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    CAMERA E ABORTO - CAMERA, UCRAINA, LETTERA DI SUOR RAVASIO

    CAMERA E ABORTO – CAMERA, UCRAINA, LETTERA DI SR. RAVASIO –  di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 31 gennaio 2023

    Il voto del 24 gennaio 2023 (quasi unanime) della Camera sull’ordine del giorno sulla legge 194 suscita interrogativi non da poco per le conseguenze che sembra prefigurare. Sempre il 24 gennaio   la stessa Camera ha prorogato l’invio di armi in Ucraina: le riflessioni di Paolo Ciani (Demos, Sant’Egidio) e – sul tema in generale – di suor Rosalina Ravasio. Uto Ughi, i Maneskin e Sanremo

     

    IL TOTEM DELLA LEGGE 194 INTOCCABILE PER MAGGIORANZA E OPPOSIZIONE: UN VOTO DELLA CAMERA PERLOMENO CURIOSO, CHE SUSCITA INTERROGATIVI NON DA POCO

    Il 24 gennaio scorso la Camera italiana dei deputati ha discusso una proposta di legge bipartisan (già approvata dal Senato)  sull’istituzione di “una commissione parlamentare d’inchiesta sul femminicidio nonché su ogni forma di violenza di genere”. Per l’ occasione il Movimento 5 Stelle aveva presentato un ordine del giorno con cui la Camera impegnava “il Governo sulla base dei lavori e delle risultanze della Commissione, ad astenersi dall’intraprendere iniziative di carattere anche normativo volte a superare o limitare il sistema di tutele garantito dalla legge n. 194 del 1978, così da salvaguardare il mantenimento degli attuali presìdi a sostegno del diritto all’interruzione volontaria della gravidanza, nell’ambito del più generale diritto alla salute fisica e psichica della donna; nonché a valutare esclusivamente interventi in termini rafforzativi delle tutele già previste”. In sintesi: l’ordine del giorno intendeva blindare la legge 194, coinvolgendo l’esecutivo nel rifiuto pregiudiziale di ogni modifica del testo, se non nel senso di un “rafforzamento delle tutele già previste” (nel senso abortista del termine).

    Lo spirito abortista dell’ordine del giorno emergeva chiaramente in alcune delle premesse:

    . “le violazioni dei diritti sessuali e riproduttivi delle donne, come la negazione o il ritardo dell'aborto sicuro e delle cure post-aborto, la continuazione forzata della gravidanza, l'abuso e il maltrattamento di donne e ragazze che cercano informazioni, beni e servizi sulla salute sessuale e riproduttiva – sono forme di violenza di genere che, a seconda delle circostanze, possono costituire trattamenti degradanti” (da notare “continuazione forzata della gravidanza”, come se chi decide di non abortire sia stata schiavizzata dalle argomentazioni anti-abortiste. E poi: l’aborto non è forse in sé una violenza grave per più aspetti?)

    . “di recente si sono registrate a livello globale iniziative regressive sul piano della tutela dei diritti relativi alla salute sessuale e riproduttiva, nonché dell'autonomia delle donne, con il rischio di esercitare un'influenza significativa sulle legislazioni e sulle politiche nazionali di altri Stati stranieri” (qui è palese il riferimento alla recente sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti che ha restituito la competenza legislativa sull’aborto ai singoli Stati dell’Unione).

    L’ordine del giorno pentastellato trovava dapprima parere contrario nel Governo. Seguivano trattative tra maggioranza e opposizione e alla fine si raggiungeva l’accordo bipartisan su una nuova formulazione. Stralciate le premesse, tolto “sulla base dei lavori e delle risultanze della Commissione”, l’ordine del giorno veniva a suonare così: “La Camera impegna il Governo ad astenersi dall’intraprendere iniziative di carattere anche normativo volte ad eliminare o limitare il sistema di tutele garantito dalla legge n. 194 del 1978”. Ordine del giorno dunque sottoposto a forte dimagrimento, ma a ben guardare identico nel nocciolo a quello della stesura precedente. Perché con tale testo, approvato dal Governo, quest’ultimo si impegna a non toccare in alcun modo la legge 194. Che diventa un totem da venerare rispettosamente.

    Votato dalla Camera con 257 favorevoli, nessun contrario e tre astenuti, l’ordine del giorno è stato dunque condiviso da maggioranza e opposizione, con il consenso espresso dal Governo. I fautori dell’ordine del giorno proclamano così pubblicamente non solo di approvare, ma di ‘blindare’ una legge che nella pratica è presto diventata abortista.

    E’ vero che il valore tecnico di un ordine del giorno è pari a zero o poco più (niente impedisce al Parlamento di presentare iniziative per apportare modifiche a una legge… e ci mancherebbe altro!). Siamo consci poi che oggi i pro-life italiani non hanno la forza numerica per cambiare la legge (e però gli Stati Uniti insegnano che anche i totem possono essere intaccati…).

    In questo caso tuttavia l’impatto sull’opinione pubblica dello stesso ordine del giorno è tuttavia molto alto. L’opposizione esulta e ne ha ben donde, perché ha portato con atto pubblico la maggioranza fondamentalmente sulle sue posizioni abortiste.

    Che ne dicono i parlamentari cosiddetti cattolici dell’opposizione (da sempre in sofferenza, in particolare da quando nel 2008 è nato il Pd), ma soprattutto quelli del centrodestra? A loro difesa dicono di essere realisti, osservano che al momento non c’è possibilità di riaprire il dibattito sulla 194  (e se lo si facesse, sarebbe alto il rischio di peggiorarla).

    E’ anche vero, tuttavia sembra assai curioso proclamare  pubblicamente e preventivamente la propria resa davanti all’ipotesi di modifiche in senso restrittivo di una legge de facto abortista. Una resa gratuita, non richiesta, che non fa che rafforzare nel concreto il fronte dell’ “utero è mio e me lo gestisco io”. E scoraggiare invece chi dell’impegno pro-vita (spesso sbeffeggiato) fa una ragione importante della propria esistenza. Nel contempo può indurre a credere una parte degli elettori di centro-destra che tra gli schieramenti non ci siano più differenze sostanziali sul tema (un pensiero elettoralmente non certo gratificante…) Insomma: proprio un bel risultato i parlamentari del centro-destra che si dicono cattolici…

     

    UCRAINA: IL VOTO ALLA CAMERA, Il ‘NO’ DI PAOLO CIANI  E LA LETTERA DI SR. ROSALINA RAVASIO (COMUNITA’ SHALOM)

    Sempre il 24 gennaio scorso la Camera, dopo il Senato, ha approvato con 215 sì e 46 no le “Disposizioni urgenti per la proroga dell’autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle Autorità governative dell’Ucraina”. La proroga è fino al 31 dicembre 2023. Il Governo, con il ministro della Difesa Guido Crosetto, sta preparando il sesto decreto in materia.

    Insomma: sempre più armi e sempre più sofisticate per una guerra insensata come quella che si combatte in Ucraina tra Mosca e Kiev, con la partecipazione attiva degli Stati Uniti e degli altri Paesi della Nato (pesantemente corresponsabili di quanto sta succedendo). Tra i Paesi della Nato – e tra i più solerti – c’è anche l’Italia, certo anche con il pensiero rivolto alla ricostruzione e ai suoi affari miliardari. Il tutto in spregio anche dell’articolo 11 della Costituzione italiana (come abbiamo evidenziato più volte in questo sito, in particolare nell’intervista-duello con Stefano Ceccanti, vedi https://www.rossoporpora.org/rubriche/italia/1065-ripudio-guerra-invio-armi-ucraina-legittimo-per-stefano-ceccanti.html ). Naturalmente la partecipazione italiana alla guerra in Ucraina ha conseguenze pesanti anche sulla quotidianità degli abitanti della Penisola: da una parte si spendono montagne di denaro per fornire armi agli ucraini (e altrettante se ne dovranno spendere per rifornire gli arsenali vuoti), dall’altra il coinvolgimento nel conflitto comporta i conseguenti sacrifici quotidiani per la maggior parte della popolazione. Per non dire poi di settori vitali come scuola e sanità cui anche le spese militari sottraggono risorse necessarie per ovviare alle gravi carenze esistenti da tempo e mai colmate.

    Nel voto alla Camera (erano presenti e votanti in 261 su 400, con una sessantina di assenze in missione) si è evidenziato il ‘no’ alla proroga dell’invio di armi di Paolo Ciani, unico deputato di Demos (partito emanazione della Comunità di Sant’Egidio), che fa parte del gruppo parlamentare del Pd. E unico anche del gruppo di appartenenza (che comprende anche la scombiccherata Elly Schlein e i suoi seguaci) a votare no.

    Ciani ha rilasciato interviste a vari media, proponendo tra l’altro tre considerazioni su cui anche Rossoporpora.org è d’accordo. La prima:L’Italia e l’Occidente in questi mesi hanno sostanzialmente concentrato le loro attenzioni sull’invio di armi e su una collaborazione bellica, più che nei tentativi di arrivare a una mediazione e a un cessate il fuoco, e quindi in prospettiva alla pace”. La seconda: “Per la mia cultura e le mie idee, ma anche per quello che l’esperienza di tante guerre ci ha dimostrato, una presenza maggiore di armi prolunga le guerre. Le armi non sono un aiuto a farle terminare prima. E un’escalation militare in cui un interlocutore è una potenza nucleare è molto pericolosa”. La terza:  “Il fatto che non si prevedano altri passaggi in Parlamento è qualcosa che lede la democrazia parlamentare. Se tra sei o otto mesi, ad esempio, cambiasse qualcosa a livello di scenari internazionali, il Parlamento potrebbe comunque essere scavalcato dalle decisioni e questo è sbagliato”. 

    Sul tema proponiamo a chi ci legge un contributo intenso, appassionato di suor Rosalina Ravasio, da quasi quarant’anni anima della Comunità ‘Shalom’ di Palazzolo sull’Oglio (Brescia) e impegnata quotidianamente sul campo a combattere la droga, ridando ai circa 200 tossicodipendenti ospiti il gusto di vivere. Ogni settimana suor Rosalina scrive una lettera pubblicata sul sito della Comunità (www.comunitashalom.it) e spesso ripresa nei media. Vedi anche in questo sito: https://www.rossoporpora.org/rubriche/papa-francesco/1070-ucraina-papa-i-pazzi-pro-armi-la-consacrazione-sr-ravasio-a-draghi.html

    LETTERA DI SUOR ROSALINA RAVASIO, 22 gennaio 2023

    Scrivo a voi, Presidenti, Capi di Stato, NATO, Commissione Europea, politici vari e … militari (compresi quelli americani): fermatevi, basta alimentare la guerra! Basta portare la falsa aureola di salvatori sulla pelle e la vita degli altri. Basta tutelare il potere; tutelate, invece, la gente che continua a soffrire e a morire!

    Tutti quanti parlano di pace promettendo più guerra: nuove piattaforme per il lancio di missili, bombardieri di ultima generazione… si parla della possibilità dello sviluppo delle nuove armi sempre più potenti e funzionali alla distruzione del nemico. Il tutto sfortunatamente per il popolo ucraino, russo e pure per noi.

    E a Davos? Di cosa si parla a Davos?
    Di “Green” ed “economia” e, in Europa, di come tartassare i “poveri cristi” delle varie nazioni a essa collegate a motivo del cosiddetto “surriscaldamento climatico”. Probabilmente ignorano (volutamente?) l’aumento del “surriscaldamento climaticoin Ucraina, zona palesemente molto, molto “calda” anche in pieno inverno. Ma sappiamo tutti che la coerenza non è una virtù politica.

    E della Pace? Che fine ha fatto la Pace?
    L’ordine ripetitivo che rimbalza in tutte le istituzioni politiche è armare, attaccare e vincere ad ogni costo, a prescindere dal prezzo pagato in termini di centinaia, migliaia di morti: anziani, giovani, bambini…

    Come possiamo interrompere questo “circolo vizioso”, così rilevante per ciascuno di noi oggi?
    Come si dice, le disgrazie non arrivano mai da sole. Le terribili notizie quotidiane, infatti, ogni giorno ci paventano scenari sempre più cupi e oscuri, dalle conseguenze tragiche e mortali.
    Cosa ci sta accadendo? Dov’è la Pace?
    Chi ha reso la vita, le relazioni umane così artificiali da far svanire totalmente la Pace?
    La banalità dei politici si scontra con l’atmosfera lugubre di questa indescrivibile guerra inceppatasi sulla “narrativa”: l’Ucraina dentro la Nato.

    Valeva la pena?
    È così che l’Europa, dopo le prime incertezze ed esitazioni volte a non “lasciarsi coinvolgere”, ha invece acconsentito a “lasciarsi coinvolgere” precipitandoci in una situazione che sembra, sempre più, senza via di uscita nonostante molti, troppi, morti. D’accordo, l’Ucraina è stata attaccata ma è troppo tardi per mandare un messaggio di Pace?

    Non si potrebbe invitare Zelensky ad un Forum sul come “cercare e trovare” la Pace, nell’interesse di tutti naturalmente, anziché a Sanremo? Ma cosa ci fa un Presidente di un Paese in guerra, che “puzza” di bombardamenti e di silenzi tombali, in collegamento con Sanremo? Ma cosa c’entra la kermesse della canzone italiana con la sua realtà, con la sua gente massacrata? Peraltro, il suo Paese, l’Ucraina, si sta sfasciando per essere terribilmente a corto di denaro, mezzi, armamenti, ecc. …
    E lui, che fa?
    Trova il tempo per interloquire (popolarmente, detto “chiacchierare”) con uno spettacolo, Sanremo appunto, di sollazzo, di estrema leggerezza e di superfluo in cui sovrabbonda lo spreco economico!

    Praticamente a confronto: l’inutile contro la sopravvivenza.
    È possibile che, al di là del bla bla dell’apparente solidarietà, nessuno, sottolineo nessuno, lanci un Sos serio, per convocare tutte le potenze Europee e decretare lo stop all’escalation?
    Qualcuno scriveva:
    “Che muoia il demonio, che muoiano le sue tentazioni, che muoia il peccato, che muoia l'inferno, che muoia l'ambizione, che muoia l'interesse… viva la Fede, viva la Cristianità, viva la coscienza, viva l'anima, viva la Legge di Dio! […]” (Sermoni, Padre Antonio Vieira).

    Aggiungo, e spero che molti di voi lo dicano con me: “Che muoia questa maledetta guerra… e viva la Pace”.

    UTO UGHI, I MANESKIN, IL FESTIVAL DI SANREMO

    Il 19 gennaio 2023, a Siena per la presentazione delle tappe del centenario dell’Accademia chigiana, il celebre violinista Uto Ughi si è espresso anche sull’ambigua band romana dei Maneskin, rilevando che essisono un’offesa alla cultura e all’arte”. La nostra chiosa: non potevano dunque finire che al prossimo Festival della blasfemia (pardon della canzone italiana) di Sanremo, condotto dall’ineffabile Amadeus e già impreziosito dalla presenza di eccellenze nel loro genere come Chiara Ferragni, Paola Egonu e Volodymyr Zelensky (quest’ultimo grazie ai buoni uffici del neo-ministro festivaliero degli esteri Bruno Vespa).

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