso il nostro Web-turiferario. Una sola osservazione: ha dimenticato, un po’ sbadatamente, di riprendere qualche reazione vigorosa dai commenti su Facebook di Avvenire….pure lui ha avuto molto lavoro nel tentare di rispondere – con toni sempre più piccati – a lettori indignati. Si impone qui una constatazione: nella seconda metà di pagina 13, l’Avvenire contraddice clamorosamente quanto prospettato nella prima con il titolo pe-pe-perepèèè sul “mondo cattolico col Presidente”…

     

    L’APPELLO DEL PRESIDENTE DELLA CEI…OVVERO LA CHIESA INCIUCIA CON I ‘POTERI FORTI’ E CRIMINALIZZA IL DISSENSO

    L’Avvenire di stamattina, mercoledì 30 maggio, offre poi un’altra ‘chicca’. Vi ricorderete forse che la settimana scorsa, dal 21 al 24 maggio, si è svolta l’annuale assemblea della Cei. Nella conferenza-stampa conclusiva il presidente card. Gualtiero Bassetti ha ribadito e anche precisato, a proposito di “principi non negoziabili”, quanto già aveva indicato nella relazione introduttiva.

    Dopo la conferenza-stampa l’ Avvenire di venerdì 25 maggio così aveva titolato: “Il cardinale Bassetti al nuovo governo: ‘Vigilanti sui principi irrinunciabili’ “. Principi irrinunciabili? “La centralità della persona, il lavoro come mezzo fondante della personalità umana, l’attuazione sul piano concreto della Costituzione, la scelta chiara per la democrazia e per l’Europa. (…) Tutto quello che è buono lo apprezzeremo, ma su tutto quello che è contro la famiglia, la persona, i migranti, noi saremo voce critica”.

    Chi può negare che il card. Bassetti sia un innovatore della ‘Chiesa in uscita’? Difatti nei suoi “principi irrinunciabili” non se ne trova uno che sia specificamente cattolico. Non si vede che cosa c’entrino con i principi irrinunciabili del cattolicesimo “l’attuazione sul piano concreto della Costituzione” e neppure “la scelta chiara per l’Europa” e neppure il mettere sullo stesso piano “famiglia e migranti” (per affrontare quest’ultimo problema la Dottrina sociale della Chiesa offre possibilità molto diverse tra loro, a dipendenza di situazioni e contingenze, come ha evidenziato talvolta lo stesso papa Francesco).

    Parole molto significative dell’inginocchiarsi della Chiesa italiana agli attuali ‘poteri forti’, quelle del “saremo molto vigilanti” sul nuovo governo, che in quei giorni si presumeva fosse di tinta gialloverde, addossato sul nascere dal presidente della Repubblica. Adesso “molto vigilanti”? E con il governo Renzi e con il governo Gentiloni quanto ha “vigilato” la Cei inciuciona? Sono affermazioni che da una parte fanno scompisciare dal ridere, dall’altra inducono allo scoramento.

    Torniamo all’Avvenire di stamattina. L’editoriale è firmato dallo stesso card. Bassetti e suggerisce già dal titolo pensieri profondi, adatti alla solennità e alla gravità del momento politico. Il titolo infatti è quello delle grandi occasioni: “Prima il bene comune”. L’occhiello addirittura presenta l’editoriale come un “Appello del presidente della Cei”. E’ un qualcosa che non si ricorda a memoria d’uomo. Quale l’esortazione presumiamo accorata del card. Bassetti? Leggiamo a metà dell’editoriale, indirizzato – secondo il rituale delle occasioni eccezionali – a “tutti gli uomini e le donne di buona volontà”: “E’ eticamente doveroso lavorare per il bene comune dell’Italia senza partigianeria (ndr: che si rivolga al direttor Tarquinio?), con carità e responsabilità  (idem), senza soffiare sul fuoco della frustrazione e della rabbia sociale. Una rabbia che in queste ore trova drammaticamente spazio in uso irresponsabile ed esecrabile dei social network persino contro la persona del Presidente della Repubblica e la sua misurata e saggia azione di garanzia di tutti i concittadini”. Sia ben chiaro che le minacce di morte contro il presidente della Repubblica apparse sui social network sono inaccettabili. Qui però il card. Bassetti - inserendosi nella grande orchestra di tipo sovietico, sgangherata ma interessata, che oggi pretende di criminalizzare (perché è di questo che si tratta) ogni critica anche ragionevole all’agire quirinalizio – involontariamente assesta un duro colpo alla Cei, minandone gravemente la credibilità come organo espressione di autentico spirito cristiano, libero e responsabile.

    Non è finita. Nel passo successivo scrive il card. Bassetti: “Mai come in questi giorni c’è assoluto bisogno di rispettare la volontà popolare che si è espressa liberamente il 4 marzo”. Qui raggiungiamo all’apice (speriamo almeno involontario) dell’improntitudine: il presidente della Cei, come aveva già fatto il giorno prima il direttore dell’Avvenire, rovescia la frittata. La verità diventa la Pravda, il clima quello degli anni di Leonida Breznev. Non a caso il segretario reggente del Pd Maurizio Martina ha additato più volte ieri Matteo Salvini come “nemico del popolo”, un’espressione che rievoca anni bui. E la Chiesa italiana (almeno nei suoi vertici e in certe sue associazioni da lei sovvenzionate), è triste dirlo, si accoda. Poi si stupiscono se molte chiese si svuotano e se il gettito dell’otto per mille scende sempre più.

    P.S. del 31 maggio 2018. Oggi, 31 maggio 2018, la Chiesa universale festeggia la ricorrenza del 'Corpus Domini'. Su 'Avvenire' appare la 'striscia' (che dovrebbe essere domenicale) di Sergio Staino. Nella 'striscia' Gesù, Figlio di Dio, rinuncia a "partire per il deserto" a causa di un'urgenza: gli si annuncia che "c'è un'iniziativa a difesa del buon Mattarella". E il Gesù di Staino risponde: 'O.K. Dove e a che ora?'. La 'striscia' accompagna, per così dire, uno sfogo misericordioso del direttore furioso che, nella risposta a un lettore un po' stupito che su Avvenire non avesse trovato spazio neppure "una lettera di garbata critica" all'agire del Presidente della Repubblica, scrive: "La sua è la prima lettera di questo tenore, garbato e ironico amico. La pubblico volentieri insieme alla seconda che troverà qui sotto. Diverse altre, non molte ma piene di insulti e minacce, sono finite dove meritano e dove 'archiviamo' regolarmente campagne e campagnette colgari e intimidatorie". Indispettito, molto piccato, infine grottesco il direttor furioso, abile anche stavolta nel rigirare la frittata, mostrandosi vittima dei critici cattivoni. Ancora più grave che oggi sia apparsa la striscia di Staino: se il vignettista fa il suo mestiere da comunista ateo, pesante è la responsabilità di chi lo valorizza e lo rende inevitabilmente agli occhi dei lettori l' espressione grafica dell'opinione del giornale. E' veramente penoso quanto accade a 'Avvenire'. Ma è possibile che tra i vertici della Cei e tra i vescovi non si alzino vigorose tante voci indignate contro l'appropriazione politica ed ecclesiale indebita cui è ormai soggetto il già glorioso quotidiano cattolico? Che siano diventati tutti emuli di don Abbondio?

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