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    AL-AZHAR E FRATELLANZA - LIBANO, HEZBOLLAH E HAMAS - L'UNGHERIA ONORA GIUSEPPE RUSCONI

    AL-AZHAR E FRATELLANZA - LIBANO, HEZBOLLAH E HAMAS  - L’UNGHERIA ONORA GIUSEPPE RUSCONI - www.rossoporpora.org – 28 novembre 2023

     

    La curiosa fratellanza del grande imam di Al-Azhar Ahmed al-Tayyeb. Su Libano, Hezbollah e Hamas alcuni approfondimenti tratti dalle riviste italiane di geopolitica Limes e Domino. Giovedì 23 novembre a Giuseppe Rusconi è stata conferita la Croce d’oro al Merito della Repubblica di Ungheria, come da decreto della presidente Katalin Novák.. La ‘laudatio’ dell’ambasciatore Edoardo d’Asburgo-Lorena e il ringraziamento di Giuseppe Rusconi. Piccola galleria fotografica.

    Mentre scriviamo persiste in Terrasanta una tregua, peraltro molto fragile (giunta all’ultimo giorno previsto originariamente, è stata prolungata di altri due), che ha permesso fin qui ad alcune decine di ostaggi israeliani e di altre nazionalità di tornare a casa. Nel contempo sono stati scarcerati oltre un centinaio di palestinesi, in larga parte detenuti per reati gravi contro la persona.

    Intanto ci sembra giusto far memoria di alcune dichiarazioni che l’Università egiziana sunnita di Al-Azhar ha fatto dopo il feroce attacco di Hamas il 7 ottobre scorso.  Ci si ricorderà come la Moschea e l’Università di Al-Azhar siano guidate dall’ imam Ahmed al-Tayyeb, che Jorge Mario Bergoglio considera un ‘grande amico’ (certo più amico del  cardinale Raymond L. Burke, per il quale il Papa della misericordia, dell’inclusione, della parresia, insomma del todos todos todos ha ventilato minacciosamente - come riferisce La Nuova Bussola Quotidiana del 27 novembre 2023 - la cacciata dall’appartamento vaticano e la sospensione dello stipendio). Ebbene… il ‘grande amico’ Al-Tayyeb, da imam di Al-Azhar, lo stesso 7 ottobre (ribadendo certe sue dichiarazioni di una vita) ha voluto (tra l’altro) “trasmettere le sue sentite condoglianze per i nostri martiri, i martiri della nazione islamica e araba, i martiri dell’orgogliosa Palestina, che hanno raggiunto il martirio per difendere la loro patria, la loro nazione e la loro causa, la nostra causa e la causa di tutte le persone che hanno dignità nel mondo: la causa palestinese. Al-Azhar prega Allah di concedere al popolo palestinese la fermezza di fronte alla tirannia sionista e al terrore. (…) Al-Azhar saluta con estremo orgoglio gli sforzi di resistenza dell’orgoglioso popolo palestinese e chiede che il mondo civilizzato e la comunità internazionale esaminino in uno spirito di razionalità e saggezza l’occupazione sionista della Palestina, che è l’occupazione più prolungata nella storia moderna. Questa occupazione è una macchia sulla fronte dell’umanità e della comunità internazionale”.  

    L’opinione del ‘grande amico’ - co-firmatario con il Papa del Documento di Abu Dhabi sulla “Fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune”, del 4 febbraio 2019 – non è cambiata nel corso degli anni, se pensiamo ad esempio a una sua dichiarazione del 4 aprile 2002: “La soluzione al terrore israeliano risiede nella proliferazione degli attacchi suicidi che diffondono terrore nel cuore dei nemici di Allah (…) I Paesi, governanti e sovrani islamici devono sostenere questi attacchi di martirio”.

    Il 19 ottobre 2023 Al Azhar ha poi emesso una fatwa contro i coloni israeliani dei Territori occupati, che non possono essere definiti “civili”, dato che “occupano la terra, usurpano i diritti, deviano dalla retta via incarnata dai profeti e disprezzano manifestamente la sacralità della città di Gerusalemme, che racchiude in sé l’eredità islamica e cristiana che va rispettata”. In realtà, essendo Israele percepito in larga parte del mondo arabo come usurpatore, la fatwa è facilmente interpretabile come diretta a tutti gli ebrei israeliani. Diciamo che come esempio di fratellanza umana ci sarebbe forse di meglio da frequentare (per quanto riguarda invece la sorellanza, manifestatasi sabato 25 novembre in particolare a Roma… ce ne occuperemo nel prossimo articolo…)

     

    LIBANO: LE ANALOGIE NEL DNA DI HEZBOLLAH E HAMAS (RIFLESSIONI TRATTE DA LIMES E DA‘DOMINO)

    Questo ci tenevamo a riferire, prima di approfondire – sempre nel contesto del conflitto medio-orientale – alcuni aspetti della situazione libanese. Un Paese, quello dei Cedri, che è sull’orlo del precipizio: la lettera recentissima dei patriarchi e dei vescovi cattolici del Libano (vedi https://www.rossoporpora.org/rubriche/vaticano/1166-libano-un-appello-vibrante-ravasi-e-l-occhio-per-occhio.html ) ne è una prova ben documentata.

    Come è noto tra gli attori protagonisti della quotidianità libanese c’è Hezbollah, il ‘partito di Dio’, sciita, che anche in questo mese e mezzo passato dall’azione efferata di Hamas, non ha mai smesso di ‘punzecchiare’ Israele attorno alla Linea Blu, la linea di demarcazione tra i due Paesi, voluta dall’ONU nel 2000 (dopo la fine dell’occupazione israeliana).

    Come è nata Hezbollah, quali sono i suoi principi e obiettivi, che cosa sta succedendo in queste settimane, quali sono le prospettive? Ecco alcune domande di fondo cui si tenta di rispondere nell’ultimo numero di due riviste italiane di geopolitica: Domino (diretta da Dario Fabbri e edita da Enrico Mentana) e Limes (diretta da Lucio Caracciolo e edita dal gruppo Gedi di Repubblica).

    Su Domino 11/23, posto sotto il titolo “Fronti di guerra globale”, lo storico Enrico Raugi si occupa delle “pericolose affinità tra Hamas e Hezbollah”. Scrive tra l’altro Raugi: “Non si può non riconoscere come il manifesto politico di Hezbollah (NdR: fondata nel 1985) tenda alla sinonimia di quella che sarà, tre anni dopo, la carta di Hamas: un acceso antiimperialismo (specialmente rivolto contro gli Stati Uniti), la costruzione di uno Stato islamico, l’obiettivo primo di distruggere Israele e liberare la Palestina. Infine non è da escludere che la vicinanza di Hezbollah alla causa palestinese debba ritrovarsi anche nelle condizioni mai risolte di disagio materiale e di esclusione sociale e politica che le due comunità avevano da sempre subito nelle proprie terre”.

    C’è però un’altra analogia: “Alla stregua della Fratellanza musulmana, nel Sud del Libano Hezbollah continua ad agire come sostituto dello Stato centrale: attraverso la costruzione di scuole, ospedali e altri servizi utili, capitalizza la fiducia e il consenso della popolazione locale (anche non sciita) alla sua causa”.

    Limes 10/2023 è centrato sulla “Guerra grande in Terrasanta” e in tale contesto si occupa del Libano con un articolo del giornalista specializzato Lorenzo Trombetta, che da lungo tempo lavora in loco. Il corposo approfondimento della politica seguita oggi di Hezbollah si apre con un’affermazione ben netta: “La guerra di logoramento tra gli hezbollah libanesi e Israele lungo la linea di demarcazione tra i due Paesi è solo agli inizi”. Osserva poi l’autore: “Nei 17 anni di relativa stabilità a ridosso della Linea Blu, il movimento armato sciita ha costantemente spinto i governi israeliani ad accettare diverse sfumature di violenza. Ha cambiato, a volte impercettibilmente, le regole d’ingaggio. (…) Lo Stato ebraico ha sempre risposto con relativa moderazione. (…)

    In piena linea di continuità con il passato, a partire dal 7 ottobre Hezbollah ha continuamente aggiornato, ora dopo ora, le regole di ingaggio e trascinato così Israele in una spirale di crescente violenza. Il numero delle vittime tra i combattenti armati sciiti (NdR: al momento oltre sessanta) è sufficiente a indicare una notevole crescita quantitativa rispetto ai primi giorni di botta e risposta. (…) In una prima fase, dall’8 al 27 ottobre, a cambiare sono stati la frequenza e il calibro dei colpi sparati. (…) Dal 28 ottobre si è entrati nella seconda fase del conflitto, caratterizzata da una novità: il partito di Dio è stato capace di abbattere almeno un drone israeliano e ha cominciato a lanciare missili verso l’Alta Galilea. (…) Nelle prime due settimane di guerra, circa 20mila civili sono fuggiti dalle zone frontaliere, cercando riparo da parenti e amici nelle due principali città del Sud, Tiro e Sidone. Alcuni hanno raggiunto Beirut e il Monte Libano”.

    Trombetta affronta poi il tema cruciale del consenso di cui Hezbollah gode nel Libano meridionale: “Si tratta, perlopiù, di persone orgogliose della loro identità libanese che mantengono un rapporto pragmatico e opportunista con Hezbollah. Dal loro punto di vista, tra il 2006 e l’attacco del 7 ottobre scorso il Partito di Dio ha garantito un senso di stabilità e sicurezza senza paragoni dal 1948. (…) Non significa che siano entusiasti di trovarsi al centro di un conflitto lanciato per sostenere la causa palestinese. Per questo Hezbollah ritiene cruciale mantenere alto il consenso, almeno formale, di circa un milione di libanesi del Sud, continuando a presentarsi come entità armata che difende il Paese dalle aggressioni nemiche”.

    Certo, se Hezbollah può spadroneggiare, è anche per demerito altrui: “Nella mappatura degli attori coinvolti nel conflitto con Israele sembrano mancare le istituzioni e le altre forze politiche libanesi. (…) Il premier uscente Nagib Miqati e alcuni altri ministri hanno più volte affermato che il Paese non cerca un conflitto con Israele, ma hanno anche adottato in maniera acritica la narrazione del Partito di Dio e dell’intero asse della resistenza: il Libano è sotto attacco e deve difendersi”. Ed è vero che “in queste prime settimane di conflitto, anche le forze tradizionalmente ostili al conflitto con Israele sono rimaste a guardare, prevalentemente in silenzio, timorose di essere additate come antinazionaliste”. Su queste considerazioni chiudiamo per il momento la pagina libanese.

     

    CROCE D’ORO AL MERITO DELLA REPUBBLICA DI UNGHERIA PER GIUSEPPE RUSCONI

    Giovedì 23 novembre Giuseppe Rusconi è stato insignito della Croce d’oro al Merito della Repubblica di Ungheria. La cerimonia ufficiale, ma privata, si è tenuta nel salone della residenza dell’ambasciatore presso la Sante Sede e il Sovrano Ordine di Malta Edoardo d’Asburgo-Lorena. L’onorificenza è stata conferita con un decreto a firma della presidente Katalin Novák a “Giuseppe Rusconi, scrittore, giornalista vaticanista, fondatore del blog Rossoporpora in riconoscimento della sua dedizione e attività di alto livello volta a rafforzare la buona considerazione dell’Ungheria all’estero e nel promuovere le sue aspirazioni sulla stampa”.

    Di seguito il discorso dell’ambasciatore Edoardo d’Asburgo Lorena:

    Un evento gioioso ha luogo oggi quando ho l’onore di consegnare un’onorificenza di Stato dell’Ungheria al Dott. Giuseppe Rusconi, partner fedele della nostra Ambasciata, amico dell’Ungheria, scrittore, giornalista vaticanista, fondatore del blog Rossoporpora. (…) Prima di consegnare l’onorificenza al Dott. Giuseppe Rusconi, vorrei leggere la sua laudatio.

    Giuseppe Rusconi è nato a Bellinzona, in Svizzera nel 1949. Il cattolico Rusconi si interessava già da giovane della vita pubblica e della politica. È stato attivo nell’Azione cattolica della diocesi di Lugano e nel partito liberale ticinese, di cui è stato consigliere comunale a Giubiasco e vicepresidente giovanile.  Diplomato nel 1968 presso la sezione letteraria del Liceo cantonale di Lugano e laureato nel 1973 presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. All’inizio della sua carriera ha lavorato come docente di scuola secondaria: prima insegnava letteratura italiana e storia per dieci anni nei ginnasi di Bellinzona e di Giubiasco, poi – dal 1978 al 1988 – presso il Liceo Svizzero di Roma. La città eterna, dove lui vive anche oggi, è diventata sua seconda patria in quel tempo. Durante il suo periodo a Roma era attivo come organizzatore di convegni a Roma (in collaborazione con l’Ambasciata elvetica e l’Istituto svizzero) ed ha cominciato a lavorare come giornalista collaborando con quotidiani svizzeri. Fra il 1988 e il 1995 vive di nuovo in Svizzera, attivo come giornalista parlamentare ed editorialista a Berna per il Corriere del Ticino. Nel 1996 torna a Roma dove lavora come giornalista vaticanista. Nel 1998 prova un nuovo mestiere, quello dell’addetto alle pubbliche relazioni del Gruppo aziendale RE fino al 2012. In tale veste incontra numerosi cardinali, vescovi e superiori generali. Diventa direttore della rivista mensile Il Consulente RE - che è diretta in particolare alle gerarchie vaticane e italiane. Qui appaiono regolarmente le sue interviste a personalità soprattutto del mondo cattolico. Qui fonda la sua rubrica cardinalizia Rossoporpora. Pubblica prima “Ecclesiastici ticinesi a Roma nel Settecento”, poi “L’impegno – Come la Chiesa italiana accompagna la società nella vita di ogni giorno” . Nel 2009 esce Il Consulente RE online.

    Nel 2013 si avvia il blog “Rossoporpora” che è da allora una fonte di notizie vaticane popolare, autorevole, conservatore, ben letto nelle cerchie vaticane che si occupano accanto alle vicende della Santa Sede anche di temi ecclesiastici internazionali. Rusconi pubblica spesso articoli sull’Ungheria sul blog Rossoporpora che riconoscono apertamente la politica del Governo ungherese. Polemizza schiettamente contro le affermazioni dei media mainstream che condannano l’Ungheria, mentre lui difende la nostra patria, considerandola come un rappresentante „normale” di un mondo passato.

    Recentemente ha scritto della visita del Papa, e quel che ha osservato avrà deluso i media mainstream (discepoli del Pensiero Unico Mediatico,  PUM; espressione specificatamente creata da lui). I media mainstream speravano che il capo della Chiesa Cattolica condannasse  il malvagio Viktor Orbán a Budapest, invece la sua è stata una visita calorosa. Nei suoi articoli, Rusconi elogia l’Ungheria come custode dei valori europei e cristiani e loda la politica demografica e familiare ungherese. Ci vuole coraggio! Rusconi si è guadagnato un indiscutibile merito con i suoi articoli che presentano agli opinionisti vaticani la politica del governo ungherese in tono favorevole. In questo modo, ha contribuito in modo determinante alla creazione di un’immagine credibile dell’Ungheria nella stampa ed a rafforzare la reputazione dell’Ungheria all’estero, cosa di cui gli siamo molto grati”

    E’ seguito il ringraziamento a braccio di Giuseppe Rusconi:

    “Sono commosso. Stamattina sto vivendo un’esperienza del tutto imprevista e sono molto grato a chi me ne ha offerta l’occasione. Un’onorificenza… perdipiù dalla Repubblica di Ungheria… consegnata da un Asburgo, bisbisnipote di Francesco Giuseppe e Sissi…. E’ vero però che nel mio cuore l’Ungheria c’è da sempre!

    Mia nonna Dirce ogni giorno, già a cinque anni, mi mandava ad acquistare il Corriere della Sera alla cartoleria Giuliani nella Piazza grande di Giubiasco. In quegli anni, quando – prima di mezzogiorno -  tornavo dalla scuola, sempre prendevo il Corriere…. Insomma ho incominciato presto a frequentare i giornali! Nel 1956, a fine ottobre, avevo ormai sette anni e mezzo ed ero già in grado di capire un po’ di quello che stava succedendo a Budapest. Nutrivo una spontanea simpatia per gli insorti… alcuni nomi attiravano la mia attenzione, quello del colonnello Pal Maleter, quello del cardinale József Minszenty… Avanti ragazzi di Buda, avanti ragazzi di Pest, studenti, braccianti, operai, il sole non sorge più a est come dice la canzone di Pierfrancesco Pingitore del 1966. Quando i carri armati sovietici repressero l’insurrezione, mi sentii profondamente colpito per la sorte toccata all’Ungheria…

    Nel febbraio del 1957 mio padre Pietro mi portò nella vicina Bellinzona per vivere un momento molto atteso dalla popolazione: nei pressi della vecchia caserma, davanti a noi sfilarono centinaia di profughi ungheresi… un grande silenzio, pastrani neri sulla neve bianca… un’immagine incancellabile nella mia memoria.

    Poi. Da bambino uno dei primi libri letti è stato “I ragazzi della via Pál” di Ferenc Molnar. Appassionante e coinvolgente, con la lotta tra due gruppi di ragazzi di Budapest, con i rispettivi quartieri generali in via Pál e all’Orto botanico (le Camicie rosse). I comandanti Boka e Ats, il soldato semplice Nemecsek così fragile e però di volontà ferrea, morto poi di polmonite dopo essere stato buttato nel laghetto.

    Ancora: in quegli anni tifavo per il Real Madrid, in cui rifulgeva la stella di Alfredo Di Stefano, che giocava con altre stelle al fianco come il centravanti esule ungherese Ferenc Puskás.

    Nel 1980 poi ebbi l’occasione di andare un giorno a Budapest da Vienna, dove mi avevano invitato figli di diplomatici austriaci cui insegnavo al Liceo svizzero di Roma: i Pammer, i Proksch…Mi ricordo le facciate tristi, grigie dei palazzi del centro…

    Ben altra esperienza nel 2004, quando, accompagnando il coro femminile di mons. Pablo Colino, soggiornai con mia moglie Paola nella stanza occasionalmente occupata dal cardinale Francesco Marchisano nel seminario di Nyiregyhaza, città nell’Ungheria nord-orientale. E lì tutti scoprimmo i preti greco-cattolici circondati da marmocchi, tanti marmocchi, molto gioiosi. Ricordo poi il concerto nel santuario di Mariapocs e quello nella chiesetta di Tolcsva, con la popolazione tutta vestita a festa. Di seguito poi un’indimenticabile cena tra gulasch, canti e Tokaj bevuto in sei versioni diverse dalle cannelle provenienti da grandi botti. Qualcosa di unico… e  mia moglie ne è testimone!

    Nel 2019 ho anche avuto l’occasione di incontrare presso l’Accademia di Ungheria a via Giulia l’allenatore della nazionale di calcio, l’italiano Marco Rossi. Gli si deve riconoscere di aver riportato l’Ungheria tra le migliori nazionali d’Europa. E ogni volta che gioca a Budapest l’Ungheria commuove per la determinazione e per l’affetto straripante che il suo pubblico le trasmette. Penso ad esempio a quel che possiamo vedere ed ascoltare durante l’esecuzione del bellissimo inno nazionale ungherese…

    Da parte mia ho sempre potuto godere della disponibilità e della cortesia delle rappresentanze diplomatiche ungheresi a Roma e in particolare di questa, guidata dal carissimo ambasciatore Edoardo d’Asburgo-Lorena. Ho salutato il 21 aprile dell’anno scorso il premier Viktor Orbán , a Roma, dopo che era stato ricevuto in udienza dal Papa. Ho conosciuto e intervistato diversi ungheresi, a partire proprio dall’ambasciatore e dal cardinale Peter Erdö, arcivescovo di Esztergom-Budapest. Insomma, ditemi voi, come fa l’Ungheria a non essere ben presente nel mio cuore? Grazie veramente a tutti!”

    Applausi, lieti conversari e brindisi, come giusto, anche con Tokaj.

    P.S. A seguire una breve galleria fotografica sul conferimento dell’onorificenza.

     

     

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