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    ADUNATA POCO CHIARA E TRE SPUNTI PAPALI - UNGHERIA/SANTA SEDE

    ADUNATA POCO CHIARA E TRE SPUNTI PAPALI – UNGHERIA/SANTA SEDE – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 28 agosto 2022

     

    Domani, lunedì 29 agosto 2022, sarà la prima delle due giornate di riflessione del collegio cardinalizio. Incertezza su quel che accadrà. Gli interventi del Papa negli ultimi giorni (udienza generale, concistoro, L’Aquila) hanno offerto spunti interessanti per ulteriori approfondimenti. Giovedì 25 agosto la visita della presidente ungherese Katalin Novák in Vaticano.

     

    Ci sono attesa e curiosità per quanto accadrà domani, lunedì 29 agosto 2022 e dopodomani in occasione dell’adunata rossoporpora chiamata ufficialmente a riflettere in particolare sulla riforma già in vigore della Curia (costituzione Praedicate Evangelium del 19 marzo 2022 (San Giuseppe), entrata in vigore il 5 giugno (Pentecoste). Anche in non pochi cardinali regna l’incertezza su quel che accadrà, sia in materia di contenuti che di metodi organizzativi. Diffuso è il timore (ben al di là dei porporati noti per le loro critiche a certo agire di Francesco) che la prospettata forte limitazione dei tempi di discussione nel plenum a beneficio dello scambio di opinioni all’interno di ogni singolo gruppo linguistico – guidato da un moderatore incaricato di una sintesi da presentare poi in aula – rischi di penalizzare fortemente le voci critiche (ben presenti) verso aspetti della Praedicate Evangelium o della gestione bergogliana della Chiesa. Insomma il rischio è evidente che, con tale metodo di lavoro fondato su appartenenza linguistica e sintesi, il legittimo dissenso venga circoscritto, edulcorato, minimizzato o addirittura ignorato in aula. Vedremo.

    Intanto proponiamo tre spunti che possono interessare, tratti da recenti interventi pubblici del Papa, risalenti a mercoledì 25 agosto 2022, a ieri, sabato 27 agosto e a stamattina, domenica 28 agosto.

    Il primo dall’Udienza Generale 24 agosto 2022, Aula Paolo VI – Appello  (evidenziamo in  neretto quattro punti): Rinnovo l’invito a implorare dal Signore la pace per l’amato popolo ucraino che da sei mesi - oggi - patisce l’orrore della guerra. Auspico che si intraprendano passi concreti per mettere fine alla guerra e scongiurare il rischio di un disastro nucleare a Zaporizhzhia. Porto nel cuore i prigionieri, soprattutto quelli che si trovano in condizioni fragili, e chiedo alle autorità responsabili di adoperarsi per la loro liberazione. Penso ai bambini, tanti morti, poi tanti rifugiati - qui in Italia ce ne sono tanti - tanti feriti, tanti bambini ucraini e bambini russi che sono diventati orfani e l’orfanità non ha nazionalità, hanno perso il papà o la mamma, siano russi siano ucraini. Penso a tanta crudeltà, a tanti innocenti che stanno pagando la pazzia, la pazzia di tutte le parti, perché la guerra è una pazzia e nessuno in guerra può dire: “No, io non sono pazzo”. La pazzia della guerra. Penso a quella povera ragazza volata in aria per una bomba che era sotto il sedile della macchina a Mosca. Gli innocenti pagano la guerra, gli innocenti! Pensiamo a questa realtà e diciamoci l’un l’altro: la guerra è una pazzia. E coloro che guadagnano con la guerra e con il commercio delle armi sono dei delinquenti che ammazzano l’umanità. E noi pensiamo ad altri Paesi che sono in guerra da tempo: più di 10 anni la Siria, pensiamo la guerra nello Yemen, dove tanti bambini patiscono la fame, pensiamo ai Rohingya che girano il mondo per l’ingiustizia di essere cacciati dalla loro terra. Ma oggi in modo speciale, a sei mesi dall’inizio della guerra, pensiamo all’Ucraina e alla Russia, ambedue i Paesi ho consacrato all’Immacolato Cuore di Maria, che Lei, come Madre, volga lo sguardo su questi due Paesi amati: veda l’Ucraina, veda la Russia e ci porti la pace! Abbiamo bisogno di pace!

    Si noti subito che questo appello è stato in un primo momento minimizzato o addirittura ignorato dal Pensiero Mediatico Unico (PUM). Successivamente il PUM si è concentrato soprattutto sulle parole papali riguardanti l’attentato al filosofo e ideologo apprezzato da Putin Aleksandr Dugin, in cui è morta la figlia Darya, giornalista ventinovenne, anch’essa molto impegnata politicamente.

    Qualche considerazione sull’intero ‘appello’. Papa Francesco ha ribadito che la guerra è una pazzia. Anche questa, aggiungiamo noi, incominciata otto anni fa nel Donbass ed esplosa ad alta intensità il 24 febbraio scorso, quando le truppe russe hanno invaso il territorio ucraino, con tutti gli orrori connessi. Corresponsabili di quanto successo gli Stati Uniti e la loro propaggine NATO, che per anni hanno foraggiato Kiev in funzione antirussa. Veniamo alla citazione della “povera ragazza volata in aria per una bomba”. La citazione in tale contesto è certo discutibile, dato anche che l’attentato resta misterioso nei mandanti (esterni, interni?) e dunque non può essere automaticamente ricollegato alla guerra in corso. Tuttavia nelle reazioni negative registrate è parso di percepire una tesi inaccettabile che fa propria la divisione in morti di serie A (ucraini) e di serie B (russi). Bene ha fatto il Papa a insistere nell’appello che i morti non hanno colore e che la Madonna volga lo stesso sguardo su Ucraina e Russia per riportarle alla pace.

    C’è poi un punto che il PUM ha preferito ignorare: quello concernente i delinquenti che commerciano armi e ci guadagnano. Non è certo la prima volta che papa Francesco leva alta la sua voce contro tali tristi impresari che producono quelle armi che anche gli Stati Uniti e i Paesi NATO (Italia vergognosamente compresa, non si finirà mai di evidenziarlo) continuano a fornire all’Ucraina, alimentando così la guerra con morti, distruzioni, profughi e affossando i sogni e i programmi esistenziali di tanti giovani.

    Secondo spunto dall’omelia durante il Concistoro per la creazione di 20 nuovi cardinali, Basilica di San Pietro, 27 agosto 2022: (commento al Vangelo di Luca, 12, 49) Questo detto di Gesù, proprio nel mezzo del Vangelo di Luca, ci colpisce come una freccia: ‘Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso!’ (12,49).

    Mentre è in cammino con i discepoli verso Gerusalemme, il Signore fa un annuncio in tipico stile profetico, usando due immagini: il fuoco e il battesimo (cfr 12,49-50). Il fuoco deve portarlo nel mondo; il battesimo dovrà riceverlo Lui stesso. Prendo solo l’immagine del fuoco, che qui è la fiamma potente dello Spirito di Dio, è Dio stesso come ‘fuoco divorante’ (Dt 4,24; Eb 12,29), (…) C’è però un altro fuoco, quello di brace. Lo troviamo in Giovanni, nel racconto della terza e ultima apparizione di Gesù risorto ai discepoli, sul lago di Galilea (cfr 21,9-14). Questo fuocherello lo ha acceso Gesù stesso, vicino alla riva, mentre i discepoli erano sulle barche e tiravano su la rete stracolma di pesci. E Simon Pietro arrivò per primo, a nuoto, pieno di gioia (cfr v. 7). Il fuoco di brace è mite, nascosto, ma dura a lungo e serve per cucinare. E lì, sulla riva del lago, crea un ambiente familiare dove i discepoli gustano stupiti e commossi l’intimità con il loro Signore.

    Un Cardinale ama la Chiesa, sempre con il medesimo fuoco spirituale, sia trattando le grandi questioni sia occupandosi di quelle piccole; sia incontrando i grandi di questo mondo – deve farlo, tante volte –, sia i piccoli, che sono grandi davanti a Dio. Penso, ad esempio, al Cardinale Casaroli, giustamente celebre per il suo sguardo aperto ad assecondare, con dialogo sapiente e paziente, i nuovi orizzonti dell’Europa dopo la guerra fredda – e Dio non voglia che la miopia umana chiuda di nuovo quegli orizzonti che Lui ha aperto! Ma agli occhi di Dio hanno altrettanto valore le visite che regolarmente egli faceva ai giovani detenuti in un carcere minorile di Roma, dove era chiamato “Don Agostino”. Faceva la grande diplomazia – il martirio della pazienza, così era la sua vita – insieme alla visita settimanale a Casal del Marmo, con i giovani. E quanti esempi di questo tipo si potrebbero portare! Mi viene in mente il Cardinale Van Thuân, chiamato a pascere il Popolo di Dio in un altro scenario cruciale del XX secolo, e nello stesso tempo animato dal fuoco dell’amore di Cristo a prendersi cura dell’anima del carceriere che vigilava sulla porta della sua cella. Questa gente non aveva paura del ‘grande’, del ‘massimo’; ma anche prendeva il ‘piccolo’ di ogni giorno. Dopo un incontro nel quale il Cardinale Casaroli aveva informato San Giovanni Paolo II della sua ultima missione – non so se in Slovacchia o in Cechia, uno di questi Paesi, si parlava di alta politica –, e quando se ne stava andando il Papa lo chiamò e gli disse: ‘Ah, Eminenza, una cosa: Lei continua ad andare da quei giovani carcerati?’ – ‘Sì’ – ‘Non li lasci mai!’. La grande diplomazia e la piccola cosa pastorale. Questo è il cuore di un prete, il cuore di un Cardinale.

    Il Papa qui, prendendo spunto dal brano evangelico di Luca, parla del fuoco come ‘fiamma possente dello Spirito Santo’. E da Giovanni trae l’immagine del ‘fuoco di brace’, “mite, nascosto e dura a lungo”. Anche i cardinali devono essere pervasi di ‘fuoco’ per amare la Chiesa, i piccoli e i grandi. Due nomi rievoca Bergoglio, portandoli a esempio. Il cardinale Agostino Casaroli (1914-1998), Segretario di Stato tra il 1979 e il 1990 e artefice della controversa Ostpolitik vaticana degli Anni Sessanta-Settanta era anche ‘don Agostino’ che visitava regolarmente i detenuti nel carcere minorile romanda di Casal del Marmo. Il cardinale vietnamita François-Xavier Nguyȇn Van Thuán (1928-2002), presidente del Pontificio Consiglio per la Giustizia e la Pace (1998-2002), aveva conosciuto per tredici anni le carceri comuniste e aveva creato con i suoi carcerieri un rapporto umano di cui è segno evidente la croce pettorale intessuta con loro, fatta di pezzetti di legno e una catenella di ferro.

    Terzo spunto dall’omelia davanti alla Basilica di Collemaggio (L’Aquila, Perdonanza) dove riposano le spoglie di Celestino V, 28 agosto 2022: Oggi celebriamo l’Eucaristia in un giorno speciale per questa città e per questa Chiesa: la Perdonanza Celestiniana. Qui sono custodite le reliquie del santo Papa Celestino V. Quest’uomo sembra realizzare pienamente ciò che abbiamo ascoltato nella prima Lettura: «Quanto più sei grande, tanto più fatti umile, e troverai grazia davanti al Signore» (Sir 3,18). Erroneamente ricordiamo la figura di Celestino V come ‘colui che fece il gran rifiuto’, secondo l’espressione di Dante nella Divina Commedia; ma Celestino V non è stato l’uomo del ‘no’, è stato l’uomo del ‘sì’.

    Infatti, non esiste altro modo di realizzare la volontà di Dio che assumendo la forza degli umili, non ce n’è un altro (…) La forza degli umili è il Signore, non le strategie, i mezzi umani, le logiche di questo mondo, i calcoli… No, è il Signore. In tal senso, Celestino V è stato un testimone coraggioso del Vangelo, perché nessuna logica di potere lo ha potuto imprigionare e gestire. In lui noi ammiriamo una Chiesa libera dalle logiche mondane e pienamente testimone di quel nome di Dio che è Misericordia.

    L’Aquila, da secoli, mantiene vivo il dono che proprio Papa Celestino V le ha lasciato. È il privilegio di ricordare a tutti che con la misericordia, e solo con essa, la vita di ogni uomo e di ogni donna può essere vissuta con gioia. Misericordia è l’esperienza di sentirci accolti, rimessi in piedi, rafforzati, guariti, incoraggiati. Essere perdonati è sperimentare qui e ora ciò che più si avvicina alla risurrezione. Il perdono è passare dalla morte alla vita, dall’esperienza dell’angoscia e della colpa a quella della libertà e della gioia. (…) Partire dalla propria miseria e guardare lì, cercando come arrivare al perdono, perché anche nella propria miseria sempre troveremo una luce che è la strada per andare al Signore. È Lui che fa la luce nella miseria.

    Oggi, al mattino, per esempio, ho pensato a questo, quando eravamo arrivati a L’Aquila e non potevamo atterrare: nebbia fitta, tutto scuro, non si poteva. Il pilota dell’elicottero girava, girava, girava… Alla fine ha visto un piccolo buco ed è entrato lì: è riuscito, un maestro. E ho pensato alla miseria: con la miseria succede lo stesso, con la propria miseria. Tante volte lì, guardando chi siamo, niente, meno di niente; e giriamo, giriamo… Ma a volte il Signore fa un piccolo buco: mettiti lì dentro, sono le piaghe del Signore! Lì è la misericordia, ma è nella tua miseria. C’è il buco che nella tua miseria il Signore ti fa per potere entrare. Misericordia che viene nella tua, nella mia, nella nostra miseria.

    Due considerazioni: Jorge Mario Bergoglio capovolge la tesi di Dante Alighieri per la quale Celestino V fu il papa del ‘gran rifiuto’. Poi c’è da notare una sorta di nuova parabola fresca fresca sulla misericordia, palesatasi a mo’ di squarcio di luce salvifica nella nebbia fitta che copriva stamattina l’Aquila e che impediva all’elicottero papale di atterrare.

    L’UDIENZA ALLA PRESIDENTE UNGHERESE KATALIN NOVAK

    Famiglia e pace in Ucraina al centro dell’incontro di giovedì 25 agosto 2022 tra papa Francesco e la presidente ungherese Katalin Novák, che gli ha anche consegnato una lettera personale ufficiale di invito per una visita nel Paese l’anno prossimo, forse in primavera. Non più dunque solo una sosta di qualche ora a Budapest come a settembre 2021 per il Congresso eucaristico internazionale. Katalin Novak, già ministro per la famiglia del governo Orban, ha poi incontrato secondo prassi consolidata il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, accompagnato dall’arcivescovo inglese Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati.

    Nel comunicato ufficiale emesso dopo i colloqui si legge che nei colloqui in Segreteria di Stato “è stata espressa soddisfazione per le buone relazioni bilaterali” e che “ci si è soffermati su alcune questioni di comune interesse quali la famiglia, la promozione della cultura della vita, i giovani e la situazione dei cristiani in Medio Oriente” (come è noto l’Ungheria ha creato un apposito segretariato che si occupa incisivamente dell’argomento, vedi https://www.rossoporpora.org/rubriche/interviste-a-personalita/628-ungheria-referendum-2-ottobre-occasione-per-migliorare-l-ue.html ). Un posto importante ha avuto il tema della pace in Ucraina.

    Nell’incontro a tu per tu con papa Francesco – durato quaranta minuti abbondanti- la presidente ungherese ha parlato a sorpresa in spagnolo, così che sono state evitate le lungaggini della traduzioni (oltre che a volte le interpretazioni ambigue) e si è creato un clima più autentico. Del resto Katalin Novák ha impressionato anche gli addetti al cerimoniale cui ha stretto più volte la mano (fatto veramente inconsueto).

    La presidente protestante ha evidenziato naturalmente i successi ungheresi in materia di politiche (anche fiscali) per la famiglia che si materializzano tra l’altro nel forte aumento dei matrimoni e nella sensibile diminuzione degli aborti (dal 2010, più 50% e meno 30%). Da notare che il 6,2% del prodotto interno lordo magiaro è destinato alle politiche familiari e della natalità.

    Con Jorge Mario Bergoglio l’ex-ministro per la Famiglia ha evidenziato la necessità di perseguire politiche tali che possano essere di aiuto alle famiglie e di incoraggiamento ai figli, che spesso devono confrontarsi con ideologie fondate su tesi dannose come quella che i figli sono un fardello nocivo alla sopravvivenza della terra e un ostacolo per il successo professionale. La quarantacinquenne Katalin Novák si è detta orgogliosa di essere sposata e di essere madre di tre figli. Quest’ultimo fatto la induce anche a riflettere sulla crudeltà della guerra, che toglie mariti e figli alle madri, in Transcarpazia, nel resto dell’Ucraina, in Russia.

    La speranza è che gli sforzi per la pace, in questo caso in primo luogo quelli vaticani e ungheresi, possano alla fine riuscire a interrompere la spirale orrenda dei combattimenti.

    Anche in Segreteria di Stato (un’ora di colloquio) si è parlato a lungo sia di famiglia che di pace in Ucraina. Di sicuro Katalin Novak, che mostra un atteggiamento certamente positivo verso la vita (l’abbiamo percepita molto appassionata, molto convinta durante il Congresso mondiale delle famiglie a Verona nel marzo 2019), è stata ascoltata con attenzione e pensiamo che le sue tesi siano state ampiamente condivise.

    E’ lecito attendersi che la collaborazione tra Vaticano e Ungheria si sviluppi anche in sede internazionale, laddove è importante agire in sintonia nella stesura di documenti importanti in ambito antropologico, laddove ogni parola utilizzata diventa molto importante.

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