Ricerca

    GOVERNO: I BRAVACCI DI AVVENIRE, MA SALVINI NON E' DON ABBONDIO

    GOVERNO: I BRAVACCI DI AVVENIRE, MA SALVINI NON E’ DON ABBONDIO – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 27 maggio 2018

     

    Qualche nota, a proposito della crisi di Governo, sui deliri di ‘Avvenire’, già quotidiano dei cattolici italiani e ora ridotto a succursale di ‘Repubblica’.  Un post-scriptum di aggiornamento.

     

    All’una e mezzo, dopo la Messa domenicale, abbiamo assaporato un piattone di strozzapreti ’cacio e pepe’. Delizioso e corroborante anche in vista della lettura prevista dell’odierna edizione cartacea del quotidiano catto-fluido Avvenire. Siamo riusciti a leggere in prima pagina l’avvertimento protervo del direttor Tarquinio, dal titolo “Oltre l’assurdo assedio”, poi non abbiamo saputo evitare la striscia domenicale del vignettista Falcemartello Staino, c’è bastato… abbiam ripiegato il giornale e dato via libera alla signora Pennichella. Com’è come non è, al risveglio, ci è parso di aver sognato, un po’ manzonianamente…

    Per una di queste stradicciole, tornava bel bello dalla passeggiata verso casa, don Abbondio, curato d’una di quelle terre…Diceva tranquillamente il suo ufizio, e talvolta, tra un salmo e l’altro, chiudeva il breviario…. Sì, ma don Abbondio aveva le fattezze e la corporatura di Matteo Salvini (anzi: era proprio lui), non aveva un breviario, ma sgranava un Rosario. Lo faceva con calma, come se dovesse smaltire un’arrabbiatura forte che s’era presa nelle ultime ore… Dopo la voltata, la strada correva diritta, forse un sessanta passi, e poi si divideva in due viottole, a foggia d’un ipsilon: quella a destra saliva verso il monte e menava alla cura: l’altra scendeva nella valle fino a un torrente. (…) I muri interni delle due viottole, in vece di riunirsi ad angolo, terminavano in un tabernacolo, nel quale eran dipinte certe figure lunghe, serpeggianti, che finivano in punta, e che nell’intenzione dell’artista, e agli occhi degli abitanti del vicinato, volevan dir fiamme…

    No, non c’era nel nostro sogno un tabernacolo ma un vero e proprio edificio esagonale, molto singolare: a seconda della prospettiva poteva evocare il palazzo del Quirinale, la sede dell’Unione europea a Bruxelles, quella del New York Times a New York, quella dello Spiegel a Amburgo, la villa di Berlusconi a Arcore, il piddino largo del Nazareno a Roma… insomma una mostruosità da ogni punto di vista, un Leviatano indigeribile… e siamo convinti che perfino don Abbondio se ne sarebbe protetto con l’esorcismo di rito…  Il curato, voltata la stradetta, e dirizzando, com’era solito, lo sguardo al tabernacolo, vide una cosa che non s’aspettava, e che non avrebbe voluto vedere. Due uomini stavano, l’uno dirimpetto all’altro, al confluente, per dir così, delle due viottole: un di costoro, a cavalcioni sul muricciolo basso, con una gamba spenzolata al di fuori, e l’altro piede posato sul terreno della strada; il compagno, in piedi appoggiato al muro con le braccia incrociate sul petto. (…) Al suo apparire coloro s’eran guardati in viso, alzando la testa, con un movimento dal quale si scorgeva che tutt’e due a un tratto aveva detto: è lui. Quello che stava a cavalcioni s’era alzato, tirando la sua gamba sulla strada; l’altro s’era staccato dal muro; e tutt’e due gli si avviavano incontro… Nel nostro sogno un dei due era armato di computer, l’altro di matita, due strumenti che hanno acquisito nel tempo una potenza di fuoco incalcolabile.

    Matteo Salvini procedeva tranquillamente, senza scomporsi… ma:  “Matteo Salvini – disse un di que’  due , conosciuto come Griso Tarquinio, piantandogli gli occhi in faccia- Lei ha intenzione di maritar domani la Lega e il Movimento Cinquestelle? Or bene (…) Questo matrimonio non s’ha da fare, né domani, né mai (,,,) Matteo Salvini, l’illustrissimo signor don (illeggibile), nostro padrone, la riverisce caramente.

    All’udir quel nome Matteo Salvini schioccò le dita e immediatamente dietro di lui si materializzò una enorme Ruspa Democratica. Al solo vederla Griso Tarquinio e Falcemartello Staino impallidirono e in meno che non si dica se la diedero a gambe per la viottola di sinistra, che ci sembra nel nostro sogno finisse in una palude. Anche l’edificio, preso da subito terrore, si svuotò in men che non si dica: come correvano gnomi e burocrati, politici e portaborse… Dove finirono? Che ne è di loro? Non lo sappiamo, perché poi ci risvegliammo, con accanto il solo, cartaceo Avvenire.

    Da lì siam partiti, lì ritorniamo. Dicevamo del protervo avvertimento del direttor Tarquinio, posto sotto il titolo “Oltre l’assurdo assedio”. Scrive il bravo in versione 2018 che Luigi Di Maio e Matteo Salvini “hanno fatto e disfatto, incluso ed escluso nell’assegnazione di tutte le cariche di vertice  e di gestione dei lavori d’aula di Camera e Senato. Si preparano a prendere, in tandem, il controllo del Governo nazionale e a mettere il marchio gialloverde su centinaia e centinaia di nomine in gangli vitali del Sistema Italia”. Delle due l’una: o, al momento di scrivere, il Griso Tarquinio era reduce da un’abbondante libagione oppure la sua spudoratezza è tale da far arrossire Messalina. “Hanno fatto e disfatto”… forse la verità è un’altra: sono stati costretti dalle (per così dire) astute manovre quirinalizie a trovare una via d’uscita a una situazione complessa, derivata sì dai risultati elettorali ma appesantita da ogni sorta di ostacoli da parte chi vede il governo giallo-verde (che certo non è il migliore, ma l’unico realisticamente possibile) come un pericolo per i propri concreti interessi. Insomma il direttor Tarquinio fa sua la sfrontatezza del lupo della favola di Esopo/Fedro: (in riva al ruscello) Superior stabat lupus, longeque inferior agnus (Il lupo stava sopra; un po’ più lontano, in basso, stava l’agnello). Ma il lupo accusò l’agnello di intorbidargli l’acqua. Così il bravo Tarquinio si comporta come il lupo: accusa chi ha subito la gestione della crisi di governo - e ha cercato in qualche modo, con molti sforzi, di risolverla - di averla invece protratta.

    Continua il direttore dell’ex-quotidiano dei cattolici italiani, ora succursale di Repubblica: “Nessun leader degno di questo nome, e di una decente democrazia, può permettersi di tentare di imporre, con una sorta di tonante e assurdo ‘assedio’, al Quirinale, le sue pretese riguardo a decisioni che rientrano nelle prerogative proprie del massimo garante delle nostre istituzioni democratiche e della legalità repubblicana”. A parte il disprezzo mostrato dal misericordioso catto-fluido Tarquinio verso le persone di Salvini e di Di Maio, ricordato quanto si è appena osservato a proposito di “imposizioni”, bisogna pur notare che l’Italia non è una Repubblica presidenziale, ma parlamentare e ogni governo deve passare al vaglio del voto dei due rami del Parlamento. La sostanza è questa, ma all’Azzeccagarbugli di turno piace spaccare il capello in quattro. Ed è anche chiaro che, se i niet del Quirinale dovessero continuare e affossare così la proposta di governo gialloverde, la responsabilità del ritorno alle urne sarebbe da addebitare totalmente al Colle e ai poteri che hanno scatenato un’inaudita cagnara mediatica.

    Minaccia infine – tornando a rivestire i panni truci del Griso – il direttor Tarquinio: “Osiamo credere che il molto loquace e aggressivo segretario della Lega e il sibillino e ultimativo leader del M5S riescano, ognuno per la propria parte, a dimostrare senso del limite indispensabile per governare nel pieno rispetto di quella Costituzione sulla quale potrebbero essere chiamati presto a giurare solennemente come ministri”. Un vero delirio indegno della storia di Avvenire. Vien da dire: una pernacchia lo seppellirà.

    Con lui anche il vignettista domenicale, che coinvolge abitualmente Dio Padre, Gesù, la Madonna nelle sue strisce di livello infimo, in cui la Lega di Salvini (e di conseguenza i molti cattolici che l’hanno votata) viene additata spesso al pubblico ludibrio. E viene ancora da dire: Tarquinio-Staino? Chi si somiglia, si piglia. Una tale degenerazione giornalistica il mondo cattolico italiano non l’aveva ancora vissuta. Roba da invocare una Ruspa Cattolica.  

    P.S. Ci giunge notizia che da pochi minuti il professor Giuseppe Conte si è visto costretto a rinunciare all'incarico, considerato il niet del Quirinale alla lista dei ministri presentata, frutto degli sforzi congiunti di Lega e M5S, forze maggioritarie in Parlamento. Il direttor Tarquinio sarà soddisfatto: un certo mondo cattolico italiano ha contribuito a scrivere una delle pagine più vergognose della storia repubblicana. Veri e propri 'bravi', al servizio dei don Rodrigo di turno. Non pretendano più di dare lezioni di comportamento civile.

    Ricerca