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    FOLLIE, ALLEANZA EDUCATIVA - ORBAN - DELPINI, UN'OMELIA NON BANALE

    FOLLIE, ALLEANZA EDUCATIVA – ORBAN – DELPINI, UN’OMELIA NON BANALE - di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org- 19 giugno 2023

     

    Episodi di cronaca ormai ricorrenti e sempre più inquietanti evidenziano un degrado educativo che sembra inarrestabile. Come reagire? Un convegno di ‘ProVita&Famiglia’ presso la Camera dei deputati sull’alleanza educativa. Un’intervista a Victor Orbán su ‘Libero’. L’omelia dell’arcivescovo di Milano Mario Delpini ha sollevato polemiche: qualche riflessione in materia.

    Generalizzare sarebbe sbagliato: sono ancora tanti i giovani che operano con gioia nel volontariato, tanti quelli che si impegnano con serietà nello studio, con voglia di fare nel lavoro e sono disponibili alle necessità in famiglia. Tuttavia è difficile negare che la società fluida - quella che considera in primo luogo l’uomo come consumatore (e dunque acquirente) indebolendone identità e punti di riferimento morali – avanza inesorabilmente anche grazie alla latitanza di chi dovrebbe combatterla. Non è questa una deriva nuova: se le origini si ritrovano nel Sessantotto (politicamente perdente, culturalmente vincente), tale deriva si è indubbiamente accelerata con la nascita delle televisioni commerciali che  - mirando, come si diceva, all’uomo-consumatore - hanno conseguentemente abbassato il livello dei loro programmi, trascinando nel precipizio larga parte anche della televisione pubblica. Il resto l’ha fatto l’esplosione dei social, strumenti bifronti di comunicazione, che – se utilizzati con superficialità o cattiveria – non alimentano di certo il buon senso della comunità e l’umanità dei suoi membri.  

    C’è dunque purtroppo poco da stupirsi se, inebriati dal numero di like che danno notorietà e garantiscono ricavi non indifferenti, non pochi adolescenti e giovani (non raramente imbottiti di droga, dalla cannabis in avanti) si prestano a sfide impossibili, di un cinismo estremo e anche oggettivamente criminali, in cui il confine tra morte e vita (propria e altrui) è molto labile. Recentissimi i casi di Casalpalocco (Roma, con cinque giovani a bordo di un Suv Lamborghini noleggiato a guidare per 50 ore di fila, con la conseguenza della morte di un passeggero di una Smart investita, un bambino di 5 anni) e del fiume Secchia (un diciottenne che si è tuffato laddove la corrente è più forte per provare all’amico e ai follower di saper riemergere… ma non è più riemerso se non cadavere).  

    In una società dominata dalla fluidità come la nostra, anche una parte delle famiglie si mostra del tutto inadeguata e altrettanto cinica dei loro figli a fronteggiare il degrado (come è emerso dai vari ‘ma so’ ragazzi…è una bravata … copriremo di soldi la famiglia del morto detti da parenti degli youtuber di Casalpalocco). Anche qui, purtroppo, non c’è da stupirsi: chi ha seminato una società fluida, individualista all’estremo, priva di vincoli morali e di riferimenti alti, raccoglie ciò che era facilmente prevedibile.

    IL CONVEGNO DI PROVITA&FAMIGLIA SULL’ALLEANZA EDUCATIVA

    Occorre reagire… ma come? Qualche ipotesi realisticamente percorribile è venuta dal convegno promosso l’8 giugno 2023 presso la Camera dei Deputati da ProVita&Famiglia e posto sotto il titolo “Dall’emergenza all’alleanza educativa. Liberare l’energia dei giovani italiani da trappole, disagi e dipendenze”. Come ha inizialmente evidenziato Jacopo Coghe (portavoce dell’associazione) “è in atto in Italia una vera e propria emergenza educativa che, partendo dalle situazioni di degrado scolastico e da problemi di tipo economico-sociale come la mancanza di infrastrutture, la dispersione scolastica, l’uso di sostanze stupefacenti tra i giovani, passa anche attraverso una perdita dei valori fondanti della scuola, in primis del primato educativo che spetta di diritto alle famiglie”. Del Convegno, onorato inizialmente dal messaggio del presidente della Camera Lorenzo Fontana (“La centralità della famiglia nel sistema educativo, in opposizione a ogni tendenza alla deresponsabilizzazione, deve essere ribadita con forza”), riprendiamo qualche spunto offerto dai relatori che hanno lumeggiato aspetti diversi del presente degrado.

    Il presidente dell’associazione Toni Brandi ha ribadito la centralità della famiglia nel “vitale ruolo di educare”: “Allo Stato, alle Istituzioni ed agli educatori spetta il compito di accompagnare i genitori, non contrastarli”. 

    PAOLA FRASSINETTI: DISAGIO GIOVANILE PREOCCUPANTE

    Paola Frassinetti, sottosegretario all’Istruzione e al Merito, ha detto di aver verificato con mano nei primi mesi di governo una “situazione di disagio giovanile preoccupante”. In riferimento a una delle deleghe ricevute, quella per l’educazione civica, Paola Frassinetti ha ricordato che essa comprende anche l’insegnamento “a sdrammatizzare le situazioni contingenti, non dirsi stressati a causa dei voti, perché nessuno muore per un voto insufficiente”. Sulla richiesta di uno psicologo a scuola, andrebbe utilizzato “solo in casi estremi”, anche perché “non bisogna creare allarmismi diffusi… non tutti i ragazzi hanno bisogno di uno psicologo”.

    MASSIMO GANDOLFINI: L’USO DI DROGA RICHIEDE FORTE DISAPPROVAZIONE SOCIALE – CANNABIS E SCHIZOFRENIA

    Il sottosegretario ha anche accennato alla rilevanza del tema della tossodipendenza giovanile, che è stato sviluppato dal neurochirurgo Massimo Gandolfini (Family Day): “Spesso si fa uso di droghe e si inizia con cannabis e marijuana in età adolescenziale per non stare male, per sentirsi meglio e per curiosità, ovvero perché gli altri lo fanno. Si tratta però di sostanze per niente innocue e non ci sono studi adeguati neanche per il presunto ‘uso terapeutico’. Negli adolescenti l’uso di queste sostanze può provocare anomalie dello sviluppo cerebrale, causare disordini mentali, dipendenza, depressione, psicosi e incide negativamente sulla perfomance scolastica e lavorativa”. Gandolfini ha poi insistito sulla necessità di una disapprovazione pubblica dell’uso di droghe (… per l’alcool si tratta invece di ‘abuso’), citando anche i dati di un’indagine scientifica americana, da cui risulta che, se nel 1992 il livello di disapprovazione sociale per l’uso di droghe era del 91% con un uso da parte del 17% dei giovani, nel 2010 il livello di disapprovazione era sceso al 47% e l’uso salito al 49%. Da uno studio approfondito danese su 6,9 milioni di individui tra i 16 e il 49 anni (studio sviluppatosi in riferimento al periodo 1972-2021), emerge con chiarezza il legame tra cannabis e schizofrenia: “La legalizzazione – ha evidenziato Gandolfini – ha impattato sulla percezione pubblica, perché ha nascosto le conseguenze gravi dell’uso di droga”.

    MARIA RACHELE RUIU, SUOR ANNA MONIA ALFIERI, TONINO CANTELMI, PIERLUIGI BARTOLOMEI

    Come di consueto appassionato l’intervento di Maria Rachele Ruiu (direttivo di ProVita&Famiglia): “Decine di progetti di ideologia gender arrivano nelle scuole di ogni ordine e grado, e quando non arrivano nelle scuole si indottrinano direttamente le educatrici dei più piccolini, affinché li confondano, come è successo a Roma. Il ‘modus operandi’ è sempre uguale e sempre devastante. I progetti vengono presentati alle famiglie con la scusa di sostenere la loro educazione al rispetto incondizionato, contro le discriminazioni e il bullismo, contro i femminicidi e poi troppo spesso si traducono in altro: cambiamento di genere per minori, libri che sponsorizzano pratiche illegali come l’utero in affitto (…) fino a quando non indicano come libertà il superamento del binarismo sessuale”.

    Portabandiera instancabile della scuola statale paritaria, suor Anna Monia Alfieri ha insistito sul fatto che se “una scuola paritaria è eventualmente caratterizzata da finalità confessionali, ciò è pienamente ammissibile: ritenere che questo sia contrario alla Costituzione è gravemente lesivo, oltre che del pluralismo ideologico, anche della libertà religiosa”.

    I nostri giovani sono attraversati da sentimenti quali malinconia, tristezza, paura, incertezza rispetto al futuro” – ha osservato lo psicologo Tonino Cantelmi, che ha richiamato “dati inquietanti” a tale proposito, come “un aumento di tre volte, dopo la pandemia, dell’autolesionismo, di comportamenti oppositivi-provocatori, autodistruttività, rabbia”.

    Il preside della Scuola professionale ELIS di Roma, Pierluigi Bartolomei, ha infine segnalato come problema urgente “la dispersione scolastica devastante, con dati che al Sud arrivano anche al 30%”. Il fatto è, ha proseguito riallacciandosi alle sue esperienze, che “i giovani vanno a scuola, ma non capiscono perché ci vanno e quindi l’alleanza tra genitori, scuola, ragazzi e mondo del lavoro serve per porre fine a questa emergenza”.

     

    DA UN’INTERVISTA A VICTOR ORBAN (Pietro Senaldi, condirettore di ‘Libero’ ha intervistato il premier ungherese Victor Orbán, a Milano per i funerali di Silvio Berlusconi. L’intervista è apparsa nell’edizione del 16 giugno 2023)

    . Pecore nere. Siamo le pecore nere, ma per noi ungheresi non è un problema. Cantiamo fuori dal coro da sempre. Lo facevamo anche quando stavamo sotto l’Unione Sovietica, oltre cortina, e siamo stati i primi a batterci per la libertà.

    . Berlusconi. Sulla guerra in Ucraina la pensava come me (…) Chiunque sulla guerra in Ucraina non la pensi come Biden viene tacciato di putinismo. Lo direbbero anche del Papa, e non lo fanno solo per sacro rispetto. Berlusconi era un uomo di pace e aveva dei rapporti eccellenti con Putin. Se si fosse voluto, avrebbe potuto essere utilizzato come mediatore e sono certo che avrebbe trovato una strada diplomatica.

    . Non amate i gay? Anche questa è una bugia: noi semplicemente ci opponiamo al dominio dell’ideologia gender come modello sociale. Difendiamo la famiglia tradizionale come motore della società. Se non sbaglio lo dice anche la vostra Costituzione.

    . Meloni. Io tifo per lei, visto che la sostenevo anche quando era solo al 4%. Da ungherese, quando divento amico di una persona, tendenzialmente lo resto per sempre. Quando sono stato ospite ad Atreju, nel 2019, mi sono sentito di casa. Ho avuto la percezione di appartenere a una comunità unica, legati da un trasporto che non aveva bisogno di parole per essere percepito e descritto. D’un tratto qualcuno ha intonato ‘Avanti ragazzi di Buda, avanti ragazzi di Pest’ e io ho risposto ‘Avanti ragazzi di Roma…

     

    L’ARCIVESCOVO DELPINI SU BERLUSCONI: UN’OMELIA FUNEBRE PARTICOLARE

    C’è chi – una nota cattolica spesso dolente  - l’ha definita su La Stampa brutta, intessuta di banalità”, suggellata da applausi “molto mal riposti”: avrebbe preferito una catechesi sulla morte e sul Giudizio.

    C’è chi – un ex-segretario del Partito Radicale, avvezzo per anni alle ‘omelie’ di Pannella e Bonino, poi fulminato sulla via di Arcore – ha faticato “a comprendere gli applausi e gli svariati elogi” e ha trovato “i paragrafi conclusivi, freddi, duri, senza il calore di una carezza (che non si avvertiva nemmeno nel tono con cui l’omelia è stata pronunciata)”

    C’è chi – un noto turiferario, protuberanza del chiacchiericcio vaticano, annota anch’egli (ma da sponda opposta rispetto all’ex-segretario radicale convertito) su Il Fatto quotidiano online: “Nessuna canonizzazione, ma un’omelia molto breve, gelida e assolutamente distaccata, senza alcun riferimento biografico” (con tale metro di giudizio come avrebbe potuto definire il Nostro l’omelia funebre di papa Francesco per il suo predecessore?)

    C’è chi, per finire – una nota esponente dei salotti che mediaticamente contano – la paragona su Repubblica a quella del cardinale Zuppi per la morte di Flavia Prodi Franzoni: la prima “aveva il passo e il tono di un’indulgenza plenaria”, mentre nella seconda – quella bolognese – emergeva “il valore di chi lavora al rammendo, all’unione, alla tutela di chi resta indietro” (ma è serio oppure demagogico confrontare due omelie tanto diverse, riguardanti persone così distanti tra loro, la seconda poi pronunciata da un amico di famiglia?)

    Naturalmente ci stiamo riferendo all’omelia che l’arcivescovo Mario Delpini ha pronunciato mercoledì 14 giugno nel duomo di Milano per i funerali di Silvio Berlusconi. Un’omelia che a nostro parere è stata una sorta di capolavoro nel suo genere.

    Chi l’ha pronunciata, l’ha fatto con visibile passione (altro che con ‘distacco’!), testimoniando così come ne sia stato autore. Ed è giunta immediata alle menti e ai cuori dei presenti e dei sei milioni e mezzo di telespettatori collegati. Del resto l’arcivescovo Delpini sa comunicare: l’ha dimostrato più volte sia nei numerosi brevi scritti indirizzati al suo popolo (ricordiamo ad esempio “E la farfalla volò” oppure “Reverendo, che maniere! Piccolo galateo pastorale”) che in circostanze particolari, come quella dell’ingresso a Como – il 31 agosto 2022, festa del patrono sant’Abbondio - da neo-cardinale del vescovo Oscar Cantoni (nell’occasione il ‘saluto’ dell’arcivescovo al suo gerarchicamente subordinato fu intriso di un’ironia tale da far sbellicare dalle risate molti dei presenti).

    Sa comunicare l’arcivescovo di Milano. L’omelia è stata tanto breve (sette minuti) quanto intensa, strutturata in due parti con conclusione. Volute le tante ripetizioni e asserzioni. La prima parte si imperniava sull’indubbio vitalismo del Defunto (di cui non si dice il nome) espresso attraverso il trinomio “desiderio di vita, desiderio di amore, desiderio di gioia”, interpretati tra gioie e dolori e che però troveranno in Dio “giudizio e compimento”. La seconda parte era incentrata su aspetti fondamentali della vita quotidiana del Defunto: anche qui un trinomio comprendente “l’uomo d’affari, l’uomo politico, l’uomo di spettacolo”, con comportamenti altalenanti in un susseguirsi di vittorie e sconfitte. Nelle conclusioni emerge il nome del Defunto, Silvio Berlusconi, che è stato tutto questo e ora, uomo, incontra Dio e in Lui trova giudizio e compimento.  

    Un’omelia certo inconsueta, ma mirabile. Per l’approccio all’argomento, per la scelta dei ritmi che evocavano la grandeur omiletica. In sette minuti Delpini ha ridato, con sapienza raffinata, le caratteristiche dell’uomo Silvio Berlusconi nella sua interezza di nobiltà e miserie, ricca di slanci vitali, di generosità, di lungimiranza e anche di episodi meno decorosi, in una tempesta di contrasti accesissimi e permanenti. Il tutto nella prospettiva del Giudizio divino. Non è stata dunque “un’indulgenza plenaria”, ma si è rivelata un ritratto di umana verità – altro che “omelia gelida”! -  che non poteva non spingere all’applauso spontaneo larga parte dei presenti in Duomo. Nell’occasione una catechesi su morte e giudizio, di alta teologia, ci pare di intuire che avrebbe strappato solo sbadigli.

    Vale la pena di riprodurre anche noi integralmente l’omelia: un unicum come unico – nel positivo e nel negativo - è stato il suo protagonista.  

    Ecco l’uomo: un desiderio di vita, di amore, di felicità (omelia dell’arcivescovo di Milano Mario Delpini per i funerali di Silvio Berlusconi, duomo di Milano 14 giugno 2023)

    Vivere

    Vivere e amare la vita.

    Vivere e desiderare una vita piena.

    Vivere e desiderare che la vita sia buona, bella per sé e per le persone care. Vivere e intendere la vita come una occasione per mettere a frutto i talenti ricevuti. Vivere e accettare le sfide della vita. Vivere e attraversare i momenti difficili della vita. Vivere e resistere e non lasciarsi abbattere dalle sconfitte e credere che c’è sempre una speranza di vittoria, di riscatto, di vita. Vivere e desiderare una vita che non finisce e avere coraggio e avere fiducia e credere che ci sia sempre una via d’uscita anche dalla valle più oscura. Vivere e non sottrarsi alle sfide, ai contrasti, agli insulti, alle critiche, e continuare a sorridere, a sfidare, a contrastare, a ridere degli insulti. Vivere e sentire le forze esaurirsi, vivere e soffrire il declino e continuare a sorridere, a provare, a tentare una via per vivere ancora.

    Ecco che cosa si può dire di un uomo: un desiderio di vita, che trova in Dio il suo giudizio e il suo compimento. 

    Amare ed essere amato.

    Amare e desiderare di essere amato. Amare e cercare l’amore, come una promessa di vita, come una storia complicata, come una fedeltà compromessa. Desiderare di essere amato e temere che l’amore possa essere solo una concessione, una accondiscendenza, una passione tempestosa e precaria. Amare e desiderare di essere amato per sempre e provare le delusioni dell’amore e sperare che ci possa essere una via per un amore più alto, più forte, più grande.

    Amare e percorrere le vie della dedizione. Amare e sperare. Amare e affidarsi. Amare ed arrendersi.

    Ecco che cosa si può dire dell’uomo: un desiderio di amore, che trova in Dio il suo giudizio e il suo compimento. 

    Essere contento.

    Essere contento e amare le feste. Godere il bello della vita. Essere contento senza troppi pensieri e senza troppe inquietudini. Essere contento degli amici di una vita. Essere contento delle imprese che danno soddisfazione. Essere contento e desiderare che siano contenti anche gli altri. Essere contento di sé e stupirsi che gli altri non siano contenti. Essere contento delle cose buone, dei momenti belli, degli applausi della gente, degli elogi dei sostenitori. Godere della compagnia. Essere contento delle cose minime che fanno sorridere, del gesto simpatico, del risultato gratificante. Essere contento e sperimentare che la gioia è precaria. Essere contento e sentire l’insinuarsi di una minaccia oscura che ricopre di grigiore le cose che rendono contenti. Essere contento e sentirsi smarriti di fronte all’irrimediabile esaurirsi della gioia.

    Ecco che cosa si può dire dell’uomo: un desiderio di gioia, che trova in Dio il suo giudizio e il suo compimento. 

    Cerco l’uomo.

    Quando un uomo è un uomo d’affari, allora cerca di fare affari. Ha quindi clienti e concorrenti. Ha momenti di successo e momenti di insuccesso. Si arrischia in imprese spericolate. Guarda ai numeri a non ai criteri. Deve fare affari. Non può fidarsi troppo degli altri e sa che gli altri non si fidano troppo di lui. È un uomo d’affari e deve fare affari.

    Quando un uomo è un uomo politico, allora cerca di vincere. Ha sostenitori e oppositori. C’è chi lo esalta e chi non può sopportarlo. Un uomo politico è sempre un uomo di parte.

    Quando un uomo è un personaggio, allora è sempre in scena. Ha ammiratori e detrattori. Ha chi lo applaude e chi lo detesta. 

    Silvio Berlusconi è stato certo un uomo politico, è stato certo un uomo d’affari, è stato certo un personaggio alla ribalta della notorietà.

    Ma in questo momento di congedo e di preghiera, che cosa possiamo dire di Silvio Berlusconi? È stato un uomo: un desiderio di vita, un desiderio di amore, un desiderio di gioia. E ora celebriamo il mistero del compimento.

    Ecco che cosa posso dire di Silvio Berlusconi. È un uomo e ora incontra Dio.

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