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    NEO-CARDINALI/ AGOSTINO MARCHETTO: UCRAINA, MIGRANTI, CONCILIO

    NEO-CARDINALI/ AGOSTINO MARCHETTO: UCRAINA, MIGRANTI, CONCILIO – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 25 settembre 2023

     

    Ad ampio  colloquio con mons. Agostino Marchetto, che riceverà la berretta rossoporpora il 30 settembre 2023. Al centro dell’intervista la guerra in Ucraina, il fenomeno complesso dell’immigrazione, la recezione delle decisioni del Vaticano II (con un’attenzione particolare sulla questione della ‘messa in latino’). Armi all’Ucraina, misure del Governo italiano per regolare l’immigrazione. Marchetto: perché ‘miglior interprete del Concilio’? Il Papa stesso lo ha spiegato.

     

    E’ stato un piacere ritrovare come interlocutore l’arcivescovo Agostino Marchetto a diversi anni di distanza dalle interviste rilasciate a www.rossoporpora.org . L’occasione, tanto inaspettata quanto rallegrante, è stata offerta dall’inclusione dell’ottantatreenne nunzio apostolico (nato a Vicenza il 28 agosto 1940) nell’elenco dei 21 ecclesiastici e religiosi che verranno creati cardinali da papa Francesco il 30 settembre 2023. Abbiamo conosciuto monsignor Marchetto all’inizio degli Anni Duemila, quand’era segretario del Pontificio Consiglio della pastorale per i Migranti e gli Itineranti, dopo il servizio diplomatico prestato inizialmente tra l’altro in Portogallo, nello Zambia, a Cuba, in Algeria, in Mozambico, poi come pro-nunzio in Madagascar e nelle Isole Mauritius, successivamente in Tanzania. E’ stato anche nunzio apostolico in Bielorussia dl 1994 al 1996 e Osservatore permanente presso la Fao. Approfittando di un articolo del Regolamento per le rappresentanze pontificie, ma anche perché amareggiato da alcune incomprensioni nei rapporti con la Segreteria di Stato, Marchetto è andato in pensione al compimento dei 70 anni di età, nel 2010. In questi ultimi i si è dedicato in particolare ad ulteriori approfondimenti sul Concilio ecumenico vaticano II (vedi articoli diversi in questo stesso sito), non dimenticando però di continuare a tenere alta l’attenzione sul tema delle migrazioni.

    E’ così che abbiamo preso spunto dall’ultima intervista con lui, apparsa in www.rossoporpora.org il 19 febbraio 2015… su temi ancora molto attuali…

    SULLA GUERRA IN UCRAINA: AFFERMAZIONI IMPEGNATIVE NEL 2015 – GIUSTO CONTINUARE A INVIARE ARMI A KIEV?

    Mons. Marchetto, tra i temi di questa intervista Le propongo la guerra in Ucraina. Riandiamo allora a quanto Lei - che era stato Nunzio apostolico in Bielorussia dal 1994 al 1996, e dunque buon conoscitore della situazione nell’area – ci aveva detto in un’intervista apparsa il 19 febbraio 2015 (vedi https://www.rossoporpora.org/rubriche/interviste-a-personalita/466-mons-marchetto-su-ucraina-mediterraneo-riforma-curia.html), e cioé: "Credo che vada evidenziato il fatto che Russia e mondo occidentale si contendono una terra che nella storia è sempre stata geograficamente molto sensibile. Se l’Occidente intendesse estendere addirittura la Nato fino all’Ucraina, come potrebbe la Russia accettare un tale sviluppo? Si troverebbe con un potenziale nemico alle porte di casa, anzi dentro casa se si considera che per i russi l’Ucraina è patrimonio della loro grande storia e cultura". E ancora:  "Se l’Occidente inviasse armi, presumo strategiche, sofisticate, non si potrebbe poi pretendere l’inazione da parte della Russia (...)”. Dichiarazioni certo non ambigue le Sue, mons. Marchetto...valide anche per l’oggi?

    Mi riconosco io stesso ardito per aver detto queste parole. Però credo che in quel momento potevo farlo. Adesso penso che sarebbe difficile per me pronunciarmi in tali termini, perché la questione della pace è strettamente legata a quella della giustizia. La combinazione pace e giustizia credo che oggi ci condizioni molto

    nelle nostre risposte, rendendole ancora più complesse e difficili. In ogni caso l’Ucraina è stata aggredita. E’ stata dunque un’invasione di un territorio indipendente, libero, che però ​deve considerare anche il contesto in cui è situato. Lì penso che sia mancata un po’ l’attenzione a tale contesto geopolitico e di vita. Per cui credo che si farà veramente fatica a trovare una maniera per sbrogliare una matassa così ingarbugliata...

    La Santa Sede sta cercando, con la ‘missione’ del cardinale Zuppi, di trovare spiragli per una soluzione del conflitto...

    Sì, in primo luogo agisce in ambito umanitario, quello che da sempre caratterizza prioritariamente l’azione della Santa Sede nei conflitti...

    …Vedi ad esempio il ritorno in patria dei bambini ucraini sequestrati oppure gli scambi di prigionieri...

    Si spera sempre che grazie al richiamo ai principi umanitari si sciolga qualcosa dentro le persone, i cuori perdano la loro durezza... In tal senso la ‘missione’ del cardinale Zuppi lascia già un po’ di spazio alla speranza.

    Ha visto che il ministro degli esteri russo Lavrov ha parlato qualche giorno fa di nuovi incontri a Mosca...

    Sarebbe un ritorno di Zuppi nella capitale russa, dopo che già la prima volta indubbiamente qualcosa si era mosso ... appunto a proposito del rimpatrio dei bambini. Questo detto, continuo a vedere però grosse difficoltà nel conciliare la pace con il rispetto dei diritti di un Paese che, aggredito, rivendica lo status quo ante. Io continuo a pregare per il successo della ‘missione’ vaticana, anche se mi rendo conto che non da tutti viene ben compresa.

    Tornando all’intervista del 2015, Lei aveva paventato l’eventuale invio di armi occidentali, “presumo strategiche, sofisticate”. Come Lei sa, le armi sono state inviate, continuano a essere inviate. Allora Le chiedo: è giusto o sbagliato inviare armi all’Ucraina?

    L’Ucraina aveva mostrato una certa debolezza militare in passato, quando addirittura il rischio dell’invasione era più alto. Ventilare un avvicinamento alla Nato era per l’Ucraina anche un modo per ​dissuadere la Russia da un intervento armato che avrebbe potuto avere gravi conseguenze pure a livello mondiale...

    Insomma secondo Lei l’Ucraina avrebbe cercato la protezione della Nato come atto di difesa preventiva e come avvertimento verso le mire della potenza russa...

    Sì, come elemento importante di una strategia dissuasiva. Però in Putin l’idea della grande Russia, della Russia zarista è alla fine prevalsa.

    Ripeto allora la domanda: è stato giusto oppure sbagliato inviare armi occidentali a Kiev?

    Reputo che non sia stato ingiusto, non è ingiusto. C’è anche il diritto di difendersi e questa è una scelta fondamentale cui si trovano davanti i responsabili delle Nazioni. Pace sì, ma nella giustizia, il che comprende la garanzia del rispetto di tutti i diritti internazionali degli Stati, dei popoli, delle persone.

     

    MIGRANTI: UN TEMA COMPLESSO E SPINOSO

    Mons. Marchetto, passiamo al secondo argomento, che anch’esso si ritrova nell’intervista apparsa il 19 febbraio 2015: i migranti (vedi https://www.rossoporpora.org/rubriche/interviste-a-personalita/466-mons-marchetto-su-ucraina-mediterraneo-riforma-curia.html)...

    A mo’ di necessaria premessa vorrei dapprima evocare la fondamentale Istruzione del 2004, Erga migrantes caritas Christi, voluta e promossa da papa Giovanni Paolo II. In tale poderoso documento si definivano le migrazioni “segno dei tempi”, si evidenziava la “sollecitudine della Chiesa"  e si tratteggiava la pastorale dell’accoglienza. Soprattutto, dopo aver illustrato il complesso quadro d’insieme del fenomeno, si evidenziavano i grandi disagi che in genere l’emigrazione causa nelle famiglie e nei singoli individui, in particolare per donne e bambini. Nel documento si postulava la ricerca di un nuovo ordine economico internazionale, caratterizzato da una più equa distribuzione dei beni e dalla visione della comunità ​mondiale come famiglia di popoli. Non bisogna mai dimenticare di inserire ogni decisione in materia migratoria dentro tale visione...

    Come considera la situazione con cui è confrontata l’Italia?

    Mi sembra che il Governo, dopo aver suscitato l’idea che quella dei profughi dall’Africa in cerca di asilo...

    ... in buona parte non sono profughi, ma migranti economici...

    Però scappano dalla loro terra... Dicevo che il Governo in questo caso italiano è in difficoltà nel tenere la situazione sotto controllo. Allora ci prova riesumando misure già sperimentate senza successo nel passato e introducendone altre che, se attuate, comporterebbero violazioni serie dei diritti umani a partire dal diritto d’asilo sancito solennemente dall’ articolo 10 della Costituzione italiana e dal diritto del mare. Si è optato per la linea dura, ad esempio dando la possibilità di prolungare fino a 18 mesi il periodo di permanenza nei centri per i rimpatri, i Cpr, e decidendo di costruirne altri.

    La questione si presenta complessa, anche per quanto riguarda l’aiuto dell’Unione europea, tra vertici, incontri ministeriali, annunci e smentite, aperture e chiusure. Torniamo alla radice del problema: chi sono i migranti e quando e come vanno accolti? Tra le affermazioni anche contraddittorie di papa Francesco sul tema vogliamo ricordare quanto disse in una conferenza-stampa in aereo, tornando il primo novembre 2016 dalla Svezia: "Si deve distinguere tra migrante e rifugiato, no? Il migrante dev’essere trattato con certe regole, perché migrare è un diritto, ma è un diritto molto regolato. Invece, essere rifugiato viene da una situazione di guerra, di angoscia, di fame”. Il che comporta il dovere di accogliere. A proposito dell’accoglienza nei diversi Paesi, papa Francesco invocava nell’occasione (ma pure in alcuni discorsi al Corpo diplomatico) anche “ la prudenza dei governanti [che] devono essere molto aperti a ricevere, ma anche fare il calcolo di come poterli sistemare, perché un rifugiato non lo si deve solo ricevere, ma lo si deve integrare. E se un Paese ha una capacità di venti, diciamo così, di integrazione, faccia fino a questo. Un altro di più, faccia di più. Ma sempre con il cuore aperto (...)”

    ​Sono d’accordo con quanto osserva il Papa. Naturalmente nel decidere si deve sempre tener conto della necessità di mirare a un nuovo ordine economico internazionale – l’ ho già rilevato nel mio ‘preambolo’ – caratterizzato da una redistribuzione dei beni della terra come deve accadere se si vuole essere una famiglia di popoli. Per quanto riguarda l’accoglienza essa deve essere rispettosa di chi immigra e deve incarnarsi in una realtà di integrazione. Per ciò che concerne l’indispensabile solidarietà all’Italia da parte degli Stati dell’Unione europea mi sembra che si stia procedendo alternando buone intenzioni a rigide chiusure. L’accordo del 5 giugno scorso e i dieci punti annunciati a Lampedusa qualche giorno fa dalla signora Ursula von der Leyen, in cui emerge l’opportunità di una migliore sorveglianza aerea e navale dei confini dell’Unione europea, aprono certo prospettive moderatamente favorevoli. Inoltre mi sembra importante la disponibilità annunciata da Bruxelles di una solidarietà non necessariamente legata alla ridistribuzione dei migranti, ma espressa anche con compensazioni economiche.

    Mons. Marchetto, in tutto questo bailamme di riunioni, vertici, accordi fragili, norme ballerine larga parte di un’opinione pubblica italiana frastornata si chiede se per tagliar la testa al toro non sarebbe più ragionevole impedire la partenza di barconi e barchini sequestrando o direttamente affondando gli scafi prima che si mettano in mare (naturalmente con l’accordo dei Paesi rivieraschi e magari sotto l’egida dell’ONU, per una lotta dura e vera contro gli scafisti). Nel contempo si aiutino concretamente gli Stati di provenienza dei migranti a svilupparsi economicamente. Ma è così impossibile fare questo, si chiedono molti cittadini?

    Affondare, distruggere.... Lascio alle autorità politiche competenti la responsabilità della distruzione. La questione è che, agendo in tal modo, non dai la possibilità alle persone di liberarsi dalle schiavitù...

    Però l’alternativa oggettiva è arrivare in Italia e restarci per essere sfruttati nei campi, nella criminalità come spacciatori o elemosinando agli angoli delle strade...

    ​Prima di tutto molti non rimangono in Italia, ma raggiungono i loro parenti residenti in quel Nord europeo che offre tra l’altro possibilità di maggiori guadagni economici. Poi bisogna anche mettere a confronto le due situazioni in cui vengono a trovarsi i migranti: restare nei loro Paesi, o altri, in condizioni di schiavitù, di gravissimo disagio esistenziale oppure venire in Italia, dove magari si è costretti a mendicare.

    Ma non sarebbe più giusto che molti migranti restassero nei Paesi d’origine per contribuire al loro sviluppo, possibile grazie a interventi adeguati e mirati da parte dei Paesi cosiddetti donatori?

    Qui bisogna subito notare che oggi le rimesse che i migranti inviano nei loro Paesi d’origine sono di entità maggiore rispetto agli aiuti da parte dei Paesi cosiddetti donatori. Non bisogna poi dimenticare che questi ultimi aiuti comprendono quelli militari, che tolgono spazio agli altri. Per gli investimenti di carattere economico-umanitario non resta molto!

    A proposito di Libia: se oggi la situazione nel Paese è confusa e turbolenta lo si deve anche all’eliminazione di Gheddafi, un tema “delicatissimo”, Lei osservava nell’intervista del 2015...

    Lei tocca un argomento che continua a mettere di fronte a scelte di enorme difficoltà i diplomatici e i nunzi apostolici. In sintesi: meglio che un Paese sia governato non democraticamente da un dittatore che garantisce però a una Nazione un minimo di ordine oppure che esso sia retto da un sistema democratico connesso con elementi che ne possono mettere a rischio la sicurezza? Credo che anche in questo

    caso valga la scelta, sofferta, per quello che è considerato un "male minore...".

    Concludiamo con i ‘corridoi umanitari’ di Sant’Egidio...

    ... che li postula e li concretizza in collaborazione con la Cei, la Caritas, gli evangelici e i valdesi. L’idea dei ‘corridoi umanitari’ è positiva, perché richiede che dietro la prima accoglienza ci siano comunità ospitanti, servizi essenziali a disposizioni e si crei un legame solido con il territorio, sempre con il cuore aperto. Così come chiede l’applicazione del Cristianesimo, centrato sull’umanità delle relazioni tra persone, comunità e Stati intesi come tra fratelli.

     

    LA RECEZIONE DEI DOCUMENTI DEL VATICANO II –IL ‘MIGLIOR INTERPRETE’: PERCHE’? - LA QUESTIONE DELLA ‘MESSA IN LATINO’

    Mons. Marchetto, di un altro argomento abbiamo parlato assai spesso, quello dell’interpretazione e della recezione dei documenti del Concilio ecumenico Vaticano II (vedi  https://www.rossoporpora.org/rubriche/papa-francesco/305-francesco-marchetto-miglior-interprete-del-concilio.html ). Lei, dieci anni fa, ha ricevuto una lettera autografa di papa Francesco (con data 7 ottobre 2013), in cui il Mittente scriveva di considerarLa “il migliore ermeneuta del Concilio Vaticano II". Postillando: “So che è un dono di Dio, ma so anche che Ella lo ha fatto fruttificare”...

    L’ultima volta che sono andato da papa Francesco, circa tre mesi fa, mi ha quasi subito fatto osservare: “Lei si ricorda di quanto Le avevo detto quando venne a trovarmi nel 2013 per la prima volta – e poi l’ho ripetuto in una lettera? Bene, sappia che io La considero ancora il miglior ermeneuta del Concilio Vaticano II, la penso sempre allo stesso modo.”. Poi il Papa volle fare un’aggiunta, per me la cosa più bella, sotto forma di domanda.: “Perché Lei è il migliore? E diede subito la seguente risposta: "Perché Lei non è un ideologo". Credo che per uno storico si tratti di un gran complimento, dato che uno storico ideologo pone invece la sua ideologia prima dei fatti esaminati, tradendo l’oggettività storica che sempre dovrebbe essere la meta di uno studioso.

    Rispetto a dieci anni fa, secondo Lei, la recezione del Concilio è migliorata nel popolo cattolico?

    Si deve tener conto di tre gradini. Il primo è quello della conoscenza obiettiva dei testi del Concilio. Recentemente ho informato con un piccolo libro che in Segreteria di Stato si è conservato tutto un tesoro di "carte" concernenti il Vaticano II ancora non studiato, e ne ho indicato le voci, anche per stimolare la ricerca, se il Santo Padre permetterà di aprirne lo scrigno. Del resto Paolo VI voleva che tutti i documenti conciliari fossero resi pubblici. Bisogna perseguire l’obiettività storica sul Concilio e fin qui c’è ancora un bel margine di miglioramento necessario, ad esempio riguardante gli atti degli Organismi direttivi dello stesso Concilio.

    Passiamo al secondo gradino...

    La giusta ermeneutica ecclesiale. Il Concilio non è stato una rottura nella storia, ma un rinnovamento nella continuità dell’unico soggetto Chiesa cattolica. Tutti i Papi hanno accolto tale interpretazione. Noi cattolici, invece, come spesso appare, siamo l’un contro l’altro armati a tale proposito, e questo tra l’altro non ci fa onore. Occorre invece potenziare il dialogo interno nella Chiesa tra le varie posizioni, tra chi esalta la fedeltà esclusiva alla Tradizione e chi invece mira ad adattarsi al mondo. Non possiamo certo ignorare il mondo – e dunque è sbagliato arroccarsi nel passato - ma non dobbiamo mai dimenticare che siamo nel mondo, non del mondo. Non possiamo certo sovvertire la Tradizione dottrinale e morale della Chiesa per compiacere il mondo. Noi guardiamo alla Croce di Cristo, gloriosa sì, ma pur sempre Croce.

    Presumiamo che il terzo gradino sia quello dell’applicazione del Concilio...

    Sì e a tale proposito dicevano Yves Congar e Karl Rahner che per una recezione piena del Concilio ci sarebbe voluto un secolo. E’ solo un’opinione, ma ci dà coraggio perché esprime l’idea che l’applicazione di un Concilio sia un processo lungo e complesso. Siamo in cammino. Ci  sono però due cose importanti da fare in vista della recezione piena: la conoscenza della totalità dei testi pubblicati e di quelli nuovi e l’accettazione dell’ermeneutica ecclesiale.

    All’ interno della questione conciliare si agitano vari temi particolari. Ce n’è uno che ha suscitato e suscita ancora aspri dibattiti, quello – per semplificare un po’ grossolanamente – attorno alla celebrazione della ‘messa in latino’, fondata sulla messa tridentina di san Pio V, così come è stata modificata nella edizione tipica del 1962 di papa Giovanni XXIII. Nel 2007, con il Motu proprio ‘Summorum Pontificum’ papa Ratzinger aveva – almeno si sperava – messo un punto finale alle diatribe in corso da decenni, considerando la liturgia tridentina modificata una “forma straordinaria" ” dell’unico rito romano, una forma "da tenere nel debito onore", dato "il suo uso venerabile e antico". Papa Francesco sembra proprio pensarla diversamente e gradualmente ha drasticamente ridotto la possibilità data da Benedetto XVI di celebrare secondo il Messale del 1962 di Giovanni XXIII... Molti - anche tra chi è ben disposto verso la messa in volgare - hanno l’impressione di un accanimento, difficile da comprendere, del papa argentino contro quella che il suo predecessore aveva definito “ forma straordinaria” dell’unico rito romano... Lei, mons. Marchetto, che ne pensa?

    C’è stato chi ha legato la frequenza della ‘messa in latino’ a una non- accettazione dei documenti conciliari...

    Sì, però, non mancano i fedeli che seguono e partecipano alla ‘messa in latino’, pur accettando il Concilio...

    … non solo non-accettazione del Concilio, ma anche non accettazione di papa Francesco...

    ... ma questi sono una minoranza...

    Intendevo dire che in ballo non è solo la questione del latino. Bisogna avere la consapevolezza che è in gioco anche ben altro. Secondo me non sono pochi a covare nel profondo la contrarietà al Concilio... Papa Francesco credo abbia cercato e cerchi di non facilitare la frequenza della ‘messa in latino’ per non favorire chi all’interno della Chiesa lavora con mire più inquietanti.

    Non si può negare però che, a dispetto dei tempi secolarizzati, le ‘messe in latino’ registrino affluenze di rilievo. Anche tra i giovani: basti pensare ai partecipanti al pellegrinaggio francese di Chartres (quest’anno sedicimila), ai seminaristi in Francia e in Spagna, a una parte non irrilevante dei partecipanti alla recente GMG di Lisbona... ci si chiede: perché questi giovani devono essere penalizzati nell’espressione legittima e generalmente edificante della loro fede? Papa Francesco è forse spaventato da tale palese tendenza?

    E’ vero quello che Lei dice circa una certa partecipazione. Però in primo luogo bisogna dare forza alle decisioni conciliari in materia anche di Liturgia. Poi, se c’è la possibilità di seguire ‘messe in latino’, non credo sia impossibile farlo se è questione solo di lingua. La ‘messa in latino’, non quella tridentina di san Pio V! 

    Per non abusare troppo della pazienza dei nostri lettori è’ giunta l’ora di concludere…  con quali sentimenti, mons. Marchetto, attende l’imposizione della berretta rossoporpora?

    La notizia mi ha colto di sorpresa. Domenica 9 luglio stavo in confessionale a Lignano. Quando ne esco, guardo il mio cellulare, vedo che c’era stata una comunicazione da Roma. Chiamo, mi dicono che il Papa aveva fatto il mio nome per la creazione di nuovi cardinali. Ho detto subito che si erano sbagliati pensando di ascoltare il mio nome nella lista: “Sentirete che non sono io." Ma poi sono fioccate le telefonate di congratulazioni...

    Perché il Papa ha voluto che Lei fosse creato cardinale?

    Penso che abbia considerato non tanto la mia persona quanto i due argomenti con cui mi sono confrontato per tutta una vita: il Concilio ecumenico Vaticano II e il fenomeno delle migrazioni, specialmente dal punto di vista pastorale E di questo ringrazio molto Sua Santità!

    Auguri anche da Rossoporpora, mons. Marchetto, tra qualche giorno pure ‘Eminenza’!

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