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    PAPA. DIFENDERE VITA E LIBERTA' D'ESPRESSIONE - MESONIAT, VOLONTE

    PAPA: DIFENDERE VITA E LIBERTA’ D’ESPRESSIONE – MESONIAT, VOLONTE’ – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 9 gennaio 2023

    Alcuni passi del tradizionale discorso di inizio anno, pronunciato questa mattina, di papa Francesco al Corpo diplomatico. Tra i tanti- importanti -  argomenti trattati proponiamo alcuni passi riguardanti diritto alla vita e alla libertà d’espressione, spesso negati nella nostra società che si proclama ‘inclusiva’. Riproduciamo poi alcune considerazioni e ricordi di Claudio Mésoniat e don Willy Volonté relativi a Joseph Ratzinger/Benedetto XVI.

     

    Questa mattina, lunedì 9 gennaio 2023, Papa Francesco ha incontrato il Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede per formulare gli auguri per il Nuovo Anno. Per l’occasione ha pronunciato un discorso sullo stato del mondo e sulle preoccupazioni della Chiesa, in cui emerge come sempre la forte impronta della Segreteria di Stato. Tra i molti, importanti argomenti trattati ne evidenziamo alcuni che indubbiamente sembrano di attualità sempre più inquietante.

    Pace e diritto alla vita: La pace esige anzitutto che si difenda la vita, un bene che oggi è messo a repentaglio non solo da conflitti, fame e malattie, ma fin troppo spesso addirittura dal grembo materno, affermando un presunto “diritto all’aborto”. Nessuno può vantare però diritti sulla vita di un altro essere umano, specialmente se è inerme e dunque privo di ogni possibilità di difesa. Faccio, dunque, appello alle coscienze degli uomini e delle donne di buona volontà, particolarmente di quanti hanno responsabilità politiche, affinché si adoperino per tutelare i diritti dei più deboli e venga debellata la cultura dello scarto, che interessa purtroppo anche i malati, i disabili e gli anziani. Vi è una precipua responsabilità degli Stati di garantire l’assistenza dei cittadini in ogni fase della vita umana, fino alla morte naturale, facendo in modo che ciascuno si senta accompagnato e curato anche nei momenti più delicati della propria esistenza. 

    Pace e natalità in Italia: Purtroppo, appare emergere sempre più una “paura” della vita, che si traduce in molti luoghi nel timore dell’avvenire e nella difficoltà a formare una famiglia e mettere al mondo dei figli. In alcuni contesti, penso ad esempio all’Italia, è in atto un pericoloso calo della natalità, un vero e proprio inverno demografico, che mette in pericolo il futuro stesso della società. Al caro popolo italiano, desidero rinnovare il mio incoraggiamento ad affrontare con tenacia e speranza le sfide del tempo presente, forte delle proprie radici religiose e culturali.

    Pace e libertà religiosa: La pace esige anche che sia riconosciuta universalmente la libertà religiosa. È preoccupante che ci siano persone che vengono perseguitate solo perché professano pubblicamente la loro fede e sono molti i Paesi in cui la libertà religiosa è limitata. Circa un terzo della popolazione mondiale vive in questa condizione. Insieme alla mancanza di libertà religiosa, vi è anche la persecuzione per motivi religiosi. Non posso non menzionare, come alcune statistiche dimostrano, che un cristiano ogni sette viene perseguitato.

    Pace e libertà d’espressione: E’ bene non dimenticare che la violenza e le discriminazioni contro i cristiani aumentano anche in Paesi dove questi non sono una minoranza. La libertà religiosa è messa in pericolo anche laddove i credenti vedono ridotta la possibilità di esprimere le proprie convinzioni nell’ambito della vita sociale, in nome di un malinteso concetto di inclusione. La libertà religiosa, che non può ridursi alla mera libertà di culto, è uno dei requisiti minimi necessari per vivere in modo dignitoso e i governi hanno il dovere di proteggerla e di garantire a ogni persona, compatibilmente con il bene comune, l’opportunità di agire secondo la propria coscienza anche nell’ambito della vita pubblica e nell’esercizio della propria professione. 

    Pace e pensiero unico: In tempi recenti, i vari fori internazionali sono stati contraddistinti da crescenti polarizzazioni e da tentativi di imporre un pensiero unico, che impedisce il dialogo e marginalizza coloro che la pensano diversamente. C’è il rischio di una deriva, che assume sempre più il volto di un totalitarismo ideologico, che promuove l’intolleranza nei confronti di chi non aderisce a pretese posizioni di “progresso”, le quali in realtà sembrano portare piuttosto a un generale regresso dell’umanità, con violazione della libertà di pensiero e di coscienza. Inoltre, risorse sempre maggiori sono state impiegate per imporre, specialmente nei confronti dei Paesi più poveri, forme di colonizzazione ideologica, creando peraltro un nesso diretto fra l’elargizione di aiuti economici e l’accettazione di tali ideologie. Ciò ha affaticato il dibattito interno alle Organizzazioni internazionali, precludendo scambi fruttuosi e aprendo spesso alla tentazione di affrontare le questioni in modo autonomo e, conseguentemente, sulla base di rapporti di forza. 

     

    JOSEPH RATZINGER -BENEDETTO XVI/ CLAUDIO MESONIAT: IL GRANDE CANTIERE APERTO DELLA CHIESA

    Riproduciamo volentieri alcune considerazioni – scritte nel giorno della morte di Benedetto XVI - del nostro ex-compagno di liceo a Lugano, il ciellino Claudio Mésoniat (già giornalista radiotelevisivo e direttore de ‘Il Giornale del Popolo’, oggi direttore de ‘Il Federalista’ (www.ilfederalista.ch ).

    Chiese mezze vuote anche a Natale, ovunque carenza dolorosa di preti. Quando il calendario incrocia le grandi feste cristiane i media, diligenti (a volte incapaci di celare una certa soddisfazione), riaprono i cassetti con gli ultimi sondaggi e si mettono alla ricerca degli esperti da convocare al capezzale della Chiesa cattolica per analizzare, radiografare, compiangere, prescrivere rimedi. Per esempio, nei giorni scorsi era assai gettonata, nelle radio pubbliche e private, l’ormai vecchiotta lettura della secolarizzazione che indica la “religione” (nel senso delle confessioni cristiane), sempre più in crisi; ma avverte: sta crescendo la “spiritualità”. Che sarebbe una ricerca di senso della vita al di fuori di un credo professato e dichiarato (“sono cattolico, credo ai dogmi e ai precetti, vado in chiesa la domenica”).

    E vai con le interviste volanti a chi flirta con improvvisati culti naturali, che possono spingersi fino ad abbozzati dialoghi e abbracci con le piante ma più spesso con i fedelissimi e affettuosi animali che, giustamente, nella stupenda creazione che ci ospita si fanno preferire per la loro “incapacità di fare il male”. Non c’è da scandalizzarsi, c’è solo da ricordare che l’uomo e soltanto lui ha il terribile potenziale di bene e di male che si cela dentro quella misteriosa dotazione che si chiama libertà. Vogliamo abolirla?

    A ben guardare il paesaggio attuale di questo nostro confuso Occidente assomiglia sempre più a quella Roma imperiale del primo secolo farcita di dei e di idoli, teatro di un vertiginoso mercato del fai da te religioso-spirituale.

    Un po’ peggio è lo sconforto che afferra, da dentro, il cuore dei cristiani, anche quelli non solo anagrafici: è un disastro, che si fa? Sì, perché la diagnosi dominante del tracollo di immagine è servita: scandali sessuali ad opera clero, una vera tragedia senza se e senza ma. Eppure ci fu il famoso Concilio Vaticano II, una vera festa, di testimonianza, di grande teologia, di proposte e di promesse. La primavera della Chiesa, si disse giustamente. Poi però invece dell’estate arrivò l’inverno. Solo quello? No, come vedremo subito.

    Ma prima di tutto, dobbiamo provare a ragionare con un filo di memoria perché c’è qualcosa di essenziale che non ci deve sfuggire: i primi passi cristiani che già contenevano esattamente tutto il necessario li mossero, insieme a un uomo molto speciale che pretendeva di essere Dio, un gruppetto di poveri pescatori di lago. Che dopo tre anni di vita spericolata insieme a Lui rimasero in campo apparentemente soli. C’era attorno l’impero degli imperi di ogni tempo, con risorse gigantesche e sconfinati problemi, eserciti e guerre, lotte di potere, popoli già rumoreggianti ai confini. Niente, a quell’Uomo che avrebbe cambiato il mondo e la storia sembrava proprio non interessare la Grande Storia del potere e della politica. Finì malissimo, a prima vista, come sappiamo.

    E non è straordinario (per il nostro moralismo) che, oltre tutto, quell’Uomo anziché attaccare e maledire i costumi dei tempi, decisamente corrotti da tutti i punti di vista, si limitò a sferzare di tanto in tanto i “puri” impostori, per solito allignati tra intellettuali e clero?


    Niente marketing speciale per la sua impresa. Come ha scritto il grande Péguy, non si scompose, non maledì, “fece il cristianesimo”. E per decenni quel gruppetto di amici che si allargava lentamente -e dicevano di avere Lui sempre in mezzo a loro- visse una normalità di vita assoluta, lavoro, famiglia, riposo e un po’ di culto. In genere ben visti da tutti, anche se i potenti fecero loro scontare persecuzioni, per una strana comunanza di destino con il Fondatore.

    “Restare oggi in dodici e ricominciare? Sarebbe esaltante”, mi disse una volta un caro vecchio amico.

    Potrà essere così, prima o poi, ma la realtà della Chiesa oggi è un grande cantiere aperto, meraviglioso. E anche su questo dobbiamo aprire gli occhi, credenti o non credenti. Dicevamo dell’inverno postconciliare: seminari vuoti, abbandoni di vocazioni nel clero e nei grandi Ordini religiosi, sociologicamente un vero disastro, e non solo nella vecchia Europa, smarrimenti teologici grotteschi, con Marx, Freud e Nietzsche a spiegare la liberazione del Vangelo.

    Ma ecco, all’improvviso, qualcosa che nessuno aveva progettato. Ecco che lo Spirito Santo, per così dire, aveva chiesto di nuovo la parola. E in giovani uomini e in giovani donne risbocciava la fede, senza “se” né “ma”, senza sotterfugi né scappatoie, vissuta nella sua integralità come dono, come un regalo prezioso che fa vivere. Non mancarono certo di quelli che si sentirono infastiditi nei loro dibattiti intellettualistici, nei loro modelli di Chiesa del tutto diversa costruita a tavolino secondo la propria immagine. E come poteva essere altrimenti? Dove irrompe, lo Spirito Santo scombina sempre i progetti degli uomini. Ma vi erano e vi sono anche più serie difficoltà.

    Sono parole di Joseph Ratzinger, allora cardinale, pronunciate il 27 maggio del 1998 all’apertura di un Convegno mondiale su “I Movimenti ecclesiali, speranza per la Chiesa e per gli uomini”. Seguirlo potrà aiutarci a stare di fronte alla realtà tutta intera di questa strana “cosa” che si chiama Chiesa.

     

    JOSEPH RATZINGER: DON WILLY VOLONTE RIEVOCA DUE SUE VISITE NEL TICINO

    Ci sembra interessante anche riprodurre il ricordo che il 31 dicembre 2022 don Willy Volonté (ciellino, già tra l’altro stretto collaboratore storico di mons. Eugenio Corecco, già segretario generale della Facoltà di Teologia di Lugano, oggi delegato vescovile per la Pastorale familiare diocesana) ha pubblicato su due visite del cardinale Joseph Ratzinger nel Ticino (vedi www.catt.ch )

    Leggevo proprio in questi giorni natalizi la poderosa biografia (oltre 1200 pagine!) del Papa emerito Benedetto XVI, scritta dal giornalista Peter Seewald, perfetto interprete di Ratzinger e suo appassionato ammiratore, che da oltre 25 anni lo scruta e lo insegue. Seewald, come epigrafe al suo libro, ha posto questa frase di Papa Benedetto, che riassume in modo magistrale la personalità del Papa emerito e la sua vita spesa per la Chiesa: «Il mio intento di fondo è sempre stato quello di liberare dalle incrostazioni il vero nocciolo della fede, restituendogli energia e dinamismo. Questo impulso è la vera costante della mia vita».
    Il vigore della ragione posto a servizio della riflessione teologica dentro il solco vivo e innovativo della Tradizione cattolica mi sembra essere la cifra riassuntiva della poderosa personalità di Papa Benedetto.

    A Lugano nel 1984

    Guardavo con questo sguardo la fotografia che ritrae sette baldi giovani ticinesi, esposta sulla mia scrivania, i quali accolsero e accompagnarono, nel maggio 1984 a Lugano, l’allora Cardinale Joseph Ratzinger, prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede. Eravamo tutti molto giovani, ma nessuno dimentica il risotto alla milanese che allestì in fretta e furia mia madre in una casa privata, dal momento che il Cardinale preferiva cenare in una in famiglia piuttosto che in un anonimo ristorante luganese. Quando Ratzinger venne a Lugano per la prima volta erano i tempi caldi del dibattito teologico intorno alla Teologia della liberazione e di conseguenza della libertà del teologo nel ricercare l’innesto della fede nel nuovo contesto socio-politico e culturale che andava proponendosi con forza prorompente. Ratzinger parlò di questi argomenti al Palazzo dei Congressi, su invito del prof. Eugenio Corecco.

    Corecco e Ratzinger si conoscevano da tempo, fin dagli inizi degli anni ’70, quando si cominciò a pensare e dare forma all’edizione italiana dello Strumento internazionale per un lavoro teologico Communio. Fu in quell’occasione che il grande H.U.v. Balthasar mandò gli iniziatori dell’edizione italiana, coordinati da Eugenio Corecco e Angelo Scola, futuro cardinale di Milano, al prof. Ratzinger, perché Balthasar sentiva in lui la mente lucida e perfettamente ortodossa, capace di guidare l’impresa. Stessa indicazione venne dal Cardinale svizzero Charles Journet, uno dei Padri del Concilio Vaticano II, che incontrammo al Grand-Séminaire di Friburgo. Fu in quell’occasione che il Cardinale friburghese espresse tutta la sua ammirazione per l’iniziativa editoriale di cui conosceva padre Henry de Lubac, ma sorridendo, espresse invece qualche riserva sull’amico del famoso teologo gesuita, il padre Teillard de Chardin, divenuto nel frattempo molto conosciuto.

    Nel 2002 in memoria di Corecco

    Ma il senso di stima nei confronti del vescovo Corecco, il Card. Ratzinger lo espresse in occasione del Congresso internazionale tenutosi a Lugano, a sette anni dalla morte del Vescovo Eugenio, nel febbraio 2002: Per una convivenza tra i popoli, migrazioni e multiculturalità. Il Cardinale tenne la sua lezione magistrale su Fede, Verità, Tolleranza in una sala del Palazzo dei Congressi che a fatica era in grado di contenere i 700 partecipanti. Ricordo che non fu impresa facile portare il Card. Ratzinger a Lugano.

    Provvidenzialmente ci soccorse il Presidente emerito della Repubblica italiana Francesco Cossiga, ammiratore e amico di Ratzinger. A noi organizzatori, impacciati nel risolvere il problema di una presenza di Ratzinger per una sola giornata venne incontro il Presidente Cossiga che ebbe un aereo governativo della Presidenza del Consiglio Italiano.

     Il Cardinale, che doveva soggiornare a Lugano solo poche ore, si trovò talmente bene che pensò di rimanervi per tutti i giorni del Congresso. In una conferenza stampa, a margine dell’incontro, un giornalista ticinese chiese al Cardinale un suo pensiero sul vescovo Corecco, stroncato dalla malattia sette anni prima. Riporto le sue testuali parole, che furono confermate una volta divenuto Papa, che esprimono quanto apprezzasse la vita di Corecco come studioso e vescovo o semplicemente dell’esistenza vissuta nella fede. Il giornalista ticinese Giuseppe Rusconi pose questa domanda: “Eminenza, quale impressione le fece il giovane sacerdote don Eugenio Corecco quando – insieme al suo amico don Angelo Scola – incontrò Lei, allora professor Ratzinger, per perorare la causa della rivista internazionale Communio? Accadde la prima volta nel 1971, e poi continuaste il colloquio in una trattoria bavarese di Regensburg…”

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    Risponde il Cardinale: “Mi avevano impressionato subito la bontà naturale e anche la purezza di cuore che si potevano vedere in lui. Era un uomo di fede profonda e intensa e di una vita interiore profonda; da lui traspariva la luce purificante della fede. L’altra dimensione della sua personalità era la fecondità del suo pensiero. Ecco… e qui arriviamo al canonista Corecco, meritatamente apprezzato dalla Chiesa universale…Pensatore famoso, si è occupato di collegare due settori che appaiono a prima vista assai distanti, la cultura del diritto canonico e la teologia. C’è una tradizione per la quale il diritto canonico si costruisce esclusivamente secondo le norme del diritto e la sua logica. Per Corecco era fondamentale il riconoscere che il diritto canonico è una disciplina teologica.
    La struttura del diritto canonico scaturisce dal Mistero dell’Incarnazione. Il suo soggetto è la Chiesa e solo partendo da questo soggetto con le sue caratteristiche presenti in nessun altro soggetto, si può capire e costruire un vero diritto della Chiesa, il diritto canonico”.


    Che dire di più per un futuro avvio di un riconoscimento della preziosità della vita del Vescovo Eugenio Corecco?

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