IN MEMORIA DEL CARDINALE JEAN-LOUIS TAURAN

IN MEMORIA DEL CARDINALE JEAN-LOUIS TAURAN – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 7 luglio 2018

 

Si è spento il 5 luglio dopo lunga malattia, affrontata dando una forte testimonianza di fede e di spirito di servizio, il cardinale francese Jean-Louis Tauran. Presidente dal 2007 del Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso e grande diplomatico, aveva dato prova delle sue qualità in più occasioni, riuscendo a ricucire  ad esempio i rapporti tra l’Università di Al Azhar e la Santa Sede. Una selezione dei suoi interventi.

 


In questi giorni non mancano certo argomenti di discussione in ambito cattolico. Ad esempio sul fatto che il Vaticano beneficerà dell’indiscussa, comprovata, incisiva competenza della galassia galantina in ambiti diversi. Oppure si può pensare a quanto successo nella diocesi di Verona con il “matrimonio” spagnolo di un sacerdote con un suo compagno da tempo (con grande sconcerto e scandalo in molti fedeli, considerato anche come il vescovo prima abbia ‘dormito’ per anni, poi abbia abbracciato l’altra sera in pubblico – a beneficio delle telecamere – il reprobo per niente pentito. Ma un vescovo non deve anche giudicare oppure gli compete invece di incrementare la confusione e la conseguente demotivazione dei fedeli? L’impressione è che lì servirebbe una ruspa).

Ieri però è giunta notizia della morte del cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo religioso. E’ una perdita grave per la Curia romana e per l’intera Chiesa cattolica: se n’è andato uno dei porporati di maggior spessore, di cultura molto ampia e approfondita, di eccezionali doti diplomatiche, di grande spirito di servizio, ammirevole – vero testimone della fede - nel non darla vinta a una malattia (il Parkinson) che lo affliggeva da anni aggravandosi sempre più.

Nato a Bordeaux il 5 aprile 1943, Tauran è morto a Hartford, nel Connecticut, dove si trovava per curarsi. Dal 16 al 20 aprile 2018 il porporato francese aveva ancora compiuto una visita di grande importanza (la prima di un capo-dicastero vaticano) nella culla dell’Islam, in Arabia Saudita, incontrando in particolare il re wahabita. Salman Bin Abd Al-Aziz. Tanto inedita quanto vasta l’eco sui media sauditi.

Entrato nel servizio diplomatico della Santa Sede nel 1975, dopo alcuni anni nella Repubblica Dominicana e in Libano nel 1983 è chiamato in Segreteria di Stato, seguendo in particolare i lavori della “Conferenza per la Sicurezza e Cooperazione in Europa”. Sottosegretario nel 1988, due anni dopo diventa segretario per i Rapporti con gli Stati, insomma ‘Ministro degli Esteri’ vaticano fino al 2003, anno in cui – creato cardinale – assume l’incarico di Archivista e Bibliotecario di Santa Romana Chiesa. Nominato nel 2007 da Benedetto XVI presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, nel 2013 annuncia (quale cardinale protodiacono) dalla Loggia delle Benedizioni il nome del nuovo Papa, il quale l’anno successivo lo nomina camerlengo di Santa Romana Chiesa (avrebbe dovuto presiedere la sede vacante in caso di morte del Pontefice).

Di lui si potrebbe dire ancora molto. Vorremmo però evidenziare la sua capacità eccezionale di porre rimedio – con molta tenacia e intelligenza – a situazioni problematiche, come quella ad esempio del ‘congelamento’ delle relazioni tra l’Università egiziana di Al Azhar (sunnita, la più importante del mondo musulmano) e la Santa Sede. Ci si ricorderà che i rapporti tra le parti avevano sofferto ma non erano stati interrotti dopo la gran bufera di sciagurata origine mediatica originata da una interpretazione facilona del discorso di papa Ratzinger a Ratisbona nel 2006: ciò accadde invece qualche anno dopo, nel 2011, a seguito di un passo dell’omelia dello stesso Benedetto XVI pronunciata nella Messa del primo gennaio 2011: “Di fronte alle minacciose tensioni del momento, di fronte specialmente alle discriminazioni, ai soprusi e alle intolleranze religiose, che oggi colpiscono in modo particolare i cristiani, ancora una volta. rivolgo il pressante invito a non cedere allo sconforto e alla rassegnazione. Esorto tutti a pregare affinché giungano a buon fine gli sforzi intrapresi da più parti per promuovere e costruire la pace nel mondo. Per questo difficile compito non bastano le parole, occorre l’impegno concreto e costante dei responsabili delle Nazioni, ma è necessario soprattutto che ogni persona sia animata dall’autentico spirito di pace, da implorare sempre nuovamente nella preghiera e da vivere nelle relazioni quotidiane, in ogni ambiente”. Tali parole erano state interpretate come un’inaccettabile ingerenza dall’imam di Al-Azhar.

Con sensibilità e pazienza il card. Tauran ha saputo ritessere la tela strappata, così che nel 2014 un rappresentante di Al-Azhar partecipò a una conferenza in Vaticano contro la tratta degli esseri umani. Nel febbraio 2016, poi, una delegazione del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso visitò l’Università sunnita e tre mesi dopo – il 23 maggio 2016 – l’imam Ahmad Al-Tayyb si recò per la prima volta in Vaticano, incontrando papa Francesco: un vero avvenimento storico. I contatti ormai erano stati ristabiliti e il 22 e 23 febbraio 2017 il cardinal Tauran a sua volta era al Cairo per una conferenza congiunta sugli estremismi, preparando nel contempo la  visita in tempi brevi di papa Bergoglio in Egitto e a Al Azhar. Che avvenne infatti due mesi dopo, il 28 e 29 aprile. 

 

QUALCHE PASSO DI INTERVENTI DEL CARDINAL JEAN-LOUIS TAURAN, PORPORATO COSCIENTE CHE IL DIALOGO VERO SI FA A SCHIENA DIRITTA

 

. Dopo il voto svizzero avverso alla costruzione di nuovi minareti (29 novembre 2009): “Quando si costruisce una chiesa in un Paese a maggioranza islamica o una moschea in un Paese a maggioranza cristiana, la preoccupazione di chi costruisce l’edificio di culto deve essere di armonizzare la costruzione nel paesaggio urbanistico e nel contesto culturale della società”.

. Nostra intervista  in occasione di una puntata del ‘Cortile dei Gentili’ (ambasciata d’Italia presso la Santa Sede, 26 giugno 2012): Eminenza, in ogni caso il dialogo con i musulmani resta problematicoIl dialogo interreligioso – rileva qui il porporato francese – incomincia sempre affermando ognuno la propria identità ed è così anche per i musulmani. Noi non possiamo rinunciare alla nostra verità, che è Cristo. E’ chiaro che sul modo di esprimere la verità c’è tutto un familiarizzarsi da fare, molto precario. Anche perché esistono diverse espressioni di islam e in più ci ritroviamo con gruppi terroristici, schegge impazzite, che uccidono i nostri cristiani”. Eminenza, in Nigeria – per restare agli ultimi tragici avvenimenti – i cristiani reagiscono… Giustamente non possono essere considerati come agnelli sacrificali, pronti per il macello. Qui voglio evidenziare che, come diceva recentemente anche il Santo Padre, noi possiamo ben essere orgogliosi del coraggio di tutti i nostri cristiani. In una visita in Pakistan ho partecipato a cerimonie veramente sconvolgenti… io mi sento fiero di essere cattolico”.

. In una Dichiarazione del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso a sua firma (12 agosto 2014): “La situazione drammatica dei cristiani, degli yazidi e di altre comunità religiose numericamente minoritarie in Iraq esige una presa di posizione chiara e coraggiosa da parte dei responsabili religiosi, soprattutto musulmani, delle persone impegnate nel dialogo interreligioso e di tutte le persone di buona volontà. Tutti devono unanimemente condannare senza alcuna ambiguità questi crimini e denunciare l’invocazione della religione per giustificarli. Altrimenti quale credibilità avranno le religioni, i loro seguaci e i loro leader? Quale credibilità potrebbe avere ancora il dialogo interreligioso così pazientemente ( NdR : notare l’avverbio) perseguito negli ultimi anni?

. Nella stessa Dichiarazione (12 agosto 2014): “I leader religiosi sono inoltre chiamati ad esercitare la loro influenza sui governanti per la cessazione di questi crimini, la punizione di coloro che li commettono e il ripristino dello Stato di diritto in tutto il Paese, assicurando il rientro di chi è stato cacciato. Ricordando la necessità di un’etica nella gestione delle società umane, questi stessi leader religiosi non mancheranno di sottolineare che sostenere, finanziare ed armare il terrorismo è moralmente riprovevole (NdR: e qui il riferimento è anche al finanziamento indiretto…l’industria degli armamenti va a gonfie vele, vero – per restare nell’Ue - Francia, Germania, Spagna, Italia, Gran Bretagna, ecc…?) 

. Durante un Convegno interreligioso della Comunità di Sant’Egidio con imam sciiti iraniani (24 marzo 2015): “E’ facile strumentalizzare il sentimento religioso. Ed è tristissimo sentire l’incitamento alla violenza da parte di leader religiosi. Che pena fanno quelle scuole religiose vivaio di futuri terroristi! “

. Dopo la visita in Arabia Saudita dal 16 al 20 aprile 2018/1 (intervista di ‘Vatican News’):  “Innanzitutto, bisogna sottolineare il carattere del tutto straordinario dell’incontro. Si tratta della prima visita di un capo del dicastero della Santa Sede, in questo caso un cardinale, in Arabia Saudita. È un Paese che ospita, non bisogna dimenticarlo, i due grandi santuari dell’Islam: La Mecca e Medina. La monarchia saudita e Papa Francesco hanno dato il loro pieno sostegno a questa iniziativa”.

. Dopo la stessa visita/2 (intervista di ‘Vatican News’: “L’avvenire ( del dialogo interreligioso)  consiste nell’educazione, non ci sono altri mezzi. E su questo ho insistito molto nei miei incontri: affinché nelle scuole si parli bene dei cristiani, dei non-musulmani e che non siano mai considerati come cittadini di “seconda classe”. Su questo occorre lavorare molto. E mi ha fatto molto piacere quando il re mi ha detto che egli riconosce l’apporto che i cristiani danno alla costruzione del Paese”.