SINODO/TANTO TUONO' CHE POI NON PIOVVE ... MOLTO

SINODO/TANTO TUONO’ CHE POI NON PIOVVE…MOLTO - di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 27 ottobre 2019

 

Approvato nel tardo pomeriggio di ieri, sabato 26 ottobre, il documento finale del Sinodo panamazzonico. Qualche nota, dopo una prima lettura e il ‘briefing’ conclusivo in Sala Stampa Vaticana. Nel primo pomeriggio alla Traspontina abbiamo incontrato mons. Adriano Ciocca Vasino, successore del vulcanico vescovo Pedro Casaldaliga…Niente San Pietro stamattina per le Pachamama: il loro destino si chiama Propaganda fide.

 

Tanto tuonò…che non piovve più di quel tanto.

Il documento finale del Sinodo panamazzonico de facto delude le aspettative dei promotori e dei loro ringhiosi turiferari e turiferarie riguardo ad alcune richieste particolarmente delicate.

I padri sinodali hanno approvato tutti e 120 i punti del testo presentato con maggioranze superiori a quella prescritta dei due terzi (fissata a quota 121). Su 181 presenti, i non placet sono stati al massimo 41 (il 22%) al numero 111 (concernente la questione dell’ordinazione sacerdotale di “uomini idonei”), 30 al 103 (possibile diaconato permanente femminile), 29 al 119 (elaborazione di un rito amazzonico). Su tutti i punti si registra un certo numero di non votanti (da 8 a 20). Certo numericamente minore l’opposizione rispetto a quanto successo nei Sinodi per la famiglia del 2014 e 2015. Tuttavia va anche notato che, mentre questi ultimi erano di carattere universale, quello panamazzonico aveva un volto regionale già per la netta prevalenza di vescovi di quella zona dell’America latina.

Entriamo in qualche dettaglio.

Primo: il Sinodo propone l’eventuale ordinazione sacerdotale di diaconi permanenti (dunque non semplici viri probati con famiglia) “fecondi” pastoralmente, anche coniugati stabilmente, che godono della stima delle comunità di appartenenza. L’eventuale ordinazione sarà funzionale alle necessità pastorali delle “zone più remote” della regione. E’ invece fallito il tentativo di chiedere valenza universale alla proposta amazzonica (come sarebbe piaciuto al fronte ‘tedesco’).  

Secondo: l’introduzione eventuale del ministero diaconale permanente per le donne (postulata da molti tra i consultati in Amazzonia) è rimandata alla riesumata Commissione vaticana di studio sul tema, con cui il Sinodo vorrebbe condividere “esperienze e riflessioni”. 

Terzo: l’esaltata (nell’Instrumentum laboris) “saggezza ancestrale” globale degli indios è stata limitata al loro rapporto con la natura. (vedi n.76: “La Chiesa riconosce la saggezza dei popoli amazzonici sulla biodiversità, una saggezza tradizionale che è un processo vivo e sempre in progresso”). Certo al n. 9 torna quel che appare come un surreale buen vivir , “comprensione della vita caratterizzata dalla connessione e dall’armonia dei rapporti tra acqua, territorio e natura, vita comunitaria e cultura, Dio e le varie forze spirituali” (solo 9 i non placet).

Quarto: anche la possibile, auspicata introduzione di un ‘rito amazzonico’ dovrà essere ben studiata nelle forme e nei contenuti, “preservando ,la materia dei sacramenti e adattandola alla forma, senza perdere di vista l’essenziale”.  Qui si rileva, in modo che appare però ambiguo e assai inquietante: “Dobbiamo dare una risposta autenticamente cattolica alla richiesta delle comunità amazzoniche di adattare la liturgia valorizzando la visione del mondo, le tradizioni, i simboli e i riti originali che includono la dimensione trascendente, comunitaria ed ecologica”. Le modalità saranno comunque concordate con la competente Congregazione per il Culto divino.

Quinto: lo slogan-bandiera della ‘Chiesa dal volto amazzonico’ che ha caratterizzato il pre-Sinodo, l’Instrumentum laboris , il dibattito dell’assemblea esce un po’ scolorito dalle decisioni della maggioranza. Nell’Instrumentum laboris lo slogan era nel titolo del primo capitolo della terza parte (“Chiesa dal volto amazzonico e missionario”) e nel titolo introduttivo minore del capitolo successivo (“Il cammino verso una Chiesa dal volto amazzonico e indigeno”), oltre che in altri punti del testo della stessa parte.

Nel documento sinodale lo slogan non si ritrova in nessuno dei titoli maggiori e minori (al massimo in un intertitolo prima del n.27 che però così suona: “Chiesa con un volto indigeno, contadino e afrodiscendente”), ma soltanto in alcuni punti del testo. Abbiamo chiesto lumi a tale proposito nel briefing finale di ieri sera in Sala Stampa: il segretario speciale del Sinodo, mons. David Martinez de Aguirre Guinea (Perù, Puerto Maldonado) ha risposto che l’espressione era stata ‘spalmata’ in varie parti e il prefetto Paolo Ruffini ha evocato i punti 27, 54, 92.

All’uscita della Sala il fremente padre Spadaro, punto sul vivo, ha evidenziato che in ogni caso l’espressione era stata citata. E, tornato a casa, dopo evidente fulminea ricerca ha subito twittato spavaldamente che è apparsa nei punti 42, 54, 55, 86, 92, 108, 115, 120. Tuttavia, preso dall’entusiasmo, ha largheggiato un po’. In effetti l’espressione appare solo nei punti 55, 86, 92, 115, 120. Certo, caro padre Spadaro, lo slogan c’è, ma è sparito dai titoli maggiori e minori…

Giova precisare che le espressioni “Chiesa in Amazzonia” e “Chiesa amazzonica” indicano in prima battuta il territorio in cui vive tale Chiesa locale. Un po’ come dire “Chiesa in Italia” o “Chiesa italiana”. Invece “Chiesa dal volto amazzonico” fa subito pensare a caratteristiche proprie particolari della Chiesa locale. E fa sognare certi tedeschi in vista del loro prossimo Sinodo… pensate… “Chiesa dal volto tedesco”….brrrrr…

Non si deve poi dimenticare che il documento finale del Sinodo con le proposte ivi contenute è stato trasmesso a Papa Francesco, che deciderà che farne. Nell’intervento conclusivo di ieri sera in Aula Jorge Mario Bergoglio ha prefigurato l’Esortazione apostolica conseguente entro la fine dell’anno, se troverà il tempo sufficiente per pensare (ha detto). Sui contenuti di tale ‘Esortazione’ meglio essere prudenti, memori della ‘scaltrezza’ di cui papa Francesco ha dato prova nell’ Amoris laetitia… una nota qui, una nota là… lascia fare a me che ci penso io!

Nelle parole papali di ieri sera non poteva mancare la consueta stilettata a questo o quest’altro gruppo di cattolici: stavolta le freccette della cerbottana sono state indirizzate ai “cattolici di élite” che amano guardare ai dettagli disciplinari ( alle “cosucce”) invece che al tutto, quelli che “siccome non hanno il coraggio di stare nel mondo, credono di lottare per Dio”, quelli che “siccome non amano l’uomo, credono di amare Dio” (qui Jorge Mario Bergoglio ha riecheggiato Charles Péguy nella “Nota congiunta su Cartesio e la filosofia cartesiana”).  

 

UNA VISITA ALLA TRASPONTINA E UN COLLOQUIO CON MONS. ADRIANO CIOCCA VASINO

Ieri pomeriggio – prima del voto sinodale finale - siamo capitati nella chiesa di Santa Maria della Traspontina, ove era incominciata da poco una sorta di ‘preghiera amazzonica’ attorno all’ormai celebre tappeto multicolore: al centro una piroga con non meno di quattro Pachamame, vasetti di bacche di acaì (una gentile Figlia di Maria Ausiliatrice ce ne ha offerto alcune), le foto dei martiri amazzonici e i lumini accesi. Diversi i sacerdoti, i religiosi e le suore. Canti, braccia alzate, danze. Una Pachamama (forse una di quelle ripescate dal Tevere?) sollevata da una donna e portata in giro nel cerchio a mo’ di icona, tra gli applausi dei convenuti. Tra i quali stava il vescovo brasiliano di Săo Gabriel da Cachoeira, mons. Edson Tasquetto Damian, con croce pettorale. Ed anche, in borghese, mons. Adriano Ciocca Vasino, piemontese vescovo prelato di Săo Felix (successore di mons. Pedro Casaldaliga), che avevamo ascoltato in un briefing sinodale (vedi https://www.rossoporpora.org/rubriche/vaticano/902-sinodo-alcune-tribu-indie-oltre-l-infanticidio-anche-l-anzianicidio.html ). Sabato 12 ottobre in Sala Stampa Vaticana il settantenne già fidei donum aveva infatti rilevato che  “i miei indios mi dicono che i bianchi sono crudeli, perché lasciano vivere i vecchi non autosufficienti. E così costringono lo spirito dei vecchi a restare incatenato al corpo. E lo spirito, incatenato, non può spalmare i suoi benefici sul resto della famiglia”. 

Interpellato alla Traspontina a tale riguardo, il cordiale mons. Ciocca Vasino ci ha detto che “bisogna aver vissuto in Amazzonia per capire. Gli anziani sono trattati con grande amore e rispetto fino a quando la loro condizione lo permette. Poi si lasciano morire, perché gli indios preferiscono che il loro spirito possa essere liberato dal loro corpo e continuare a vivere nella famiglia senza essere ‘incatenato’ nella carne umana. Capisco che per un occidentale è difficile comprendere tale mentalità…ma, se si è stati come me quarant’anni in Amazzonia, allora ci si riesce”.

A proposito di riti amazzonici e Pachamama, il successore di mons. Casaldaliga non vede nulla di male nel fatto che in occasioni eccezionali le statuette vengano esposte temporaneamente (“solo per qualche ora”) in chiese e pure nella Basilica di San Pietro. Rileva il nostro interlocutore: “Anche cherubini e serafini erano divinità politeistiche poi assimilate dal cristianesimo”. Non bisogna temere confusioni: "Gli indios cattolici hanno ben chiara la differenza tra Gesù, la Madonna e una divinità indigena come la Pachamama".

Sulla “saggezza ancestrale” degli indios (vedi il mito del ‘buon selvaggio’ come emerge dall’Instrumentum laboris del Sinodo), mons. Ciocca Vasino ammette che anche loro hanno avuto le loro pagine oscure. Osserva però che “saggezza ancestrale” deve essere riferito al rapporto degli indios con la natura: “E qui abbiamo molto da imparare”. Alla fine ci invita ad andarlo a trovare in Brasile: ci accompagnerebbe a vedere l’Amazzonia così da comprenderla meglio. Ringraziamo, ma non sarà facile onorare l’offerta!  

LE PACHAMAMA? A PROPAGANDA FIDE...

Le tre statuette della Pachamama volate nel Tevere (due hanno assaporato la purezza ancestrale dell'acqua tiberina e l'altra pare si sia incagliata sotto Ponte Sant'Angelo) hanno assicurato un futuro prestigioso. Infatti sono state richieste dal cardinale Fernando Filoni (prefetto della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli) per il Museo Missionario sito in via di Propaganda Fide 1/c (nei pressi di Piazza di Spagna). Meglio sicuramente lì che a Santa Maria in Traspontina o, come sarebbe potuto succedere, addirittura nella Basilica di San Pietro, dove però stamattina - domenica 27 ottobre - alla messa papale conclusiva del Sinodo non si sono viste (sull'altare, all'Offertorio, il Papa ha voluto porre  -per tramite del Maestro delle Cerimonie pontificie mons. Guido Marini - solo un vasetto con foglie verdi presumibilmente amazzoniche, donatogli da una donna india....