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    PREMESSA....EDUCATIVA - MORLACCHI: EBREI E CRISTIANI - AIUTO ARABI CRISTIANI

    PREMESSA…EDUCATIVA – MORLACCHI: EBREI E CRISTIANI – AIUTO ARABI CRISTIANI - di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 12 dicembre 2023

    A proposito dei corsi di educazione alle relazioni/all’affettività promossi dal Ministro dell’Istruzione e del Merito. Una retromarcia doverosa sul Comitato delle garanti, ma resta il nodo dei loro contenuti, della loro macchinosità e del rischio di indottrinamento arcobaleno. Quinta lettera di don Morlacchi dalla Terrasanta: i rapporti ebraico-cristiani tra alcune incomprensioni. L’aiuto della parrocchia di Sant’Ippolito agli arabi cristiani di Cisgiordania.

     

    PREMESSA…EDUCATIVA

    Tra gli episodi che danno da pensare in questi ultimi giorni si potrebbero approfondire quelli che indicano come sia in corso una progressiva e rapida desacralizzazione delle nostre chiese (riflesso certo di ciò che, con la complicità insana di una parte della Chiesa – magari quella più ‘in uscita’ -  sta accadendo nella società). Il 3 dicembre a Torino alcuni eco-teppisti hanno interrotto la santa messa (e l’arcivescovo Roberto Repole li ha coccolati… ma com’è buono lui!), l’8 a Roma/Pantheon il grave episodio si è ripetuto (e mons. Angelo Frigerio ha pure coccolato i sacrileghi… ma com’è buono lui!). Da La Nuova Bussola Quotidiana del 12 dicembre 2023 apprendiamo poi che il 2 dicembre il tour della ‘sacerdotessa del rock’ Patti Smith (non certo un’educanda) ha fatto tappa nella chiesa napoletana di Santa Maria Donnaregina vecchia, il 9 nel duomo di Modena (presente il vicario generale Giuliano Gazzetti), l’11 in quello di Siena (e lì c’era addirittura l’arcivescovo cardinale Paolo Lojudice): luci psichedeliche, baccano, trasgressione e incassi sotto la copertura di pace e un po’ di beneficienza. Ce n’è abbastanza per indignarsi (come ha fatto ad esempio la Lega a Modena), ma soprattutto per ricordare ai pastori coinvolti che o si serve Dio o si serve Mammona. Veniamo adesso alla premessa…educativa.  

    E’ ben noto quanto è successo nei giorni scorsi a proposito dell’introduzione di corsi di “educazione alla relazioni” (detti anche “all’affettività”), un’idea maturata dal ministro dell’Istruzione del Merito Giuseppe Valditara e condivisa da un paio di colleghi. Valditara di suo aveva deciso di creare un comitato di tre garanti, comprendente suor Anna Monia Alfieri (paladina meritoria della scuola paritaria), l’avvocato dello Stato Paola Zerman e coordinato (ipse Valditara dixit in sede di commissione bicamerale sui femminicidi) dall’attivista lgbtq Paola Concia. In poche ore il comitato è stato spazzato via dalle forti reazioni negative suscitate in primo luogo nell’elettorato di centro-destra soprattutto dal nome della Concia, indubitabilmente e sostanzialmente legata – pur con qualche distinguo - alle istanze della nota lobby.

    Costretto alla retromarcia sul comitato (immaginate se un ministro di centrosinistra avesse nominato a capo di un comitato di garanti dell’educazione all’affettività Simone Pillon o Massimo Gandolfini o Maria Rachele Ruiu…. sarebbe venuto giù il Colosseo!), il ministro ha annunciato che intende comunque concretizzare l’iniziativa per le scuole medie superiori … anche se si può presumere che non ci si fermerà lì, se si sta alle dichiarazioni del defunto comitato delle garanti. Del resto non pare fantascienza ipotizzare che, pur se al momento accantonata, la Concia potrebbe riemergere magari attraverso la messa a disposizione di docenti ‘formatori’, considerato come sia coordinatrice per l’Italia della società internazionale Didacta, che da tempo collabora con il Ministero)

    A questo punto sul tema vi proponiamo due testi: se il primo è frutto della riflessione di un docente basata sulla sua quasi ventennale esperienza, il secondo appare come una sintesi del progetto da parte di chi l’ha visto, soppesato, approvato.

    PRIMO TESTO (da una lettera pubblicata il 7 dicembre dal blog Duc in altum dell’ex-vaticanista RAI Aldo Maria Valli e scritta da Marco Radaelli, docente da quasi vent’anni nella scuola media superiore, autore di “Educare insegnando”, Tau editore):

    . Sono persuaso che la cultura generi cultura e che, se insegnata bene e imparata altrettanto bene, sia a sua volta una formidabile formatrice di valori malori, di ideali alti, di comportamenti civili; e che basterebbe “fare bene” cultura per provare a rispondere a molti dei problemi sociali di oggi. Non a risolverli, perché per risolverli non basta la scuola, come al contrario molti credono. Ma per mostrare ai ragazzi che c’è un altro modo, più bello, di vivere e di considerare gli altri e la realtà.

    . Sono convinto che insegnare bene il Dolce stil novo e “Tanto gentile e tanto onesta pare” (o uno dei mille sonetti medievali sul tema) possa dire ai giovani come rapportarsi con le ragazze molto più di un’estemporanea “educazione” all’affettività, che detta così poi non vuol dire niente. Sono convinto che leggere bene L’apologia di Socrate insegni i valori del bene e della cittadinanza più di mille educazioni civiche messe insieme. Sono convinto che spiegare bene il Fedro di Platone leggendo per intero il mito del carro alato insegni molto più su cosa sia il cuore dell’uomo che mille educazioni affettive buttate lì alla rinfusa giusto perché bisogna fare qualcosa. E spiegare bene la storia di un Giusto tra le Nazioni qualsiasi non insegna il valore della libertà e della scelta per il bene contro il male meglio di mille discorsi contro la violenza? I programmi scolastici sono zeppi di argomenti bellissimi che, se scelti con cura e spiegati con altrettanta attenzione, possono trasmettere non solo contenuti ma anche valori e modi di vivere all’altezza della loro umanità.

    SECONDO TESTO (sintesi del progetto “Educare alle relazioni”, inteso “a promuovere la formazione affettiva e relazionale delle nuove generazioni attraverso una formazione specifica rivolta agli studenti delle scuole secondarie di secondo grado, al fine di contrastare la violenza di genere e favorire il rispetto dell’altro" (Valditara) e a “costruire una nuova idea di relazione tra uomini e donne” (Concia) redatto da chi il progetto ha visto, soppesato, approvato

    Si tratterà di gruppi di discussione, sul modello del peer tutoring, che vedranno protagonisti i ragazzi, con la moderazione del docente. I docenti dovranno essere formati da Indire con materiale fornito da ordine degli psicologi e da pedagogisti. Le associazioni delle famiglie avranno il compito di raccordare le modalità di attuazione del Progetto con le esigenze e le osservazioni migliorative delle rappresentanze dei genitori. Il ruolo dei garanti deve essere quello di verificare che il progetto prosegua secondo le linee indicate dal ministro e da loro accettate e condivise.

    Chissà perché, scorrendo uno dei due testi, siamo stati trafitti da un ricordo degli Anni Sessanta, un libro ... era intitolato La Foire aux cancres di Jean-Charles, poi tradotto in italiano con il titolo “La fiera delle castronerie”. Domanda: quale testo stavamo leggendo quando siamo stati trafitti ?

     

    QUINTA LETTERA DI DON MORLACCHI DA GERUSALEMME. I CRISTIANI AGLI EBREI: AMICI, NON POSSIAMO TACERE.

    Nel giorno dell’Immacolata don Filippo  Morlacchi ha inviato la quinta lettera da Gerusalemme (una serie incominciata dopo l’eccidio di Hamas del 7 ottobre 2023 … delle altre lettere trovate ampia traccia negli ultimi articoli di questo sito www.rossoporpora.org ). Nel testo  - come ormai consueto – si ritrovano riflessioni intense e stimolanti sulla situazione in Terrasanta. In particolare qui vorremmo proporre ai nostri lettori la parte riguardante il dialogo ebraico-cristiano alla luce degli ultimi sviluppi legati alla continuità della guerra e alle incomprensioni nate per l’una o l’altra presa di posizione.

    . Gli appelli del Papa a favore della pace e della cessazione delle ostilità, e il fatto che abbia voluto incontrare nello stesso giorno parenti degli ostaggi israeliani e palestinesi colpiti dalle conseguenze della guerra, sono dispiaciuti a molti fratelli ebrei. “Gelida equidistanza”, si legge in un comunicato del Consiglio dell’Assemblea dei Rabbini d’Italia (23 novembre 2023), “si mettono sullo stesso piano aggressore e aggredito”. E ancora: “Ci domandiamo a cosa siano serviti decenni di dialogo ebraico cristiano…”. Parole molto severe, di rimprovero aspro e amareggiato. Che però non riesco a condividere. Credo infatti che il dialogo sia realizzi sempre nella Verità. Noi cristiani – tutti, Papa compreso – cerchiamo di dire e di fare quello che comprendiamo del Vangelo. E se il Vangelo ci suggerisce di dire parole scomode, anche noi, come gli Apostoli, “non possiamo tacere” (At 4,20).

    . In passato alla Chiesa sono stati rimproverati silenzi colpevoli. A ragione, probabilmente. Ebbene: anche per questo, oggi credo che siamo tenuti a non tacere davanti ai nostri fratelli ebrei. Esprimeremo un punto di vista sgradito, forse, ma sincero. È il nostro contributo alla comprensione della Verità. Può capitare talvolta che le opinioni e i giudizi ci dividano; non per questo si devono tradire la fraternità e l’amicizia. Possiamo – anzi: dobbiamo – tenere il punto, senza cedere a pressioni e senza pronunciare parole di assenso, dette solo per compiacere le aspettative altrui.

    . Non sarebbe onesto sposare scelte e atteggiamenti che non condividiamo, solo per amore del “dialogo”. Al contrario, credo sia un gesto di carità fraterna e di sincera amicizia dire: cari fratelli, noi siamo risolutamente contro l’antisemitismo, in ogni sua forma, non vogliamo la morte di nessuno di voi, e ci impegniamo perché quegli orrori – di cui siamo anche in parte storicamente corresponsabili – non si ripetano mai più.

    . Proprio per questo vi chiediamo: fermate la violenza su Gaza, che colpisce tutti, senza fare distinzione – vorrei dire:”con gelida equidistanz”» – tra “possibili colpevoli” e “sicuramente innocenti”. Un bambino non è un “potenziale terrorista”: è un bambino. Credo sia nostro dovere ostinarci a ripetervi che questa devastazione totale sta moltiplicando l’odio di tanti verso di voi, figli d’Israele, e rischia di condurvi a nuove sofferenze che noi assolutamente non vogliamo, condanniamo e fermamente ripudiamo.

    . Per noi, cari fratelli, ogni vita ebraica è preziosa. Esattamente come lo è quella di ogni essere umano, creato a “immagine e somiglianza di Dio” (Gen 1,26). Questa consapevolezza, raccolta e poi insegnata da Gesù, ha assunto un ruolo crescente nella dottrina cristiana, fino ai nostri giorni.

    . Per questo motivo, insieme a tanti uomini di buona volontà, chiediamo rispetto e tutela anche per la popolazione inerme di Gaza. È giusto che il popolo d’Israele si difenda dalla minaccia di Hamas; ma deve farlo evitando di sterminare “il giusto con l’empio” (Gen 18,23). La vita di migliaia di bambini innocenti di Gaza non è un “danno collaterale accettabile”. E non lo è neanche quella di donne e uomini adulti, che probabilmente odiano Israele, e magari arrivano perfino a contestare il suo diritto ad esistere come Stato, ma non per questo sarebbero disposti ad uccidere, né possono essere accusati indistintamente di essere tutti terroristi. Peraltro, per quanto riesco a capire, queste considerazioni non sono del tutto estranee al pensiero ebraico..

    . La Gemara (NdR: parte del Talmud che contiene commenti rabbinici e discussioni interpretative della Mishnah) racconta un caso (…): come quando una certa persona venne davanti a Raba e gli disse: Il governatore del mio paese, un funzionario locale, mi ha detto: Va’ a uccidere così e così, e se non lo fai, io ucciderò te. Cosa devo fare? Raba gli disse: “È preferibile che sia lui a uccidere te, e non che tu uccida quel tale. Che argomenti hai, infatti, per dire che il tuo sangue è più rosso del suo – cioè che la tua vita vale più di quella che lui vuole che tu uccida? Forse il suo sangue è più rosso…”. Questo ragionamento logico – conclude il commento – è la base della norma secondo cui non è possibile salvare la propria vita uccidendone un’altra» (Pesachim 25b 4). Anche la vita di un povero bambino di Gaza è preziosa. Anche il suo sangue è rosso. Perché – ed è sempre la tradizione ebraica a insegnarlo, ma questa massima la conosciamo tutti – “chi salva una vita, salva il mondo intero”.

     

    LA PARROCCHIA DI SANT’IPPOLITO E L’IMPEGNO PER GLI ARABI CRISTIANI DI CISGIORDANIA – IL LORO TRACOLLO ECONOMICO DESCRITTO ANCHE DA DON MORLACCHI

    Già in altre occasioni abbiamo evidenziato l’impegno quaresimale e post-quaresimale della parrocchia romana di sant’Ippolito a favore degli arabi cristiani palestinesi, in particolare con la donazione di borse di studio per gli alunni della scuola del patriarcato latino di Gerusalemme ( la più grande della Cisgiordania) a Zababdeh, vicino a Jenin (vedi  https://www.rossoporpora.org/rubriche/papa-francesco/1127-papa-ungheria-lepori-quaresima-aleppo-jenin-scuola.html ). La parrocchia di Zababdeh è ormai gemellata con Sant’Ippolito e ha già ricevuto in questi mesi 18mila euro (10mila per le borse di studio, altri 8mila per le necessità quotidiane). Sant’Ippolito ha aiutato nel contempo (con 4500 euro) anche la casa di accoglienza per disabili a Betlemme, gestita dalle suore del Verbo Incarnato.

    Sulla situazione in Cisgiordania ci sembra utile riprendere alcuni passi della quinta lettera di don Filippo Morlacchi, inviata l’8 dicembre da Gerusalemme e ampiamente citata più sopra.  

    . (…) Eventi significativi – e non felici – si devono infine registrare anche nei territori palestinesi. Dal 7 ottobre ad oggi 258 palestinesi sono stati uccisi nella “West Bank” e a Gerusalemme; di loro, 67 erano bambini o ragazzi minorenni. Tra gli uccisi – bisogna ricordarlo – si contano anche gli autori di attacchi terroristici, come ad esempio i due attentatori che il 30 novembre hanno sparato davanti ad una fermata dell’autobus di Gerusalemme, uccidendo tre ebrei e ferendone un’altra mezza dozzina. O il diciassettenne che, sempre a Gerusalemme, il 6 novembre ha ucciso una poliziotta di 20 anni, accoltellandola davanti alla porta di Erode.

    . Nella maggior parte dei casi però si trattava di giovani uccisi perché reagivano all’arresto di amici palestinesi da parte dell’esercito israeliano. Non va dimenticato, infatti, che dal 7 ottobre ad oggi più di 3.000 persone – sì, 3.000! – sono state arrestate nei territori palestinesi dall’esercito israeliano, spesso in detenzione amministrativa, cioè non per reati commessi o almeno presunti, ma per “scongiurare possibili reati futuri”, senza precisi capi di accusa. Altre volte le uccisioni si sono verificate nel corso di proteste anti-israeliane o manifestazioni pubbliche di solidarietà alla popolazione di Gaza. Una decina di vittime, infine, si contano a causa delle aggressioni da parte di civili israeliani (i cosiddetti settlers o coloni): molti sono armati, e in più, ora che i veterani dell’esercito sono stati richiamati sul fronte di Gaza, vengono arruolati come “riservisti”. Perciò hanno nuova autorità e nuove armi per imporsi sui palestinesi, i quali si sentono sempre più minacciati e intimoriti. Evitano i check-point e non si avvicinano ai militari per timore che questi aprano il fuoco anche senza ragione. O solo perché, a loro volta, temono attentati e aggressioni da parte dei palestinesi.

    . Oltre a queste tragiche morti, la Palestina vive un tracollo economico. Betlemme, che soprattutto durante il periodo natalizio vive degli introiti dei pellegrini, dal 7 ottobre è praticamente deserta. Non è facile raggiungerla, neppure da Gerusalemme, in particolare perché si devono  usare i mezzi pubblici. Il check-point “300”, quello più comodo e diretto, è sempre chiuso. L’autobus che, aggirando quel check-point, raggiungeva Betlemme attraversando la vicina cittadina di Beit Jala, si ferma ad un posto di blocco militare prima di entrare in paese, e da lì bisogna proseguire a piedi, se i soldati ti fanno passare. Soltanto alcune categorie di lavoratori sono autorizzate ad attraversare la frontiera, ed esclusivamente nelle ore in cui è concesso; a molti non è consentito il transito quotidiano, e se vogliono lavorare in Israele devono dormire tutta la settimana oltre confine. La percezione di insicurezza è pervasiva. Molte persone sono preoccupate per il loro futuro, anzi spesso disperate. La sofferenza accresce il risentimento verso Israele, da parte degli adulti e soprattutto dei giovani, che si vedono soffocati e senza prospettive. Temo che gli attentati palestinesi nelle prossime settimane possano intensificarsi. Ovviamente non è una reazione giustificata, perché la violenza non è mai accettabile: Ma vedendo come soffre la gente, se ne può comprendere la causa. Nelle scuole cattoliche si continua a parlare di amore, di speranza, di pace; ma un’ombra di tristezza attraversa il volto di molte bambine e molti bambini.

    Non c’è altro da aggiungere (se non che nello scorso fine settimana anche la parrocchia di Gaza è stata colpita pesantemente a causa dei ‘danni collaterali’ dei bombardamenti israeliani su edifici vicini). Chi vuole può aiutare in questo Avvento gli arabi cristiani della Cisgiordania, portando un contributo in parrocchia (zona Piazza Bologna, viale delle Provincie, via di Sant’Ippolito 56) o versandolo sul conto della parrocchia: IBAN IT 60 H 08327 03251 0000 0000 0928 (causale: arabi cristiani). I contributi verranno trasmessi al Patriarcato latino di Gerusalemme, che provvederà a farli giungere ai diretti interessati.   

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