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    ANDREA RICCARDI, I CORRIDOI UMANITARI E PAPA FRANCESCO

    ANDREA RICCARDI, I CORRIDOI UMANITARI E PAPA FRANCESCO -  di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 18 marzo 2017

    A colloquio con il fondatore (di ascendenze ticinesi) della Comunità di Sant’Egidio per tracciare un bilancio del primo anno dell’esperienza dei ‘corridoi umanitari’ che hanno coinvolto 700 profughi – in grande maggioranza siriani – provenienti dal Libano. L’esperienza si sta allargando a livello europeo. Un ‘Piano Marshall’ per l’Africa. Papa Francesco a quattro anni dall’elezione: “Se dirigesse una grande azienda, gli dovrebbero raddoppiare lo stipendio”.

     

    SORPRESA: LA FAMIGLIA RICCARDI NEL SETTECENTO EMIGRO’ DAL TICINO (RIVERA-BIRONICO) IN ITALIA 

    Eccoci qui a percorrere i corridoi labirintici della sede centrale della Comunità di Sant’Egidio, dove ci attende per un’intervista il sessantasettenne fondatore Andrea Riccardi. Che ci sorprende subito raccontandoci delle origini ticinesi della sua famiglia. I Riccardi infatti erano di Rivera-Bironico, ai piedi del Monte Ceneri che divide Bellinzona da Lugano: “Nel Settecento un certo Gian Domenico Riccardi aveva affari in Italia, come risulta dal suo testamento: a Bologna e in Umbria, dove morì. Lì rimasero i suoi figli, i miei antenati. La mia famiglia poi ha cercato di recuperare le proprietà a Rivera-Bironico tra Otto e Novecento… ma niente da fare, non c’è più riuscita!”.

     

    CORRIDOI UMANITARI E QUARTO ANNIVERSARIO DI PAPA FRANCESCO 

    Restiamo in materia di corridoi, perché uno dei due temi dell’intervista sarà quello relativo ai ‘corridoi umanitari’ a un anno o poco più dall’avvio dell’esperienza promossa da Sant’Egidio. Che ne è stato? Quanti profughi sono stati portati in Italia dal Libano con tutti i crismi della legalità? Si può parlare di un successo dell’iniziativa? C’è qualcuno in Europa che la sta adottando? Che cosa dovrebbe fare l’Africa per trattenere i suoi figli? Come può aiutarla incisivamente l’Occidente? Che situazione c’è oggi in Libia? 

    Secondo tema dell’intervista: il quarto anniversario dell’elezione di papa Francesco. Una valutazione riassuntiva, con uno sguardo particolare alla sua azione internazionale. A tale ultimo proposito si deve rilevare che l’intervista è stata fatta prima dell’annuncio della visita del Pontefice in Colombia (dal 6 all’11 settembre 2017), un Paese la cui maggioranza popolare il 2 ottobre 2016  aveva bocciato il testo dell’accordo tra Governo e guerriglia delle Farc (appoggiato personalmente dal Papa), poi lievemente modificato ed entrato in vigore con l’approvazione del solo Parlamento (primo dicembre 2016, ma l’opposizione non ha partecipato al voto). Inoltre, anche riguardo a Cuba - successivamente all’intervista-  sono giunte notizie di prima mano sull’intensificarsi della repressione poliziesca nei confronti dei dissidenti: in particolare del Movimiento Cristiano Liberacion, il cui coordinatore nazionale Eduardo Cardet è incarcerato da mesi (il padre di Cardet ha scritto una lettera al Papa), mentre Rosa Maria Payà – figlia del fondatore del MCL Oswaldo Payà, morto in un misterioso incidente d’auto il 22 luglio 2012 – è sorvegliata da vicino (perfino quando va a messa) da agenti della ‘Seguridad’ che ad esempio le interrompono le comunicazioni telefoniche.   

    Veniamo allora all’ampia intervista concessaci volentieri dal nostro interlocutore, che dal 2015 ricopre anche la carica di presidente della Società Dante Alighieri e che in precedenza è stato ministro (2011-13) della cooperazione internazionale e dell’integrazione nel Governo Monti.  

     

    Professor Riccardi, ci eravamo trovati a intervistarLa un anno fa, quando incominciava a concretizzarsi l’iniziativa dei ‘corridoi umanitari’, promossa dalla Comunità di Sant’Egidio di cui Lei è fondatore…

    La domanda mi dà l’occasione di tentare un primo bilancio di quanto fatto. L’idea dei ‘corridoi umanitari è nata- come Lei sa – nel contesto della guerra di Siria, che ha provocato l’esodo dei siriani anche cristiani, l’allestimento di campi in Turchia, in Giordania, in Libano, l’Europa che si chiude e sceglie il muro o la limitazione. In tale situazione abbiamo chiesto e ottenuto di usufruire di una clausola della normativa UE in ambito di immigrazione che permette ai Paesi membri l’accoglienza per motivi umanitari di persone in fuga dalla guerra…

    L’idea a chi è venuta?

    A noi di Sant’Egidio, in particolare a Daniela Pompei, responsabile della Comunità per le migrazioni. Quindi, con un accordo stretto con il Governo italiano poco più di un anno fa, si è concretizzata la possibilità dei ‘corridoi umanitari’. L’accordo è stato sottoscritto anche dalla Federazione delle Chiese evangeliche in Italia e dalla Tavola valdese…

     

    CORRIDOI UMANITARI: UN’INIZIATIVA ECUMENICA

    Un esempio di ecumenismo…

    Sì, l’ha detto anche papa Francesco, definendolo durante l’Angelus del 6 marzo 2016 “iniziativa ecumenica” e “segno concreto di impegno per la pace e per la vita”. Ed è anche un esempio di assunzione di responsabilità da parte della società civile…

    In quale senso?

    E’ la società italiana che accoglie i rifugiati, famiglie italiane che mettono a disposizione degli appartamenti, le chiese, le associazioni. Voglio ricordare che, scegliendo i rifugiati in Libano da accogliere, privilegiamo i più vulnerabili, le famiglie con bambini, i bambini o gli anziani malati.

    Quanto costano i ‘vostri’ rifugiati allo Stato?

    Allo Stato la loro accoglienza non costa un centesimo. Certo è lo Stato che si sobbarca prima le procedure amministrative. Ma è la società italiana che si prende cura di loro con l’accoglienza. Ciò dimostra che essa non è una società chiusa allo straniero in pericolo. Naturalmente non è facile passare da un campo profughi nel Libano a Matera (per citare un esempio) e perciò c’è bisogno di un lavoro molto serio di accompagnamento. Ma è la società civile a svolgerlo, non lo Stato.

     

    LE CIFRE DEI CORRIDOI UMANITARI

    Quanti rifugiati siriani avete accolto fin qui grazie ai ‘corridoi umanitari’? 

    Circa 700 persone. Qui non posso trattenermi dal fare un paragone. Secondo le statistiche ufficiali europee del febbraio scorso che considerano i ricollocamenti di profughi in 15 Paesi dell’Unione europea, si raggiungono le 680 persone. Insomma più o meno lo stesso numero che abbiamo portato noi in Italia dal Libano con i ‘corridoi umanitari’. Vorrà pur dire qualcosa…

    L’esperienza dei ‘corridoi umanitari’ ha trovato consensi fuori d’Italia? 

    Prima di riferire degli ultimi, rallegranti sviluppi in sede europea, non posso non ricordare che la Repubblica di San Marino ha accolto con la nostra collaborazione un gruppo di rifugiati siriani. E il Papa ha portato con sé da Lesbo dodici altri profughi, che noi abbiamo sistemato, ma con l’aiuto finanziario del Vaticano.

     

    LA FRANCIA HA FIRMATO UN ACCORDO… SPERANZE ANCHE PER LA SPAGNA

    Professor Riccardi, quali sono gli “ultimi, rallegranti sviluppi”? 

    La Francia martedì scorso ha sottoscritto un accordo per i ‘corridoi umanitari’ che prevede l’accoglienza di 500 persone entro 18 mesi dalla firma. Concerne i rifugiati “più vulnerabili: famiglie con bambini, donne sole, anziani, malati, disabili” ed è promosso, in collaborazione con il Governo, da Sant’Egidio, dalla Conferenza episcopale francese, dal Secours catholique, dalla Federazione protestante di Francia e dalla Federazione di aiuto protestante. Inoltre abbiamo firmato con il Governo italiano un altro accordo, riguardante 500 rifugiati, stavolta provenienti dall’Etiopia.

    Fin qui i profughi sono sempre stati scelti tra i profughi siriani in Libano...

    Per la stragrande maggioranza. C’è anche qualche palestinese e qualche iracheno…

    Di problemi ne avrete avuti…

    Innanzitutto si deve dire che le condizioni dei profughi sono terribili e la scelta è lunga, accurata e non è facile. E’ chiaro che si cerca di tenere insieme i nuclei familiari, di favorire i bambini in difficoltà, le persone malate e anziane. In Libano i nostri incaricati seguono naturalmente da vicino la questione dei profughi.

     

    CORRIDOI UMANITARI, SICUREZZA, INSERIMENTO NEL TESSUTO SOCIALE

    I ‘corridoi umanitari’ rimandano certo alla solidarietà ma anche alla necessaria sicurezza…

    Sì, noi operiamo in un quadro di sicurezza. I profughi che sono accolti in Italia tramite i ‘corridoi umanitari’ sono ben identificati e conosciuti. Non sono come la massa di persone che si riversano anonime sulle coste italiane. Il successo dei ‘corridoi umanitari’ è un colpo inferto ai trafficanti di esseri umani che speculano sul dramma di queste persone. L’iniziativa apre anche una speranza per i profughi che volessero venire legalmente in Italia. I ‘corridoi umanitari’ favoriscono poi anche l’assorbimento dei profughi su tutto il territorio nazionale: due famiglie qui, una là…

    Come si è rivelato in questo primo anno il loro inserimento?

    Noi monitoriamo la situazione e l’accompagniamo. Ci sono stati inserimenti ottimi, inserimenti buoni, anche qualche difficoltà perché non è così facile sistemare una persona malata che ha bisogno di cure continue. I profughi poi hanno visto con i loro occhi cose orribili e di questo risentono tutti, specie i bambini.

    L’Italia, San Marino, il Vaticano, la Francia: ci è parso di capire che c’è dell’altro…

    In effetti qualcosa si sta muovendo anche in Spagna. Abbiamo dichiarazioni impegnative del cardinale Carlos Osoro Sierra, arcivescovo di Madrid così come del presidente della Conferenza episcopale spagnola Ricardo Blazquez Perez. Siamo in contatto anche con lo Stato spagnolo.

    Il ‘modello’ interessa… 

    E’ un modello che tiene conto di tre fattori. Il primo: ci sono profughi verso cui noi abbiamo la responsabilità di un’accoglienza. Il secondo: i nostri Paesi hanno bisogno di immigrati per un motivo anche demografico. Il terzo: i ‘corridoi umanitari’ sono un’apertura verso l’ammissione sotto controllo in Europa di un numero più grande di rifugiati, fissati da quote.

    Però molta parte l’Europa, come già evidenziava precedentemente, sta reagendo in modo diverso, presumendo di avere delle buone ragioni identitarie e di sicurezza nazionale… 

    Il fatto è che con la politica del muro non si va da nessuna parte. Oltre alle ragioni umanitarie, ce ne sono altre che rendono stolta la politica di erezione dei muri: noi abbiamo bisogno di immigrati e, alzando un muro, noi non rispondiamo a questo nostro bisogno.

     

    L’AFRICA SI SVILUPPI DA PERIFERIA A CENTRO

    C’è anche da dire che i governi africani fanno poco per trattenere in patria i loro giovani… 

    Il Sud è sicuramente in crisi: se trent’anni fa percepivo l’orgoglio dei giovani africani di vivere nel loro Paese indipendente, oggi invece – nell’età della globalizzazione - è chiaro che essi si sentono ‘periferici’ e vogliono raggiungere il centro. I giovani figli di ricchi costituiscono l’emigrazione dei ‘colletti bianchi e vengono a studiare in Europa. Agli altri non resta che il lungo e terribile viaggio attraverso il deserto… .  

    Quali possibilità ha l’Africa di divenire anch’essa ‘centro’, grazie allo sviluppo economico?

    L’idea è interessante ed è anche quella di fondo di Sant’Egidio: rendere l’Africa centro, coinvolgendo i governi africani, posti davanti all’esigenza di fare una politica incisiva per ri-affezionare i cittadini al loro Paese. Ciò si traduce in primo luogo in una politica sociale adeguata e in una politica che permetta ai giovani di lavorare nel loro Paese. A proposito di Paesi africani mi sgorga spontanea un’altra domanda: ha mai visto venire a Lampedusa un capo di Stato africano, rendendo omaggio ai tanti che sono annegati nel Mediterraneo?

    Fin qui mi sembra che non sia venuto nessuno…

    Bisogna perciò riconsiderare le responsabilità dei Paesi africani senza per questo negare quelle dell’Occidente per la situazione venutasi a creare.

     

    AIUTI UMANITARI E UN ‘PIANO MARSHALL’ PER L’AFRICA

    Dove finiscono oggi gli aiuti umanitari? Nelle tasche di non pochi governanti, nel gran mare della corruzione pubblica?

    Gli aiuti in verità non sono così tanti come si dice. Secondo me una spinta potenzialmente decisiva per l’Africa può venire solo dal lancio di un grande ‘Piano Marshall’, che richiede in ogni caso un partenariato da parte dei diversi Stati del continente. Certo restano delle situazioni di grave crisi che costringono a emigrare: pensi ad esempio a quanto succede nel Sud Sudan. I giovani che lasciano invece la Costa d’Avorio o il Senegal sono una conseguenza dell’età globale; sanno che il viaggio sarà terribile, ma si mettono ugualmente in cammino nella speranza di raggiungere il ‘centro’. Lo ribadisco: il viaggio nel deserto è terribile, in Libia sarà terribile, qui da noi potrebbero finire per dormire sotto i ponti, sempre che non vengano respinti. Eppure non vogliono tornare in Africa, perché ciò sarebbe come confessare il proprio fallimento davanti alla famiglia.

     

    “LAGER IN LIBIA”

    A proposito di Libia: nel dopo-Gheddafi il ‘tappo’(che frenava l’immigrazione verso l’Italia) è saltato…

    A dire il vero sono stato sempre contrario all’idea di utilizzare la Libia come gendarme, come volevano fare governi di ogni colore. Bisogna sapere che in Libia i migranti finiscono nei lager. Sì, è proprio così: oggi in Libia, lo denuncio con chiarezza, sorgono dei veri lager. Anche nel deserto: veri lager per i poveri immigrati. Dobbiamo agire per evitare questo.

    Altra domanda: la Libia non potrebbe ospitare uno o più ‘corridoi umanitari’?

    Se la Libia fosse un Paese in pace certamente, ma oggi la Libia è una tragedia. La Libia ci insegna che i problemi non si risolvono con la guerra. Si voleva creare un regime migliore di quello di Gheddafi e invece la situazione è peggiore. Guardiamo anche al caso dell’Iraq. In verità sono molto preoccupato perché si sta rivalutando la guerra. C’è una corsa incredibile agli armamenti. Ricordiamo però che guerra vuol dire più profughi. E allora noi dobbiamo puntare a una pace stabile, come diceva Paolo VI, con il progresso sociale ed economico dei popoli.

    Nel lungo incontro di giovedì 2 marzo con la Stampa estera il ministro dell’Interno italiano Marco Minniti ha molto lodato il principio dei ‘corridoi umanitari’ e si è detto orgoglioso di collaborare con Sant’Egidio…

    Noi lavoriamo sul principio. Siamo convinti che estendere i ‘corridoi umanitari’ significhi rubare acqua all’immigrazione illegale. Penso anche che i ‘corridoi’ siano solo una risposta. L’altra è quella di lavorare nei Paesi da cui provengono i profughi. Oggi è spesso impossibile: in Siria che lavoro puoi fare? Puoi solo lavorare per la pace.

     

    RICCARDI: FRANCESCO HA RISOLLEVATO LE SORTI DELLA CHIESA, MA CRESCE IL FENOMENO DELL’IDEOLOGIZZAZIONE DELLA FEDE, CHE ‘MISURA’ IL PAPA

    Passiamo a un altro tema: in questi giorni si sono ricordati i quattro anni del pontificato di Jorge Mario Bergoglio. Che cosa si sente di dire? 

    Se papa Francesco dirigesse una grande azienda, gli dovrebbero raddoppiare lo stipendio per quanto fatto…

    C’è chi pensa invece che dovrebbero mandarlo in pensione il prima possibile…

    Non si può negare che papa Francesco abbia risollevato le sorti della Chiesa…

    Della Chiesa cattolica o dell’uomo in quanto persona?

    Sono stato abituato a pensare che l’uomo-Papa sia legato alla Chiesa cattolica. Constato però che sta crescendo un fenomeno di ideologizzazione della fede.

    Ci spieghi… 

    E’ un fenomeno per cui noi vogliamo avere la verità in tasca e sulla verità che abbiamo in tasca noi misuriamo il Papa. Dimentichiamo così che il cattolicesimo ha una dinamica vivente e perciò cresce nella storia, nell’approfondimento della fede e anche nell’approfondimento dottrinale. E’ evidente che ogni Papa costringe il cattolicesimo a uno strappo, perché ogni Papa è insieme un elemento di continuità e di rottura.

    Anche Francesco è continuità e rottura? 

    Anche Francesco. Soltanto che oggi mi sembra che una parte dei vescovi e una parte non maggioritaria dei fedeli abbiano troppo un’idea ideologica della fede e giudichino troppo il Papa. Francesco per certi versi è un uomo della pietà tradizionale. Ma ha cancellato la rassegnazione del cristiano di essere minoranza e ha dato al cristianesimo un’accentuazione missionaria.  

     

    GIOVANNI XXIII: SAN GIUSEPPE, SANTO DEI DIPLOMATICI, PERCHE' HA SAPUTO GUARDARE, TACERE E AGIRE

    Siamo alla vigilia del 19 marzo, della festa di san Giuseppe… 

    Il Papa ha una grande venerazione per la Madonna ma anche per san Giuseppe, la cui statua tiene sulla sua scrivania. Papa Giovanni XXIII diceva che san Giuseppe è il santo dei diplomatici…

    …dei diplomatici? 

    Sì, perché ha saputo guardare, tacere e agire.

     

    FRANCESCO LEADER MONDIALE, CRESCE IL PESO DELLA DIPLOMAZIA PONTIFICIA

    Jorge Mario Bergoglio un diplomatico?

    Guardi, anch’io credevo di no. Però oggi mi rendo conto che papa Francesco è diventato un grande leader mondiale. Basta contare quanti capi di Stato vengono a fargli visita in Vaticano e quante volte la Santa Sede è stata sollecitata ad intervenire nelle contese internazionali, dalla Colombia al Mozambico, dal Venezuela…

    Beh, per quanto riguarda il Venezuela la faccenda è molto complessa e papa Bergoglio col suo intervento ha suscitato anche aspre critiche da parte di molti cattolici…

    Però il Papa ha fatto una grande operazione con Cuba e via dicendo. Io credo che l’attività della Santa Sede internazionale sia cresciuta moltissimo.

    In numero di interventi, in peso?

    Anche in peso. Qui a Roma stavano chiudendo le ambasciate presso la Santa Sede. L’Irlanda l’aveva chiusa e ora l’ha riaperta. Questo è un segnale chiaro di un interesse diplomatico. Certo siamo in un periodo di transizione. Però non possiamo dimenticare che noi abbiamo vissuto una rivoluzione senza accorgersene, la globalizzazione. Tutto resta uguale, ma si spostano le prospettive. Allora, per concludere, voglio dire che questo Papa sta tentando con coscienza e con fiuto una transizione nel mondo globale.

    P.S. L’intervista appare integralmente su   www.rossoporpora.org  e sul 'Giornale del Popolo' di Lugano (quotidiano cattolico della Svizzera italiana) nell’inserto ‘Catholica’ di sabato 18 marzo 2017.  Per la riproduzione di ogni sua parte si richiede la citazione della fonte. La riproduzione di questa intervista o di parti consistenti di essa è possibile solo richiedendo l’autorizzazione a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.  o a  Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

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