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    PAPA E COMUNICAZIONE/INTERVISTA A MONS. DARIO EDOARDO VIGANO'

     

    PAPA E COMUNICAZIONE/ INTERVISTA A MONS. DARIO EDOARDO VIGANO’ – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 2 aprile 2016

     

    Ad ampio colloquio con il prefetto della Segreteria per la Comunicazione. Aspetti della comunicazione in papa Benedetto XVI e in papa Francesco. Il forte timbro latino-americano: le parole di Francesco sanno della polvere dei chilometri percorsi a Buenos Aires. La comunicazione, anche quella papale, è inscindibile dai rischi di malintesi, come dimostra l’esperienza. Francesco e i ‘social’, un rapporto sorprendente. La ristrutturazione della comunicazione della Santa Sede: Radio Vaticana e l’ “Osservatore Romano”.

     

    Nato nel 1962 da genitori italiani a Rio de Janeiro, monsignor Dario Edoardo Viganò è dal 1987 sacerdote dell’arcidiocesi di Milano. Da sempre è conosciuto per la sua passione cinematografica, che l’ha portato dalle sale parrocchiali milanesi dapprima alla Cei (dove dal 2004 al 2013 ha presieduto con spirito ‘aperto’ la Commissione nazionale valutazione film). Con gli anni è diventato anche membro della sottocommissione lungometraggi della Direzione generale Cinema (ministero dei Beni culturali), presidente dell’Ente dello Spettacolo, direttore della “Rivista del Cinematografo” e sempre direttore, dal 22 gennaio 2013 – poche settimane prima della rinuncia di Benedetto XVI – del Centro televisivo vaticano (Ctv). Nel giorno del suo cinquantatreesimo compleanno, il 27 giugno 2015, è stato nominato da papa Francesco prefetto della nuova Segreteria per la Comunicazione. Di lui sono usciti in tempi recenti due libri: “Fedeltà è cambiamento. La svolta di Francesco raccontata da vicino” (Rai Eri) e “Il brusio del pettegolo. Forme del discredito nella società e nella Chiesa” (EDB).

    Due piani di scale nel palazzo vaticano di via della Conciliazione 5 ed eccoci nella saletta dove monsignor Viganò - molto cordiale e disponibile come sempre - ci ha rilasciato mercoledì 30 marzo una lunga intervista in cui ha dapprima evidenziato alcuni aspetti della comunicazione in papa Ratzinger, poi – più ampiamente – in papa Bergoglio, per giungere infine ad alcune considerazioni sulla sfida complessa e certo ardua che Francesco gli ha affidato: riorganizzare, rinnovandolo, il sistema delle comunicazioni vaticane…

     

    Monsignor Viganò,  dal 22 gennaio 2013  - e fino al 21 dicembre 2015 - Lei ha diretto la ‘Televisione del Papa’, il Centro televisivo vaticano (Ctv). E il 27 giugno 2015 ha anche ricevuto un bel regalo per il cinquantatreesimo compleanno: la nomina a prefetto della neonata Segreteria per la Comunicazione, con il compito di riorganizzare, mettendolo al passo con i tempi, il composito mondo della comunicazione della Santa Sede. Lei ha dunque accompagnato molto da vicino l’ultima fase, la più drammatica, del pontificato di Benedetto XVI e, da subito, il pontificato per certi versi rivoluzionario di papa Francesco…. 

    Più che di un regalo, la nomina a prefetto assomiglia più alla cooptazione di un cireneo. Al di là di questo, con una battuta si potrebbe dire che con papa Francesco abbiamo intrapreso un apprendistato dei rispettivi servizi alla Chiesa… lui a fare il Papa, io a raccontarlo per immagini nello svolgersi della sua quotidianità. Emerge qui subito un aspetto comunicativo di papa Francesco che viene molto enfatizzato rispetto a quanto accadeva con papa Benedetto…

    Soffermiamoci un momento su quest’ultimo…

    Papa Benedetto? Un uomo dal tratto gentile, molto attento alle relazioni personali, cresciuto nel silenzio delle biblioteche in compagnia dei libri, proveniente dal mondo tedesco, con un carattere molto schivo. Molto diverso nell’atteggiamento da Giovanni Paolo II, che pure ha accompagnato e sostenuto per tanti anni come strettissimo collaboratore: noi abbiamo conosciuto un papa come Karol Wojtyla che non a caso era definito “Atleta di Dio” ed è stato protagonista anche nella fase finale della sua vita, mai sottraendosi con le forze superstiti a una centralità sulla scena. Papa Ratzinger invece l’abbiamo visto da subito - alla GMG di Colonia - scivolare dietro il palco, uomo sostanzialmente di nascondimento. Di sottrazione.

    Per gran parte del suo pontificato Benedetto XVI non è stato neanche seguito con simpatia da tanti media… 

    Già al momento della sua elezione era stato accolto assai freddamente da larga parte del mondo massmediatico e da qualcuno anche con ostilità…

    Il 20 aprile 2005 il quotidiano “Il Manifesto” sovrappose all’articolo di ‘benvenuto’ il titolo non proprio elogiativo “Il pastore tedesco”… 

    E’ vero. Il pontificato di Benedetto non è stato accompagnato da benevolenza, fatto non raramente oggetto di pregiudizi… probabilmente Joseph Ratzinger è stato percepito erroneamente come il ‘grande censore’ della Chiesa. In realtà ha voluto e saputo compiere un gesto di straordinaria umiltà e di servizio veramente pasquale alla Chiesa con la sua rinuncia. Vediamo poi anche oggi come sta accompagnando il pontificato del suo successore, sostenendolo ad esempio sul tema della misericordia…

    Lei è stato chiamato a raccontare quelle che si sono rilevate le ultime, densissime, settimane di pontificato

    Si, nei suoi ultimi giorni prima della decisione di comunicare le sue dimissioni e poi in quello che rimane nel cuore di tutti: il viaggio dal Vaticano a Castel Gandolfo. Sono stati i giorni nei quali anche i media e i social hanno recuperato vicinanza, affetto… non dimenticherò mai in particolare le ultime ore da Papa in Vaticano, con il saluto finale…

     

    FRANCESCO: CONSAPEVOLE DELLA SUA ETA’, E’ GENEROSO E NON SI RISPARMIA

     

    E’ giunto il momento di parlare di papa Francesco… 

    Un figlio di immigrati italiani… lo sentiamo perciò anche molto nostro; inoltre porta con sé la cultura, lo stile, la passione, la vivacità di una Chiesa tipicamente latino-americana… una Chiesa che ha conosciuto momenti di maturazione con i grandi incontri continentali di Rio de Janeiro, Puebla, Medellin, fino ad Aparecida. E’ una Chiesa molto composita, frutto di interazione tra missionari e clero locale… una Chiesa che sa donare, perché ha ricevuto molto in dono. Da subito Francesco si è presentato con quello che è il suo stile…nessuno è chiamato a scimmiottare l’altro, ma ognuno deve essere se stesso facendo quello che è chiamato a fare.

    Ce lo descriva in alcuni tratti caratteristici… 

    E’ un uomo che è consapevole della sua età, eppure è generoso e non si risparmia. Lo scorso Giovedì Santo, nel pomeriggio, per esempio ha salutato una per una 900 persone al Centro accoglienza richiedenti asilo di Castelnuovo di Porto. E’ molto lontano da quella che è la gestione protocollare-rituale vaticana. Quel 13 marzo 2013 si è presentato subito con un sorriso, le braccia lasciate cadere lungo il corpo, un modo di vestirsi molto semplice. Mi ricordo che lo vedevo uscire dalla Cappella Paolina prima di raggiungere la Loggia della Basilica di san Pietro e chiedeva, con il sorriso che è divenuto familiare, che cosa dovesse fare.

    Sembra un Papa poco in linea con il mondo massmediatico contemporaneo, caratterizzato dal frastuono e dalla velocità… 

    E’ paradossale. I media oggi sono molto ‘gridati’, in tante trasmissioni televisive uno cerca di sovrapporre la propria voce a quella dell’altro… invece papa Francesco ha una voce bassa, un andamento pacato, quasi lento, con delle pause. Proprio questa sua forte discontinuità rispetto alle modalità dell’odierna comunicazione fa sì che i media li gestisca lui. I media lo raccontano molto, sono nate nuove riviste incentrate sul suo pontificato, esce una gran quantità di libri sullo stesso argomento…

     

    FRANCESCO: OGNI PAROLA SA DELLA POLVERE DEI CHILOMETRI PERCORSI A BUENOS AIRES

     

    Sì, ma come lo spiega? 

    Il fatto è che ogni parola che esce dalla sua bocca, ogni gesto, ogni sguardo, portano la polvere dei chilometri di strada percorsi mentre era vescovo ausiliare, poi arcivescovo di Buenos Aires. Per un vescovo il servizio più importante è la cura benevola (che non significa ingenua) del suo popolo.

    Le sue sono parole semplici, facilmente comprensibili da tutti… 

    Molto semplici, ma non semplicistiche. Credo che papa Francesco, per la sua esperienza di uomo, gesuita, credente, intellettuale, abbia sintonizzato talmente tanto la sua vita in Dio che si può permettere un linguaggio semplice, mai banale.

     

    EQUIVOCI INTERPRETATIVI? UN RISCHIO SEMPRE PRESENTE NELLA COMUNICAZIONE

     

    Però tale modo di esprimersi a volte dà origine a ‘equivoci’, da cui conseguono malumori e mortificazioni diverse in parti del mondo cattolico. Penso ad esempio a certe risposte date in aereo alle domande dei giornalisti … tanto che non raramente il direttore della Sala Stampa vaticana padre Federico Lombardi è costretto a fare il cireneo con precisazioni varie su come interpretare tali risposte. Chi non si ricorda lo strumentalizzatissimo “Chi sono io per giudicare”- un ‘mantra’ che sempre viene riproposto da chi  vuole ricondurre in sacrestia la Chiesa cattolica sui temi della famiglia e della vita -  la frase sui ‘conigli’ che figliano… alcuni ipotizzano che papa Francesco non sia ancora ben consapevole delle dinamiche (a volte con effetti perversi) che caratterizzano i media odierni… 

    Guardi, io credo che nella comunicazione non ci siano regole ma solo rischi. Le porto l’esempio di papa Benedetto, un uomo molto preciso, ben preparato, attento alle virgole. Eppure anche con lui si è dovuti intervenire diverse volte per precisazioni. Lei sa che papa Benedetto faceva sempre le conferenze-stampa aeree all’inizio del viaggio: personalmente lo ritengo un errore strategico nella gestione della comunicazione. Pensi a che cosa successe per il viaggio in Africa, quando il tutto fu irrimediabilmente oscurato dalla risposta a proposito dell’uso del preservativo. Con papa Ratzinger le domande erano selezionate e inoltrate in anticipo, il Papa ne prendeva conoscenza e preparava la risposta… eppure anche in quel caso non tutto è sempre andato come doveva. Il fatto è nella comunicazione il rischio è sempre presente, sia in quella molto controllata (con papa Benedetto) che in quella spontanea (con papa Francesco, che risponde di getto a domande che non conosce). E’ chiaro che può crearsi qualche disagio, ma proprio in quelle occasioni si comprende chi, prima ancora che dall’etica e della deontologia, ha un vero e proprio profilo dalla professione, quella giornalistica, che non è informativa ma formativa. 

    La parola scritta di papa Francesco… ci viene in mente che a volte il Papa, senza leggerlo, consegna il testo scritto ai gruppi che incontra o alle conferenze episcopali in visita ad limina, improvvisando poi un discorso a braccio con loro… 

    Ci tengo a evidenziare che, se il Papa agisce così, non è certo per prendere le distanze da chi – con grande impegno e capacità - prepara i testi per lui in Segreteria di Stato. Se il Papa accantona a volte il testo scritto, è perché è un tipico latino-americano, che intuisce il clima che si crea nell’incontro e preferisce così parlare a braccio, sempre, però, con uno stile argomentativo…

     

    LINGUAGGIO CONCRETO: QUANDO UNO HA SETE, BEVE ACQUA, NON H2O

     

    Non raramente, quando parla a braccio, rievoca aneddoti o esperienze personali di vita, come fa quando si riferisce alla nonna… 

    Diciamo che è un grande raccontatore di storie. Sa bene che, quando uno ha sete, non beve H2o, ma acqua. Il linguaggio concettuale, astratto è più difficile da ricordare. Pensiamo ad esempio quando nell’Angelus dell’8 novembre 2015 ha voluto illustrare che cos’è la carità, rievocando una famiglia a tavola e la mamma che taglia per metà le cotolette ai figli per sfamare un povero che aveva bussato alla porta di casa.: la carità non è dare il superfluo, ma qualcosa che ti costa dare. Raccontare un episodio, un aneddoto, aiuta a comprendere e a ricordare. Anche Gesù spesso iniziava così: “Un uomo aveva due figli….”

    Tra le caratteristiche della comunicazione di papa Francesco c’è anche il rivolgersi alla folla con domande a risposta più o meno obbligata… Stamattina, all’udienza generale, ha detto: “Tutti noi siamo peccatori. E’ vero questo? Se qualcuno di voi non si sente peccatore, alzi la mano… Nessuno! Tutti lo siamo!” 

    E’ quello che nel mio recente libro “Fedeltà è cambiamento-La svolta di Francesco raccontata da vicino” chiamo “lo stile conversazionale” del Papa argentino. Con la folla conversa, ripete, fa ripetere…

    Anche oggi la folla è stata invitata a ripetere (“Lo diciamo insieme? Tutti insieme… un’altra volta… un’altra volta”) “Dio è più grande del nostro peccato!”… E’ uno stile un po’ gesuitico? 

    Penso che appartenga più ad uno stile comunicativo tipico della comunicazione orale nella Chiesa giovane sud-americana. Nelle favelas la gente è semplice, comprende parole semplici. La ripetizione, in un contesto orale nel quale ci sono mamme che allattano, bambini che giocano e adulti che ascoltano, crea consonanza ed è parte di una pedagogia spirituale molto importante… La ripetizione allinea e sintonizza: pensiamo alle invocazioni del Rosario o alla preghiera del cuore: ripetere ritma il nostro cuore e il nostro pensiero al cuore e al pensiero di Dio

     

    FRANCESCO APPROVA, SIGLANDOLE CON UNA ‘F’, LE FRASI PROPOSTE PER TWITTER

     

    Nella preghiera conclusiva della Via Crucis del Venerdì Santo al Colosseo papa Francesco quest’anno ha ripetuto 28 volte l’invocazione “O Croce di Cristo”, abbinata ad altrettante ‘fotografie’ di situazioni diverse… Ma veniamo all’utilizzo, in sé assai sorprendente, che papa Francesco fa anche di Twitter e, dallo scorso San Giuseppe, di Instagram… 

    L’utilizzo di Twitter l’aveva già introdotto del resto papa Benedetto…

    L’obiezione che viene avanzata da alcuni è che Twitter, Instagram, ecc… sono modi di espressioni comunicative di una società fluida, superficiale… 

    I media sono molto cambiati. Ricordo il mio parroco milanese che comprava il ‘Corriere della sera’ e lo leggeva dalla prima all’ultima riga, con tutte le sue grandi firme. Oggi di lettori così ce ne sono molto pochi. Regnano invece le comunità dei ‘social’, che si ‘illuminano’ per un attimo con una frase anche breve.

    Ma è il Papa che sceglie la frase su Twitter? 

    Tutti i tweet vengono approvati dal Papa, che appone una “F” al testo proposto dai collaboratori. Sono frasi che in genere ricordano che Dio è amore, è perdono; a volte sono piccole chiose a testi biblici. Ricordiamo che su Twitter il Papa ha 22 milioni di seguaci, followers

    In maggioranza giovani? 

    Sì, ma non esclusivamente. Oggi tutti noi siamo sommersi da mille cose da fare. E’ bello pensare che dentro il vortice degli impegni  ci siano alcuni attimi per leggere o per vedere una parola o una immagine del Papa. Pochi secondi, un pensiero, come una freccia che scocca dal cuore dell’uomo al cuore di Dio. I padri spirituali dicono sempre che è molto importante avere un pensiero buono la mattina e uno prima di coricarsi. Anche con Instagram le cose vanno bene: ieri abbiamo pubblicato il primo video del Papa di sessanta secondi e in meno di tre ore abbiamo registrato 250mila utenti, un quarto di milione. Uno per un minuto ha guardato il Papa e ha ricordato alcune parole e alcuni gesti: siccome la nostra fede è in gran parte fatta di memoria, credo che sia una cosa utile. Dobbiamo tenere aperte tutte le porte: carta stampata, radio, web, social

     

    RIORGANIZZAZIONE DELLA COMUNICAZIONE VATICANA? UNA SFIDA GRANDE E COMPLESSA

     

    Quest’ultima parte della Sua risposta offre il destro per parlare della riorganizzazione, nel rinnovamento, del sistema vaticano delle comunicazioni, chiesto l’anno scorso da papa Francesco con un ‘Motu proprio’. A quanto si sa, il lavoro procede. C’è già stato ad esempio l’accorpamento del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni sociali con la Sala Stampa della Santa Sede…Penso sia una vera e propria sfida… ci sono 650 posti di lavoro da salvare, c’è la grande tradizione di alcuni singoli media… 

    Sì, è una sfida complessa, che coinvolge realtà che portano con sè una grande storia. Penso ad esempio alla Radio Vaticana con i famosi e importanti ‘radiomessaggi’ o all’ “Osservatore Romano”.

    Lei il 21 marzo alla Cattolica di Milano ha evidenziato le grandi virtù comunicative di Pio XII, che ‘inventò’ proprio i radiomessaggi, di grande importanza anche storica negli anni della Seconda Guerra mondiale… 

    E’ così e Pio XII fu un Papa sicuramente molto mediatico, che stimolò e utilizzò con grande chiaroveggenza il servizio di Radio Vaticana. Fu però anche il Papa della Tv almeno nei suoi inizi. Ma torniamo alla Radio. E’ una grande comunità di lavoro, oltre 350 persone che sono accompagnate e dirette da un’équipe gesuitica di grande valore e che producono una comunicazione non solo in molte lingue ma calata in altrettante culture. Inoltre la radio ha anche un patrimonio documentale straordinario che certamente andrà valorizzato. Dal 2001 è stato avviato il canale One-0- Five live (che trasmette a Roma appunto su Fm 105 e nel resto del mondo via satellite e internet): One-0-Five live, oggi Radio Vaticana Italia, affronta la sfida delle comunicazioni del nuovo millennio con un formato dinamico, interattivo e una serie di radiogiornali in lingua. Ora si prospetta di rilanciare il canale, anche proponendo radiogiornali in più lingue, poiché la società è molto cambiata. A Radio Vaticana abbiamo davvero tante eccellenze da valorizzare pienamente, con un web in pieno sviluppo.

    A proposito di accorpamenti: il Centro televisivo vaticano (Ctv) non è già in sinergia avanzata con Radio Vaticana? 

    Quest’anno 2016 l’accorpamento sarà tra Radio Vaticana e Ctv per quanto riguarda le produzioni radio-televisive. Si tratta di unire l’aspetto produttivo radiofonico a quello televisivo da una parte e di avviare l’unico grande portale che potrà contare anzitutto sulle redazioni della Radio vaticana.

     

    L’ “OSSERVATORE ROMANO”? IL SUO FUTURO SARA’ DIVERSO DAL PRESENTE

     

    Entriamo dentro le Mura Leonine e, in via del Pellegrino, troviamo il glorioso ‘Osservatore Romano”... 

    L’ “Osservatore Romano” per noi è anche un po’ la gazzetta ufficiale, dato che vi vengono pubblicate le nomine…

    La domanda che ci si pone è la seguente: l’ “Osservatore Romano” di carta sparirà per trasferirsi online? 

    Grande domanda con risposta complessa. Come sa, l’Osservatore Romano - che ha un suo portale - ha una distribuzione per lo più per abbonamento. Con le attuali disposizioni delle poste in Italia l’abbonamento del quotidiano non ha alcun senso perché il rischio, non possibile ma certo, è quello di ricevere l’edizione del lunedì pomeriggio il venerdì successivo. Pertanto le strade che intravvedo sono: da un lato una stampa più veloce e meno dispendiosa della rotativa (magari modificando il formato) per le Congregazioni e le edicole attorno al Vaticano e, dall’altro, la valorizzazione del settimanale che, non essendo legato all’attualità, può essere letto dilazionandolo nel tempo.

    E le altre realtà come la LEV? 

    E’ un pensiero per il 2017. Certamente LEV, Tipografia e Servizio fotografico dovranno trovare casa dentro la struttura della riforma della Segreteria per la comunicazione che nel frattempo sarà cresciuta. Vedremo…

    Nel 2018 la ristrutturazione dovrebbe essere conclusa? 

    Dovrebbe essere un anno di verifica della bontà e/o delle disfunzioni delle soluzioni adottate. Nel caso ci fossero disfunzioni, sarà l’anno per correggere.

    Fin qui non s’è accennato a perplessità o resistenze all’interno del grande e animato recinto della comunicazione vaticana… 

    Non mi pare ci siano vere e proprie resistenze. Certamente ci sono espressioni, fisiologiche, che si esprimono in domande del tipo: “Che succederà?”. Tutti sanno che chi lavora con serietà e professionalità dentro un quadro che andrà configurandosi secondo quanto è stato richiesto dal santo Padre, non ha nulla da temere. Anzi! Le priorità oggi non sono quelle dei ruoli, delle promozioni, delle autonomie. Del resto siamo di fronte a una grande sfida che sta accendendo nella gran parte del personale entusiasmo e molta disponibilità a rimettersi in gioco, a sintonizzarsi con le nuove esigenze della comunicazione… Per tutto questo abbiamo previsto corsi di formazione, di riqualificazione a vari livelli per illustrare e far comprendere il senso della riorganizzazione e la sua necessità, anche tecnica.  Siamo tutti coinvolti a realizzare non qualcosa per sé stessi, ma così che ciascuno si metta al servizio della Chiesa, al servizio del Papa. E la qualità di tale servizio non può che essere pasquale, la conferma cioè di un atto di fede.

    P.S. L’intervista, che appare integralmente su www.rossoporpora.org, viene pubblicata in versione cartacea e per ampi stralci nell’edizione di sabato 2 aprile 2016  del quotidiano cattolico della Svizzera Italiana “Giornale del Popolo’ (inserto ‘Catholica’); in versione cartacea e in traduzione inglese nel prossimo numero del mensile cattolico statunitense “Inside the Vatican”.

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

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