SVIZZERA/TICINO: UN BEL CANTONE DALLA GA(Y)ETTA PELLE?

SVIZZERA/TICINO: UN BEL CANTONE DALLA GA(Y)ETTA PELLE?- di GIUSEPPE RUSCONI – su www.rossoporpora.org –  14 maggio 2018

 

Sacra Terra o Terra Ga(y)a? Domanda lecita dopo che l’esecutivo luganese ha dato via libera e patrocinato il primo Gay Pride in assoluto nella Svizzera italiana, vietando anche un Rosario pubblico per la difesa dei valori cristiani. Pure il vescovo Valerio Lazzeri considera inopportuna tale recita. Il politicamente corretto e gli interessi economici. Intanto il Governo ticinese dà il patrocinio a un libercolo di propaganda scolastica ‘arcobaleno’: evitare affermazioni “discriminatorie”  come “ogni bambino ha un papà e una mamma”.    

“O Signor, Padre divino, benedici il bel Ticino/ nei suoi figli è la fierezza che ogni mamma inorgoglisce/ O Signor, Padre divino, benedici questa terra/ la protegga un pio destino, sacra terra del Ticino”. Corre il maggio 1939 e, nel contesto dell’Esposizione nazionale di Zurigo, fu rappresentato lo spettacolo “Sacra terra del Ticino”, testi dell’intellettuale Guido Calgari e musiche del compositore Gian Battista Mantegazzi. Erano tempi in cui soffiavano sempre più forti in Europa i venti di guerra e la Svizzera si mobilitò anche spiritualmente per rafforzare l’identità nazionale: “Sacra terra del Ticino” fu uno strumento incisivo, emotivamente molto coinvolgente, perché la Svizzera italiana riscoprisse – di fronte alla minaccia straniera – con fierezza le proprie radici. Lo spettacolo, in cinque parti, comprendeva anche “Il canto della terra” (da cui abbiamo tratto i versi iniziali) e altri canti assai diffusi nelle scuole ticinesi ancora negli anni Cinquanta/Sessanta come “Il grido dei magnani”, “Il canto delle spannocchiatrici”o “Noi siamo Ticinesi, amiam la libertà”. Li abbiamo imparati anche noi alle scuole elementari a Giubiasco e al Ginnasio di Bellinzona.

 

Settantanove anni dopo il Ticino è molto cambiato: da contadino è divenuto urbano, turistico, con una forte presenza del terziario. Non saremo noi a rimpiangere tempi in cui la povertà era molto diffusa e tuttavia non possiamo non constatare come i valori sociali  di sobrietà, semplicità, labriosità, onestà di ieri l’altro si siano a poco a poco assai stemperati: non certo una buona notizia per la salute di una Repubblica il moltiplicarsi di scandali e scandaletti! Guardate ad esempio un po’ a che cosa è stato ridotto il centro di Lugano, terra di conquista della devastazione (pardon: speculazione) edilizia, con conseguenze pesanti anche sulla sua identità locale.

 

LUGANO: IL PRIMO GAY PRIDE A FINE MAGGIO

L’ultima è che l’esecutivo della stessa Lugano ospiterà a braccia aperte il primo Gay Pride in assoluto nella Svizzera italiana (battendo la concorrenza di altre due pretendenti, Locarno e Mendrisio… e per fortuna ci è stata risparmiata l’onta di annoverare Bellinzona in questa gara al politicamente corretto, educativamente indecoroso e socialmente nocivo).

E’ così che dal 28 maggio al 3 giugno Lugano mostrerà alla Svizzera e al mondo quant’è aperta culturalmente dando spazio e voce alla nota lobby che organizzerà  spettacoli di danza, mostre, film, concerti, perfino un torneo di ‘beach volley’; il ‘clou’  resterà comunque la parata di sabato 2 giugno sul lungolago e nel centro città.

Della possibilità concreta del ‘Gay Pride’  a Lugano si era parlato già nella primavera del 2017 quando tre consiglieri comunali del partito popolare democratico (simil-democristiani), Armando Boneff, Sara Beretta Piccoli e Angelo Petralli, avevano inoltrato un’interpellanza chiedendo ad esempio “quali obiettivi qualitativi e quantitativi” il Municipio di prefiggeva di perseguire accogliendo la manifestazione e quanto essa fosse “compatibile con il target dei turisti” abituali. Già a quel tempo il municipale Roberto Badaracco (responsabile del dicastero della cultura, sport e eventi) aveva definito l’interpellanza un attacco “ideologico”, sostenendo che, come aveva già dimostrato l’esperienza in altre città, la manifestazione avrebbe avuto “un impatto turistico bello e buono”.

 

LE MOTIVAZIONI ADDOTTE DAL MUNICIPIO PER Il ‘VIA LIBERA’ E IL PATROCINIO

La decisione definitiva del Municipio è caduta poche settimane fa ed è stata presentata in pompa magna il 12 aprile. Si è così venuti a sapere che alla fine della parata ci saranno i discorsi ufficiali in  cui rifulgerà l’oratoria del sindaco leghista (ma della Lega dei ticinesi, molto diversa da quella di Salvini) Marco Borradori, del già citato Badaracco (liberale-radicale, partito di centro-destra), addirittura di Ignazio Cassis (consigliere federale, ministro degli esteri svizzero, altro liberale-radicale che negli Anni Novanta era favorevole – da medico cantonale – alle famigerate sperimentazioni con eroina). La presenza (anche garrula) del ministro degli esteri svizzero alla sfilata esibizionistica e in verità sostanzialmente ghettizzante dimostra il livello di follia in ambito antropologico raggiunto dal politicamente corretto nel cuore del potere politico elvetico. Ma riandiamo alla conferenza-stampa e riproduciamo alcune delle perle che l’hanno impreziosita:

. Roberto Badaracco!1: “Bacchettoni e benpensanti possono stare tranquilli: non succederà nulla di eclatante a Lugano”

. Roberto Badaracco/2: “Si attendono almeno cinquemila persone, ma si potrebbe arrivare anche a diecimila. Persone, queste, che pernotteranno nella regione, frequenteranno esercizi pubblici e attività commerciali e quindi scopriranno la nostra città”.

. Marco Borradori/1: “Il Pride a Lugano? E’ una sfida che abbiamo accettato perché siamo una città aperta. Il Pride ha il merito di promuovere il dialogo e proporre altri punti di vista, al fine di conoscere meglio realtà diverse, superando così stereotipi e pregiudizi”

. Marco Borradori/2: “Dobbiamo tutti poterci sentire liberi di vivere spontaneamente, facendo quello che crediamo giusto fare”.

 

AHI, AHI, MARCO, LEGHISTA (NON CERTO DI SALVINI) POLITICAMENTE CORRETTO!

Qui si impone una sosta. Abbiamo conosciuto il Marco quando eravamo giornalisti parlamentari a Berna per il ‘Corriere del Ticino’. Nel 1991 era un trentaduenne timido, gentilissimo, anche un po’ imbranato, bisognoso come tutti i neofiti di imparare a conoscere una realtà per lui a quel momento sconosciuta. E a tratti – almeno così ci sembrava - faceva (dimostrando buon gusto) anche gli occhi dolci alla nostra collega Ilaria Bignasci del ‘Giornale del Popolo’. Era il Marco soprattutto il volto ‘presentabile’ della neonata Lega dei Ticinesi, di cui erano anime ‘popolari’ lo sregolato fondatore Giuliano Bignasca (in fin dei conti però anche amato in qualche modo da tanti ticinesi) e un giornalista tanto brillante di penna quanto velenoso e spregiudicato come Flavio Maspoli. Di strada il Marco ne ha fatta tanta, sempre molto votato dai benpensanti: da Berna a Bellinzona come consigliere di Stato (membro del governo cantonale), poi sindaco di Lugano.

Con una certa sorpresa ce lo siamo ritrovati  in questa occasione non solo come appartenente alla schiatta dei ‘politicamente corretti’, ma anche come filosofo material-libertario-edonista di prim’ordine, come si rivela essere nell’affermazione solenne, degna tra l’altro di un vero uomo di Stato: “Dobbiamo tutti poterci sentire liberi di vivere spontaneamente, facendo quello che crediamo giusto fare”. Dica il Marco se tutti potranno passare immediatamente all’applicazione pratica del suo alto pensiero, così che l’informazione ticinese sarà già garantita per almeno un anno.

A motivare il ‘sì’ del Municipio dunque ragioni di “apertura culturale” e ragioni economiche. ‘Pecunia non olet’ e del resto ce lo insegna purtroppo (al tempo della ‘Chiesa povera’ di papa Francesco)  pure il Vaticano. Lo dimostra ad esempio l’ultima scandalosa vicenda dei paramenti e delle reliquie sacre prestate (a suon di dollaroni) al Metropolitan Museum  di New York per una mostra e utilizzate anche nella tanto pacchiana quanto volgare sfilata di moda inaugurale, gravemente offensiva per i credenti. Pesante qui la corresponsabilità di diversi organi e persone della Santa Sede: in primo luogo del cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura e dello staff direttivo dei Musei vaticani. Quando si vuol piacere e ci si inginocchia davanti al mondo, non ci si può stupire delle conseguenze. Ci vorrebbe qui, per dirla con Salvini, l’azione benefica di una ruspa risanatrice.

 

AHI, AHI, ANCHE PER IL VESCOVO LAZZERI…

Vogliamo restare nell’ambito ecclesiale? Lugano (con l’intero Ticino) ha anche un vescovo, monsignor Valerio Lazzeri, tra i cui predecessori si annoverano personalità come Angelo Jelmini e Eugenio Corecco. E’ una persona gentile, molto spirituale, protesa al dialogo, che dà l’impressione di voler passare inosservata e dare il minimo di disturbo possibile. Avrà eccepito qualcosa il vescovo Lazzeri sul Gay Pride? Leggiamo quel che ha esternato al Corriere del Ticino/Ticino news:

“Diciamo che, se non l’avessero organizzata, non l’avrei richiesta. Ma nella società ci sono tante correnti, tante espressioni che non corrispondono al nostro modo d’intendere la vita, l’uomo, la famiglia, le relazioni. Questo non significa che ogni volta che qualcosa non corrisponde a questa nostra visione, dobbiamo generare un movimento contrario. Anzi, dobbiamo ascoltare in modo profondo queste rivendicazioni”.

Prosa mirabile, che colloca monsignor Lazzeri nella schiera dei suoi confratelli italiani, ultimo quello di Bergamo, così politicamente corretti. Ripetiamo: “Persona gentile, protesa al dialogo, molto spirituale, che dà l’impressione di voler passare inosservata e disturbare il meno possibile”. Il fatto è che monsignor Lazzeri è pastore e guida di centinaia di migliaia di cattolici. Forse gli farebbe bene, nei mesi estivi, ripassare il ‘Catechismo della Chiesa cattolica’ a proposito di matrimonio e famiglia, oltre che naturalmente leggersi o rileggersi il ciclo guareschiano di don Camillo. Quest’ultima la consideri una cura vitaminica ineludibile.

Ancora una parola sugli sponsor del Gay Pride, in cui troviamo tra gli altri, oltre alla Città di Lugano,  la Repubblica e Cantone del Ticino (torneremo più oltre sull’atteggiamento del governo cantonale), la Rete Tre della Radiotelevisione svizzera di lingua italiana (RSI), l’Unione Banche svizzere (UBS, definito un “partner oro”…), la Posta, il Velo Club Lugano,  la catena di caffè/ristoranti ‘Al Porto’, la ‘Gothicsauna (sauna per uomini)”, il “Caffè Chicco d’Oro” e il servizio di consulenza “Dr. Gay”.

 

Il ‘NO’ DEL MUNICIPIO DI LUGANO AL ROSARIO PUBBLICO DI ‘HELVETIA CHRISTIANA’. DELIRI DI LEGHISTI (NON DELLA LEGA DI SALVINI). E IL VESCOVO LAZZERI…

Apriamo un altro capitolo legato alla vicenda, che lascia trasparire l’arroganza della nota lobby e l’arrendevolezza complice e gravemente colpevole di chi, invece di garantirli, tradisce i valori costituzionali della libertà di credo, di coscienza, di opinione, di informazione.

Precedendo la decisione finale del Municipio di Lugano, il 22 dicembre 2017  la neonata “Helvetia Christiana” -che fa parte dell’associazione cattolica internazionale conservatrice  “Tradizione, Famiglia e Proprietà” (TFP) – ha chiesto al Municipio di Lugano di poter recitare un rosario in difesa dei valori cristiani in una piazza di Lugano nel maggio 2018. E’ una richiesta che “Helvetia Christiana” ha già fatto con successo alle autorità di Lucerna, Basilea, Zurigo, senza generare alcun problema di ordine pubblico.

Il Municipio di Lugano ha respinto la richiesta, comunicando tale decisione a “Helvetia Christiana” il 2 maggio. Quali i motivi? Scrive l’esecutivo cittadino: “Nel caso concreto, ritenuto che l’esecutivo deve prendere in considerazione gli interessi in gioco ed in particolare l’interesse pubblico generale e quello dell’utilizzazione del bene comunale secondo la sua destinazione, e per ragioni di parità con simili richieste, il Municipio di Lugano, nella sua seduta del 19 aprile 2018, ha risolto di non concedere l’autorizzazione così come richiesto”.  A Ticinonews  poi il sindaco Marco Borradori ha riparlato di “interessi in gioco” e di “manifestazione dal contenuto molto nebuloso”.  Lo stesso Marco ha esternato anche a beneficio de La Regione: Di solito tendiamo a garantire le libertà fondamentali (NdR: questa affermazione è imperdibile per quel “di solito”),  ma in questo caso non ci è sembrato il caso (NdR: qui non vogliamo infierire).  E Lorenzo Quadri, un altro municipale leghista (sempre – è opportuno precisare - della Lega dei ticinesi, non di Salvini), direttore tra l’altro dell’organo di partito “Il Mattino della Domenica”, ha rilevato – davanti alle comprensibili reazioni di “Helvetia Christiana” al rifiuto luganese chiaramente anti-costituzionale: “Questo genere di farneticazioni reiterate dimostra che il Municipio ha fatto bene a negare l’autorizzazione. (…) Il problema non è certo il rosario né il cristianesimo. (…) qui si vede semmai un parallelismo con il radicalismo islamico: il modus operandi ed anche lo strillare alle ‘fobie’ contro chi non li asseconda in tutto, è lo stesso”.

Insomma i borradori, i badaracchi, i quadri dimostrano di avere una strana concezione della democrazia. Per loro non può essere ammesso che un gruppo di cittadini svizzeri cattolici reciti in pubblico su suolo svizzero (quale è pur sempre quello di Lugano) un Rosario – ritenuto potenzialmente sovversivo - in difesa dei valori cristiani. Anzi – come osservano le teste vuote di turno – tali cattolici sono paragonabili in tutto e per tutto ai terroristi islamici: “Il modus operandi è lo stesso” e dunque il Rosario è assimilabile alle bombe dell’Isis. Un vero delirio politico-culturale: in effetti, a ben guardare, non sorprende più di quel tanto:è impossibile cavare sangue da una rapa.

Ma anche qui: il vescovo Lazzeri ha reagito in difesa del diritto di un gruppo cattolico a recitare il Rosario in pubblico? E come no… ecco qui. Al Giornale del Popolo, a proposito della richiesta del Rosario pubblico: “Sono perplesso, soprattutto se penso alla natura della preghiera cristiana. La preghiera non va fatta per affermare dei valori o per rivendicare posizioni diverse da quelle degli altri. (…) Noi non abbiamo mai ostentato la nostra opposizione a qualcosa”. E il modus operandi dell’Associazione “non è la via per creare una società evangelica più vicina ai valori cristiani”. C’è qualcosa da aggiungere?

 

UN’INTERPELLANZA DELL’UNIONE DEMOCRATICA DI CENTRO (UDC) SULLO STRANO AGIRE DEL MUNICIPIO DI LUGANO

Il presidente di “Helvetia Christiana” Marco Giglio, in un’intervista a Ticino live, ha commentato così il rifiuto dell’Esecutivo luganese verso il Rosario pubblico. “Se i valori cristiani, radici del nostro Paese, sono una provocazione, allora abbiamo un serio problema. Si è tolleranti verso tutti, si porta rispetto verso tutti, ma verso i cristiani e le persone del luogo si è intolleranti. Anche per coloro che non credono è una situazione pericolosa. Noi come svizzeri vogliamo i diritti che hanno tutti”.

Intanto il ‘no’ municipale alla richiesta di ‘Helvetia Christiana’ ha suscitato la reazione della sezione ticinese del maggior partito svizzero, l’Unione democratica di centro (UDC, di cui anima è Christoph Blocher), manifestata soprattutto attraverso il vicepresidente del partito Marco Chiesa (che è consigliere nazionale/deputato) i consiglieri comunali di Lugano Alain Bűhler, Raide Bassi e Tiziano Galeazzi che hanno presentato nei giorni scorsi un’interpellanza dal titolo significativo: “Il Rosario, un rischio per la pubblica sicurezza?”. Nell’interpellanza si chiede tra l’altro, dopo aver citato gi articoli costituzionali 9 (protezione dall’arbitrio e tutela della buona fede), 15 (libertà di credo e di coscienza), 16 (libertà d’opinione e di informazione):

“Quali sono gli interessi in gioco che il Municipio ha soppesato per negare l’autorizzazione di un pacifico Rosario su suolo pubblico? Quali minacce all’ordine pubblico ha intravisto il municipio nella recita di un Rosario su suolo pubblico? Il Municipio ritiene che la difesa dei valori cristiani nella nostra società sia un obiettivo di stampo estremista e lesivo dei diritti fondamentali altrui? Il Municipio ritiene che esprimere dissenso nei confronti di una manifestazione come il corteo del Gay Pride (…) sia un atto lesivo dei diritti fondamentali altrui?”

 

ANCHE IL GOVERNO TICINESE SI PIEGA AL POLITICAMENTE CORRETTO DELLA NOTA LOBBY. UN OPUSCOLO CON PREFAZIONI E ‘SUGGERIMENTI’ EDUCATIVI

Potremmo finirla qui, per non rischiare di strapazzare i nostri lettori.

Ma c’è un’appendice che riguarda il Governo della Repubblica e Cantone del Ticino. E non è una bazzecola, ma conferma come la nota lobby sia ormai tanto influente da piegare anche la politica ticinese.

Il 17 aprile 2018 la Cancelleria dello Stato ha pubblicizzato un opuscolo “che verrà distribuito presso i professionisti che operano a stretto contatto con i bambini e con le famiglie in ambito educativo, sociale e della salute”. Tale opuscolo è stato curato (per la prima volta in italiano) dalla cosiddetta “Federazione famiglie arcobaleno”, in collaborazione con il Dipartimento (ministero cantonale) della sanità e della socialità (retto dal simildemocristiano Paolo Beltraminelli) e con la delegata per le pari opportunità, la giovane giurista Rachele Santoro (telefonicamente simpatica e – come vedremo tra poco – ormai sulle garrule orme dell’ indimenticata garrula ministra italiana Maria Elena Boschi). L’opuscolo  “informativo” sulle già citate convivenze plurali è introdotto da alcune prefazioni significative.

Ad esempio la garrula giurista citata scrive: “In una società che evolve (…) è indispensabile garantire la parità di trattamento e lottare contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia (..) La legge non è sufficiente per garantire una parità di tutto poiché solamente attraverso l’apertura alla diversità di noi tutti, cittadine e cittadini, e all’inclusione sarà possibile raggiungere il pieno riconoscimento dell’arcobaleno che caratterizza la pluralità dei modelli familiari”. Ma com’è poetica la Rachele, che si rivolge a “cittadine e cittadini” e si appropria dell’immagine dell’arcobaleno! Neanche la Maria Elena avrebbe saputo dir di meglio!

Emblematica già nel titolo la prefazione del consigliere di Stato socialista Manuele Bertoli (capo del Dipartimento-ministero dell’Educazione, della cultura e dello sport): “La felicità è un diritto”. Così esordisce l’attuale presidente del Governo cantonale: “Il diritto alla felicità è un diritto assoluto per ogni essere vivente. Per quelli dotati di intelletto lo è in modo ancora più completo”. Insomma: dalla gramigna alle zanzare e, accidentalmente, magari anche alle persone umane. Attenzione che, fondandosi sul ‘diritto alla felicità’, al ‘miglior interesse della persona’, al piccolo Alfie Evans hanno staccato i supporti vitali! Segue un’altra prefazione a firma di Marco Galli, capo ufficio (notare!) “delle famiglie e dei giovani”, dal titolo pure emblematico “Quando il diritto è un dovere”.

Ecco poi la prefazione di Carlo Silini, giornalista del ‘Corriere del Ticino’  e quintessenza del cattolicesimo catto-fluido nel Ticino. Silini non tradisce le aspettative: “Forse mi sbaglio, ma buona parte delle polemiche attorno ai nuclei familiari non tradizionali nascono dall’incapacità di mettersi di fronte alle persone prima di giudicarle. Lo dico da cattolico  - sui generis forse, ma pur sempre cattolico – e lo faccio prendendo spunto da quel gran galantuomo che è Papa Francesco il quale, interpellato da un giornalista sull’omosessualità, rispose proprio con queste parole: chi sono io per giudicare? Risposta sottintesa: nessuno. Ed era il Papa. Uno che a livello di dottrina non recede di un millimetro dalle posizioni classiche della sua Chiesa”. Carlo Silini, tu quoque hai il vizietto della citazione monca? Doveroso rinfrescarti la memoria sulla frase completa detta da papa Francesco sul volo di ritorno da Rio de Janeiro il 28 luglio 2013: “Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, ma chi sono io per giudicarla? “. Quanto poi all’osservazione sul Papa che non recede a livello di dottrina… si potrebbe molto discutere: se non recede a livello di dottrina, forse è perché ormai per lui la dottrina appare sostanzialmente superflua…

Nell’opuscolo, destinato agli operatori del mondo della scuola, del sociale e della sanità (e che – ha precisato telefonicamente Rachele Santoro – non è imposto, nel senso che per chi non lo utilizza non ci dovrebbero essere sanzioni… insomma, se abbiamo ben capito, può anche essere buttato nel cestino senza conseguenze), si leggono passi edificanti:

. “E’ importante che la molteplicità di forme familiari sia tematizzata con i bambini e che luoghi comuni quali “ogni bambino ha una mamma e un papà” vengano evitati o introdotti consapevolmente allo scopo di suscitare una discussione costruttiva sull’argomento” (Ndr: ecco come ti educo i pupi!)

. “Alcuni suggerimenti. Non avere idee preconcette sulla struttura familiare di bambini e ragazzi (NdR: istruttivo quel “preconcette”). Adottare formule neutre e inclusive: ‘i tuoi genitori’ invece di ‘il tuo papà, la tua mamma’ anche nella corrispondenza, nei moduli, ecc… (NdR: Orwell aveva ragione). Tenere conto della diversità delle famiglie quando si fanno attività come la ‘festa della mamma’, la ‘festa del papà’, o l’albero genealogico (Ndr: araldica, scienza senza futuro).

Per oggi è sufficiente. Grazie ai lettori per la pazienza!

 

 

 

 

 

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