IL CARDINALE SILVESTRINI, DIPLOMATICO E PASTORE

IL CARDINALE SILVESTRINI, DIPLOMATICO E PASTORE – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 14 settembre 2020

 

Al Convegno di stamattina all’Ambasciata d’Italia sui 45 anni dalla Dichiarazione di Helsinki, l’ Ostpolitik e il cardinale Silvestrini relazioni del cardinale Parolin, del presidente del Consiglio Conte, del professor Carlo Felice Casula (presidente del Comitato scientifico di Villa Nazareth), di Gennaro Acquaviva, già consigliere politico di Bettino Craxi (revisione dei Patti Lateranensi del 1984). A margine dell’incontro dichiarazioni di politica estera del Segretario di Stato vaticano.

Paolo VIsi faceva forza del fatto che, sul piano dei principi, la Santa Sede ‘è competente a titolo speciale’ e dunque è un bene costringere gli avversari a riconoscere diritti, quand’anche essi, come nel caso del blocco sovietico, fossero poi denegati all’atto pratico, perché – sono sempre parole di Paolo VI – quando il diritto è riconosciuto, anche se poi non è osservato, ha forza in sé”: lo scriveva nel 2010 il cardinale Achille Silvestrini, giustificando così la firma di una Dichiarazione, quella finale di Helsinki dell’agosto 1975, sottoscritta da tutti gli Stati europei (salvo Albania e Andorra, più Usa e Canada), compresi l’URSS e i suoi satelliti.

La rievocazione dell’osservazione diremmo fondamentale di Paolo VI, ripresa da Silvestrini, su una materia tanto complessa e contrastata come quella definita globalmente della Ostpolitik (molto discussa anche all’interno della Chiesa) è avvenuta stamattina all’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede. E non a caso per bocca del cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato, impegnato da parte sua non più in difficili negoziati con la defunta URSS, ma con la rampante Cina comunista per il rinnovo (da lui auspicato) dell’Accordo firmato due anni fa .

Nel chiostro di Palazzo Borromeo sono stati infatti ricordati in un Convegno il significato degli Accordi di Helsinki e il ruolo assunto nei non facili negoziati da monsignor Achille Silvestrini - morto a quasi 96 anni un anno fa - allora uno dei principali collaboratori dell’arcivescovo Agostino Casaroli, ministro degli esteri vaticano e successivamente cardinale e Segretario di Stato dal 1979 al 1990. Lo stesso Silvestrini fu il successore di Casaroli come ministro degli esteri, venendo creato cardinale nel 1988 e incaricato prima di presiedere il Supremo Tribunale della Segnatura apostolica (fino al 1990) e poi la Congregazione per le Chiese orientali (fino alle dimissioni per limiti d’età del 2000.

A 45 anni dagli Accordi di Helsinki, il cardinale Silvestrini e la Ostpolitik vaticana” era il titolo del Convegno cui come relatori hanno partecipato – oltre al cardinale Parolin (che in Silvestrini riconosce un maestro di vita) - il presidente del Consiglio Giuseppe Conte (che a Silvestrini era legato attraverso il collegio di Villa Nazareth), il professor Carlo Felice Casula (docente a Roma 3, ex-allievo di Villa Nazareth e odierno presidente del comitato scientifico, di cui fa parte anche Conte) e il professor Gennaro Acquaviva (già consigliere politico di Bettino Craxi), che con Silvestrini riuscì a concludere positivamente i negoziati italo-vaticani che sfociarono nella revisione concordataria del 1984 (con la grande novità della creazione dell’8 per mille in favore della Chiesa).

 

IL SALUTO DELL’AMBASCIATORE PIETRO SEBASTIANI

Salutando i conveuuti (con mascherina e anche distanziati per le note ragioni; tra i presenti anche i cardinali Re e Sandri e l’arcivescovo Celli), l’ambasciatore Pietro Sebastiani ha definito Silvestrini uno “straordinario uomo di fede”, che “ci ha insegnato come si devono mettere a frutto i talenti per il servizio verso gli altri”. Il diplomatico italiano ha evidenziato le doti pastorali del porporato romagnolo, concretizzatesi specie “nell’impegno profondo a Villa Nazareth”, istituzione per giovani poveri e volonterosi creata dal cardinale Tardini nel 1946 e rifondata da Silvestrini nel 1969. Era Silvestrini un “diplomatico finissimo” e anche di grande discrezione, per il lavorio svolto – soprattutto a livello di politica italiana – dietro le quinte, lontano dalle luci della ribalta. Grande tra l’altro fu il suo successo relativamente alla firma degli Accordi di Helsinki, ai cui negoziati partecipò in tutte le fasi, evidenziando in particolare il principio della libertà religiosa e mirando a ricostituire “un’Europa una e cristiana”.

Diamo ora qualche assaggio delle relazioni, citandone alcuni dei passi che sembrano più significativi.

 

IL CARDINALE PIETRO PAROLIN: ACCORDI DI HELSINKI SVOLTA CONTRASTATA MA FECONDA

. Il cardinal Silvestrini fu un interprete sapiente ed efficace delle motivazioni e delle linee della Ostpolitik vaticana, le cui basi erano state poste da san Paolo VI nell’enciclica Ecclesiam suam del 1967, allorché affermò: “Noi non disperiamo che quei regimi possano aprire un giorno con la Chiesa un positivo colloquio che non sia quello presente della Nostra deplorazione, del Nostro obbligato lamento”. “Questa – aggiunge il cardinal Silvestrini – è la chiave della Ostpolitik di Paolo VI. Fu questa Spes contra spem che determinò la sua azione a non desistere da possibili tentativi anche con successo ridotto e anche quando addirittura si dimostrassero infruttiferi”. (NdR: evidentemente il cardinale Parolin si riconosce pienamente in tali riflessioni che sono ancora attuali… c’è sempre – fatte le debite differenze - un’URSS nel mondo, anche se di nome oggi fa Cina!)

. Per meglio comprendere questo aspetto centrale delle scelte della Santa Sede, è bene ricordare che più volte sia Agostino Casaroli che Achille Silvestrini hanno avvertito le difficoltà e le incomprensioni emerse nella Chiesa cattolica (e in altre comunità religiose) a proposito della Ostpolitik , perché alcuni la intendevano quasi come una illusione, come una politica non lungimirante rispetto ad un gigante politico e militare che comprendeva solo il linguaggio della forza. Il cardinal Silvestrini respinse nettamente questa interpretazione e offrì come testimonianza della scelta di fondo a favore della adesione e partecipazione alla Conferenza di Helsinki l’opinione di Paolo VI. NdR: un’opinione che ritroviamo nell’incipit di questo articolo.

. Su questo fondo (NdR: di persecuzioni contro la Chiesa), con l’esperienza della terribile glaciazione stalinista che pesò a lungo sul comunismo, inizia quel ‘martirio della pazienza’ che ha condotto la Chiesa a cogliere ogni pur minimo spiraglio di apertura, portando Casaroli e Silvestrini a quel pellegrinaggio doloroso in alcuni Paesi dell’Est europeo come l’Ungheria, la Cecoslovacchia, la Polonia, e che è sfociato nella accettazione della prospettiva di una Conferenza che si sarebbe tenuta ad Helsinki, nel quadro di un Paese neutrale.

. L’esito di tutto lo sforzo negoziale dei partecipanti alla Conferenza fu la sottoscrizione dell’Atto finale di Helsinki, con al suo interno la ‘Dichiarazione sui principi che guidano le relazioni tra gli Stati partecipanti’. Vorrei qui citare brevemente il VII principio, la cui formulazione ha richiesto quasi un anno di discussioni. Esso afferma il “rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, inclusa la libertà di pensiero, coscienza, religione o credo”.

. La sottoscrizione di questi principi da parte di Stati che avevano una legislazione contraria al riconoscimento dei diritti umani, rappresentò realmente una svolta tale da far sì che, da quel momento, il cammino verso l’applicazione della libertà religiosa e dei diritti fondamentali poté farsi più spedito e realizzarsi progressivamente sino alla caduta del comunismo nel 1989.

. Appare evidente come la Conferenza di Helsinki sia stata, dai suoi preamboli alle sue conseguenze di lungo periodo, uno dei momenti della storia in cui – per usare un’espressione cara a papa Francesco – i protagonisti si preoccuparono più di avviare processi che di occupare spazi.

 

GIUSEPPE CONTE: PERSONALMENTE TESTIMONE DELLE VIRTU’ PASTORALI E UMANE DI SILVESTRINI

. Nel solco della illustre tradizione della diplomazia apostolica, con incarichi e investiture via via sempre più prestigiose, il cardinale Silvestrini ha profuso mirabili energie morali e intellettuali nella elaborazione di progetti e proposte che muovevano da una profonda conoscenza delle ragioni delle crisi politiche internazionali del secolo scorso in modo da proporre poi un loro superamento pacifico ma non con formule astratte ma sulla base di soluzioni mirate e articolate, facendo ampio ricorso alla virtù del discernimento.

. Sotto questo aspetto mi spingerei ad attribuire al Cardinale Silvestrini il merito di avere contribuito a offrire, nella nostra età contemporanea, una salda base di legittimazione al servizio diplomatico, altrimenti percepito come residua eredità del magistero temporale della Chiesa. In realtà, strumento essenziale al servizio della pace, dei diritti universali, del perseguimento del bene comune.

. Sicuramente le trattative che condussero alla sottoscrizione, a Helsinki, dell’Atto finale della Conferenza sulla Sicurezza e la cooperazione in Europa, che sono state puntualmente ricostruite da Sua Eminenza Parolin, rappresentarono un momento particolarmente fecondo, nel quale il ruolo del cardinale Silvestrini fu certamente significativo.

. Tutto questo bisogna contestualizzarlo, in tempi di rigide contrapposizioni figlie della guerra fredda, e non era affatto scontato, Silvestrini, per il suo intenso impegno a favore del dialogo con i governi comunisti e a tutela della presenza cattolica nei Paesi dell’Est, fu anche, ed è stato anche ricordato questo,  criticato e anche mal compreso, a volte anche da esponenti delle medesime gerarchie ecclesiastiche dell’Europa orientale. Non escludo che riguardo a queste posizioni diffidenti abbiamo pesato antichi retaggi dottrinali, considerato anche il lungo, tormentato sviluppo dottrinale che ha avuto il principio di libertà religiosa.
Ricordo qui la sofferta elaborazione della dichiarazione Dignitatis Humanae, che fu approvata dopo lunga gestazione proprio a ridosso della chiusura del Concilio Vaticano II, il giorno prima della chiusura. (NdR: Insolita l’ipotesi fatta propria dal Presidente del Consiglio di una resistenza all’ Ostpolitik tra i cattolici dell’Europa orientale dovuta a ‘antichi retaggi dottrinali’, insomma resistenza più da Concilio di Trento che di carattere politico…)

. Questo documento (NdR: Dichiarazione di Helsinki), che si giovò dell’apporto teorico, qui dobbiamo ricordarlo, di  John Courtney Murray, il gesuita che insegnava al Woodstock College nel Maryland, ha contribuito a riformulare il rapporto Stato Chiesa all’affermazione di un nuovo concetto di laicità aperto al principio di libertà religiosa, fondato sul primato della dignità della persona umana. Nell’azione del diplomatico Silvestrini questo insegnamento viene sviluppato coerentemente abbandonando la pretesa di affermare il primato della verità ultima, per affidarsi alla umile ma fondamentale virtù del dialogo. (Ndr: anche qui il Presidente del Consiglio fa affermazioni destinate a non raccogliere l’universale consenso, parlando di abbandono da parte di Silvestrini della “pretesa di affermare il primato della verità ultima” in favore della virtù del dialogo…)

. (Silvestrini) era uomo di pace, per il quale il valore inestimabile della Pax Christi non poteva restare nell’empìreo delle aspirazioni teoretiche, ma poteva - anzi, doveva - tradursi e attualizzarsi in regole di condotta e linee-guida per tutti gli uomini, nella consapevolezza del profondo legame, storico, politico, antropologico, esistente tra pace e giustizia.

. Ricordo che è di Silvestrini, ed è molto bella, la prefazione a Il martirio della pazienza, lo splendido libro di memorie di Casaroli che - nel rievocare, con la forza della testimonianza, l’azione della diplomazia vaticana nei confronti dei regimi comunisti del blocco sovietico - ci offre l’affresco straordinario di una delle pagine più drammatiche del Novecento.

. E credo che si possa tranquillamente predicare di Silvestrini quello che lui predica in questa prefazione di Casaroli: la sua – la loro - attività diplomatica si è alimentata della “consapevolezza teologica che la luce misteriosa che illumina la coscienza degli uomini non può mai essere spenta, neppure dalla più spietata delle istituzioni. Questa teologica della grazia [lo] portava a vedere uomini attorno a sé, non nemici”.

. Dall’osservatorio della “Europa a 27” del 2020 è interessante rilevare come in questi quarant’anni tali Paesi, che erano allora oggetto di specifica attenzione presso la Segreteria di Stato vaticana, abbiano avuto destini molto diversi. Molti di questi Paesi (ben otto) nel 2004 sono entrati a fare parte, a pieno titolo, dell’Unione Europea. Altri due (Bulgaria e Romania) vi hanno fatto ingresso nel 2007 e uno (Croazia) nel 2013. Poi ve ne sono alcuni (penso alla Bielorussia, all’Ucraina e alla Moldova) che fanno parte del cosiddetto “Partenariato orientale” nel quadro della Politica europea di vicinato. Infine vi sono altri cinque Paesi dell'ex Jugoslavia (Serbia, Montenegro, Macedonia del Nord, Bosnia-Erzegovina e Kosovo), a cui si aggiunge l'Albania, che aspirano anch’essi a fare parte della “Famiglia europea”.

. È un processo molto complesso e delicato. Io credo che vada assolutamente portato a termine questo percorso di integrazione europea anche perché, se fallissimo questo obiettivo, non solo rischieremmo di vedere questi partner volgere il loro sguardo dall'Europa verso “vecchi alleati”, quali la Federazione Russa, storici “player” nell’area, come la Turchia, o altri importanti attori internazionali interessati a rafforzare la propria presenza nella penisola balcanica, quali la Cina e i Paesi del Golfo. 

. Ritengo che per comprendere e conoscere nel profondo l’attività del diplomatico Silvestrini, occorre illuminare un altro aspetto, per certi aspetti anche più preminente, della sua personalità che non è fuori luogo definire eccezionale: quella dell’educatore.

. Di Achille Silvestrini colpisce la capacità di declinare la sua vocazione non solo nelle vesti di esperto diplomatico ma anche in quelle del servitore umile e silenzioso, votato all’accudimento spirituale e all’educazione dei più giovani. Ha vissuto un amore intenso per la Chiesa, nutrito da una fede solida e sicura, irradiante in ogni sua attività. Al centro della sua attenzione e riferimento imprescindibile del suo operare è stato sempre, costantemente, il dettato evangelico e l’amore per il prossimo, unito alla centralità della persona, creata a immagine e somiglianza di Dio.

. Erano i giovani (…) oggetto della sua più attenta e appassionata cura pastorale; proprio in virtù della sua paterna dedizione alla formazione e al futuro della gioventù, profuse buona parte delle sue energie nell’autorevole guida di “Villa Nazareth”, che - è stato ricordato - fondata dal cardinale Domenico Tardini, nella quale fu faro di sapere e di etica cristiana per numerosissimi giovani che frequentarono quel luogo e che ebbero così l’irripetibile opportunità di vivere in un ambiente pensato per far fiorire i loro talenti in un clima di sereno impegno fraterno e di gioviale e illuminata condivisione.

. Io stesso sono personale testimone, avendo svolto attività di volontariato subito dopo la laurea a “Villa Nazareth” (NdR: tutor degli studenti di giurisprudenza), del suo sorriso incoraggiante, del suo sguardo benedicente, del profondo rispetto che lui ha avuto sempre per la persona, anche la più umile, anche la più modesta e la piccola.

 

CARLO FELICE CASULA: DECISIVO PER SILVESTRINI L’INCONTRO CON DOMENICO TARDINI

. Decisivo è l’incontro con mons. Domenico Tardini fin dai suoi primi anni di minutante. Ne apprende e ne condividerà sempre pienamente la lezione fondamentale della connotazione universale e indipendente dell’azione della Santa Sede, secondo una grande tradizione che risaliva al cardinale Mariano Rampolla del Tindaro e al cardinale Pietro Gasparri, con in più la dimensione pastorale e religiosa del giornaliero faticoso lavoro d’ufficio, codificato da Tardini nella nota formula: lavorare le carte come se fossero anime.

. Incontro decisivo, anche perché da mons. Tardini il giovane minutante Silvestrini è chiamato a occuparsi di Villa Nazareth, l’istituzione-famiglia che ospita a titolo gratuito ragazzi intelligenti orfani o di famiglie con svantaggio economico e culturale per offrire loro una rigorosa formazione culturale e religiosa fino al completamento degli studi, a partire dal messaggio della parabola dei talenti.

. Di Villa Nazareth, dopo la travagliata stagione della fine degli anni Sessanta, è stato vero e proprio rifondatore, valorizzando l’apporto dei laici, specialmente ex alunni, con la creazione della Fondazione Comunità Domenico Tardini, che riesce a conseguire il prestigioso accreditamento ministeriale come collegio universitario di merito, accedendo anche al conseguente finanziamento pubblico. In essa ha accompagnato nel cammino di fede e/o nella ricerca della fede, giovani di più generazioni – io tra questi – con le loro famiglie, costituendo un privilegiato punto di riferimento negli studi e nella più generale formazione culturale e umana.

. In un’intervista che gli feci sul quotidiano L’Unione Sarda, a conclusione di un’intensa giornata di incontro-confronto, nel giugno del 1993, con gli studenti isolani di Villa Nazareth e con gli studenti di Scienze politiche, dove allora io insegnavo, particolarmente sensibili e sensibilizzati ai temi del dialogo e della pace a una mia domanda sull’emergenza della terribile Seconda guerra del Golfo, rispondeva: “L'esperienza mi ha portato a pensare che il dialogo si svolge più facilmente partendo dai  valori  religiosi, ciascuno  a partire dal proprio libro sacro, piuttosto che da premesse di carattere diplomatico di stile occidentale, cioè, da sospettose, reciproche garanzie e da interessi economici. Il dialogo religioso permette di cogliere meglio alcuni valori fondamentali di rispetto delle persone, di collaborazione per cercare i beni fondamentali dell’uomo”.

 

GENNARO ACQUAVIVA: SILVESTRINI, UN PRETE INTERVENTISTA NELLA POLITICA ITALIANA E PUNTO DI RIFERIMENTO SICURO

Breve e intenso l’intervento di Gennaro Acquaviva, co-protagonista con Achille Silvestrini della revisione concordataria del 1984. Il consigliere politico del segretario socialista Bettino Craxi (allora Presidente del Consiglio) ha evidenziato che l’Accordo di 36 anni fa ha de facto posto fine alla separatezza tra Italia e Santa Sede per inaugurare una stagione al’insegna della collaborazione. Craxi, ha ricordato Acquaviva, era un anticlericale, ma anche realista: “Senza i preti l’Italia non sta in piedi”. E l’allora monsignor Silvestrini era un prete attivissimo, “un punto di riferimento sicuro, un interventista degli Anni 70-80-90 che non tesseva relazioni solo con la Dc, ma anche con gli altri partiti”.

 

PAROLIN SU LIBANO, CINA E BIELORUSSIA A MARGINE DEL CONVEGNO

. Libano, dopo la visita effettuata il 3 e 4 settembre (vedi https://www.rossoporpora.org/rubriche/papa-francesco/970-francesco-amazzonia-nel-2007-che-noia-libano-e-visita-di-parolin.html ) : Bisogna considerare tutto l’aspetto della ricostruzione. Sono rimasto scosso dal disastro provocato dall’esplosione nel porto, con le abitazioni private distrutte e anche tante strutture, tra cui quelle della Chiesa cattolica, come ospedali e scuole. Occorre un aiuto e una cooperazione internazionale e occorre pure un aiuto per far emergere delle forze nuove che possano veramente occuparsi del bene del Paese, quelle che si sono manifestate in piazza, così da superare logiche del passato, logiche divisive, fondate sulla ricerca di interessi particolari.

. Accordo con la Cina in scadenza a ottobre: L’accordo con la Cina non è ancora spirato. Scadrà a ottobre, a due anni dal momento in cui è entrato in vigore. La nostra intenzione è che sia prolungato ad experimentum come è stato fatto fin qui. Ci sono stati i primi risultati, anche non eclatanti e hanno segnato una direzione che vale la pena perseguire. Bisogna sfruttare tutta le possibilità di apertura di un grande Paese come la Cina. C’è l’obiettivo di rendere normale la vita della Chiesa in Cina, di fare sì che la Chiesa abbia normali relazioni con il Papa e Roma e c’è anche l’obiettivo dell’unità della Chiesa.  

. Bielorussia, dopo che alla frontiera il metropolita di Minsk è stato bloccato, impedendogli di rientrare nel Paese: Noi insistiamo perché il metropolita Tadeusz Kondrusiewicz possa tornare a Minsk, alla guida del suo gregge. Per questo è stato inviato a Minsk l’altro giorno l’arcivescovo Gallagher (NdR: il ministro degli esteri vaticano). In ogni caso, quando la situazione sanitaria si sarà normalizzata, non è escluso un viaggio del Papa in Bielorussia (già è stato invitato).