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    CARD. FERNANDEZ: DIFESA E ATTACCO - SANT'IPPOLITO: FRISINA, FILM GIUBILEO

    CARD. FERNANDEZ: DIFESA E ATTACCO -  SANT’IPPOLITO: FRISINA, FILM GIUBILEO- di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 11 aprile 2024

    Alcuni momenti della conferenza-stampa vaticana sulla Dichiarazione “Dignitas infinita”, protagonista il card. Victor Manuel Fernandez. Marco Frisina a Sant’Ippolito per parlare della bellezza della musica, ad maiorem Dei gloriam. Una settimana cinematografica giubilare ancora a Sant’Ippolito (Cinema delle Provincie), aperta domenica 14 aprile dalla proiezione del restaurato ‘La porta del cielo” (1945, regia di Vittorio De Sica in collaborazione con Cesare Zavattini).

     

    ALCUNI MOMENTI DALLA CONFERENZA-STAMPA SULLA DICHIARAZIONE ‘DIGNITAS INFINITA

    A edificazione di chi ci legge abbiamo trascritto fedelmente le risposte che il prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede, card. Victor Manuel Fernandez (il porporato più vicino a papa Bergoglio), ha dato a due domande postegli lunedì 7 aprile 2024 durante la conferenza-stampa vaticana per la presentazione della Dichiarazione Dignitas infinita. Nella conferenza-stampa il porporato argentino ha dato ampio e inusitato spazio alla difesa della contestatissima Dichiarazione precedente Fiducia supplicans e all’attacco insistito contro i critici della stessa. Le risposte contengono diversi elementi interessanti, ma non abbiamo proposto nessun commento…ognuno faccia da sé!

    Domanda di www.rossoporpora.org: Eminenza, ho una strana impressione da questa conferenza-stampa. Mi sembra che la Sua relazione sia stata voluta soprattutto come arringa difensiva per difendersi dalle molte accuse che Le sono piovute addosso, di vario genere e da varie parti. E’ un’impressione che corrisponde al vero? Grazie.

    Risposta del card. Victor Manuel Fernandez:  Bene, Lei diceva che sembra che il mio intervento fosse una specie di difesa… capisco che si possa sentire così. Ma la realtà è che fino a ieri io pensavo di non dire nulla su Fiducia Supplicans e anche lui (indica il Direttore della Sala Stampa Matteo Bruni) mi aveva suggerito di stare attento che poteva esserci una domanda. Io gli ho detto: Facciamo tre domande… se c’è una domanda su Fiducia Supplicans, io posso scappare (ride). E questo con tutta sincerità.

    Ma ho ricevuto in questi giorni da molte persone sia del Vaticano che fuori (consigli) che mi dicevano: Non si può fare come se non fosse successo niente, come se stiamo scappando da una realtà, con tutto il casino che c’è stato che non si dica nemmeno una parola sembrerebbe strano. E allora ho accolto questo che mi hanno detto parecchi e ho allungato un po’ il mio intervento con questo punto ed altri. Questo perché sappia che non c’era l’intenzione di fare una difesa, ma alla fine tra ieri e oggi l’ho aggiunto.

    Domanda del giornalista argentino Hernan Reyes: Eminenza, che tipo di accoglienza richiede il documento?

    Risposta del card. Victor Manuel Fernandez: Guardate, vorrei approfittare per chiarire una cosa. Alcune persone che alcuni anni fa quasi adoravano il Papa, adesso dicono che il Papa lo si deve ascoltare solo quando parla ex-cathedra. Quando c’è un dogma di fede, una dichiarazione definitiva, ma se non è così possiamo fare il nostro pensiero senza ascoltare il Papa. Questo oggi si sente tantissimo, se non parla ex-cathedra.

    Ascoltate: papa Francesco non parlerà mai ex-cathedra, quello ve lo posso assicurare. Non vorrà creare un nuovo dogma di fede per niente, né una dichiarazione definitiva. Spero di non sbagliare, ma sono quasi al cento per cento sicuro che non lo farà. Allora non servirà a niente che papa Francesco sia stato per undici anni Sommo Pontefice? Perché quello non lo farà mai. Noi crediamo che tranne il carisma dell’infallibilità in questi casi, il Papa ha anche un’assistenza dello Spirito per guidare la Chiesa. Perché se ti danno un compito, lo Spirito Santo ti dà un aiuto, un carisma. Non c’è solo l’infallibilità, ma c’è un’assistenza dello Spirito per guidare e illuminare la Chiesa. Per quello, sentite, il codice di diritto canonico che ho portato qua dice: Si deve prestare un assenso religioso dell’intelligenza e della volontà alla dottrina che il Sommo Pontefice nell’esercizio del suo magistero autentico insegna alla luce della fede e dei costumi, anche se non sia sua intenzione proclamarlo con un atto definitivo. Anche se non sia… Guardate, lo dice il Codice di diritto canonico… si deve prestare un assenso religioso dell’intelligenza e della volontà anche quando non c’è un dogma di fede o una dichiarazione definitiva. E questo c’era anche in Lumen Gentium numero 25… questo ossequio religioso della volontà e dell’intelligenza in modo particolare si deve prestare al magistero autentico anche quando non parli ex-cathedra.

    (dal testo di Lumen Gentium, 25: (…)  I vescovi che insegnano in comunione col Romano Pontefice devono essere da tutti ascoltati con venerazione quali testimoni della divina e cattolica verità; e i fedeli devono accettare il giudizio dal loro vescovo dato a nome di Cristo in cose di fede e morale, e dargli l'assenso religioso del loro spirito. Ma questo assenso religioso della volontà e della intelligenza lo si deve in modo particolare prestare al magistero autentico del romano Pontefice, anche quando non parla “ex cathedra”. Ciò implica che il suo supremo magistero sia accettato con riverenza, e che con sincerità si aderisca alle sue affermazioni in conformità al pensiero e in conformità alla volontà di lui manifestatasi che si possono dedurre in particolare dal carattere dei documenti, o dall'insistenza nel proporre una certa dottrina, o dalla maniera di esprimersi)

    Così si riconosce con riverenza il suo Magistero supremo e con sincerità si presta adesione al parere che lui ha espresso secondo la sua manifesta volontà che si capisce sia dall’indole dei documenti sia dalla frequente proposizione della stessa dottrina che per il modo in cui lo dica. Mmhhh. Ascoltate, noi quando diventiamo preti o vescovi o quando ci danno un compito nella Chiesa dobbiamo fare una professione di fede e un giuramento, dove diciamo che prestiamo questa accoglienza dell’intelligenza e della volontà anche quando non ci sia l’intenzione del proclamare queste verità in modo definitivo.

    Abbiamo giurato e alcuni vescovi, anche cardinali, che trattano il Papa da eretico e dicono che quello che ha detto Francesco è contro la tradizione della Chiesa, sembra che non abbiano fatto questo giuramento… o che dicono che mentre il Papa non parla ex-cathedra voi siete liberi di pensare quello che volete. E noi continuiamo con il nostro discorso. Così quando su un punto di Amoris Laetitia il Papa ha fatto pubblicare sugli Acta Apostolicae Sedis (una nota) sul punto dei divorziati risposati, lì c’è un rescritto che dice che si deve tenere come magistero autentico. Quel magistero autentico che si deve accogliere con l’ossequio dell’intelligenza e della volontà. Anche i documenti del Dicastero quando sono firmati dal Papa, che così approva e anche ordina la pubblicazione, partecipano del Magistero autentico del Papa. Ma guardate che oggi anche i protestanti sentono un rispetto speciale per papa Francesco. Se parlo io, se parla un altro cardinale, se parla il cardinal Zuppi, se parla il cardinal Müller, se parla qualsiasi altro, sanno che c’è una differenza… se parla il Papa è diverso… e anche i protestanti prestano un’attenzione speciale. E qua Lumen gentium dice che si può capire l’importanza di una cosa che dice il Papa sia per la frequente esposizione di questo tema sia per il modo con cui lo dice. Quando rivolgendosi al nostro Dicastero ha detto: Voglio sottolineare due cose: voglio sottolineare … quello fa capire l’importanza di queste parole.

     

    MARCO FRISINA A SANT’IPPOLITO: COME PUO’ UN SUONO FAR VIBRARE L’ANIMA?

    Nella parrocchia romana di Sant’Ippolito il canto è tenuto in grande considerazione, come ben sanno i nostri lettori. Nessuna meraviglia allora che anche l’incontro mensile promosso martedì 8 aprile 2024 dal Gruppo Cultura con monsignor Marco Frisina, noto compositore e direttore del Coro della diocesi di Roma (da lui fondato quarant’anni fa) sia stato ben frequentato dai tanti che in parrocchia considerano il canto liturgico non un inutile orpello ma una componente fondamentale della celebrazione eucaristica. Ogni persona, anche la meno virtuosa, ha nel suo cuore una pietra preziosa spesso coperta da ogni sorta di incrostazioni che la rendono invisibile: il Creatore cerca con il suo Amore assoluto cerca di rimuovere tali incrostazioni, in modo da renderci coscienti del dono che ci ha fatto. Così da ritrovare la bellezza dell’innocenza che rende più facile l’avvicinarsi a Lui…. non raramente attraverso l’arte e - tra le arti - la musica, è il canto a elevarci maggiormente, a quel ad maiorem Dei gloriam che è assurto a motto dei gesuiti.  

    Introdotto dal parroco mons. Manlio Asta (suo compagno di ordinazione sacerdotale quarantadue anni fa) e dal noto canto Lo Spirito del Signore è su di me, Frisina nella sua relazione affascinante in stile colloquiale ha cercato di rispondere alla doppia domanda iniziale “L’uomo è capace di armonia? Come può un suono far vibrare l’anima?”.  L’arte, ha evidenziato, “come tutto ciò che è grande, viene da Dio”. E del resto noi siamo stati creati a immagine e somiglianza di Dio; lo siamo e lo restiamo anche se la quotidianità ce ne fa dubitare.  Noi per natura siamo vocati alla gloria: il peccato “è la nostra caricatura”. Non a caso quando apriamo le nostre finestre al divino, siamo felici. Tutti, anche gli atei, contemplano la bellezza derivata da ciò, pur se non se ne rendono conto. Siamo chiamati “a essere belli”. E, ha continuato Frisina, “i miei duecento cantori sembrano tutti angeli quando lodano Dio in musica, dando il meglio di se stessi e facendo così emergere la loro essenza più autentica”.

    Il direttore del coro della diocesi di Roma, le cui composizioni sono da decenni tra le più cantate durante le liturgie, è poi riandato al processo umano di apprendimento musicale, che incomincia già nella pancia della mamma, poi in culla fino a divenire coscienti della propria voce, riuscendo a balbettare le prime parole (“Ogni parola è una piccola melodia, fatta di suoni e di intonazioni”), a comporre le prime frasi, a cantare le prime canzoncine. I primi suoni sono comprensibili universalmente ed è da loro che l’uomo primitivo ebbe l’idea di creare gli strumenti… dai tamburi per imitare il rombo dei tuoni in avanti. Lo strumento principe resta però la voce, “è la voce che detta la musica”. E la musica è primariamente “un fatto spirituale”, un po’ misterioso. Può diventare anche intrattenimento più o meno commerciale (come le canzoni del festival di Sanremo, studiate per incassare soldi). Tuttavia in tutte le culture la musica è sempre stata associata in primo luogo alla preghiera, a ciò che è importante. Noi non siamo semplici ascoltatori, ma siamo quelli che cantano le lodi di Dio: “Sulla terra impariamo a cantare quello che canteremo meglio in cielo, dove forse ci accoglieranno santa Cecilia con accanto Bach e Palestrina”. Anche gli stonati non disdegnino di cantare (“pur se a bassa voce”). La musica è bellezza, sta dentro di noi e ci avvicina a Dio: tocca a noi (ri)scoprirne il senso ultimo.

    Molte e svariate le domande. Come fa un ateo a capire la musica di Bach? Anche l’arte può essere una via per comprendere la fede. A volte la musica non si fa schiava delle emozioni? Sì, basti pensare a certa musica largamente in auge, fondata su ritmi ossessivi che bruciano corpo e cervello, avendo sostituito la melodia. Le emozioni in sé sono buone, ma non devono possedere la musica, diventando frenesia insensata. I giovani non hanno bisogno della musica ‘techno’ per essere forti, autentici, creativi, originali… insomma vitali! Durante la liturgia si può cantare di tutto? No, si deve imparare a distinguere, con razionalità e buon senso, ciò che è adatto a una determinata celebrazione eucaristica … a Pasqua non si canta il Miserere… invece il Canto del mare va benissimo per la Veglia pasquale in cui si ripercorre la storia della salvezza (che comprende naturalmente l’uscita degli ebrei dall’Egitto). Che tipo di canti utilizzare nelle celebrazioni eucaristiche? E’ opportuno dare spazio ai canti tradizionali arricchiti da quelli nuovi, in reciproco e proficuo dialogo. Cantare in un coro è una gioia…. Sì, perché non ci fa sentire soli, sviluppa l’amicizia, ci unisce nella lode, educa alla vita di comunità: nel coro “nessuno è indispensabile, tutti sono fondamentali”. La musica evangelizza… La Chiesa dovrebbe utilizzarla di più in tal senso, data la sua universalità!

    Oltre 720 canti, 34 colonne sonore, 37 oratori, 4 opere per il teatro, inni a gogò “per mezzo Paradiso”: “un vero privilegio poter servire la Chiesa in questo modo”, ha concluso Marco Frisina, prima di ricordare il suo legame in particolare con Giovanni Paolo II e far ascoltare l’ Et incarnatus est di Johann Sebastian Bach e il suo Salvator Mundi.

    CINEMA DELLE PROVINCIE (ROMA, SANT’IPPOLITO): RASSEGNA FILMISTICA GIUBILARE APERTA DA “LA PORTA DEL CIELO” (1945, DE SICA - ZAVATTINI), DOMENICA 14 APRILE 2024 ORE 21.00

    Peregrinantes in Spem è il motto dell’imminente Anno giubilare 2025. “Tutti sperano, nessuno escluso” (perché) “l’esperienza della speranza è radicata nel cuore di ogni persona come attesa di un bene e desiderio che si realizzi”, ha evidenziato l’arcivescovo Rino Fisichella – proprefetto del Pontificio dicastero per l’Evangelizzazione - nella conferenza-stampa vaticana di giovedì 4 aprile 2024. Pastoralmente l’invito alla speranza non si limita alla preghiera, ma si estende alla dimensione integrale di ogni persona, dunque anche a quella culturale. Che comprende l’arte in tutte le sue espressioni: tra l’altro la musica (Fisichella ha segnalato tre grandi concerti), la pittura (con mostre di quadri di Salvator Dalì e Marc Chagall preannunciate dal friulano don Alessio Geretti, anima delle mostre di Illegio) e il cinema.

    A quest’ultimo proposito è stato don Dario Edoardo Viganò (odierno vice-cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze e delle Scienze sociali e da una vita, si può ben dire, a contatto con il mondo della celluloide e i suoi sviluppi tecnologici) a illustrare un’iniziativa particolare che si snoderà tra domenica 14 aprile e domenica 21 aprile a Roma presso il Cinema delle Provincie. Posta sotto il motto “Volti e controvolti della speranza”, la rassegna cinematografica prevede la proiezione di film di autori diversi che in modi altrettanti diversi danno luce alla speranza. Nella sala di comunità legata alla parrocchia di Sant’Ippolito aprirà la rassegna La porta del cielo (1945) di Vittorio De Sica in collaborazione con Cesare Zavattini, mentre per la chiusura si è pensato a Il Cristo proibito  di Curzio Malaparte (1951). In settimana si proietteranno otto film selezionati dall’Ente dello Spettacolo presieduto da don Davide Milani, una metà del 2023 e gli altri usciti dal 2002 (vedi www.iubilaeum2025.va ).

    Come segnalato, la rassegna sarà inaugurata domenica 14 aprile alle 21.00 da La porta del cielo: il film sarà introdotto da don Dario Edoardo Viganò, che ne ha curato il restauro. E’ un’opera che certo attira l’attenzione quella degli allora quarantenni Vittorio De Sica e Cesare Zavattini: girata su sollecitazione vaticana  -prodotta dalla Orbis, vicina all’Azione Cattolica di Luigi Gedda - dentro la Basilica (extraterritoriale) di San Paolo fuori le mura tra marzo e giugno 1944 (quando Roma era ancora sotto l’occupazione nazi-fascista), anticipa de facto la stagione del neorealismo, narrando il viaggio di un gruppo di malati su un ‘treno bianco’ diretto al santuario di Loreto e speranzoso in guarigioni miracolose (che poi non avverranno).  Un film che desta curiosità da diversi punti di vista, anche perché De Sica e Zavattini non si caratterizzavano certamente per essere cattolici. Per questo Gedda li volle come registi de La porta del cielo, in esecuzione di un suo progetto di espansione culturale cattolica dell’autunno del 1943: “Accanto alla produzione, che chiameremo ufficiale, fatta dagli organismi cattolici (film di propaganda e di apostolato, cortometraggi, ecc…) che sarà bene accolta dai fedeli, avversata, ostacolata oppure accolta con scetticismo da altri, si dovrà provvedere  - ed è qui il perno di questo programma – ad una produzione che (…) produca tutti quei soggetti che, pur sembrando di carattere profano e lanciati sotto un’etichetta non ufficialmente cattolica, siano invece permeati di sentimenti cristiani e arrivino anche in quegli ambienti che sono normalmente chiusi al benefico richiamo della Chiesa cattolica. Questa produzione dovrà essere come il cavallo di Troia nel campo avversario, come il bastone tra le ruote lanciato al corridore nemico nel giusto momento”.

    Desta un interesse particolare pure Il Cristo proibito (domenica 21 aprile alle 21.00), unico film dell’eclettico e irrequieto intellettuale Curzio Malaparte (“Kaputt”, “La pelle”, inizialmente repubblicano, poi interventista, fascista, comunista). Nell’opera del 1951 si racconta di un combattente nella campagna di Russia che torna a casa e si mette alla ricerca del compaesano che aveva tradito suo fratello, fucilato dai tedeschi. Ma tutti sono stanchi di spargere sangue, nessuno svela il nome del traditore e un falegname se ne assume infine ingiustamente la paternità. Viene ucciso, ma prima di morire svela al vendicatore la verità. Il vendicatore continua a indagare, ma, quando troverà il vero colpevole, non lo ucciderà pensando all’innocente colpito a morte. Anche questo un film da non perdere. Ingresso libero e gratuito a viale delle Provincie 41 (Roma, piazza Bologna).   

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